Con la nascita del regno
dItalia si ebbero in Sardegna episodi di banditismo, ora conseguenza
ritardata di un forte disagio economico, ora esplosione di delinquenza
comune. La nobile Peppicca Mura di Samugheo viveva a Busachi in cospicua
agiatezza. In una notte di plenilunio (ottobre 1867) ebbe circondata
la casa da un forte gruppo di malviventi: abitava nel rione superiore
del paese, in quei vasti locali dellex-Comune. Rapidamente una
parte di quella cinquantina di uomini armati circondò la caserma e tolse
ai tre carabinieri di stanza la possibilità di muoversi; unaltra
parte occupò le strade di accesso di Busachi "de susu".
E mentre il capo della banda scorrazzava sul suo cavallo per le strade
del rione e gridava:
Tenide firma sa
posta de noe! Ne bessas foras, Busacche, chinissa! (State
fermi sul posto, non uscite fuori, Busachi cenere),
il vice capo col suo gruppo
agì contro la nobildonna atterrita e le richiese tutto il denaro che
possedeva: assicurava, in contraccambio, rispetto per lei e le sue domestiche.
Poi, in tutta fretta, mise ad arroventare nel fuoco della cucina un
grosso treppiede: monito e minaccia, allo stesso tempo.
La ricca signora per evitare il seggio della verità dovette
consegnare le sue monete, circa 40 mila lire, che giacevano parte in
oro, parte in argento e parte in rame, dentro tre distinti cesti di
giunco, coperti rispettivamente da uno strato di fave, di ceci, di orzo.
I graditi gentiluomini ringraziarono -Peppicca sape
chi fae mele- (lape che fa miele), e se ne andarono.
La spartizione della somma rubata avvenne cinque ore dopo, sotto un
albero e alla luce di un gran fuoco, previa una generosa bevuta di acquavite.
Episodio eccezionale: sopra uno degli alberi circostanti a quello della
spartizione stava, non visto, appostato per la caccia al cinghiale,
un viceparroco di Ortueri, don Sebastiano Mura. (Tratto da "A dir
di Sardegna" di Raimondo Bonu).