MEDICINA: ITALIANI SCOPRONO E CURANO NUOVA MALATTIA INFIAMMATORIA

 

Milano 14 Lug - Scacco matto dei ricercatori italiani contro une malattia infiammatoria fino ad oggi sconosciuta. Al San Raffaele di Milano, infatti, sono riusciti a curare una nuova e finora misteriosa malattia, grazie all'individuazione del virus che la provoca. Il team di ricercatori milanesi ha dimostrato un rapporto di causa-effetto tra una complessa serie di sintomi e l'HHV-8, l'herpesvirus umano scoperto più di recente. Grazie alla scoperta, i medici hanno potuto attaccare direttamente il virus e adottare una terapia antivirale mirata contro la malattia, che aveva colpito una donna di 61 anni.

 

 

MEDICINA, STUDIO USA: SCOPERTA POSSIBILE CAUSA GENETICA DELL'ANSIA

 

Bethesda, 11 Lug -  - Scoperta una possibile causa genetica dei disturbi d'ansia. Lo studio, pubblicato su "Nature Neuroscience", è stato condotto da un gruppo di ricercatori americani del National Institute of Mental Health Clinical Brain Disorders Branch degli Nih di Bethesda. Gli scienziati hanno esaminato le reazioni a immagini minacciose o paurose di persone affette dalla sindrome di Williams: una malattia rara su base genetica, ma non ereditaria, che colpisce un neonato su 20 mila ed e' caratterizzata da estrema socievolezza e livelli di ansia superiori al normale. I dati raccolti da Andreas Meyer-Lindenberg, dell'istituto Usa, hanno rivelato che in questi pazienti la parte del cervello da cui dipendono le emozioni negative come rabbia o paura, detta amigdala, funziona in modo anomalo: si attiva meno del normale in risposta a volti arrabbiati, mentre si iperattiva di fronte a immagini paurose. "Poichè la sindrome è causata dalla mutazione di circa 21 geni posti sul cromosoma 7 - suggeriscono gli autori - è probabile che alcuni di questi geni siano responsabili della formazione del "circuito" neurale da cui dipende il controllo dell'ansia".

 

 

AIDS: il vaccino TAT supera la prima fase della sperimentazione

 

ROMA 05 LUG - Sicuro e ben tollerato, in grado di stimolare la risposta immune voluta sia nei volontari sani che in quelli sieropositivi: è questo il giudizio che emerge dai dati raccolti nella prima fase di sperimentazione del vaccino italiano contro l'AIDS basato sulla proteina TAT, messo a punto dall'equipe dei ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità coordinati da Barbara Ensoli.
Ad annunciarlo è stata la stessa ricercatrice
oggi pomeriggio nel corso di una conferenza stampa svoltasi all'ISS al termine dell'incontro riservato agli sperimentatori, alle associazioni dei pazienti e alla comunità scientifica nell'ambito del quale sono stati presentati per la prima volta i risultati della fase I della sperimentazione del vaccino TAT contro l'HIV/AIDS.
"Si tratta di risultati estremamente importanti,
e che ci riempiono di orgoglio e soddisfazione - ha dichiarato Enrico Garaci, Presidente dell' Istituto Superiore di Sanità - Queste premesse e questi numeri ci impongono di avviare la seconda fase dello studio che si svolgerà sia in Italia che in Africa, dove l'infezione è estremamente diffusa".
Questa prima fase di sperimentazione sull'uomo ha avuto come principale obiettivo la verifica della sicurezza del vaccino, ossia l'assenza di tossicità per l'organismo umano. "A meno di due anni dall'inizio della sperimentazione - ha affermato la Ensoli - i dati in nostro possesso ci permettono di affermare che il vaccino è sicuro e ben tollerato, come valutato dall'apposita Commissione Eventi Avversi."
Obiettivo secondario di questa fase di sperimentazione
era anche quello di condurre un'analisi preliminare dei dati relativi all'immunogenicità. Un obiettivo, questo, che diventerà primario nella fase II della sperimentazione clinica, quella successiva, in cui verrà valutata la capacità del preparato vaccinale ad indurre una risposta immune specifica contro la TAT, proteina fondamentale alla replicazione del virus. "In tutti i casi abbiamo già riscontrato una risposta immune sia nei soggetti sani che in quelli sieropositivi dopo l'inoculazione delle dosi vaccinali - ha spiegato la Ensoli - nel 100% dei volontari immunizzati si è avuta, infatti, una risposta umorale positiva, ossia la produzione di anticorpi specifici, sia nel protocollo preventivo che in quello terapeutico. La risposta cellulare, ossia la risposta di cellule specifiche capaci di riconoscere la proteina TAT, è stata indotta nel 93% dei volontari sani (protocollo preventivo) e nell'83% dei volontari sieropositivi (protocollo terapeutico)".
In questa fase della sperimentazione, condotta in parallelo, a Roma e a Milano, in 4 centri clinici
(Ospedale San Raffaele di Milano, San Gallicano, Spallanzani e Policlinico Umberto I di Roma) sono stati realizzati due trials: uno di tipo preventivo in una popolazione di 20 sieronegativi, ovvero volontari sani adulti, non a rischio di infezione, e uno di tipo terapeutico in una popolazione di 27 sieropositivi, individui cioè infettati, ma in uno stadio asintomatico di malattia e dunque non sottoposti ad alcun regime terapeutico (in una fase di immunocompetenza, ossia con un sistema immunitario ancora funzionante). Tutti hanno dovuto superare preventivamente una fase di pre-screening per verificare i parametri di inclusione. I volontari sono stati, quindi, sottoposti a cinque vaccinazioni a distanza di quattro settimane l'una dall'altra, e visitati, con prelievi di sangue e controlli clinici, un giorno dopo e una settimana dopo ogni immunizzazione. Arruolati a scaglioni nel periodo novembre 2003-novembre 2004, tutti i volontari hanno adesso completato la fase di trattamento e continueranno ad essere seguiti dagli stessi centri clinici.
I due trials sono stati eseguiti in regime di randomizzazione in doppio cieco, che significa che né il volontario, né l'investigatore clinico, né lo sponsor (in questo caso l'ISS) conoscevano il trattamento ricevuto da ogni volontario. I vaccini sono stati preparati con un numero (un codice appunto), associato a un trattamento, associazione nota solamente ad uno specifico dipartimento dell'organizzazione esterna altamente specializzata che si è occupata di monitorare i trials clinici, per verificare che essi fossero condotti nel pieno rispetto delle regole di 'good clinical practice'. In questa fase, l'apertura dei codici è limitata allo sponsor per permettere un'analisi preliminare dei dati. Questo significa che all'ISS è stato comunicato il numero di vaccino con cui ogni volontario è stato trattato e il conseguente dosaggio di vaccino (o il placebo, cioè il controllo). I nomi dei volontari vengono rigorosamente mantenuti confidenziali dal sito clinico.
"Una serie di motivi rendono la proteina TAT "speciale" - ha sottolineato la Ensoli - Il primo è che si tratta di una proteina regolatoria del virus, un motore del virus, e non di una proteina strutturale. Questo vuol dire che il vaccino sperimentato dall'ISS presenta un razionale, cioè un approccio, totalmente differente da quello degli altri vaccini sperimentati sinora nel mondo. Questi, infatti, si sono concentrati sulle proteine esterne dell'involucro del virus, allo scopo di ottenere un'immunità sterilizzante, ossia la produzione di anticorpi che bloccano il virus prima che entri nelle cellule, inducendo una risposta immune contro queste proteine esterne. Purtroppo questi approcci hanno sinora dato risultati fallimentari. Il vaccino TAT, al contrario, non è in grado di bloccare l'entrata del virus, ma di bloccarne il funzionamento, di non farlo replicare. In altre parole, la risposta immune contro questa proteina dovrebbe far sì che essa non funzioni più nel virus e quindi che l'infezione diventi abortiva.
La funzione preventiva del vaccino TAT - ha aggiunto - deriva proprio dal fatto che riesce a bloccare le prime fasi di replicazione del virus. Quando si viene infettati, infatti, il virus entra nella cellula e inizia un meccanismo di proliferazione di se stesso, per cui produce tante copie di virus che si diffondono nell'organismo. Se si riesce a bloccare questa prima fase, il virus non è più in grado di copiare se stesso. Nella sperimentazioni precliniche, condotte sulle scimmie, è successo esattamente così: il virus è entrato nella cellula (i ricercatori hanno trovato tracce di DNA provirale), ma non c'è stata replicazione, non c'è stata quindi l'evoluzione dell'infezione. Questo significa che nel modello animale il vaccino è riuscito a bloccare l'infezione in fasi così precoci che l'infezione stessa non è riuscita a partire.
In una seconda ipotesi, meno efficace, è possibile che il virus riesca ad iniziare un ciclo replicativo, il quale, tuttavia, può essere tenuto sotto controllo da un sistema immune che funziona. I cicli di replicazione virale diventano in questo caso molto più bassi e la malattia rimane sotto controllo. Dati condivisi della letteratura internazionale testimoniano che sono proprio le prime fasi di infezione a stabilire l'evoluzione della malattia. In altre parole, più virus replica nelle fasi di infezione acuta all'inizio, più aumentano le probabilità di procedere verso la malattia in tempi brevi. In questo caso, dunque, si è riusciti, sempre nelle scimmie, a controllare talmente bene il processo replicativo che la malattia è rimasta sotto controllo.
I risultati della sperimentazione clinica del vaccino TAT ci impongono, a questo punto - ha sottolineato - di passare alla fase II, che permetterà di vaccinare un numero molto più ampio di volontari che includerà per il protocollo preventivo individui sani ad alto rischio di infezione e per quello terapeutico pazienti nei differenti stadi di malattia trattati o non trattati con farmaci anti-retrovirali.
Tali categorie di volontari
rappresentano le popolazioni nelle quali verranno realizzate in fase III le valutazioni di efficacia sia in Italia che in Africa. L'esecuzione della fase II sia preventiva che terapeutica (sia in Italia che in Africa) richiederà un budget di circa 50 milioni di euro e tempi di realizzazione di 2-3 anni su un campionamento di 500-2000 persone per trial. Visto l'elevato budget richiesto a tal fine e l'ingente (8) numero di brevetti dell'ISS derivati da questa ricerca - ha concluso - iniziative sia private che pubbliche sono in via di definizione affinché il gruppo dell'ISS sia in grado di procedere".

 

 

DNA: "inchiostro" per capire le mutazioni genetiche

 

ROMA 05 LUG - Scrivere col Dna, utilizzandolo come un inchiostro, dopo averne adeguatamente modificato un frammento: è il traguardo raggiunto da un team di ricercatori affiliati alla Northwestern University di Chicago. Gli scienziati hanno infatti "diretto" le informazioni chimiche di una particella base, in modo da impiegarla per registrare dati significativi del suo corredo genetico.
"Dal Dna di un insetto -
afferma il prof. Chad A. Mirkin, coordinatore della ricerca - siamo riusciti ad estrarre una particella contestuale che, adeguatamente indirizzata, lascia delle tracce identificabili. Tali segni, se interpretati in base ad un codice condiviso, sono una fonte quasi infinita di 'caratteri' da inserire proprio nel Dna di molte cellule simili, per renderle identificabili nelle successive mutazioni. Questo permetterà tempi di studio più rapidi: per valutare ogni tipo di metamorfosi strutturale - prosegue lo studioso - oggi dobbiamo infatti aspettare che centinaia di generazioni di tester sviluppino una mutazione genetica significativa. Inoltre, i misuratori del cambiamento sono di difficile identificazione strumentale".

 

 

NELLE CELLULE STAMINALI UMANE ISOLATI I PROGENITORI DEI MUSCOLI

 

ROMA 29 GIU - Le cellule progenitrici di muscoli, cartilagine, ossa e grasso sono state per la prima volta isolate nelle cellule staminali umane. Dopo la scoperta, dello scorso anno, della possibilità di isolare i neuroni dalle staminali umane, aumentano le possibilità di ottenere da queste cellule primitive e ancora indifferenziate una vera e propria fabbrica di cellule capaci di svilupparsi e differenziarsi in ogni tessuto dell'organismo: dal sangue al cervello, ai muscoli. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale PLoS Medicine, si deve all'italiano Tiziano Barberi, che da anni lavora negli Stati Uniti, presso l'istituto Sloan-Kettering di New York.
Era stato lo stesso Barberi,
nel settembre 2004, a pubblicare la scoperta della possibilita' di ottenere cellule nervose dalle cellule staminali umane. Adesso ha ottenuto questo nuovo risultato sulle cellule mesenchimali (quelle cioè destinate a dare origine a muscoli, ossa, cartilagine e adipociti), nell'ambito del gruppo diretto da Lorenz Studer. ''E' un dato che va ad aggiungersi ai dati già disponibili sulle cellule staminali embrionali umane - ha osservato Barberi - e che dimostra come queste siano effettivamente totipotenti. E' cioè possibile, utilizzando reagenti e procedure adeguate, isolare dalle staminali umane tutti i tipi di cellule''. Poter isolare anche le cellule destinate a dare origine ai muscoli ''è particolarmente interessante - ha rilevato - per le future applicazioni terapeutiche per la cura delle distrofie muscolari''. Applicazioni che richiederanno ancora molti anni di studi, ha precisato il ricercatore, ma che ormai sono possibili.

 

 

ALLARME ICTUS, E' EPIDEMIA PER INVECCHIAMENTO POPOLAZIONE

 

FIRENZE 06 GIU - La chiamano epidemia ''silente'' perche' e' provocata da alterazioni non evidenti dei piccoli vasi sanguigni cerebrali. E' l'ictus, che in Italia sta raggiungendo livelli di allarme a causa dell'invecchiamento della popolazione. Ogni anno, infatti, nel ''BelPaese'' si registrano 300 mila casi e nei prossimi 15 anni ne sono previsti 50 mila in piu' all'anno. Ipertensione arteriosa, ma anche diabete e obesita', oltre all'eta', sono i principali fattori di rischio di contrarre questa patologia, che ha pesanti conseguenze sul piano sociale per i problemi di mobilita' e di demenza che interessano buona parte di chi resta in vita. Per combatterla l'arma piu' efficace e' la prevenzione, che puo' contare su nuovi strumenti diagnostici in grado di individuare i soggetti a rischio.
I dati sono stati resi noti nel corso della presentazione del congresso internazionale Vas-Cog (Vascolare-Cognitivo) 2005, in programma a Firenze dall'8 al 12 giugno. Oltre 900 esperti, provenienti da 38 paesi del mondo, si confronteranno sulle complicanze psicocognitive della malattia vascolare cerebrale e dell'ictus.
"Vogliamo fare il punto - ha spiegato Calogero Surrenti, Prorettore dell'Universita' di Firenze - sulle strategie per combattere questa malattia, il cui aumento e' conseguenza dei problemi legati all'invecchiamento della popolazione''.
In Italia, in base ai dati resi noti dai professori dell'ateneo toscano Domenico Inzitari e Gianfranco Gensini, sono 800 mila le persone sopravvissute a un ictus, che non lascia scampo nel 15% dei casi. Pesanti le conseguenze per chi sopravvive: almeno la meta' rimane con un grave handicap e ha bisogno di continua assistenza e cure. Oltre alla difficolta' a muoversi e spesso a comunicare, per la presenza di disturbi del linguaggio, in circa il 20% dei casi si registrano problemi di demenza vascolare, con disturbi della memoria, agitazione e incapacita' ad interagire con le altre persone. Molti anziani vengono poi colpite da forme depressive. Per fermare l'epidemia sono oggi disponibili nuove ''armi''.
"Se grazie alla risonanza magnetica e' possibile individuare le alterazioni dei vasi - ha spiegato Inzitari - ci sono anche nuovi mezzi diagonistici come i cosiddetti marker biologici, in grado di far individuare il rischio gia' nei 40-50 enni. Stiamo anche cercando dei marker nuovi, genetici, che ci daranno altri strumenti''.
Importante per la prevenzione l'ictus, ha ricordato Gensini che dirige il Dipartimento del Cuore e dei Vasi del Policlinico di Careggi, e' il controllo della pressione. Il professore ha ricordato che in Italia solo un paziente iperteso su 4 viene curato adeguatamente, e ha sottolineato l'importanza delle cure vascolari. ''Dagli anni '70 al 2000 - ha detto - la vita media e' aumentata di 6 anni, e quattro di questi anni sono dovuti al miglioramento delle terapie''.

 

 

FARMACI PER LA TERZA ETA' NON SPERIMENTATI PER ANZIANI

 

ROMA 06 GIU - Farmaci a misura di anziano? Magari... A sollevare il tema della mancanza di sperimentazioni cliniche adeguate nella messa punto di farmaci destinati alla popolazione anziana, e' il rapporto Sanita' 2005 edito dalla fondazione SmithKiline, che sara' presentato domani a Roma.
Stando al rapporto dal titolo 'Invecchiamento della popolazione e servizi sanitari', la messa a punto di nuovi farmaci deve tener conto del trend demografico, perche' se da una parte le aziende stanno concentrando i propri sforzi su questo nuovo target terapeutico (nel 2000 circa 700 nuovi farmaci erano destinati a malattie della terza eta' come cardiopatie, ictus, cancro, diabete, depressione, Alzheimer, artrite, osteoporosi, Parkinson), dall'altro pochi di questi farmaci hanno avuto uno sviluppo clinico che tenesse conto delle problematiche legate all'invecchiamento. Ne' tantomeno, dicono gli esperti, sono in grado di soddisfare in modo specifico e completo i bisogni terapeutici dell'anziano.
Un'analisi descrittiva ha infatti evidenziato che circa uno studio su tre di quelli pubblicati nelle principali riviste scientifiche, escludevano senza un'adeguata giustificazione gli anziani nelle sperimentazioni cliniche.
In particolare, nel 2000 solo il 3,45% degli 8945 studi clinici randomizzati e l'1,2% di 706 studi metanalitici erano stati specificamente disegnati nella popolazione di eta' superiore ai 65 anni. Spesso anche grandi trial disegnati per lo studio di patologie specifiche della popolazione anziana reclutano casistiche selezionate che non rappresentano la reale popolazione trattata.
Esistono motivazioni oggettive che spiegano questo stato di cose - concludono gli esperti - le enormi differenze cliniche tra le diversi classi di anziani, la difficolta' a ottenere il consenso all'arruolamento nei trial, la presenza di patologie concomitanti che alterano i risultati dello studio. Ora tuttavia sembra arrivato il momento di trovare soluzioni a questo squilibrio.

 

 

 

CELLULE STAMINALI: OTTENUTE CELLULE EMBRIONALI SENZA PRODURRE EMBRIONE

 

ROMA 26 MAG 2005 - Un gruppo di ricerca americano ha annunciato la creazione di 10 linee di cellule staminali embrionali ottenute senza passare per la produzione di embrioni.
Lo riporta oggi il settimanale inglese New Scientist. L'innovativa tecnica, denominata "stembrid", consente di clonare staminali a partire da cellule embrionali preesistenti.
Per ottenere questo risultato,
i ricercatori coordinati da Yuri Verlinsky del Reproductive Genetic Institute di Chicago hanno sottoposto cellule di linee embrionali già esistenti a una centrifugazione che consente di espellere il nucleo. Quindi si e' fusa la cellula denucleata con quella di un donatore adulto riprogrammandola e ottenendo poi le staminali embrionali denominate "stemibride".
Entusiasta della ricerca si è detto il biologo molecolare Angelo Vescovi dell'istituto San Raffaele di Milano: ''se il metodo funziona abbiamo risolto definitivamente il problema etico producendo staminali embrionali senza dover creare embrioni!".

 

 

DA CLONAZIONE LE PRIME CELLULE STAMINALI UMANE SU MISURA

 

ROMA 19 MAG - Sono state ottenute le prime linee di cellule staminali embrionali "su misura", prelevate da embrioni clonati a partire da cellule adulte prelevare da 11 pazienti colpiti da diabete giovanile, lesioni del midollo spinale e immunodeficienza. La ricerca, condotta fra l'università sudcoreana di Seul e quella statunitense di Pittsburgh, è pubblicata on line su Science-express. Le 11 linee di cellule staminali così ottenute segnano il primo passo per studiare in laboratorio la possibilità di utilizzare in futuro questa tecnica per trasferire le cellule negli stessi pazienti dalle cui cellule sono stati ottenuti gli embrioni clonati.
Ogni linea cellulare è stata ottenuta trasferendo il materiale genetico prelevato dalla cellula adulta
non riproduttiva di un paziente all'interno di ovociti prelevati da donatrici volontarie e privati del loro nucleo. La tecnica, chiamata ''trasferimento nucleare di cellule somatiche", ha permesso di ottenere 11 embrioni che sono stati fatti sviluppare in laboratorio fino allo stadio di blastocisti, quello in cui si forma la "sacca" che contiene le cellule staminali. Il gruppo coreano che ha ottenuto questo risultato è lo stesso che nel febbraio 2004 aveva ottenuto il primo embrione umano fatto sviluppare fino alla blastocisti. Allora, però, a donare cellule adulte e ovociti erano state donne volontarie sane. Questa volta le cellule adulte da cui sono stati clonati gli embrioni sono state prelevate da 11 donatori, maschi e femmine di età compresa fra 2 e 56 anni (nel caso dei minori il prelievo è stato fatto con il consenso dei genitori). Gli ovociti utilizzati nella ricerca (185 in tutto) sono stati donati da 18 volontarie.

 

 

FARMACO PER TUMORE AL SENO IN AIUTO ALLA PROSTATA

 

ORLANDO 15 MAG - Un farmaco il cui principio attivo è un ormone utilizzato per il trattamento del tumore alla mammella, ha mostrato la capacità di fermare le lesioni precancerose che precedono in molti casi il tumore della prostata. Lo afferma uno studio presentato al congresso internazionale in corso ad Orlando, al quale partecipano 25.000 esperti da tutto il mondo.
"E' la prima volta che nel caso del tumore della prostata
un farmaco mostri quest'attività preventiva", ha spiegato il coordinatore dello studio, l'urologo David Prince.
Il medicinale a base di toremifene
(un ormone simile al tamoxifene) si è dimostrato attivo nell'impedire la progressione di una lesione precancerosa chiama Pin (prostatic intraepitelial neoplasia), situazione che viene di solito diagnosticata con una biopsia e che viene seguita nel tempo con frequenti controlli. Questa lesione, hanno spiegato gli esperti, e' comparabile ai polipi del colon alcuni dei quali possono diventare tumori maligni.
Lo studio ha preso in esame 514 malati con alto grado di Pin; dopo un anno di trattamento gli uomini che avevano preso il farmaco hanno avuto meno diagnosi di cancro (-48%) rispetto al gruppo di controllo.
Il tema della cosiddetta chemio prevenzione è uno dei temi caldi che vengono trattati al congresso e sono decine le ricerche in corso per tentare di rintracciare le sostanze attive nel ritardare o bloccare il processo tumorale in presenza di situazioni biologiche fortemente a rischio. Numerosi a questo proposito gli studi retrospettivi che vanno cioè ad analizzare su grandi numeri cosa succede in gruppi di popolazione che hanno usato certi farmaci e la incidenza di tumori. Due ricerche hanno posto l'attenzione sulla classe di farmaci usati per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue, le statine.
Vikas Khurana dell'università della Louisiana ha analizzato le cartelle cliniche di 40.000 donne mostrando che coloro che erano in trattamento con il farmaco avevano meno casi di cancro al seno rispetto alle altre donne. C'e' da dire anche, sottolineano gli oncologi che queste ricerche retrospettive non hanno la stessa attendibilità di altre ricerche cliniche. Tuttavia e' un'evidenza che aprirà la strada per altri studi. Come quello, analogo al precedente, sulle statine e il tumore al polmone; anche in questo caso, (ma e' d'obbligo il condizionale) questa classe di farmaci aiuterebbe a prevenirlo. Infine anche un vecchio e popolare farmaco da banco, l'aspirina, avrebbe mostrato attività nel prevenire le ricadute del cancro del colon dopo l'intervento chirurgico: secondo Charles Fuchs del Dana Farber Cancer Institute di Boston, la sostanza avrebbe dimezzato il rischio di recidiva.

 

 

Fumo passivo, maxirisarcimento per una dipendente del ministero morta di cancro

 

Roma 10 Mag - Ministero dell’Istruzione condannato a un maxirisarcimento di 400 mila euro. Una dipendente del ministero si è ammalata infatti di cancro al polmone per aver respirato per anni il fumo dei colleghi. Lo ha deciso il giudice della IV sezione Lavoro del Tribunale civile di Roma Giuseppina Vetritto, accogliendo la domanda degli eredi della donna deceduta, assistiti dal Codacons. Il dicastero è stato condannato a risarcire 263.725 euro per danno biologico e 132.000 per danno morale, oltre alle spese di lite e della perizia d’ufficio, agli eredi di Maria Sposetti. Alla donna, assunta dal ministero nel 1980, era stato diagnosticato un tumore al polmone destro, operato nel ‘92. Lei non aveva mai fumato né viveva con persone con il 'vizio', ma per sette anni aveva respirato le sigarette delle colleghe in un’angusta stanza senza aeratori. Dall’esame istologico della massa tumorale è risultato che l’eziopatogenesi del cancro contratto dalla Sposetti, carcinoma epidermoidale, è direttamente riconducibile all’esposizione al fumo passivo. ''Il Parlamento - afferma il presidente del Codacons Carlo Rienzi - ha promesso, ma non ha dato ai consumatori né la class action, né il danno punitivo. Queste sentenze dimostrano che si può fare anche a meno di tali leggi quando c’è sensibilità da parte della magistratura. Adesso - aggiunge - si apre la strada a migliaia di cause di risarcimento danni per quei lavoratori che hanno dovuto subire alle loro scrivanie il disagio causato dal fumo dei colleghi".

 

 

OGNI TRE MINUTI UN ITALIANO E' COLPITO DA ICTUS

 

AOSTA 10 MAG - "Cresce l' attenzione verso la prevenzione dell' Ictus e la Prima Giornata Europea, che si celebra in tutta Europa anche se un pochino in sordina, costituisce un primo passo verso il riconoscimento, da parte dell' Unione, della necessità di contrastare una malattia dilagante ma che si può combattere con efficacia". Lo la detto Giuseppe D' Alessandro, presidente di Alice (Associazione nazionale per la lotta all' Ictus.
La Stroke Alliance for Europe
(Safe) ha infatti promosso la prima giornata europea di prevenzione dell'ictus'. "In Europa - ha precisato D' Alessandro illustrando il programma - ogni anno i nuovi casi di ictus sono circa 575.000, in Italia, dove una persona è colpita da ictus ogni 3 minuti, i nuovi casi sono 194.000. L'ictus - ha proseguito - e' la prima causa di invalidità nelle persone adulte, la seconda di demenza e la terza di mortalità".
Recenti ricerche hanno però provato che "molti casi potrebbero essere evitati se l'ipertensione e gli altri fattori di rischio vascolare fossero diagnosticati e curati sistematicamente". Allo stesso modo il grado di invalidità ad essa conseguente potrebbe essere ridotto se tutti i casi di ictus fossero riconosciuti in tempo e trattati in strutture specializzate.
Safe, la prima alleanza pan-europea
tra 15 associazioni di pazienti che operano in diversi paesi, si batte per prevenire questa patologia, divulgare informazioni sui fattori di rischio, i segnali dall'arme e sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni. Giuseppe D'Alessandro ha poi ricordato il prossimo appuntamento di prevenzione in Italia. Domenica 15 maggio si svolgerà la VI edizione della Giornata Nazionale contro l'Ictus. Nelle piazze principali di diverse città italiane, presso gli stand Alice, medici volontari forniranno informazioni sulle cause, i sintomi, la prevenzione e la cura dell' ictus cerebrale. In alcuni centri i cittadini potranno sottoporsi a misurazioni gratuite della pressione, del colesterolo, della glicemia e nei casi ad alto rischio anche ad ecodoppler carotideo. Durante la giornata saranno distribuite in offerta piantine di rosa al fine di raccogliere fondi da destinare alle attività dell'associazione".

 

 

GEOLOGIA: ECCO COME L'OSSIGENO ARRIVO' NELL' ATMOSFERA

 

VIENNA 07 MAG - Uno dei misteri scientifici della Terra, tra i tanti ancora irrisolti, riguarda l' arrivo dell' ossigeno nell'atmosfera in quantità sufficiente per permettere la vita a tutti gli organismi multicellulari, esseri umani compresi, che lo respirano.
Due studiosi della Rutgers University in New Jersey (Usa),
Katja Fennel e Paul Falkowski, sono convinti di essere venuti a capo del problema ed hanno presentato la loro ipotesi per la prima volta a Vienna, al congresso annuale dell'Unione europea di geoscienza appena concluso. Circa 2,8 miliardi di anni fa, i microrganismi viventi nei mari dell' ancor giovane pianeta Terra - sostengono i due scienziati - svilupparono quella raffinata tecnica per produrre energia che passa sotto il nome di fotosintesi: con l'aiuto della luce solare i microrganismi furono in grado di produrre zuccheri ricchi di energia partendo dall'acqua e dall'anidride carbonica (Co2), un procedimento dal quale, come prodotto di scarto, si ottiene anche l'ossigeno (quello indicato come O nella tavola periodica degli elementi). Ma per arrivare ad un sufficiente accumulo di ossigeno nell' ambiente (l'ossigeno attualmente costituisce il 21% dell'atmosfera), furono necessari ancora 500 milioni di anni. Ecco come avvenne.
In quel periodo c'era una mancanza di cosiddetti composti azotati ridotti
(quelli che hanno origine dalle emissioni di ammoniaca) che in realtà sono un elemento di base per alimentare gli esseri viventi. Basti pensare al ciclo dell'azoto oppure ai fenomeni di eutrofizzazione. Cioè c'erano condizioni adatte alla vita solo di pochi organismi e anzi, in questo modo, era fortemente limitata anche la produzione di ossigeno come effetto della fotosintesi.
E come ha fatto la natura a uscire da questo circolo vizioso?
I due geochimici Fannel e Falkowski sono convinti che la risposta e' sotto il fondo dei mari. Dopo un certo tempo i resti degli organismi morti si sarebbero accumulati in spessi strati sul fondo degli oceani. Molti di essi, sotto la pressione degli strati superiori, si sono pietrificati. In quel modo e' stato sottratto materiale organico al ciclo di ricambio in corso sulla superficie della terra e per conseguenza quantità inferiori di ossigeno sono state destinate al processo di decomposizione, provocando un continuo aumento dell'ossigeno disperso nell'ambiente.
A poco a poco aumentò così anche la massa disponibile di quei composti azotati di vitale importanza per gli organismi, in quanto alcuni batteri a quel punto si riconvertirono all'uso esclusivo di ossigeno smaltibile in maniera molto meno complicata.
In pratica si aprì la strada per lo sfruttamento di una sorgente di energia eccezionalmente efficiente: la respirazione dell' ossigeno, usata da tutti gli animali multicellulari. Da quel punto in poi l'evoluzione si lanciò in tutte le differenti direzioni e, circa quattro milioni di anni prima della nostra era, alcune scimmie antropomorfe bipedi reagirono ai cambiamenti ambientali ponendo i presupposti per la nascita dell'umanità attuale. Il resto e' storia recente.
L'ipotesi dei due geochimici dell'università americana
va ancora verificata, vanno controllati i risultati degli esperimenti, i colleghi specialisti devono dare un loro parere, ma dalle reazioni raccolte al congresso dei geologi appena concluso a Vienna, la risposta sembra chiara: il problema di come si determinò l'ossigeno nell'atmosfera è stato risolto.

 

 

AIDS: DAL DNA DI UN LIEVITO NUOVE ARMI CONTRO L’HIV

 

Milano 4 MAG - Dal Dna di un lievito nuove armi contro l'Aids. Un gruppo di ricercatori americani ha "mappato" il genoma di un microrganismo responsabile delle infezioni da Cnf (Cryptococcus neoformans), aumentate parallelamente al diffondersi dell'epidemia di Hiv. E grazie a questa scoperta - si legge su "Biotech.com", notiziario di Assobiotec-Federchimica - gli scienziati contano di contrastare i meccanismi che rendono più vulnerabili al virus dell'Aids.

 

 

MEDICINA: CELIACHIA, IN ARRIVO PILLOLA CHE LA SCONFIGGERà

 

ROMA 16 APR - Pane e pasta, molto presto, non saranno più off-limits per i milioni di malati di celiachia in tutto il mondo. E' ormai vicino, infatti, il traguardo di una pillola da assumere prima dei pasti e che permette di bloccare l'effetto tossico del glutine, consentendo così a questi pazienti di alimentarsi in modo normale. L'annuncio, frutto di una ricerca italiana, è stato dato in occasione del Congresso mondiale sulla celiachia in corso a Firenze.
Una svolta fondamentale per il miglioramento della qualità di vita
di questi pazienti, quella della pillola anti-celiachia, che deriva da uno studio condotto negli Usa dall'equipe di Alessio Fasano, Direttore del Mucosal Biology Research Centre all'Università del Maryland, e recentemente pubblicato sulla rivista internazionale "Proceedings of National Academy of Science".
Brevi anche i tempi previsti: i test sull'uomo inizieranno infatti nel 2006 e la pillola, annunciano gli esperti, potrebbe dunque vedere la luce entro un anno.
Ma come funzionerà la "pasticca anti-celiachia"?
La chiave è nella scoperta di una proteina in grado di bloccare la tossicità del glutine impedendo il suo ingresso nella parete intestinale. I ricercatori italiani hanno infatti dimostrato l'effettiva capacità di alcune molecole di bloccare l'aumento di permeabilità intestinale, indotta dal glutine, in animali da laboratorio, aprendo così le porte alla sperimentazione sull'uomo gia' a partire dal prossimo anno.
La celiachia colpisce in Italia circa 55 mila persone
ma, in realtà, sono oltre mezzo milione gli italiani che non sanno di essere malati. I celiaci sono costretti a una dieta rigorosa, che mette al bando numerosi alimenti: dalla pasta al pane ai biscotti, ma anche le salse e tutto ciò che può essere "contaminato" con la farina, come ad esempio la frittura. I sintomi della malattia (vomito, diarrea, perdita di peso) nascondono difetti di malassorbimento intestinale degli alimenti e provocano di conseguenza gravi complicanze: dall'osteoporosi agli aborti spontanei al temuto linfoma intestinale.
I futuri trial clinici sull'uomo si basano su studi relativi alla zonulina,
la proteina che regola l'apertura dei "cancelli" dell'intestino. La zonulina, ha spiegato Fasano, ''è una specie di chiave che apre le porte tra una cellula e l'altra della parete intestinale. L'intestino e' infatti coperto da un singolo strato di cellule, che formano una barriera formidabile contro gli attacchi esterni, ma i celiaci perdono questa caratteristica proprio perchè producono troppa zonulina. Ed è per questo - prosegue l'esperto - che 'invasori' come il glutine entrano nell'organismo''.
Poichè non esistono modelli animali di celiachia,
ha aggiunto il ricercatore, ''l'azione della zonulina e la perdita della barriera intestinale sono state studiate su ratti diabetici, dato che ci sono caratteristiche simili di reazione immunitaria in entrambe la malattie''.
L'ipotesi confermata dallo studio, ha spiegato Fasano,
''è che l'aumentata permeabilità intestinale, causata dalla zonulina, permette il passaggio di sostanze dall'ambiente, che inducono il processo autoimmunitario. Abbiamo cosi' trattato ratti diabetici con l'inibitore della zonulina, una proteina sintetizzata in laboratorio, prima della perdita della funzione di barriera. "Gli animali trattati - ha proseguito - non solo hanno mantenuta inalterata la barriera intestinale, ma non hanno prodotto neppure gli autoanticorpi che scatenano la reazione immunitaria''.
Da qui l'idea di una pillola per i celiaci,
contenente un inibitore della zonulina da assumere prima di pasti a base di farine pericolose, in modo da evitare il contatto tra la zonulina stessa e le cellule intestinali.
In questo modo, ha sottolineato il ricercatore,
si impedisce il passaggio di glutine nel corpo, la successiva reazione immunitaria e quindi il danno alla mucosa intestinale: ''E' come mettere della ceralacca sulla toppa di una serratura: la molecola non può attivare le cellule''. Ma il grande vantaggio, ha concluso Fasano, ''è che l'azione dell'inibitore è momentanea, per cui tutto torna nelle condizioni di partenza una volta passato l'effetto''.

 

 

IL CERVELLO RESTA GIOVANE CON POLIFENOLI, "CIBO PER LA MENTE"

 

CAMPOBASSO 11 APR - Esistono alimenti capaci di mantenere giovane il cervello? - Oltre alle buone letture e alla curiosità culturale, esiste un "cibo per la mente" in grado di aiutare le cellule cerebrali a rimanere efficienti? - Per i ricercatori la risposta è sicuramente positiva, con speciale riferimento ai polifenoli, sostanze contenute nella frutta, nella verdura ed in alcune bevande, soprattutto nel vino.
"La nostra alimentazione -
spiegano i responsabili del Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche dell'Università Cattolica di Campobasso - può influenzare la salute del cervello, forse anche arrivando a prevenire malattie neurologiche gravi. E' una possibilità che negli ultimi anni si sta affermando sempre più, e sta generando una grande curiosità tra i ricercatori".
Un seminario sull'argomento verrà
tenuto domani pomeriggio nell'aula Polifunzionale del Centro da Ennio Esposito, capo del Laboratorio di Neurofisiologia del Consorzio Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (Chieti). Con il titolo ''Nutrienti e malattie neurodegenerative: come alimentare la mente", Esposito traccerà un quadro delle ricerche in questo campo, con una particolare attenzione ai polifenoli, facendo una carrellata sui loro effetti benefici, osservati sia su cellule nervose coltivate in laboratorio che su animali.
"I polifenoli -
sottolineano ancora i ricercatori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - sono ben noti per la loro attività antiossidante, ma quando si parla del cervello sembrano agire anche con meccanismi diversi, interferendo con alcuni enzimi implicati nei processi di invecchiamento nervoso. Bisogna anche ricordare che l'invecchiamento e' il maggiore fattore di rischio per malattie nervose gravi come Alzheimer o Parkinson. Diversi studi scientifici indicano che un'alimentazione ricca di polifenoli potrebbe avere un ruolo nel proteggerci da quelle patologie".

 

 

UNA PROTEINA MAESTRA INSEGNA AI BATTERI COME DIFENDERE L'INTESTINO

 

ROMA 11 APR - Una proteina "maestra" insegna ai batteri come difendere il nostro intestino da gravi malattie come il morbo di Crohn. La scoperta arriva da scienziati dello IEO, pubblicata oggi su Nature Immunology, ha svelato il meccanismo molecolare che mantiene l'equilibrio della risposta immunitaria intestinale.
La proteina TSLP ha infatti il cui compito di "educare" e "condizionare" le cellule del sistema immunitario intestinale affinchè non scatenino risposte infiammatorie non volute.
A evidenziare il ruolo della proteina TSLP
("linfopoietina timica stromale") e a identificare così un importante meccanismo molecolare che permette all'organismo di tollerare la presenza nell'intestino di batteri "buoni", la cosiddetta "flora batterica", e di distruggere i batteri "cattivi", (quelli portatori di malattie) e' stato un gruppo di scienziati del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell'Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano.
Lo studio può contribuire alla futura messa a punto di nuove strategie diagnostico-preventive contro la malattia di Crohn e getta luce sui meccanismi di insorgenza del carcinoma del colon.
La ricerca è stata condotta grazie
a finanziamenti della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (FIRC) e dell' Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC). L'intestino e' normalmente popolato da batteri a noi noti come "flora batterica", che gli scienziati chiamano "batteri commensali".
Poichè questi batteri ci sono indispensabili per il metabolismo degli alimenti, il nostro sistema immunitario li deve riconoscere e li deve trattare da amici, rispondendo alla loro presenza con un meccanismo detto "tolleranza".
Quando però l'intestino viene invaso da batteri portatori di malattie,
ad esempio con il cibo avariato,il sistema immunitario deve individuare gli intrusi, aggredirli e distruggerli, scatenando verso di loro una risposta infiammatoria. Ma come fa il sistema immunitario a riconoscere i "buoni" dai "cattivi"?
"Abbiamo scoperto -
spiega Maria Rescigno, ricercatrice presso il Campus IFOM-IEO (IFOM Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare e Istituto Europeo di Oncologia) e autrice principale dello studio pubblicato oggi - che le cellule dendritiche, che fanno parte del sistema immunitario intestinale in pratica vengono 'educate' a non aggredire mai i batteri, siano essi buoni o cattivi. E la 'maestra' che impartisce questa lezione di "non belligeranza" è la proteina TSLP, rilasciata da un'altra popolazione di cellule intestinali (le epiteliali). Saranno altre cellule immunitarie, provenienti dal sangue e attirate dalla presenza stessa di eventuali batteri patogeni, a sopraggiungere in caso di necessità per combattere gli intrusi".
E se il meccanismo di interazione smette di funzionare sono guai.
''Se l'interazione viene a mancare - spiega Rescigno - si possono verificare stati patologici, perchè si instaura una risposta infiammatoria nei confronti dei batteri commensali, che vengono quindi aggrediti come se fossero patogeni. E' ciò che accade ad esempio nei casi in cui la proteina TSLP non è espressa, cosa che abbiamo osservato nel 70% delle persone affette da morbo di Crohn che abbiamo analizzato".
Il morbo di Crohn, un'infiammazione cronica dell'intestino
che affligge una persona su mille nei Paesi industrializzati (l' incidenza è più bassa nei Paesi in via di sviluppo) e' molto difficile da diagnosticare e da curare. La scoperta, si spera, potrà avere avere anche degli effetti sulle cure contro il tumore del colon.

 

 

CERVELLO CONTIENE UN TUTTO-CITTA' MA DIVERSO TRA UOMO E DONNA

 

ROMA 14 MAR - Nel nostro cervello c'è un Tuttocittà sempre pronto all'uso, che ci permette di orientarci, memorizzare i luoghi e muoverci senza perderci. Ma si tratta di un Tuttocittà con una "doppia edizione", una al maschile ed un'altra femminile: la "bussola" che orienta la nostra navigazione nell'ambiente funziona, cioè, in modo differente tra uomo e donna. Per approfondire la conoscenza di questi meccanismi e' ai nastri di partenza uno studio europeo ad hoc: e' denominato "Way finding", ovvero "ritrovare la via", e vi partecipa anche l'Università La Sapienza di Roma.
Occasione per fare il punto sulle ultime ricerche in materia, il convegno "Cervelli in psicologia", organizzato dalla Facoltà di psicologia dell'Università La Sapienza in occasione della settimana mondiale sugli studi del cervello, appuntamento annuale promosso dalla Charles Dana Foundation. Se riusciamo a muoverci e districarci tra diversi percorsi, ha spiegato Cecilia Guariglia, docente di Bio-psicologia all'Università La Sapienza, ''è perchè ci sono varie strutture cerebrali che presiedono ai processi di navigazione e orientamento, ma recenti studi hanno dimostrato che esistono enormi differenze tra i sessi: nelle donne, infatti, le aree attive nei processi di navigazione sono quelle pre-frontali e parietali, mentre negli uomini la zona cerebrale attivata e' quella relativa all'ippocampo''. Ma cosa significa questo in pratica? Che esiste, ha sottolineato l'esperta, una diversa organizzazione delle informazioni spaziali che porta uomini e donne a disegnarsi una differente 'mappa dell'ambiente'. Così, ad esempio, gli uomini calcolano e ricordano meglio le distanze e i tempi di percorrenza, e se devono indicare dei parametri di riferimento spaziale preferiscono i punti cardinali.
Le donne, al contrario, si affidano maggiormente ai riferimenti ambientali e sono più attente ai segni circostanti.
In altri termini, alla domanda 'come si arriva al posto X?', un uomo tenderebbe a rispondere 'procedendo in direzione nord per 20 chilometri', mentre una donna direbbe "dritto fino al distributore di benzina e poi girare a destra, proprio dove si trova una grande insegna luminosa". Ma se il modo di orientarsi e' diverso, ha precisato Guariglia, "è però vero che uomo e donna sono capaci di muoversi nell'ambiente esattamente allo stesso modo; le loro capacità sono cioè le stesse, anche se cambiano i sistemi di orientamento utilizzati. Inoltre - ha aggiunto - uomo e donna sono capaci di 'passare' da un sistema all'altro, pur avendo ciascuno un sistema di orientamento preferenziale". Il punto, ha aggiunto la psicologa, e' che con l'avanzare dell'eta' tale "flessibilità" tende a diminuire. Proprio per studiare questo tipo di meccanismi legati all'orientamento spaziale, anche in relazione al processo dell'invecchiamento, ha quindi annunciato l'esperta, ''partirà ad aprile lo studio europeo "Way Finding", che vede coinvolte varie università europee tra cui La Sapienza, con una durata triennale ed un finanziamento pari a 1,9 milioni di euro". L'obiettivo?. ''Uno dei problemi della popolazione anziana e' appunto quello delle capacita' di orientamento. Studiare tali meccanismi - ha concluso Guariglia - ci consentirà, ad esempio, di mettere a punto adeguate procedure di riabilitazione, con un impatto sociale notevole tenendo conto del costante aumento della fascia anziana che caratterizza anche il nostro paese".
TOMOTERAPIA, VIA ALLA SPERIMENTAZIONE IN LOMBARDIA -
La Regione Lombardia stanzierà 6,2 milioni di euro per la sperimentazione della tomoterapia, la nuova tecnologia per la radioterapia dei tumori, unica in Europa, inaugurata oggi al San Raffaele di Milano.
Lo ha annunciato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha preso parte alla cerimonia insieme al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e al ministro della Sanità Girolamo Sirchia.
La sperimentazione della tomoterapia avrà una durata di tre anni.
Il primo anno saranno trattati 150 pazienti, il secondo 250 e il terzo 300.
''La Regione ha dichiarato guerra al tumore, che è la seconda causa di mortalità dei nostri cittadini. Stiamo invitando tutti a visite di controllo perchè la salute va curata prevenendo la malattia".
L'azione della Regione Lombardia sia in sintonia con quella del San Raffaele. Rivolto a don Luigi Verzè. ''Questa novità nasce dallo spirito indomito di don Luigi. Un anno fa mi ha parlato di questa macchina spiegandomi che il nostro Paese, la Lombardia, il San Raffaele dovevano averla. Risposi a don Luigi che volevamo essere con lui e combattere fino in fondo questa battaglia contro il tumore. Pochi mesi dopo siamo qui ad inaugurare la prima macchina in Europa, che si aggiunge alle altre tecnologie d'avanguardia che fanno del reparto di medicina nucleare uno dei centri più avanzato nel mondo".
La Regione Lombardia destina ogni anno alla patologia oncologica il 12% del fondo sanitario regionale. Inoltre ha ricordato che e' stato approvato un piano oncologico che prevede di incrementare lo stanziamento con 24 milioni di euro di risorse aggiuntive, 8 per anno, dal 2004 al 2006. Nell'ultimo anno sono stati eliminati i tetti di spesa per la chirurgia oncologica e per la radioterapia, inoltre e' stata attivata una campagna di screening su tutto il territorio lombardo.
Per questa campagna di screening del carcinoma e del colon retto
che interesserà i lombardi tra i 50 e i 69 anni (2,3 milioni di persone) sono state stanziate risorse pari ad 8,2 milioni di euro.

 

 

RIDERE PROTEGGE LA SALUTE DEL CUORE COME L'AEROBICA

 

ROMA 08 MAR 2005 - Ridere fa bene alla salute come una lezione di aerobica perchè in entrambi i casi i vasi sanguigni risultano più dilatati e sostengono un flusso di sangue più copioso.
La dimostrazione, che pero non deve essere un pretesto per abbandonare la palestra, arriva da una ricerca condotta
all'Università del Maryland, School of Medicine di Baltimora presentata nel corso della Sessione Scientifica del convegno dell'American College of Cardiology ad Orlando, in Florida.
Lo studio, ha riferito il coordinatore dei lavori Michael Miller, mostra anche che emozioni negative inducono vasocostrizione ed e' quindi l'ulteriore evidenza del peso che le nostre emozioni hanno sul benessere complessivo del organismo.
A risentire positivamente delle allegre risate
è lo strato che riveste i vasi internamente, l'endotelio, mediatore delle proprietà vasodilatatrici indotte dell'umorismo.
"Dati i nostri risultati -
ha dichiarato Miller - emerge la possibilità che ridere mantiene sano l'endotelio riducendo i rischi cardiovascolari". Non a caso l'endotelio e' noto per i suoi legami con l'arterosclerosi, ha ricordato l'esperto.
La ricerca ha coinvolto 20 persone di età media 33 anni, dieci uomini dieci donne tutti sani e non fumatori.
Inizialmente la loro capacità circolatoria basale
è stata misurata fermando il flusso dell'arteria brachiale con un laccio emostatico annodato sul braccio. Sciolto il laccio con uno strumento ad ultrasuoni gli esperti hanno misurato come rispondono le pareti del vaso alla forza del volume di flusso che il laccio ha fermato a ridosso del nodo.
Dopo queste misure gli esperti
hanno proposto al campione a distanza di 48 ore l'uno dall'altro 15 minuti di due diversi film, una commedia e un film drammatico.
La stessa misura della reattività del flusso
è stata ripetuta dopo che i volontari hanno visto i film ed i ricercatori hanno riscontrato alterazioni della capacità di dilatarsi del vaso rispetto alla misura basale che, per entrambe le pellicole, perduravano fino a 45 minuti dalla visione delle scene.
Il film drammatico che causa stress mentale ha ridotto il flusso di sangue in 14 dei 20 partecipanti, ha rilevato Miller, tra cui anche alcuni che l'avevano già visto. Invece la commedia ha dimostrato effetti vasodilatatori e rilassanti sul vaso brachiale su 19 dei 20 individui.
Nel complesso la visione del film drammatico riduce del 35 per cento
il flusso di sangue, la commedia lo aumenta del 22 per cento.
"L'entità dei cambiamenti
rilevati sull'endotelio e' pari a quella misurabile durante l'attività aerobica - ha dichiarato Miller - ma senza i dolori e le tensioni muscolari che si accompagnano a questo esercizio".
"Non stiamo certo raccomandando di abbandonare le palestre sostituendole con le risate
- ha sottolineato Miller - ma suggeriamo di ridere regolarmente oltre a fare ginnastica. Trenta minuti di ginnastica per tre volte a settimana e 15 minuti quotidiani di sane risate - ha concluso l'esperto - è probabilmente buono per il sistema cardiovascolare".

 

 

ELETTRONICA: ALLO STUDIO AVVENIRISTICO NASO BIONICO, COSI' ANNUSERA' MALATTIE

 

Roma 7 Feb 2005 - Presto le malattie potrebbero essere individuate e riconosciute in modo assai precoce, semplicemente ''fiutandone'' la presenza nel corpo umano. In questo modo si potrebbero eliminare molti esami anche invasivi e si potrebbe trattare il paziente prima che la patologia diventi incurabile. E' con questo obiettivo sul tappeto che un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano guidati da Marco Sampietro sta sperimentando, da circa tre anni, un naso bio-elettronico, una sorta di ''naso bionico'' capace di rilevare la presenza di determinati composti.

''E' un'affascinante ricerca di bio-elettronica- spiega il responsabile italiano del progetto, Marco Sampietro del Dipartimento di Elettronica e Informazione del Politecnico di Milano - in cui si tenta di estrarre un segnale elettrico da quelle proteine che si trovano nel naso e che fungono da recettore olfattivo''. ''Ogni proteina -prosegue lo scienziato italiano- e' in grado di riconoscere le molecole di uno specifico odorante. Quello presente in natura e', quindi, un sistema particolarmente preciso ed efficace che ci proponiamo di riprodurre e sfruttare per numerose applicazioni. Per farlo e' pero' necessario ottenere un impulso elettrico da una proteina, cosa finora intentata''.

''Se non vengono mantenute nel loro ambiente ideale, infatti, -prosegue il piu' antico ateneo di Milano- le proteine perdono facilmente la loro struttura e la loro funzionalita'. L'ostacolo piu' grosso rimane quello di estrarre da questo mondo nanometrico il segnale elettrico. Per farlo, occorre realizzare un contatto elettrico tra gli atomi della singola proteina ed un elettrodo metallico, senza dimenticare che il segnale elettrico prodotto da un oggetto biologico di queste dimensioni e' a dir poco evanescente''.

L'obiettivo del progetto ''naso bio-elettronico'' e' quindi duplice. ''Da un lato -spiega ancora il Politecnico- lo sviluppo di un bio-sensore di precisione notevole da poter utilizzare per il controllo della qualita' dei cibi, per la sicurezza nei processi industriali, per l'individuazione di sostanze e materiali sospetti, fumi pericolosi, fughe di gas. Dall'altro lo sviluppo dell'elettronica molecolare con lo studio delle proprieta' elettriche e la manipolazione di singole molecole biologiche''.

 

 

SCOPERTO NUOVO GENE, PIU' SPERANZE PER LA CURA DEL PARKINSON

ROMA 15 APR 2004- Si chiama PINK1 ed e' responsabile di una forma di malattia di Parkinson ad esordio giovanile e a trasmissione recessiva, ovvero da genitori sani. La scoperta del nuovo gene responsabile del morbo, che apre nuovi filoni di ricerca per la cura della malattia, e' tutta italiana: e' stata infatti effettuata nei laboratori dell'Istituto Mendel di Roma, diretto dal genetista Bruno Dallapiccola, dal gruppo coordinato dalla ricercatrice Enza Maria Valente.
Frutto di un progetto finanziato da Telethon e condotto in collaborazione con l'Universita' Cattolica e con ricercatori inglesi e tedeschi, lo studio, presentato oggi all'Istituto Mendel, sara' pubblicato domani sulla rivista Science.
PINK1 e' localizzato sul cromosoma 1 e produce una proteina dei mitocondri, che rappresentano una sorta di centrali energetiche della cellula responsabili di alcune reazioni metaboliche fondamentali proprio per il mantenimento dell'integrita' cellulare. Questo gene, dunque, svolgerebbe un ruolo importante nel mantenimento della corretta funzione dei mitocondri e nella protezione delle cellule nervose da condizioni di stress, come ad esempio lo stress ossidativo. Ma a fronte di una mutazione di PINK1, i neuroni dopaminergici (quelli colpiti dal Parkinson) diventano piu' vulnerabili a condizioni di stress. La conseguenza e' un processo di neurodegenerazione e lo sviluppo della malattia.
L'identificazione di tale gene, hanno affermato i ricercatori, rappresenta quindi una tappa molto importante della ricerca sulle cause del morbo di Parkinson: infatti, la dimostrazione di un legame tra una proteina mitocondriale e la malattia getta luce su un possibile meccanismo che porta appunto alla neurodegenerazione.
L'identificazione del gene, ha spiegato Valente, e' stata possibile grazie allo studio di due famiglie italiane in cura presso l'Universita' Cattolica di Roma, nell'ambito di un progetto sullo studio dei Parkinsoniani genetici coordinato dal direttore del Centro Parkinson della Cattolica Alberto Albanese. Una terza famiglia con mutazioni del gene PINK1 e' stata inoltre identificata in Spagna.
Le famiglie presentavano una forma di Parkinson giovanile (con esordio dai 30 ai 50 anni) non legato a geni gia' noti e lo studio, ha detto Valente, ha dimostrato che tutte e tre i nuclei familiari osservati presentavano una mutazione del gene PINK1. La forma giovanile della malattia di Parkinson, per lo piu' di origine genetica, e' piu' rara, mentre molto piu' frequente e' il Parkinson sporadico (ovvero non ereditario) che si manifesta nei soggetti piu' anziani.
Nonostante l'eta' d'esordio giovanile (30-50 anni), pero', il quadro clinico dei pazienti con mutazioni in questo nuovo gene, ha spiegato Valente, ''e' molto simile a quello della malattia di Parkinson tipica''. La scoperta di PINK1 ha quindi, secondo gli esperti, delle importanti ricadute per la comprensione dei meccanismi che provocano il morbo di Parkinson anche nelle sue forme piu' frequenti ed apre la strada alla possibilita' di individuare nuovi approcci terapeutici e neuroprotettivi mirati (riducendo ad esempio lo stress ossidativo o ripristinando la corretta funzionalita' mitocondriale).
Telethon, ha ricordato la rappresentante della Direzione scientifica Marina Castellano, finanzia la ricerca sul Parkinson con un investimento complessivo di circa 750.000 euro dal 1997 per 7 progetti, di cui due in corso. I progetti sono tutti mirati allo studio dei meccanismi alla base della malattia, le sue origini genetiche e allo sviluppo di terapie basate anche sull'uso delle cellule staminali.

 

GLI ORMONI SESSUALI MASCHILI FAVORISCONO I RISCHI CARDIACI

SYDNEY 15 APR - Gli ormoni sessuali maschili rendono gli uomini piu' vulnerabili ai disturbi cardiaci, secondo quanto hanno scoperto gli scienziati australiani dell'Istituto ricerche cardiache di Sydney. Gli scienziati hanno accertato che gli androgeni come il testosterone contribuiscono a causare malattie di cuore poiche' portano le cellule ad aderire ai vasi sanguigni, fino a bloccarli.
La scoperta potra' portare ad un nuovo approccio verso la terapia ormonale
e nella ricerca su ormoni e salute cardiaca, in particolare riguardo alle capacita' protettive dell'ormone femminile, estrogeno. Il cardiologo David Celemajer, che ha guidato la ricerca, ha detto che l'equipe ha rivolto la sua attenzione agli androgeni in seguito a ricerche che mostravano come gli estrogeni non risultassero cardio-protettivi come ritenuto in precedenza.
Gli uomini hanno piu' androgeni e piu' ricettori di androgeni in circolazione nel loro sistema, rispetto alle donne. Gli androgeni sono gli ormoni responsabili anche della comparsa dei caratteri secondari maschili come la crescita dei peli, il timbro della voce, l'aggressivita', la maggiore massa muscolare e gli impulsi sessuali.
''L'arteriosclerosi, o indurimento delle arterie,
comincia perche' i globuli bianchi aderiscono ai vasi sanguigni, catturano il colesterolo e causano grumi'', ha spiegato Celemajer alla radio Abc. ''Abbiamo studiato in dettaglio il processo con cui i globuli bianchi si attaccano ai vasi sanguigni e fagocitano il colesterolo, e abbiamo concluso che gli androgeni accelerano questo processo''.
L'equipe di ricerca
sta dedicando ora la sua attenzione alla maniera con cui bloccare gli effetti negativi degli androgeni, lasciando intatti quelli positivi.

 

 CERVELLO: ECCO COME SI VEDE ATTRAVERSO IL TATTO

ROMA 10 APR 2004 - Il cervello riesce a vedere gli oggetti semplicemente attraverso il tatto. A dimostrare che guardare un oggetto o toccarlo senza vederlo per il cervello e' la stessa cosa, e' il gruppo italiano di Biochimica clinica coordinato da Pietro Pietrini, in una ricerca condotta in collaborazione con il dipartimento di Psicologia dell' universita' americana di Princeton e pubblicata on-line sulla rivista dell'Accademia delle scienze degli Stati Uniti, PNAS.
''La nostra ricerca dimostra che l'organizzazione del cervello
e' molto piu' complessa di quanto si credesse'', ha detto Pietrini, rientrato in Italia recentemente dopo dieci di lavoro nell'universita' di Princeton, con la quale prosegue ora una stretta collaborazione.
Le nuove conoscenze sul cervello
potranno avere conseguenze importanti sia per le ricerche sull'insegnamento e la riabilitazione nelle persone con cecita' congenita, sia per l'informatica e l'intelligenza artificiale, dove aprono la strada alla possibilita' di mettere a punto reti neurali ancora piu' complesse.
A dimostrare che il cervello e' organizzato in modo molto piu' articolato si quanto finora si immaginasse e' l'area finora chiamata ''corteccia visiva''. In quest'area del cervello, che si trova sulla superficie ventrale del lobo temporale, vengono elaborati gli stimoli che si ricevono guardando qualcosa. Ma il lavoro italo-americano ha dimostrato che il termine ''corteccia visiva'' e' improprio: questa parte del cervello fa molto di piu' che elaborare stimoli visivi poiche' riesce a costruire delle rappresentazioni mentali degli oggetti percepiti solo al tatto.
In collaborazione con il gruppo dello psicologo James Haxby,
dell'universita' di Princeton, i ricercatori italiani hanno dimostrato le molteplici potenzialita' della corteccia visiva utilizzando la Risonanza Magnetica Funzionale, una tecnica non invasiva che permette di osservare il cervello in attivita'.
A 5 volontari vedenti e a 4 volontari ciechi dalla nascita e' stato chiesto di toccare volti umani e oggetti di uso comune, come bottiglie di plastica e scarpe. Osservando il comportamento della corteccia visiva nel momento in cui i volontari toccavano gli oggetti, i ricercatori hanno osservato che questa area del cervello si comporta in modo molto simile sia negli individui ciechi dalla nascita, che quindi non hanno mai avuto alcuna esperienza visiva, sia in coloro che vedono gli oggetti che toccano. Di conseguenza la rappresentazione di oggetti nella corteccia ventrale temporale non e' semplicemente una rappresentazione di immagini visive, ma la rappresentazione di caratteristiche piu' astratte della forma degli oggetti. Il cervello dei ciechi e quello dei vedenti elabora quindi le informazioni dell'ambiente circostante in modo molto simile, ha osservato lo psicologo Mario Guazzelli, dell'universita' di Pisa e coautore dello studio.
''Questa zona del cervello -
ha detto Pietrini - e' in grado di processare informazioni in maniera indipendente dalla modalita' sensoriale attraverso la quale sono state acquisite''. Una proprieta' che gli studiosi hanno chiamato ''sopramodalita'''. La ricerca adesso andra' avanti con lo studio di altri aspetti dell'organizzazione cerebrale, come i meccanismi che controllano la percezione delle caratteristiche spaziali.

 

 TRAPIANTI, APRE A PALERMO UNO DEI MAGGIORI CENTRI EUROPEI

PALERMO 26 MAR 2004 - Un'area di 12.000 metri quadrati, 70 posti letto, quattro sale operatorie e una equipe di esperti riconosciuti a livello internazionale alla guida: nasce cosi', nell'area dell'ospedale Civico di Palermo, la nuova sede dell'Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione (ISMETT). E' il primo ospedale italiano interamente dedicato ai trapianti ed uno dei piu' grandi centri trapianti in Europa.
ANCHE UNA CELL FACTORY, BANCA DI CELLULE ANCHE STAMINALI -
Si chiama Cell Factory, la fabbrica in cui e' possibile isolare, conservare e distribuire a tutti i centri che le richiedono cellule di ogni organo. Ogni organo potra' avere una sua Cell Factory e all'Ismett entro l'anno nascera' una fabbrica di cellule, comprese le staminali. Quello di Palermo si aggiungera' cosi' ad altri centri italiani che stanno sperimentando questa strada, come il San Raffaele di Milano, dove Ricordi ha cominciato le sue ricerche. In Europa fabbriche di cellule sono nate in Svizzera, Belgio, Germania, Francia e Spagna. Negli Stati Uniti il centro piu' avanzato e' la Cell Factory di Miami voluta da Ricordi.
Gli organelli che nel pancreas producono l'insulina,
chiamati insulae pancreatiche e da utilizzare per la cura del diabete, sono tra i primi prodotti delle nuove fabbriche, insieme alle cellule staminali del sangue (per la cura dei linfomi), del midollo (per i trapianti) e quelle mesenchimali (per riparare ossa e cartilagine).
CELLULE A RICHIESTA -
l'esperimento funziona, come dimostrano i primi 13 pazienti che in Texas hanno ricevuto insulae pancreatiche spedite da Miami in speciali contenitori, mini incubatori che hanno permesso di consegnarle a destinazione in ottimo stato. Prelevate da pancreas da donatore cadavere, le insulae vengono purificate e trasferite nel fegato del paziente, nel quale si integrano completamente nell'arco di un mese. In questo modo il fegato svolge anche la funzione del pancreas, producendo insulina e curando cosi' il diabete di tipo I. Al momento questa tecnica viene riservata solo ai casi piu' gravi di diabete: basti pensare che su 17 milione di malati di diabete di tipo I negli Stati Uniti, i candidati sono meno di 100.000.
CELLULE DEL FEGATO PRODUTTRICI DI INSULINA - l
a Cell Factory e' anche un banco di prova senza precedenti per testare in modo rapido nuove tecniche. E' cosi' che un gruppo israeliano ha potuto verificare a Miami la possibilita' di trasformare cellule del fegato in cellule produttrici di insulina. Ha cioe' fatto svolgere alle cellule epatiche la stessa funzione svolta dalle insulae del pancreas, facendole diventare una nuova, per ora solo potenziale, arma contro il diabete.
CELLULE DI MAIALI TRAPIANTATE IN PANCREAS ADOLESCENTI -
e' il controverso e discusso esperimento condotto a Citta' del Messico dal gruppo di Rafael Valdes, che in 24 adolescenti ha trapiantato insulae del pancreas prelevate da maiali e, allo scopo di rafforzare il sistema immunitario, le cellule del Sertori che si trovano nei testicoli.  

 

TRAPIANTI: IMPIANTATO IN TOPI FEGATO COLTIVATO IN LABORATORIO

PALERMO 26 MAR 2004 - Sono stati impiantati in topi e ratti frammenti di tessuto del fegato coltivati in laboratorio. L'obiettivo e' ricostruire, direttamente nell'organismo, un organo nuovo, un organo completo e sano. Si tratta del primo passo di una strada ancora molto lunga e difficile, ha detto il responsabile della ricerca, George Michalopoulos, del dipartimento di Patologia dell'universita' americana di Pittsburgh, oggi a Palermo per l'inaugurazione della nuova sede dell'ISMETT. L'obiettivo e' arrivare a costruire in laboratorio un fegato umano a partire da un gruppo di cellule, ma ''nessuno e' in grado di prevedere quando cio' sara' possibile'', ha osservato Michalopoulos, al quale si deve la scoperta del fattore di crescita delle cellule del fegato (epatociti), chiamato HGF (Hepatocyte Growth Factor). Una scoperta che ha aperto la via alla possibilita' di rigenerare il fegato, visto che e' un cocktail di fattori di crescita e sostanze nutrienti a permettere di coltivare in laboratorio le cellule epatiche. ''Gli esperimenti sugli animali sono in corso, e contemporaneamente si stanno coltivando in laboratorio cellule di fegato umano, ma - ha rilevato il ricercatore - c'e' ancora molta strada da fare prima di arrivare ad ottenere un nuovo organo. Nessuno e' in grado di prevedere quando questo sara' possibile''. Quello che invece oggi e' realistico, secondo Michalopoulos, e' capire come si organizza un tessuto complesso come il fegato. ''Ci interessa capire il modo in cui il fegato si rigenera'', ha aggiunto. Se quindi ottenere e poter impiantare nell'uomo un fegato costruito in laboratorio richiedera' ancora moltissimo lavoro, nel frattempo si osserva osserva cio' che accade nelle cellule di fegato umano in coltura. L'obiettivo e' capire il meccanismo complesso con cui gli strati delle cellule che compongono l'organo (epatociti e cellule biliari) si organizzano con il tessuto connettivo fino a formare una struttura complessa. Nel frattempo si lavora alla rigenerazione del fegato seguendo una seconda strada, piu' vicina a trasformarsi in una futura terapia. Sono infatti in corso, fra Stati Uniti e Giappone, le prime sperimentazioni sull'uomo del fattore di crescita HGF scoperto nel 1989 da Michalopoulos e contemporaneamente da due gruppi giapponesi, e il cui recettore e' stato individuato dall'italiano Paolo Comoglio, direttore scientifico dell'Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (Torino). ''L'obiettivo dei test in corso - ha detto il patologo americano - e' utilizzare il fattore di crescita per rigenerare il fegato colpito da malattie croniche, come la cirrosi''.

 

 DAL CNR UNA TEORIA RIVOLUZIONARIA SU QUASAR E BUCHI NERI

ROMA 12 MAR 2004 - I buchi neri giganti del nostro universo si sono formati prima di quanto si pensi e sono gia' numerosi dopo poco tempo dal Big Bang: ben dieci volte piu' rispetto alla vecchia teoria e inoltre pare che non accennino a diminuire. E' questo il risultato degli studi condotti da Mario Vigotti, dell'Istituto di radioastronomia del Cnr di Bologna, con la collaborazione del gruppo di ricercatori europei.
'I buchi neri -
spiega lo scienziato - si trovano nei nuclei di gran parte delle galassie del nostro universo, compresa la nostra. Ma per cercare i piu' massicci si devono studiare le loro manifestazioni piu' eclatanti, cioe' le quasar, sorgenti radio che in ottico sembrano stelle. E, tra queste, le piu' luminose'. Le quasar si sono formate in massa due miliardi di anni dopo il Big Bang, quindi piu' di dieci miliardi di anni fa, l'universo infatti ha circa tredici mld di anni. I dati dello studio dimostrano che prima di questo momento di grande sviluppo, questi oggetti, e soprattutto i piu' luminosi, erano molto numerosi. 'E questo e' in armonia con i tempi richiesti per la formazione dei buchi neri che alimentano le quasar - spiega ancora lo scienziato del Cnr -, non possiamo vederne molte troppo presto, perche' i buchi neri devono avere il tempo per formarsi, dopo la nascita dell'universo'.
'I nostri studi invece -
continua Vigotti - partendo da un campione 'completo' di quasar molto luminoso in ottico, mostrano che dopo solo un miliardo di anni dal Big bang sono tante quante quelle che si osservano al momento del massimo sviluppo. E non dieci volte meno, come sembrava. E per di piu' non accennano a diminuire. Dalla luminosita' delle nuove quasar scoperte, quasi cento volte piu' numerose della Via Lattea - dice Vigotti, il cui studio e' stato appena pubblicato sulla rivista americana Astrophysical journal - si ricava la massa del buco nero centrale. Si ottengono buchi neri di grossa portata, tra i piu' massicci dell'universo: mostri giganti che si pensava avessero bisogno di molto tempo per formarsi. E al contrario si osservava molto presto'.
La domanda a cui ora i modelli cosmologici devono dare una risposta e' come fanno i buchi neri supermassicci a formarsi cosi' presto e a essere gia' cosi' tanti dopo poco tempo dal Big Bang.

 

 TUMORE AL SENO: SCOPERTA PROTEINA CHE FAVORISCE METASTASI  

ROMA 23 FEB - E' racchiusa in una proteina chiamata h-prune la spiegazione della formazione delle metastasi nel tumore al seno. L'hanno scoperta un gruppo di ricercatori italiani del Tigem di Napoli, del Cnr di Alghero, dell'Istituto San Raffaele di Milano che ha portato a termine una lunga ricerca che ha preso il via da un analogo gene che si trova nel moscerino frutta.
Nella cellula tumorale, spiegano i ricercatori, si svolge una lotta tra due molecole:
una che tenta di bloccare la fuga delle cellule tumorali impazzite (la proteina nm23), l'altra che al contrario spinge per la diffusione e la formazione delle metastasi (h-prune). Se prevale la prima il rischio di sviluppare metastasi e' poca, se invece e' h-prune ad avere la meglio il rischio per la donna di avere formazioni tumorali a distanza e' molto elevato.
Le ricadute dllo studio sono molteplici:
e' gia' stato identificato un farmaco in grado di bloccare l'attivita' del gene h-prune; ma il passo successivo potrebbe essere quello di identificare molecole ancora piu' specifiche, ovvero capaci di interporsi tra la proteina h-prune e la nm23 per evitare che quest¿ultima venga bloccata e impedita di esercitare la sua azione antimetastasi.
La ricerca e' stata finanziata dall'Airc e realizzata da un gruppo di studiosi coordinato da Massimo Zollo del Tigem di Napoli, in collaborazione con Giuseppe Palmieri dell'Istituto di Genetica delle Popolazioni del Consiglio nazionale delle ricerche di Alghero, Antonio Cossu dell'Azienda USL1 di Sassari e Gianluigi Arrigoni dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano.

 

 UNA NUOVA TATTICA PER SCONFIGGERE I TUMORI

LONDRA 19 FEB - Un gruppo di ricercatori britannici ha trovato una potenziale nuova tattica per sconfiggere i tumori, ossia quella di soverchiare il 'portiere molecolare' delle cellule cancerogene che impedisce ai farmaci di agire.
Gli scienziati della Ricerca contro il Cancro Britannica hanno scoperto che rendendo inabile una molecola conosciuta come P-glicoproteina e' possibile lasciare che altri farmaci continuino la loro opera contro il cancro riuscendo a curare tumori interi.
Questa molecola aiuta le cellule cancerogene a resistere
alle cure agendo da 'buttafuori molecolare' e rigettando farmaci anti-cancerogeni prima che possano agire. Questo fenomeno puo' anche accadere dopo un iniziale effetto benefico della chemioterapia provocando una ricaduta nei pazienti.
Gli scienziati sapevano gia' che il farmaco XR9576
riusciva a bloccare la molecola P-glycopproteina e a sensibilizzare le cellule alla chemioterapia, ma non sapevano che poteva funzionare per curare tumori interi.'
'Sapevamo che la P- glicoproteina si trova in grandi quantita' nei tumori , ma non sapevamo quanto questa molecola fosse importante per la resistenza dei tumori ai farmaci'' ha spiegato Richard Callaghan coordinatore dello studio che ha pubblicato la scoperta sul giornale scientifico European Jornal of Cancer.
Per il momento l'effetto del farmaco XR9576
e' solo stato studiato su modelli di tumore cresciuti da cellule in laboratorio. I ricercatori hanno creato due diversi blocchi di cellule, il primo con grosse quantita' di P-glicoproteina e il secondo con quantita' piu' basse ed hanno poi utilizzato due diversi farmaci chemioterapeutici: il vinblastine e il doxorubicine.
Il blocco di cellule con basse quanta' di P-glicoproteina
erano sensibili ad entrambe i farmaci mentre le cellule del primo blocco si sono rivelate 20 volte piu' resistenti al doxorubicine e 300 volte piu' resistenti al vinblastine. Gli scienziati hanno poi pre-trattato con il farmaco XR9576 entrambe i blocchi di cellule spogliandole della loro resistenza alla chemioterapia e rendendole cosi' vulnerabili al trattamento.

 

 CLONATO EMBRIONE UMANO PER CELLULE STAMINALI

NEW YORK 12 FEB - Scienziati americani e sud- coreani hanno annunciato negli Usa di aver clonato per la prima volta un embrione umano ed essere riusciti a selezionare le cosiddette cellule staminali embrionali, al centro di un ampio dibattito per le possibilita' che aprono in campo medico, ma anche per le controversie etiche che le accompagnano.
L'esperimento rappresenta
la prima clonazione del genere della quale siano stati pubblicati i risultati ed e' con ogni probabilita' destinato a riaprire le polemiche sulla clonazione umana. Cio' che e' stato eseguito alla Seul National University, secondo i risultati presentati a Washington, e' una cosiddetta 'clonazione terapeutica', che prevede la creazione di embrioni finalizzati all'estrazione di cellule staminali, che vengono poi coltivate per ricreare particolari tessuti umani.
La tecnica, estremamente controversa,
viene ritenuta capace di offrire importanti risultati nella lotta al diabete, al morbo di Parkinson e ad altre malattie, ma richiedera' ancora molti anni prima di poter essere sperimentata su persone. L'amministrazione Bush e il Congresso degli Usa stanno cercando di ottenere legislazioni internazionali che rendano questo tipo di sperimentazione illegale negli Usa e nel resto del mondo.
I tentativi di clonare un embrione umano
per ottenere cellule staminali fino ad ora erano falliti. La Advanced Cell Technology, una societa' del Massachusetts, aveva annunciato lo scorso anno di essere riuscita a creare un embrione umano clonato, ma non lo aveva lasciato sviluppare al punto da ottenerne cellule staminali. Lo studio attuale, guidato dal professor Woo Suk Hwang, sara' pubblicato sul prossimo numero della rivista Science.

 

 SALUTE: POCHE E TROPPE ORE DI SONNO ACCORCIANO LA VITA

WASHINGTON 11 FEB 2004 - Cattive notizie per i dormiglioni inguaribili e per chi accorcia ogni notte le ore di sonno: dormire meno e piu' di sette ore e mezzo farebbe male alla salute accorciando addirittura la durata dell'esistenza.
La sorprendente conclusione sull'effetto sulla salute non solo della mancanza di sonno - che veniva dato per scontato - ma per un eccesso di dormite e' stata raggiunta da uno studio giapponese che ha esaminato le abitudini nel dormire di 100 mila persone per 10 anni.
I ricercatori della universita' Nagoya hanno cosi' scoperto che la longevita' piu' alta appartiene a chi dorme sette ore a notte. Vita piu' corta invece per chi dorme otto ore e piu'. Le persone che si abbandonano al sonno meno di quattro ore e mezzo a notte sono quello che hanno evidenziato il piu' alto rischio di mortalita'.
Ma, inaspettatamente, chi dorme piu' di sette ore mezzo ha mostrato una salute peggiore di chi dorme sei ore e mezzo.
Nel rapporto pubblicato sulla rivista americana 'Sleep' gli studiosi ammettono di non aver ancora compreso il legame tra sonno e mortalita'.
 

 TROVATO L'INTERRUTTORE DEI RICORDI DURATURI

ROMA 08 FEB - Forse e' ancora presto per pensare di aver trovato la soluzione per gli smemorati cronici o per chi, affetto da patologie nervose, ha problemi di memoria, ma intanto il premio Nobel 1987 per la Medicina, Susumu Tonegawa, direttore del Picower Center for Learning and Memory al Massachusetts Institute of Technology (MIT), ha identificato l'interruttore principale che accende la macchina per immagazzinare i ricordi di lunga durata.
Come riferito sulla rivista Cell, si tratta di una proteina del cervello che viene accesa dall'impulso nervoso legato all'informazione da memorizzare e che da' il via alle reazioni che costruiscono il ricordo stesso.
Quando uno stimolo o un'informazione arrivano al cervello, la zona colpita subisce un cambiamento strutturale dovuto alla formazione di nuovi contatti tra neuroni, le sinapsi. Questo restyling e' mediato dalla produzione di un gran numero di proteine di vario tipo ma fino ad ora non era noto il punto di partenza, cioe' chi desse i comandi per avviare la sintesi di tutte le sostanze necessarie alla costruzione del ricordo.
I ricercatori del MIT hanno capito che l'artefice di tutto cio' e' l'enzima chiamato mitogen-activated protein-chinasi (MAPK) che, a seguito del segnale elettrico associato all'attivita' dei neuroni che hanno ricevuto l'informazione, scatta accendendo il sistema di sintesi proteica.
Gli esperimenti hanno confermato le ipotesi dei ricercatori, infatti topolini il cui gene per MAPK era stato messo KO dagli scienziati, non riuscivano a trattenere un ricordo oltre le poche ore dalla ricezione dell'informazione. Inoltre in questi animali la formazione di nuove sinapsi era praticamente nulla dopo stimoli esterni. Molti disturbi neurologici e psichiatrici sono legati a ridotta capacita' di sintesi proteica dei neuroni, osserva Tonegawa, alimentando la possibilita' che queste defaillance siano dovute proprio al malfunzionamento di MAPK.
'Se continuiamo a mappare le molecole e i meccanismi cellulari alla base delle funzioni cognitive - conclude il premio Nobel - capiremo meglio le basi dei disturbi mnemonici, rendendo possibile l'ideazione di farmaci che abbiano bersagli molecolari precisi'.

 

 MEDICINA: LO STOMACO BRUCIA AD UN ITALIANO SU QUATTRO

ROMA 04 FEB 2004 - Il bruciore di stomaco sta diventando la malattia degli italiani: ne soffre una persona su quattro. Primo sintomo del reflusso gastroesofageo, e' la malattia dell'eta' adulta ma si vede sempre piu' nei giovani. Con i capelli bianchi sono le donne a soffrirne di piu'. Sempre piu' stress e obesita' accendono bruciore di stomaco.
''E' una malattia in grande aumento -
dice il professore Vincenzo Savarino, Ordinario di Gastroenterologia all'Universita' di Genova che, in un vertice a Madrid, ha fatto il punto sul reflusso gastroesofageo - figlia dei guai del benessere come stress e sovrappeso ma anche di farmaci per combattere soprattutto alcune malattie cardiache. E poi l'incidenza dell'ernia iatale che, dopo i cinquanta anni, fa spesso la sua comparsa''. I sintomi si possono combattere con gli inibitori della pompa protonica, farmaci che regolano un enzima che agisce nel bloccare l'eccesso di acido cloridrico prodotto da cellule nello stomaco.
Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2001
per reflusso esofageo i ricoveri in Italia sono stati 4827 in regime ordinario e 2283 in day hospital.
Per quanto riguarda i ricoveri in regime ordinario per reflusso esofageo in Italia, su 4827 ricoveri 2432 hanno riguardato donne (2395 gli uomini). La fascia d'eta' maggiormente interessata e' stata quella fino a un anno (1859 ricoveri: 964 maschi e 895 femmine). Segue quella 45-64 anni (682 ricoveri: 374 donne e 308 uomini) e dalla fascia 25-44 anni (647 ricoveri: 326 donne e 321 uomini). Per quanto riguarda, invece, i ricoveri in day hospital per reflusso esofageo in Italia nel 2001 su 2283 ricoveri, 1156 hanno riguardato donne (1127 gli uomini). Il maggior numero di ricoveri ha riguardato la fascia 45-64 anni (518 ricoveri: 301 donne e 217 uomini) e 25-44 anni (459 ricoveri: 237 donne e 222 uomini). Sempre secondo i dati del Ministero della Salute, in Italia nel 2001 si sono avuti 7287 ricoveri in regime ordinario e 3435 in day hospital per esofagite da reflusso, cioe' quando c'e' una complicanza della malattia rappresentata da lesioni. Dei 7287 ricoveri per esofagite da reflusso in regime ordinario in Italia, 3837 hanno riguardato uomini (3450 le donne). Piu' colpita la fascia 45-64 anni (1876 ricoveri: 842 donne e 1034 uomini) e quella di 25-44 anni (1799 ricoveri: 1042 uomini e 757 donne).
Mentre per quanto riguarda i ricoveri per esofagite
da reflusso in day hospital in Italia nel 2001, dei 3435 ricoveri 1770 hanno interessato uomini (1665 le donne). La fascia con piu' ricoveri quella 25-44 anni (1135 ricoveri: 597 uomini e 538 donne) e quella 45-64 anni (1066 ricoveri: 541 uomini e 525 donne).

 

DROGA: COCAINA ED ECSTASY PROVOCANO MUTAZIONI DNA

ROMA 06 DIC- L'ecstasy e la cocaina, ovvero le droghe piu' diffuse oltre a essere tossiche e creare dipendenza, agiscono direttamente a livello del Dna trasformandolo e provocandone delle mutazioni.
A scoprire l'inedito danno genetico di queste droghe
sono stati i ricercatori del reparto di Mutagenesi e differenziamento della sezione di Pisa dell'Ibba - Cnr, Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche. Lo studio, durato oltre tre anni, e' stato realizzato in collaborazione con Mario Giusiani, tossicologo dell'Istituto di medicina legale dell'Universita di Pisa. Giusiani, oltre a fornire il materiale per gli esperimenti, si e' occupato della caratterizzazione chimico-analitica. ''La cocaina e l'ecstasy si sono rivelate piu' pericolose di quanto sapevamo'', sottolinea Giorgio Bronzetti, responsabile scientifico del reparto dell'Ibba - Cnr.
''Queste droghe,
infatti, oltre a tutti gli aspetti tossicologici, aggrediscono il Dna provocandone delle mutazioni, cioe' alterando il materiale ereditario. Cio' solleva molte preoccupazioni sugli effetti che si possono avere nelle generazioni future. Inoltre - continua Bronzetti - se consideriamo la stretta relazione tra mutagenesi e cancerogenesi, si puo' affermare che tali droghe possono essere causa di neoplasie''. In base ai risultati ottenuti su sistemi submammiferi, i ricercatori dell'area San Cataldo di Pisa hanno inoltre dimostrato la stretta dipendenza che esiste tra dose ed effetto. In altre parole, l'assunzione prolungata nel tempo aumenta il danno a livello del Dna. Un pericolo questo sottovalutato dai consumatori di droghe e dai tanti atleti impegnati in sport che, necessitando una prolungata resistenza come per esempio il ciclismo, utilizzano dopanti contenenti cocaina.

 

Trapianto di faccia, i chirurghi inglesi frenano

Secondo gli scienziati britannici sono ancora poco chiare le implicazioni psicologiche di un intervento di questo tipo - Londra 22 Nov - Il trapianto di faccia? Tecnicamente è possibile ma per realizzarlo servono ulteriori ricerche sui possibili rischi. E’ questo il parere del Royal College of Surgeons in Gran Bretagna. L'ordine dei chirurghi britannici benché non contrario alla prospettiva dell'uso del trapianto in un futuro, ricorda le pesanti implicazioni psicologiche, etiche e anche mediche che l'operazione potrebbe avere sui pazienti e sui parenti del donatore e chiede ulteriori ricerche per affrontare questi problemi. Il trapianto sarebbe già stato compiuto con successo su cani e ratti ma se questi esperimenti hanno risolto problemi tecnici, ovviamente non hanno fatto luce su quelli di natura psicologica. Sir Peter Morris, direttore del Rcs ha detto: "La specializzazione microchirurgica e la conoscenza dell'anatomia necessari per compiere il trapianto della faccia sono già ben stabilite, ma questo genere di operazione non è solo una conquista tecnica. Dobbiamo anche considerare l'impatto psicologico sulle famiglie del ricevitore e del donatore e anche i considerevoli rischi a lungo termine del bisogno di prendere farmaci immunosoppressivi per tutta la durata della vita." Tra gli effetti collaterali di questi farmaci, prescritti per evitare che il corpo del paziente rifiuti la nuova faccia, si conoscono l'ipertensione, il diabete e un aumento di rischio di cancro. Il comitato ha espresso la preoccupazione che si possa istaurare una competizione tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti su quale paese effettui il primo trapianto. "Questa non dovrebbe essere una gara. Dovremmo farlo solo quando sentiamo di avere buone possibilità di riuscita del trapianto" e Peter Morris prevede un'attesa di almeno cinque anni. Proprio qualche giorno fa John Barker, direttore della ricerca sulla chirurgia plastica dell'università Loisville in Kentucky (Stati Uniti), ha dichiarato ad una riunione al museo delle scienze di Londra che il primo trapianto potrebbe essere fatto molto presto. Secondo il medico i problemi chirurgici e immunologici dell'operazione sarebbero già stati superati e per quel che riguarda le implicazioni psicologiche "l'unico modo di rispondere a queste domande è quello di compiere il trapianto su un essere umano". Barker, che ha già compiuto il trapianto su dei cadaveri, è convinto che il paziente non assomiglierebbe al donatore della pelle e dei muscoli in quanto la combinazione dello scheletro e del tessuto molle darebbero un effetto diverso.

 

MEDICINA: STUDIO USA, ANTIBIOTICO AIUTA DIMENTICARE PAURE

NEW YORK 12 NOV - Un comune antibiotico usato per combattere la tubercolosi aiuta gli ansiosi a dimenticare le loro peggiori paure. E' quanto sostengono gli autori di uno studio presentato al congresso della Societa' Americana di Neuroscienze. Nello studio, i ricercatori della Emory University School of Medicine a Atlanta hanno scoperto che la medicina ha aiutato persone a vincere paure come quella del vuoto e dell'altezza in due sedute di terapia soltanto contro le normali sette o otto. Michael Davis, che ha condotto la ricerca, ha basato l' esperimento su precedenti studi secondo cui la trasmissione di una particolare proteina verso un particolare recettore del cervello e' cruciale nel superamento delle paure. Davis ha scoperto che il farmaco anti-tubercolare, sul mercato negli Usa sotto il nome di Seromicina, contribuisce ad agevolare la trasmissione della proteina. La medicina non fa sparire la paura ma in esperimenti su topi di laboratorio ha aiutato le cavie a dimenticarla piu' in fretta. Essendo gia' stata approvata dalla Food and Drug Administration (Fda) per l'uso sull'uomo, Davis ha potuto senza problemi metterla alla prova su 28 persone in preda ad acrofobia. Ciascun soggetto ha ricevuto una piccola dose prima delle due sedute di terapia di desensibilizzazione virtuale in cui occhiali computerizzati venivano usati per simulare l'ascesa su un grattacielo a bordo di un ascensore di vetro. Alcune pillole erano placebo. E il risultato dell'esperimento ha convinto gli esperti: i 17 pazienti sotto antibiotico in due sedute soltanto avevano ottenuto risultati migliori del previsto dopo le normali otto sessioni del trattamento.

 

STAMINALI: SCOPERTE NEL MIDOLLO NUOVE CELLULE TUTTOFARE

ORLANDO 10 NOV - C'e' una nuova famiglia di cellule che vive nel midollo umano: sono cellule primitive ma, a differenza delle altre cellule staminali finora note, sono molto piu' immature e capaci di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula, proprio come le cellule embrionali. L'obiettivo e' riuscire un giorno a utilizzarle per riparare il cuore dopo un infarto.
La loro scoperta e' stata presentata oggi negli Stati Uniti, nel congresso dell'American Heart Association in corso a Orlando. Il gruppo di Young Sup Yoon, della Tuft University di Boston, ha dimostrato, per la prima volta, che nel midollo osseo vive una nuova popolazione di cellule staminali, capaci di dare origine a vasi sanguigni e muscolo cardiaco.
Osservano infatti che ''queste cellule
non appartengono a nessuna delle popolazioni di cellule staminali presenti nel midollo finora note''. Queste cellule tuttofare, definite dai ricercatori ''universali'', vivono cosi' nel midollo, accanto alle cellule progenitrici del sangue (ematopoietiche) e a quelle che si trasformano in ossa o cartilagine (mesenchimali).
I ricercatori le hanno chiamate hBMSC
(acronimo dall'inglese Human Bone Marrow-Deerived Stem Cells, cellule staminali derivate dal midollo osseo) e per studiarne tutte le potenzialita' le hanno impiantate nel cuore di ratti nei quali era stato indotto un infarto.

 

OBESITA': UN GENE SPIEGA LA FAME ECCESSIVA

PARIGI 03 VOV - Un'anomalia di un gene, chiamato Gad2, aumenta il rischio di obesita' grave, agendo sia sul comportamento alimentare sia sulla produzione di insulina, ormone secreto al momento dei pasti, secondo uno studio franco- britannico. ''Questi risultati aprono nuove prospettive terapeutiche per prevenire e curare l'obesita''', affermano i ricercatori. Lo studio, diretto dal professor Philippe Froguel (Cnrs- Istituto Pasteur, Lilla, e Imperial College, Londra), e' pubblicato oggi (lunedi') su una nuova rivista 'on line' diretta dal Premio Nobel Harold Varmus, 'Public Library of Science Biology'. E' stato condotto su un campione di 575 francesi obesi e 646 non obesi.
Favorita dalla sedentarieta', l'obesita' -
che colpisce oltre 300 milioni di persone nel mondo - predispone al diabete, alle malattie cardiovascolari e ad alcuni tipi di cancro. Una forma anomala (mutazione) del gene e' fortemente associata all'obesita', mentre un'altra sembra avere una funzione protettiva. Il gene anomalo e' sei volte piu' attivo negli individui a rischio obesita'. Situato sul cromosoma 10, il gene Gad2 accelera, tramite un enzima, la produzione di un messaggero chimico, il Gaba (acido gamma-aminobutirrico). Questo, a sua volta, stimola l'appetito nel cervello, a livello di ipotalamo; oltre a intervenire nelle dipendenze ('Addictions') da alcool e alcuni ansiolitici. ''La genetica non puo' da sola spiegare il rapido aumento dell'obesita' nel mondo, ma puo fornire chiavi d'approccio, preventive e terapeutiche'', commenta Froguel. ''Quest'anomalia genetica spiegherebbe il 10% delle obesita' massicce (ad esempio, oltre 100 kg per 1,65 di altezza), malattia che colpisce l'1% dei francesi e il 5% degli americani'', ha detto il professore all'Afp.
''L'identificazione di questo gene
contribuira' nei prossimi anni a far realizzare un depistaggio dei bambini a rischio obesita', al fine di adottare misure preventive'', ha aggiunto. D'altra parte, il gene anomalo perturberebbe la produzione di insulina, ''un ormone secreto durante i pasti, che serve a immagazzinare lo zucchero nel sangue ma anche a inviare un messaggio di sazieta' al quale spesso l'organismo degli obesi rimane indifferente'', ha concluso Froguel.

 

MEDICINA: RIGENERATO FEGATO CON EPATITE FULMINANTE

BOLOGNA 20 OTT - Una ragazza bolognese di 25 anni, in coma per una epatite fulminante, deve la vita ad un rivoluzionario intervento chirurgico eseguito presso il S.Orsola di Bologna, che ha permesso la rigenerazione dell'organo.
A distanza di otto giorni dall' operazione
(la seconda al mondo, la prima era stata fatta dagli stessi chirurghi nel 2001 su un caso particolare di paziente gia' trapiantato) la giovane e' uscita dal coma, sta bene, e fra qualche giorno uscira' dalla rianimazione per andare in reparto e se tutto continuera' cosi' fra un mese sara' a casa.
Alla base del nuovo metodo
c'e' l' idea, corroborata anche da ricerche di laboratorio eseguite sui ratti, che il fegato colpito da una epatite fulminante possa rigenerarsi se viene ossigenato in modo piu' intenso. Ed e' quello che i chirurghi bolognesi hanno fatto collegando con questa nuova tecnica (gia' descritta nel 2001 sulla rivista scientifica internazionale New England Journal of medicine) l' arteria mesenterica inferiore con la vena mesenterica inferiore (un intervento che tecnicamente viene chiamato 'arterializzazione'). Ideatore ed esecutore dell' operazione e' stato un giovane chirurgo, il professor Bruno Nardo, di Vibo Valenzia, specializzatosi prima in America e poi in Italia, insieme al professor Antonino Cavallari, direttore del Centro Trapianti di fegato del S.Orsola, e al professor Gerardo Martinelli, direttore dell' Unita' operativa di anestesia e riabilitazione.
La ragazza era stata ricoverata al Pronto Soccorso
la mattina del 9 ottobre - ha raccontato il professor Martinelli - per uno svenimento e con forti dolori all'addome. Ben presto le sue condizioni sono peggiorate e dopo la diagnosi di epatite fulminante, ''forse da assunzione da farmaci, ma non lo sappiamo'', e' cominciata la battaglia contro il tempo per trovare un fegato per il trapianto. Per tenere in vita la giovane i medici del S.Orsola hanno tentato tutte le strade; per due volte si e' fatto ricorso ad un fegato artificiale per depurare il sangue, poi quando la ragazza era gia' in coma, in assenza di un organo da trapiantare, nella notte fra 12 e 13 ottobre, e' stato deciso di sperimentare questa metodica, pensando ad un intervento provvisorio in attesa del trapianto. A distanza di otto giorni la ragazza sta bene, il fegato ha ripreso le sue funzioni epatiche e neurologiche e i sanitari contano di dimetterla fra un mese non prima di aver eliminato, per via angiografica, il collegamento fra circuito arterioso e venoso.
Gli autori dell'operazione,
nella conferenza stampa nella quale hanno illustrato le caratteristiche dell' intervento, hanno voluto evitare eccessivi entusiasmi e parlano per ora di 'tecnica promettente' per le epatiti fulminanti. Si guardano bene dal dire che questa metodica evitera' il trapianto ed anzi preferiscono parlare di soluzione ponte in attesa dell' organo. Altro punto messo in chiaro dai chirurghi bolognesi e' che la nuova metodica non serve per le epatiti croniche e tanto meno per i casi di tumore.
Resta forte pero' la speranza
che sia giusta l' idea - ha detto Nardo - che iperossigenare il fegato possa aiutare la rigenerazione, funzionale ed anatomica, dell' organo. Nel caso della paziente bolognese questo ha evitato un trapianto che per le epatiti fulminanti ha una sopravvivenza inferiore (50% a cinque anni) rispetto ad altri epatiti.
A dare corpo a questa speranza -
hanno spiegato ancora Nardo e Cavallari - ci sono alcune ricerche compiute fra il 2001 ed il 2003 dal Centro di Biomedica applicata del S.Orsola, diretto dal dottor Pasquale Chieco. La sperimentazione sul fegato dei ratti intossicati artificialmente - ha spiegato Nardo - ha messo in luce che il 100% di quelli che sono stati sottoposti ad arterializzazione ha visto l' organo rigenerarsi, mentre solo il 20% del gruppo non arterializzato e' sopravvissuto. L' idea apre anche altre prospettive, come quella di rendere meno pesante ed invasivo il trapianto da donatore. L' arterializzazione infatti potrebbe ridurre la porzione di fegato da asportare nel donatore e da impiantare nel ricevente.

 

USA: SCIMMIA PENSA E ROBOT SI MUOVE, SVOLTA IN RICERCA

NEW YORK 13 OTT - La scimmia pensa e il braccio robotizzato si muove, si sposta, afferra oggetti. In un laboratorio nella Carolina del Nord, un gruppo di scienziati ha mosso nuovi passi verso un futuro dalle molteplici prospettive per la mobilita' delle persone paralizzate, ma anche per possibili usi militari. I ricercatori della Duke University sono riusciti per la prima volta ad utilizzare le intenzioni mentali di un animale per muovere un oggetto meccanico. Tramite cavi collegati direttamente al cervello, le scimmie utilizzate per l'esperimento hanno trasmesso comandi ad un robot e ben presto saranno in grado di ottenere lo stesso risultato 'wireless', senza alcun tipo di cablatura.
Fino ad oggi, qualcosa di simile era stato tentato solo con movimenti virtuali, come far muovere un cursore sullo schermo di un computer. Ma non era mai accaduto fino ad oggi - secondo i ricercatori - che un animale imparasse ad usare il cervello per muovere un oggetto robotizzato. Gli scienziati, guidati da Miguel Nicolelis, hanno inserito elettrodi piu' fini di un capello sulla superficie cerebrale di due scimmie, dopo aver rimosso una porzione della scatola cranica. Ad una scimmia sono stati installati 96 cavi ad una profondità di circa un millimetro dentro il cervello, all'altra 320 filamenti analoghi. Dopo un intervento chirurgico durato 10 ore, le scatole craniche sono state chiuse lasciando pero' che i cavi uscissero all'esterno. Secondo gli scienziati, gli animali non hanno provato dolore e l'impianto non crea alcuna difficoltà alle loro attività motorie.
Il passo successivo dell'esperimento e' stato quello di insegnare alle scimmie a manovrare con un joystick un braccio robotizzato che si trovava in un'altra stanza, con uno schermo di computer che le aiutava a capire i movimenti. Mentre gli animali imparavano, il computer imparava insieme a loro a capire il loro modo di ragionare. Gli scienziati hanno poi staccato i joystick dal computer, lasciandoli in mano alle scimmie, che da quel momento in poi muovevano il braccio robotizzato direttamente con il pensiero. Ma la vera sorpresa, per gli scienziati, e' stando quando le scimmie hanno lasciato anche i joystick ed hanno cominciato a comandare il robot solo con il cervello. ''Non riuscivamo neppure a parlare, e' sceso un silenzio assoluto tra di noi'', ha raccontato Nicolelis al Washington Post. ''Nessuno voleva dire una parola su quello che stava accadendo e una scimmia ha continuato per quasi un'ora''.
La ricerca, che viene pubblicata sulla rivista Plos Biology, potrebbe portare in futuro alla messa a punto di tecnologie che permettano alle persone con lesioni spinali di muovere e gestire macchinari o oggetti solo con il pensiero. Inoltre, potrebbe essere possibile arrivare a permettere a persone paralizzate di comandare direttamente i muscoli degli arti non piu' attivi, grazie ad una 'cablatura' dell'organismo. Gli scienziati americani ipotizzano anche usi di tipo militari, come la possibilita' per i soldati di comandare - con le mani libere - piccoli robot personali da usare in combattimento.

 

MEDICINA: MALATTIE CARDIOVASCOLARI PRIMA CAUSA DI MORTE

PADOVA 07 OTT - Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nelle citta' industrializzate e in Italia si fa ancora troppo poco per prevenirle. E' quanto sostiene il cardiologo Gian Paolo Rossi, che con un pool di medici padovani e in collaborazione con il servizio di Emodinamica dell'ospedale di Cittadella (Padova) ha messo a punto uno studio.
Alcuni elementi della ricerca, pubblicata in questi giorni sul Journal of cardiovascular pharmacology, sono stati anticipati dallo stesso Rossi che sottolinea come l'infarto miocardico, lo scompenso cardiaco e l'ictus siano in agguato tra chi vive nelle grandi citta', affiancati da ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo e diabete mellito.
Lo studio dei ricercatori padovani
ha evidenziato come, di circa 1.300 pazienti sottoposti alla coronografia, solo un terzo fosse in trattamento con statine, farmaci che riducono efficacemente il colesterolo nel sangue, soprattutto l'Ldl che, tramite dieta e terapia, dovrebbe essere tenuto a livelli di guardia.
Secondo lo studio, le linee guida delle malattie cardiovascolari appena pubblicate dalla Societa' europea di cardiologia con la Societa' europea dell'ipertensione arteriosa non sembrerebbero riscontrare adeguata attuazione pratica, considerato che solo il 5% dei pazienti studiati dai ricercatori padovani risultava avere un'ipercolesterolemia adeguatamente controllata.
La ricerca sottolinea la necessità di incrementare gli sforzi miranti a promuovere sia la conoscenza delle linee guida negli operatori sanitari e nella popolazione, sia l'utilizzo di quelle misure dietetiche e farmacologiche che si sono dimostrate marcatamente efficaci nel ridurre la colesterolemia.

 

IL VINO ROSSO ALLUNGA LA VITA DELLE CELLULE UMANE

ROMA 24 AGO - Il vino rosso fa buon sangue ed allunga la vita, almeno nel lievito e nelle cellule umane coltivate in laboratorio. A dare la notizia e' la rivista Nature in cui scienziati della Harvard Medical School e dei Laboratori di Ricerca BIOMOL riportano la loro scoperta. I polifenoli, composti estratti dal vino rosso, ma anche da alcune verdure, allungano la vita delle cellule esattamente come fa una dieta ipocalorica, il cui effetto di elisir di giovinezza e' gia' noto da tempo. Secondo uno degli autori, David Sinclair, il loro effetto si esplica non per il potere antiossidante per cui sono gia' famosi i polifenoli ma per la loro capacita' di attivare sostanze che intervengono per regolare la durata della vita cellulare. Ora, concludono gli scienziati, i passi decisivi sono capire come funzionano, testare versioni sintetiche, e cercare polifenoli naturali che nel corpo umano svolgano normalmente il lavoro di quelli estratti dall'antica bevanda. L'esistenza di queste sostante nel lievito e nei vermi nematodi era gia' conosciute dagli esperti. Si tratta, in particolare, degli enzimi della famiglia delle sirtuine, principalmente Sir2 nel comune lievito del pane Saccharomyces cerevisiae e SIRT1 nelle cellule umane. Questa famiglia di enzimi svolge attivita' ancora non del tutto comprese, soprattutto per quel che riguarda le sirtuine umane, ma sembra che tali sostanze siano attivate in condizioni di stress, quando l'ambiente esterno e' ostile, per esempio quando il cibo scarseggia, per favorire la sopravvivenza delle cellule fino a tempi migliori. I polifenoli per i quali si dimostrato l'effetto allunga vita sono il resveratrolo del vino e i flavoni estratti dall'olio d'oliva. Il resveratrolo ha allungato dal 60% all'80% la vita del lievito, misurata in numero di generazioni, portandolo a sopravvivere per 38 generazioni anziche' le 19 tipiche del microrganismo non trattato. I suoi effetti benefici sull'uomo erano parzialmente gia' noti, infatti in precedenti studi il resveratrolo aveva dimostrato di contribuire a mitigare le malattie tipiche della tarda eta'. In questo studio, rilevano gli scienziati, il resveratrolo ha dimostrato di aiutare le cellule umane a sopravvivere in condizioni di stress. E' probabile che la funzione d'origine, nelle piante da cui derivano, dei polifenoli sia quella di avvertire delle condizioni di pericolo per preparare l'organismo a superarle mettendo in atto meccanismi di difesa. La stessa cosa potrebbe avvenire anche sugli animali che li assumono con la dieta, uomo compreso.

 

FARMACI: ALLARME UE PER USO ECCESSIVO ANTIBIOTICI

BRUXELLES 24 AGO - L'uso ''eccessivo o inappropriato'' degli antibiotici ha favorito la proliferazione di microrganismi che hanno ormai sviluppato una resistenza ai farmaci. L'allarme-salute e' giunto dalla Commissione europea, preoccupata per il rilevante numero di antibiotici divenuti ''inefficaci'', o ''molto meno affidabili'' che in passato.
La polmonite -
tuttora la malattia infettiva piu' letale al mondo, con una media di 3,5 milioni di vittime all'anno - e' presa come caso maggiormente esplicativo di questo fenomeno: secondo studi di laboratorio, il 70% dei germi patogeni responsabili di infezioni delle vie respiratorie, tra cui la polmonite, si sono infatti rivelati invulnerabili ad uno dei cosiddetti antibiotici di ''prima linea''.
La Direzione generale della Ricerca scientifica, in un opuscolo sulla ''resistenza agli antibiotici'', punta il dito sul rischio di vivere il ''peggior scenario'', definito ''non improbabile'', quello che nella scala delle emergenze sanitarie globali rappresenta il vertice: l'epidemia. La preoccupazione numero uno e' proprio quella di trovarsi a combattere la diffusione di infezioni e malattie dovute a ''pericolosi germi patogeni'' diventati insensibili a qualsiasi trattamento antibiotico.
Un altro preoccupante aspetto del fenomeno e' stato quello del ritorno della tubercolosi, in particolare nei paesi dell'Europa dell'est, dell'Africa e dell'Asia.
L'esempio per eccellenza di farmaco ridotto all'impotenza e', secondo il dossier realizzato a Bruxelles, quello della resistenza alla penicillina, diffusa ormai in molti paesi nonostante il farmaco fosse il ''trattamento per eccellenza'' delle infezioni da stafilococco ''aureus''.
Come noto, la resistenza agli antibiotici e' il prodotto della trasmissione di caratteri genetici nei batteri appartenenti alla stessa o a una differente specie. Da un punto di vista farmacologico, il rischio di ''impotenza'' per uno specifico antibiotico aumentano all'aumentare del suo impiego. La sostituzione di questi farmaci con antibiotici aventi proprieta' chimiche simili - secondo lo studio di Bruxelles - si traduce spesso soltanto in una soluzione provvisoria in quanto anche queste contromisure, nel medio-lungo termine, sono aggirate e rese inefficaci dalla progressiva resistenza dei batteri.
Condizioni favorevoli alla proliferazione di super-batteri invulnerabili agli antibiotici, avverte la commissione Ue, si verificano proprio negli ospedali e nelle case di riposo.
Fra le cause del fenomeno vi e' anche la somministrazione inappropriata di questi farmaci. Nella pubblicazione della Commissione europea si stima che circa il 60% degli antibiotici siano prescritti per la cura dell'apparato respiratorio superiore, anche nel caso in cui sia attaccato da virus contro i quali, come e' noto, gli antibiotici sono del tutto inefficaci.
Da un sondaggio realizzato nel 2001 e' risultato che solo il 40% degli europei sa che gli antibiotici sono inutili contro le malattie virali.
La Commissione europea indica una strategia a piu' binari per prevenire e risolvere il problema: fra l'altro, un maggior impegno della scienza medica e delle case farmaceutiche nella ricerca di nuove classi di farmaci e vaccini; e un utilizzo piu' prudente degli antibiotici, con un ricorso giustificato da una piu' oculata prescrizione medica, basata su test diagnostici rapidi ed economici.
L'Unione europea ha promosso e finanziato, investendo oltre 50 milioni di euro negli ultimi tre anni, diversi progetti di ricerca, tra i quali 'Arpac', 'Pv' e 'Dear'.
Il progetto 'Arpac' ha lo scopo di raccogliere dati sul consumo di antibiotici e sull'incremento della resistenza degli agenti patogeni, con lo scopo di mettere a punto delle strategie di prevenzione.
'Pseudomonas Virulence' (Pv) mira invece a sviluppare un nuovo test diagnostico al fine di prevenire e combattere il contagio negli ambienti ospedalieri.
Il progetto Dear invece studia l'evoluzione della resistenza microbica alle medicine come, ad esempio, gli effetti prodotti da una diversa posologia degli antibiotici.

 

MALARIA: SCOPERTO MECCANISMO AZIONE ARTEMISINA

ROMA 21 AGO - Scoperto il meccanismo d'azione di uno dei farmaci antimalarici piu' usati, l'artemisina, che e' anche l'unico rimedio in caso di parassiti che abbiano acquisito resistenze farmacologiche. Questa nuova conquista, che gli scienziati rincorrevano da tempo, si deve al gruppo di Sanjeev Krishna della St George's Hospital Medical School di Londra. L'artemisina, come riferito sulla rivista Nature, attacca una sostanza vitale per il parassita, PfATP6, impedendogli di funzionare, lo stesso meccanismo potrebbe ora essere copiato per ideare nuove cure o potenziare quelle gia' esistenti. Nota per i suoi poteri curativi sin dal 1970, l'artemisina si estrae da una pianta cinese, la Artemisia annua o assenzio romano, ed e' attualmente il rimedio piu' importante in regioni come il Sud-Est Asiatico, dove il plasmodio, microrganismo portatore della malaria, ha acquisito numerose resistenze farmacologiche. Sin da allora, spiega Krishna, gli scienziati si sono messi alla ricerca del suo meccanismo d'azione ma invano. Il loro errore, rileva l'esperto, e' stato di pensare che l'artemisina interferisse con alcune sostanze che il parassita produce digerendo l'emoglobina umana mentre risiede nel malcapitato individuo. Questo li ha messi fuori strada: in realta' il farmaco blocca il funzionamento di una pompa per trasportare lo ione calcio fuori dalle cellule parassitarie, il PfATP6 appunto. Quando PfATP6 smette di funzionare, la morte del plasmodio e' assicurata. L'artemisina e' selettiva, cioe' blocca solo la pompa ionica del parassita senza interferire con quelle umane. ''In ogni caso - dichiara Krishna - capire questo meccanismo ha richiesto molto tempo anche per la necessita' di allestire sistemi sperimentali adeguati per studiare PfATP6 in sistemi isolati, come abbiamo fatto noi inserendo la pompa negli ovociti di rana Xenopus''. ''Possiamo adesso cominciare a migliorare cio' che la natura ci ha dato'', sostiene Krishna aggiungendo che la scoperta ha effetti rilevanti sia a breve che a lungo termine, infatti nell'immediato permette di seguire l'evoluzione molecolare del gene per la pompa PfATP6 e bloccare sul nascere eventuali resistenze. Ma per far questo, precisa, dobbiamo raffinare i nostri studi e capire in che parte della pompa l'artemisina esplica il proprio effetto inibitore. Sul lungo termine possiamo pensare alla creazione di principi attivi sintetici che mimino il funzionamento dell'artemisina o ancora di migliorare quest'ultima modificandola.

 

Parkinson, primo intervento di terapia genica

 New York 19 Ago - L'intervento su un cittadino newyorkese di 55 anni. -    ''Mi sento bene'', ha detto a poche ore dall'intervento Nathan Klein, primo paziente al mondo a sottoporsi a una terapia genica anti-Parkinson. Nel cervello dell'uomo, un newyorkese di 55 anni, sono state iniettate miliardi di copie di un gene, in un'operazione che i ricercatori della Weill Cornell Medical College di New York ritengono il primo test di terapia genica su un malato. Lo studio, che coinvolgera' in tutto 12 pazienti, come ha spiegato il chirurgo Michael Kaplitt, punta a stabilire la sicurezza della procedura. ''Vogliamo provare che e' innocua, prima di andare oltre'', spiega lo specialista. La malattia aveva causato nel paziente un tremore al braccio destro, lo rendeva insicuro nei movimenti e a rischio di continue cadute. Nonostante con i farmaci Klein avesse ottenuto qualche miglioramento, appena sentito dell'esperimento ha deciso di presentarsi come volontario. Ora, spiegano i medici, ci vorranno un paio di mesi prima di vedere qualche effetto sul paziente, e l'intero studio si concludera' solo fra un anno. Il Parkinson colpisce negli Stati Uniti piu' di mezzo milione di persone, con tremori agli arti, lentezza nei movimenti e perdita di equilibrio e coordinazione. La chirurgia puo' alleviare i sintomi 'calmando' alcune aree iperattive del cervello, lo stesso principio che guida la nuova terapia genica. A scatenare questo eccesso di attivita' neurologica e' la privazione di una sostanza chimica 'calmante' (GABA), presente normalmente nel cervello. La terapia sperimentale punta a far si' che una di queste zone, il nucleo subtalamico, produca piu' GABA del solito, in modo che la sostanza sia sufficiente non solo per quest'area, ma per tutte quelle rese iperattive dalla malattia. Nel corso dell'intervento, un tubicino sottile come un capello e' stato inserito in un forellino sul cranio del paziente. Il tubo ha rilasciato un virus ingegnerizzato, usato come 'vettore' di miliardi di copie di un gene specifico nelle cellule del nucleo subtalamico. ''Il suo compito e' quello di spingerle a produrre GABA'', spiega Kaplitt. Una procedura durante la quale Klein e' rimasto sveglio e ha scherzato con i medici. Finora sono stati numerosi gli esperimenti di terapia genica anti-Parkinson sugli animali, in particolare scimmie e topi.

 

Clima, Il grande caldo colpa dell'effetto serra

Roma 17 Ago - Sotto accusa gli sconvolgimenti del clima legati all'opera dell'uomo - Gli esperti sono sempre più convinti: le temperature sempre più bollenti sono colpa dell’effetto serra. L'ultima conferma arriva dagli esperti del centro di studi sul clima del servizio meteorologico nazionale (Met) in Gran Bretagna. Secondo Simon Brown, esperto di eventi climatici "le situazioni estreme che si stanno verificando, sono coerenti con le nostre previsioni sull'effetto dei mutamenti del clima dovuti all'aumento di anidride carbonica nell'atmosfera". In un recente rapporto, gli scienziati del Met, il maggior centro mondiale di previsioni meteo, fondato nel 1854, hanno anche sottolineato che gli effetti devastanti del grande caldo, come siccità, incendi, danni alle colture e soprattutto problemi per la salute delle persone, sono con molta probabilità da collegare con gli sconvolgimenti del clima legati legati, a loro volta, alle attività umane. Le previsioni del Met parlano di temperature al di sopra della media fino a dicembre per le regioni del nord Europa e di siccità persistente fino a quella data per la zona del Mediterraneo. Confermata inoltre la previsione di temperature più alte del normale fino ad ottobre, in particolare in Norvegia, Danimarca, Scozia, ma anche nell'Europa dell'est e nella parte centro-orientale del Mediterraneo, inclusa l'Italia. Nei prossimi tre mesi, la colonnina del mercurio potrebbe invece registrare temperature inferiori alla norma sull'Europa occidentale ed in particolare sulla Francia. Quanto alla pioggia, sono previste precipitazioni superiori alla norma sull'Europa settentrionale e su gran parte di quella dell’est, mentre pioverà al di sotto della norma su quasi tutta l'area mediterranea. Con il grande caldo si riaccendono le polemiche sulla lotta all'effetto serra. A dar fuoco alle polveri, la lettera-denuncia al Guardian, dell'ex direttore del Met, sir John Houghton, considerato uno dei maggiori scienziati del clima d'oltremanica. Nel suo intervento, Houghton non ha esitato a lanciare un duro attacco contro il premier Tony Blair e il presidente degli Usa George Bush, per aver "abdicato alla leadership su un tema di questa portata" che può avere l'effetto di una "bomba di distruzione di massa". Il problema dei cambiamenti climatici, ha sostenuto lo scienziato, è simile a quello del terrorismo internazionale ed è pericoloso come sono le bombe chimiche, nucleari o biologiche. A sostegno della sua tesi, Houghton, che è stato anche responsabile dell'Ipcc, gruppo di ricerca sul clima che vede impegnati scienziati di tutto il mondo, ha citato i 562 tornado che, solo nel mese di maggio, hanno colpito gli Stati Uniti e i 1.500 morti in India poche settimane fa a causa di un'ondata di calore che ha toccato i 49 gradi. Anche per l'organizzazione meterologica mondiale la situazione è allarmante a causa del moltiplicarsi di eventi estremi su tutto il pianeta: "Studi scientifici recenti dimostrano che con l'aumento delle temperature per effetto dei cambiamenti climatici, il numero e l'intensità degli eventi meteo estremi rischia di moltiplicarsi". Caso emblematico la Svizzera: ha registrato il giugno più bollente degli ultimi 250 anni anni. L'agenzia dell'Onu per la meteorologia ricorda che dal 1981 la temperatura sulla terra è aumentata di circa 0,6 gradi. Un grido d'allarme arriva dalle piccole isole del Pacifico dove la popolazione sta abbandonando le case degli avi per spostarsi sulla terraferma, nel timore che l'innalzamento del livello del mare, causato dai cambiamenti del clima, faccia scomparire le loro isole, per lo più atolli corallini. La fuga dagli atolli sta coinvolgendo Tuvalu, ma anche Nauru, Tonga e le isole Cook, abbandonate dai nativi in favore della Nuova Zelanda. Oltre alla fuga degli indigeni, nell'oceano Pacifico si sta verificando un altro fenomeno molto allarmante, legato ai mutamenti del clima. E’ lo sbiancamento dei coralli, che ha contagiato le barriere coralline in tutto il mondo ma che è particolarmente grave nella 'grande barriera corallina'.

 

Cellule staminali, in Cina creato ibrido uomo-coniglio

Pechino 14 AGO - La scoperta riaccende il dibattito etico, politico, scientifico e religioso. L'esperimento degli scienziati di Shangai sarebbe il primo successo nel suo genere. - Dalla Cina arriva l’annuncio di un nuovo avanzamento nella ricerca genetica: ricercatori in Cina hanno creato un ibrido uomo-coniglio per ricavarne cellule staminali. I ricercatori hanno sviluppato embrioni che contengono un misto di Dna sia dell'uomo che del coniglio, secondo uno studio pubblicato su 'Cell research', rivista specializzata cinese poco conosciuta in occidente, e commentato sulla rivista scientifica 'Nature'. Oltre 100 embrioni sono stati realizzati dagli scienziati cinesi usando una tecnica che ha fuso cellule epiteliali umane con ovuli di coniglio. Gli embrioni sono stati lasciati crescere in provetta per diversi giorni - fino al cosiddetto stadio di blastocisti (embrione precoce) - prima che i ricercatori li distruggessero per ricavarne cellule staminali. Il successo sarebbe il primo nel suo genere. Negli Usa scienziati del Massachusetts avevano tentato in passato di creare embrioni ibridi di uomo e mucca come fonte di cellule staminali, ma non erano riusciti appieno nell'intento. La notizia dello studio è stata data dal Washington Post, riaccendendo nel mondo scientifico, politico e teologico il dibattito etico sulla clonazione. Richard Doerflinger, parlando a nome della conferenza episcopale cattolica americana, ha osservato che gli embrioni di Shanghai "sono umani abbastanza da meritare protezione". La distruzione degli embrioni per ricavarne cellule staminali è quel che rende esperimenti di questo genere off limits per molti teologi e i conservatori negli Usa. Dopo un lungo dibattito interno la Casa Bianca ha deciso che gli scienziati che attingono a fondi federali non possono cimentarsi in questo tipo di ricerche. L'esperimento cinese è importante perché lascia intravedere un futuro in cui i conigli potranno essere usati per la produzione di massa di embrioni umani a scopo terapeutico in quanto - a quanto appare - i residui del dna mitocondriale dell'ovulo sono compatibili con il il dna nucleare contribuito dalla cellula umana. A giudizio dei ricercatori Usa, i colleghi cinesi non hanno chiarito un dato essenziale: se cioè le cellule staminali ottenute dagli embrioni-ibrido sono capaci di crescere per lunghi periodi in provetta e soprattutto di evolversi in ogni tipo di cellula conosciuta.

 

Genoma, uomini e topi parenti stretti

Roma 14 AGO - Secondo uno studio Usa sul Dna spazzatura; Dopo scimpanzé e babbuini anche i ratti nella stretta parentela della razza umana. - Tra i parenti dell’uomo ci sono anche i topi, almeno dal punto di vista genetico. Questa scoperta arriva dagli Stati Uniti da una ricerca dall'istituto americano per lo studio sul genoma umano (National Human Genome Research Institute), che ha confrontato il Dna dell'uomo con quello di altre 12 specie. Anche i ratti e i topi, quindi,  dopo gli scimpanzé e i babbuini, rientrano nella parentela dell’uomo dal punto di vista genetico. La ricerca, pubblicata su 'Nature' e nata dalla collaborazione fra nove centri di ricerca statunitensi, ha messo a confronto uno dei cromosomi umani più studiati, il 7 (che contiene dieci geni, tra cui quello responsabile della fibrosi cistica), con i suoi analoghi in scimpanzé, babbuini, gatti, cani, mucche, maiali, ratti, topi, polli e tre specie di pesci. Dall'analisi sistematica del materiale genetico delle 13 specie è emerso che il cosiddetto Dna spazzatura (ossia, quello che finora non sembra rispondere ad alcuna funzione) svolge un ruolo molto più importante di quanto si credesse finora ed è determinante nella stretta parentela che sembra esserci i primati (compreso l'uomo) e i roditori. Nella storia dell'evoluzione, in altre parole,  uomini e topi appartengono a specie sorelle proprio in virtù del ruolo giocato dal Dna spazzatura. Questa parte ancora completamente sconosciuta del genoma sembra essersi conservata sostanzialmente identica in specie molto diverse ed i ricercatori, coordinati da Eric Green, direttore scientifico del National Human Genome Research Institute, sono sempre più convinti che i geni abbiano svolto soltanto una piccola parte nella storia della vita. Finora, invece, per la loro funzione cruciale nella produzione delle proteine, i geni sono stati considerati gli attori principali dell'ereditarietà. Sono sempre più numerosi gli studi (molti dei quali italiani) secondo i quali nel Dna spazzatura potrebbero nascondersi i registi dell'evoluzione, ossia sequenze capaci di controllare e di organizzare l'attività dei geni. Dal confronto delle 13 specie, osserva Green, emerge in modo inequivocabile che l'uomo è molto più vicino ai roditori che ai carnivori. Sono molto evidenti sequenze ripetitive che compaiono soltanto nel Dna spazzatura di uomini, scimmie, topi e ratti, e che sono assenti in tutte le altre specie considerate nella ricerca. i geni e la produzione di proteine sono allora soltanto la punta dell'iceberg rispetto all'intera attività del genoma: solo un terzo delle sequenze corrisponde a dei geni, quale sia il ruolo dei restanti due terzi è ancora un mistero. Secondo Green, può contribuire a risolverlo il confronto tra il dna di specie diverse. per questo l'analisi del cromosoma 7 è stato solo il primo passo: lo stesso gruppo di ricerca ha in programma l'analisi di almeno 100 diverse regioni del Dna delle 13 specie.

 

Cancro, aspirina utile per combatterlo

Roma 13 AGO - Uno studio rivela che l'assunzione del farmaco è utile contro un tumore della pelle. - Nuovi indizi sull'efficacia dell' aspirina nella terapia contro le forme cancerose. Recenti studi suggeriscono che l'aspirina si e' dimostrata un rimedio contro una forma di cancro benigno dell'epidermide. Gli studi pubblicati sull'ultimo numero della rivista "Nature" mettono a fuoco il ruolo dell'aspirina nel contrastare i processi cellulari che portano alla cosiddetta cilindromatosi, una condizione responsabile per la formazione di tumori nei follicoli dei peli e nelle ghiandole sudorifere. La cilindromatosi nasce da un difetto del Dna, che si esprime quando entrambe le coppie del gene chiamato cyld sono difettose. Quando il gene cyld non funziona, come hanno indicato prove di laboratorio condotte da George Mosialos del centro Alexander Fleming di Vari, in Grecia, nelle cellule si attiva un meccanismo chimico chiamato nf-kappab, che ha un ruolo centrale nell'insorgere degli stati infiammatori, e che si rivela tanto più attivo per quanto è silente il gene cyld. Lavorando sulla scorta di queste conoscenze, René Bernards del Netherlands cancer institute ha verificato che l'aspirina e la prostaglandina a1 inibiscono l'azione dei geni responsabili del processo nf-kappab. “Ci vorranno delle conferme, ma ora che abbiamo messo a nudo il meccanismo all'origine della cilindromatosi - commenta su Nature Keith Wilson dell'Emory University di Atlanta, in Georgia, abbiamo la "possibilità di un trattamento semplice, eppure potenzialmente importante" per questo cancro benigno. Precedenti studi avevano indicato l'utilità dell'aspirina contro alcune forme cancerose, dell'esofago e del colon in particolare.

 

Australia, un gel sostituisce gli occhiali da presbite

Roma 09 AGO - Esito positivo nella sperimentazione su conigli; ora tocca alle scimmie, poi all’uomo; La sostanza potrebbe essere usata anche nella chirurgia della cataratta. - Un gel che ristabilisce la capacità dell'occhio di mettere a fuoco gli oggetti, persa con l'età o per difetti congeniti. Il ritrovato dei ricercatori dell'università di South Wales, potrebbe significare la fine degli occhiali da presbite e interventi più semplici per la sostituzione del cristallino nei malati di cataratta. Questa sostanza a base di silicone, spiegano sul sito online della rivista britannica New Scientist gli studiosi australiani che l'hanno creata, ha la capacità di reintegrare i contenuti della lente dell'occhio - il cristallino - che col tempo si indurisce. Il cristallino è infatti formato da una sostanza trasparente semiliquida contenuta in una membrana molto sottile e a sua volta trasparente. La capacità dell'occhio di mettere a fuoco gli oggetti dipende dall'elasticità del cristallino, una sorta di lente sottile fissata su ciascun lato a un muscolo. L'azione dei due muscoli appiattisce il cristallino, mettendo a fuoco gli oggetti lontani, o lo allenta, mettendo a fuoco gli oggetti più vicini. Verso la fine degli anni ottanta, scienziati dell'università di Miami, negli Usa, avevano messo a punto un gel a base di silicone che restituiva l'elasticità al cristallino delle scimmie, ma si infiltrava e non riusciva a fissarsi. I ricercatori australiani hanno ora migliorato questo gel che nei conigli si è dimostrato efficace. Se anche sulle scimmie il risultato sarà lo stesso si potrà passare ai test sull'uomo. Per poter sostituire il gel al cristallino, il chirurgo deve fare un piccolo taglio nella cornea, raggiunto il cristallino pratica un minuscolo foro nella membrana che lo avvolge e da questo foro ne aspira il contenuto, per rimpiazzarlo con la sostanza in questione, la quale fino a questo momento si trova allo stato liquido. Una volta riempita la membrana del cristallino, la sostanza viene inondata da raggi ultravioletti che la trasformano in un gel, conferendole proprietà ottiche simili a quelle del cristallino originale.

 

Mucca Pazza (Bse), cos'è la variante umana del morbo

Roma 07 AGO - Il contagio, i rischi, la diagnosi; Gli uomini rischiano se consumano carni di bovini ingrassati con mangimi di origine animale. Affetti anche dei vegetariani. - Il morbo della Mucca Pazza, o encefalopatia spongiforme bovina (Bse), ha un corrispettivo nell'uomo: il morbo di Creutzfeldt e Jakob (Cjd). Si tratta di due malattie diverse ma con sintomi identici. Esiste poi una variante del Cjd (Vcjd) che sembra possa essere imputata al consumo di carni di animali affetti da Bse. All'origine di tutte queste malattie c'è lo stesso meccanismo biologico: per ragioni finora inspiegabili, una proteina presente nei neuroni e chiamata prione cambia forma. Il cambiamento induce i neuroni a produrre grandi quantità di questa proteina modificata, che si accumula fino a soffocare i neuroni. Al termine di questo processo il tessuto cerebrale dell'animale o dell'uomo colpito assume un aspetto da spugna, da cui il nome. L'individuo colpito perde comunque lentamente il controllo del sistema nervoso e del proprio corpo fino alla demenza, alla paralisi e alla morte. In ogni caso la diagnosi è possibile solo a posteriori, con l'autopsia. Gli esperti ritengono che la Bse sia causata nei bovini - che sono erbivori - dal consumo di mangimi industriali contenenti resti animali, in particolare resti di ovini malati di scrapie, o encefalopatia spongiforme ovina. Questa è una malattia nota negli ovini e, in secoli di storia, il consumo delle carni di animali malati non ha mai costituito un problema per l'uomo. Per quanto riguarda il Cjd, malattia estremamente rara, osservata negli anziani e in misura considerevole solo presso alcune tribù primitive di antropofagi, si ritiene che sia da collegare a processi degenerativi naturali o al consumo di carni umane e cervello di nemici uccisi in battaglia. La variante del Cjd, malattia registrata la prima volta in corrispondenza con l'esplosione di Bse in Gran Bretagna, sembra si possa attribuire al consumo di carni di bovini affetti da Bse, anche se tra le vittime ci sono dei vegetariani. Elemento quest'ultimo che spinge a credere che il rischio non stia solo nel consumo di carni ma anche di prodotti derivati, come le gelatine e gli additivi, che si usano in grande misura nell'industria alimentare e cosmetica. A far venire il sospetto che si tratti di una nuova malattia è stata la giovane età delle vittime e il fatto che il Vcjd possa essere distinto dal cjd degli anziani per alcune differenze nella consistenza spugnosa del tessuto cerebrale colpito. Non ci sono, comunque, elementi per affermare con certezza che Vcjd - forse il risultato di un processo degenerativo molto lungo che comincia 15-20 anni prima che si manifestino i sintomi - sia in qualche modo legato alla Bse.

 

Clima, CNR : Mediterraneo sempre più vicino al clima del deserto

Roma 06 AGO - L'allarme determinato dalla insistente pressione di un monsone su tutta l'area; Secondo i ricercatori, autunno a rischio alluvioni. - Il Mediterraneo potrebbe diventare quello che per gli Usa è il golfo del Messico, ovvero la sorgente delle più grandi alluvioni. L’allarme è giustificato dal rapido riscaldamento del Mediterraneo che pone ulteriori rischi per l’autunno in termini di alluvioni: le coste orientali delle penisola iberica, quelle nord della Francia, il nord Italia, la Sardegna e i paesi al di là delle Alpi potrebbero essere colpiti da violente piogge. L'analisi è dei ricercatori dell'Istituto di Biometeorologia del Cnr di Firenze (Ibimet) che, analizzando l’attuale situazione climatica di particolare caldo e siccità, continuano, sostenendo l’importanza di un intenso monsone proveniente dall'Africa saheliana come causa. Una situazione che può essere considerata tra le 5 peggiori degli ultimi 150 anni e che, con molta probabilità, è destinata a proseguire fino a settembre "Forti piogge sull'Africa sub-sahariana - spiega il direttore dell'Ibimet, Giampiero Maracchi - comportano una diminuzione delle precipitazioni ed una intensificazione del caldo sul Mediterraneo, e in particolare sulle coste nord. In altre parole, è come se il clima del deserto si spostasse verso di noi". Dalla fine di giugno, infatti, la quantità di piogge sull'Africa sub-sahariana si è rivelata di gran lunga superiore alle medie del periodo; l'equatore meteorologico sembra essersi spostato quasi 20 gradi più a nord della norma, con il risultato che dall'Atlantico non scorrono più perturbazioni alle latitudini della penisola iberica ed italiana. Sul Mediterraneo nord occidentale si afferma, dunque, un'area di forti pressioni che impedisce la formazione delle nuvole, e conseguentemente dei temporali, e trasforma il clima del Mediterraneo in un clima quasi desertico. In quest'area, prosegue l'esperto, "cade l' aria calda che sale dal sud del Sahara che, comprimendosi, si riscalda e porta le temperature a valori molto elevati, fino a superare i 40 gradi sulle aree di terra". Una situazione che può essere considerata tra le 5 peggiori degli ultimi 150 anni, destinata a ripetersi. "Le previsioni - sottolinea Francesco Meneguzzo, ricercatore dell'Ibimet - indicano per i prossimi anni e decenni un aumento progressivo del monsone estivo sull'Africa occidentale come conseguenza diretta del cambiamento climatico e quindi una graduale soppressione delle perturbazioni alle latitudini del Mediterraneo occidentale". Non è, dunque, inverosimile sostenere, rilevano gli esperti, che si stia scivolando verso estati con clima più simile al deserto che non al Mediterraneo come conosciuto fino ad oggi, senza escludere naturalmente occasionali estati umide e piovose, anche in conseguenza di temporanei rallentamenti del monsone africano.

 

Clonazione, cavallo-copia a Cremona

Cremona 06 Ago - E' nato a Cremona il primo cavallo al mondo partorito dallo stesso animale da cui è stato clonato. In altri termini, la madre ha partorito il suo clone. L'esperimento è stato condotto da Cesare Galli, il ricercatore che fu il primo a clonare un toro, Galileo, nel '99. Il cavallo è una femmina, si chiama Prometea, ed è assolutamente identica alla madre, come confermato dal test del Dna. La nascita del cavallo-clone è documentata sul numero di Nature che uscirà domani.
E' stato ottenuto per clonazione ed e' il primo mammifero al mondo nato dallo stesso animale donatore delle cellule utilizzate nel trasferimento nucleare. In altre parole, una cavalla ha partorito il suo clone. Il risultato, pubblicato su Nature, e' stato ottenuto dal gruppo di Cesare Galli, il ricercatore ''padre'' del toro Galileo, presso il laboratorio di tecnologia della riproduzione del Consorzio per l'incremento zootecnico di Cremona. Il primo cavallo clonato e' una femmina, si chiama Prometea, ed e' nata lo scorso 28 maggio. Alla nascita, avvenuta con parto naturale, aveva un peso assolutamente nella norma, pari a 36 chilogrammi. Madre e figlia sono assolutamente identiche, come ha confermato anche il test del Dna. Entrambe sono di razza Aveglinese, completamente marroni con una striscia bianca sul muso. ''La cavalla che ha partorito Prometea e' la stessa che ha donato le cellule dalle quali e' stato ottenuto l'embrione'' ha detto Galli. Un risultato che e' arrivato per caso e che promette di essere uno di quei colpi di fortuna destinati a mettere in discussione teorie finora comunemente accettate, come quella secondo cui nel corso della gravidanza e' necessario che tra madre e feto avvengano reazioni di tipo immunitario. La clonazione del cavallo apre anche la strada alla possibilita' di ottenere cloni di purosangue, campioni che oggi vengono spesso castrati perche' altrimenti difficili da gestire. A rendere praticabile questa via c'e' anche il fatto che la tecnica messa a punto in Italia e' piu' dolce e facilmente praticabile rispetto ad altre tecniche finora sperimentate sugli equini, come quella con cui nel maggio scorso negli Stati Uniti e' stato clonato il mulo.

 

MEDICINA: DALL'AUSTRALIA ARRIVA IL GEL ANTI-AIDS

SYDNEY 01 AGO - Una societa' australiana di bio-tech ha sviluppato un nuovo gel vaginale che promette di abbattere i tassi d'infezione di Hiv-Aids nei paesi in via di sviluppo, e ha ottenuto ora l'autorizzazione della US Food and Drug Administration, l'ente americano per cibo e farmaci, per procedere con la sperimentazione umana su scala internazionale. Il VivaGel, prodotto dalla Stapharma di Melbourne, protegge le cellule sane dall'infezione formando una barriera contro il virus e si e' gia' dimostrato efficace al 100% sulle scimmie, prevenendo il diffondersi del virus nel corso dei rapporti sessuali. Ora il prodotto sara' sperimentato su donne a rischio nei paesi in via di sviluppo, dove migliaia di persone sono infettate ogni giorno. Nel dare l'annuncio, il direttore per lo sviluppo della Stapharma, Tom McCarthy, ha spiegato che l'Hiv attacca le cellule sane usando una proteina glicerica sulla sua superficie, chiamata GP120. ''Il composto contenuto nel gel imprigiona quella proteina e le impedisce di attaccare cellule sane. Il gel protegge inoltre dalla maggior parte delle malattie a trasmissione sessuale''. McCarthy ha citato un rapporto della Fondazione Rockfeller per la prevenzione contro l'Aids, secondo il quale se il prodotto fosse disponibile, potrebbe salvare 2,5 milioni di vite nei prossimi tre anni. Dato il costo molto basso, si presenta come l'arma di prevenzione ideale per le donne che vivono nelle aree piu' povere del mondo, in cui l'uso del preservativo di norma e' a discrezione esclusiva dell'uomo. ''Il segreto del suo successo e' che sta alle donne applicarlo, e cosi' potranno essere piu' autonome nella battaglia per la prevenzione dell'Aids'', ha detto McCarthy.

 

CERVELLO: UN ORMONE FEMMINILE LO MANTIENE GIOVANE

ROMA 30 LUG - Si nasconde in un ormone femminile l'elisir di giovinezza del cervello: uno studio italiano finanziato da Telethon ha scoperto che il 17b-estradiolo protegge le cellule nervose e le difende dagli attacchi malattie degenerative come l'Alzheimer e la sclerosi multipla. La ricerca, pubblicata sulla rivista dell'Accademia americana delle Scienze, PNAS, apre la via alla possibilita' di ottenere nuove generazioni di farmaci salva-neuroni utilizzando lo stesso meccanismo d'azione dell'ormone femminile.
''Questo studio offre una promettente ipotesi di lavoro, fino ad oggi sconosciuta, per una terapia efficace nella cura del morbo di Alzheimer e della sclerosi multipla'', ha detto la responsabile della ricerca, Elisabetta Vegeto, del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e del Centro di eccellenza per le malattie neurodegenerative (CEND), dell'universita' di Milano. Il risultato e' stato ottenuto dal gruppo di Elisabetta Vegeto, coordinato da Adriana Maggi, grazie a un finanziamento di Telethon per lo studio di nuovi bersagli farmacologici per la cura della malattia di Alzheimer. Allo studio hanno partecipato Silvia Belcredito, Sabrina Etteri, titolare di una borsa di studio Telethon, Serena Ghisletti e Paolo Ciana.
La scoperta dell'ormone che protegge i neuroni, ha proseguito la ricercatrice, ''apre la strada alla ricerca farmacologica e allo sviluppo di nuovi farmaci piu' intelligenti e mirati contro il recettore ER alfa, che potrebbero prevenire la morte dei neuroni tipica di queste malattie''. Finora l'ormone femminile 17b-estradiolo era noto soprattutto per avere un ruolo protettivo contro le malattie vascolari. Adesso si e' scoperto che svolge un'altra importantissima funzione nel cervello, dove agisce come un antinfiammatorio e un agente protettivo contro l'insorgenza di malattie neurodegenerative come quella di Alzheimer, la sclerosi multipla e l'ischemia cerebrale.
I ricercatori hanno scoperto anche il meccanismo molecolare che accompagna questo fenomeno e, soprattutto, il partner con cui l'ormone interagisce: ricerche su modelli animali hanno permesso di scoprire che l'ormone agisce legandosi al suo recettore, chiamato ER (estrogen receptor) alfa, che si trova nelle cellule della microglia, quelle che scatenano i processi infiammatori nel cervello. I ricercatori hanno infatti osservato che animali privati del recettore ER alfa non avevano piu' alcuna protezione contro i processi infiammatori dannosi per il cervello. Secondo gli autori della ricerca, avere identificato il partner con cui interagisce l'ormone rappresenta un passo molto importante dal punto di vista farmacologico: progettare farmaci che agiscano specificamente contro di esso vorrebbe dire trovare una soluzione alternativa nella terapia delle malattie a carico del cervello provocate da processi infiammatori.

 

LONGEVITA': LE MOLECOLE DELL'UMORE INFLUENZANO LA DURATA DELLA VITA

ROMA 27 Lug - C'e' un legame tra le molecole che influenzano l'umore e la durata della vita. Lo dimostra una ricerca condotta negli Stati Uniti dall'italiana Maria De Luca e pubblicata nella rivista Nature Genetics. La ricerca e' stata condotta sul moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster, l'insetto piu' popolare nei laboratori dei genetisti, dove viene utilizzato come modello per lo studio di organismi molto piu' complessi, uomo compreso, e sul quale sono stati condotti i primissimi studi sui geni della longevita'.

Il lavoro della biologa cellulare Maria De Luca, dell'universita' della Calabria e ora nell'universita' statunitense dell'Alabama, e' stato condotto in collaborazione con il gruppo dell'universita' dell'Alabama coordinato da Trudy Mckay e con l'istituto di Genetica Molecolare dell'Accademia russa delle scienze di Mosca. Per la prima volta una ricerca dimostra come geni coinvolti nel controllo di funzioni complesse, come l'umore, giochino un ruolo importante anche nella longevita'. A suggerire questa ipotesi erano state alcune ricerche, dalle quali emergeva un legame tra la durata della vita e funzioni molto antiche e ben conservate nella storia dell'evoluzione, come il metabolismo e lo stress.

 

MEDICINA: ELETTRODI NEL CERVELLO PER COMBATTERE IL DOLORE

LONDRA 27 Lug - Basta impiantare due elettrodi nel cervello per combattere il dolore fisico: ne e' convinto il professor Tipu Aziz, un neurochirurgo britannico dell'ospedale Radcliffe Infirmary di Oxford, il quale ha gia' sperimentato la sua tecnica su 40 pazienti con risultati straordinari. L'intervento chirurgico e' conosciuto con il nome di 'stimolo profondo del cervello' e viene realizzato con la sola anestesia locale. Ma e' un'operazione costosa (circa 42.000 euro) e alcuni ospedali pubblici si rifiutano di accettarla, sostenendo che i benefici per i pazienti non sono ancora provati. Gli elettrodi si inseriscono nel cervello attraverso due piccoli fori realizzati sul cranio e vengono collegati ad una sorta di pacemaker del cervello (inserito sotto la clavicola o nell'area addominale) che invia stimoli elettrici a basso voltaggio. ''E' un'operazione costosa, ma nel lungo termine vale la pena farla perche' in questo modo i pazienti possono tornare a lavorare e interrompere le cure precedenti per alleviare il dolore'', ha commentato Aziz al domenicale The Observer. I pazienti, ha spiegato il professore, sono in genere persone colpite da ictus o vittime di gravi incidenti, che attualmente per condurre una vita normale sono costretti a dipendere da potenti farmaci come la morfina. Neanche Aziz sa esattamente come questo sistema riesca ad annullare la sensazione del dolore, ma si ritiene che la tecnica agisca sulle vie sensoriali del cervello, in modo che gli stimoli elettrici si sostituiscano all'attivita' dei nervi danneggiati nella parte del corpo colpita. I risultati degli esperimenti del professor Aziz indicano finora che nell'80% dei casi l'intervento riesce a ridurre notevolmente il dolore provato dai pazienti.

 

ASTRONOMIA: PIU' STELLE IN CIELO CHE GRANELLI SABBIA IN TERRA

ROMA - Ci sono piu' stelle in cielo che granelli di sabbia sulla Terra. Questa non e' la metafora di un saggio vecchia maniera ma, secondo alcuni astronomi australiani, un dato di fatto supportato da rilevamenti e calcoli. Un computo di massima relativo all'universo osservabile, secondo uno studio presentato all'Assemblea generale dell'Unione astronomica internazionale in corso in questi giorni a Sydney, in Australia, pone il totale dei corpi stellari a una cifra letteralmente astronomica: 70 trilioni di miliardi (sette seguito da 22 zero). Piu' cioe' di tutti i granelli di sabbia delle spiagge e dei deserti del nostro pianeta. Il dato, sottolineato da Simon Driver dell'Australian National University presentando lo studio ripreso dal sito online della Bbc, serve pero' solo a farsi una pallida idea del numero reale delle stelle nell'universo, poiche' si riferisce solo a quella porzione di spazio, che siamo in grado di osservare con i nostri strumenti, una frazione minuscola del cosmo. Il convegno ha avuto anche altre sorprese per gli accademici di tutto il mondo che lo seguono: un giovane australiano fresco di laurea ha presentato i risultati di uno studio che impone una revisione di uno dei concetti fondamentali dell'astrofisica, quello di galassia. Un concetto che finora indicava un grande insieme di stelle e sistemi planetari ma che, secondo gli studi di Brad Warren, dovrebbe comprendere anche insiemi composti quasi esclusivamente da materia allo stato gassoso, materia che che non si trasforma in stelle. Che ci fossero galassie ricche di gas si sapeva ma non si sapeva che potessero esserci galassie composte quasi solo di gas, ovvero, sostanzialmente, di idrogeno. Questo, per ''ragioni sconosciute'', come dice Warren, non si e' trasformato in elementi piu' pesanti, come di solito accade nel processo di formazione dei grandi sistemi stellari. Si potrebbe ipotizzare, secondo il giovane ricercatore, che le galassie gassose - di cui Warren ne ha osservate 20 - siano una specie di anello mancante nella storia dell'evoluzione dell'universo. E capire perche' l'idrogeno di queste galassie non si e' trasformato in elementi piu' pesanti potrebbe aiutarci ad avere un quadro piu' completo di quel che e' successo nel primo periodo seguito al Big Bang, da cui tutto avrebbe avuto origine.

 

NEUROSCIENZE: LE BASI GENETICHE DELLA DEPRESSIONE DA LUTTO

Washington 18 Lug - Sono le dimensioni di un gene legato ad un neuro trasmettitore, la serotonina, ad essere responsabili della maggiore, o minore, propensione di un individuo a cadere in preda alla depressione, in seguito ad un evento luttuoso o stressante (come la perdita di una persona cara, o del posto di lavoro, o di un amore): quei soggetti che ereditino almeno una delle due copie di quel gene con lunghezza inferiore alla misura sana, da uno o l'altro dei genitori, sono i piu' vulnerabili al tipo di depressione cosiddetta "da lutto". E' la conclusione di uno studio pubblicato sul numero in distribuzione oggi della rivista "Science", condotto da ricercatori in Gran Bretagna, in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti. E' il primo studio che dimostra perche' un evento estraneo all'organismo, che generi stress o dlore, provochi nei soggetti predisposti la caduta in depressione, una condizione che oggi costituisce una delle cinque maggiori cause di inabilita' al lavoro nel mondo. "Ma non tutte le persone che vivono eventi stressanti soccombono" alla depressione, scrivono gli autori dello studio, che, nel tentativo di rintracciare le basi biologiche e genetiche del fenomeno, hanno preso di mira il gene 5-HTT, o gene trasportatore della serotonina. E' stato individuato il 5-HTT perche' la proteina di cui esso controlla la produzione e' quella su cui agiscono i farmaci anti-depressivi SSRI, ossia gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina. E la serotonina e' il neurotrasmettitore responsabile del buon umore: se non viene recepita dai recettori neuronali cui e' destinata, il soggetto il cui cervello ne e' carente cade in uno stato di disperazione inconsolabile. La proteina prodotta su istruzioni del gene 5-HTT controlla il riciclaggio della serotonina. I soggetti seguiti nella ricerca descritta nell'articolo pubblicato su "Science" (i cui primi firmatari sono Avshalom Caspi e Terrie Moffitt, dell'Universita' del Wisconsin e del King's College di Londra) e finanziato anche dall'Istituto Nazionale di Sanita' Mentale degli Stati Uniti, sono 847 neo-zelandesi di razza bianca, nati nei primi anni Settanta. Sono stati tutti seguiti dalla nascita fino ai 26 anni di eta'. "Ma non tutte le persone che vivono eventi stressanti soccombono" alla depressione, scrivono gli autori dello studio, che, nel tentativo di rintracciare le basi biologiche e genetiche del fenomeno, hanno preso di mira il gene 5-HTT, o gene trasportatore della serotonina. E' stato individuato il 5-HTT perche' la proteina di cui esso controlla la produzione e' quella su cui agiscono i farmaci anti-depressivi SSRI, ossia gli inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina. E la serotonina e' il neurotrasmettitore responsabile del buon umore: se non viene recepita dai recettori neuronali cui e' destinata, il soggetto il cui cervello ne e' carente cade in uno stato di disperazione inconsolabile. La proteina prodotta su istruzioni del gene 5-HTT controlla il riciclaggio della serotonina. I soggetti seguiti nella ricerca descritta nell'articolo pubblicato su "Science" (i cui primi firmatari sono Avshalom Caspi e Terrie Moffitt, dell'Universita' del Wisconsin e del King's College di Londra) e finanziato anche dall'Istituto Nazionale di Sanita' Mentale degli Stati Uniti, sono 847 neo-zelandesi di razza bianca, nati nei primi anni Settanta. Sono stati tutti seguiti dalla nascita fino ai 26 anni di eta'.

 

EPILESSIA: DA FERRARA LE NUOVE LINEE DI RICERCA

Ferrara 16 LUG - Contro l'epilessia, malattia che conta in Europa tra i 5 e i dieci malati ogni 1000 abitanti, il futuro della ricerca medica e' quello di nuovi approcci terapeutici mirati non solo al controllo delle crisi, ma anche alla prevenzione del processo da cui esse hanno origine. Se ne' discusso a Ferrara, nel corso del secondo convegno sull'epilettogenesi che ha visto riuniti presso gli Istituti Biologici dell''Universita' studiosi provenienti da tutto il mondo. Dal convegno e' emersa l'importanza del ruolo della ricerca di base per l'identificazione dei meccanismi molecolari che sottendono la patologia. Si e'discusso inoltre dell'importanza di definire i meccanismi che determinano l'attivita' cerebrale che precede l'insorgenza della crisi epilettica. Nuove linee di ricerca saranno indirizzate ad esplorare la possibilita' di indurre attivita' ipercritica "protettiva" - che potrebbe avere un ruolonel 'prevenire' lo scatenamento delle crisi - mediante l'uso di stimolatori elettrici simili a quelli utilizzati per curare altre malattie neurologiche, come il Parkinson. La verifica sperimentale di questa possibilita', hanno consluso gli studiosi, potrebbe aprire nuove prospettive per il trattamento delle epilessie resistenti al trattamento farmacologico.

 

Hi-tech, un "cerca-petrolio" che trova il cancro

Roma 12 Lug - In Scozia, macchina della Shell trasformata in strumento diagnostico.

Un geologo per la diagnosi del cancro? Non si tratta di una notizia della serie strano ma vero, bensì di un rivoluzionario progetto americano inter-disciplinare (non solo geologi al lavoro ma anche fisici e oncologi) che sfrutta la tecnologia delle ricerche petrolifere per individuare precocemente i casi di tumore al polmone.

Il nuovo apparato si chiama “Light touch sensor”, nato originariamente per l'industria petrolifera per rilevare e misurare quantità, anche minime, di gas etano presenti in natura nei giacimenti di idrocarburi.

Lo stesso gas è presente anche nel respiro dei malati di cancro al polmone, ecco che il dispositivo (sviluppato dalla Shell nel ‘77) è stato di recente riconvertito al nuovo utilizzo. I primi a sperimentarlo sono stati 50 pazienti con sospetto tumore polmonare del Ninewell Hospital di Dundee in Scozia, con esito tanto positivo che si è deciso di ampliare il raggio dell’indagine.

 

SPAZIO: SCOPERTO PIANETA PIU' ANTICO, HA 13 MILIARDI DI ANNI

WASHINGTON 11 Lug - Nella costellazione dello Scorpione, 5.600 anni luce dalla Terra, e' stato scoperto il piu' antico pianeta conosciuto. Lo ha annunciato la Nasa. Il pianeta - grande due volte e mezzo Giove e appartenente ad un gruppo di stelle M4 - si e' formato 13 miliardi di anni fa, cioe' molto prima della Terra e del Sole. Fino ad ora si riteneva che la zona della Via Lattea dove si trova questo gruppo di stelle fosse di formazione troppo antica perche' potesse ospitare dei pianeti che per nascere hanno bisogno di elementi pesanti, all'epoca non presenti in grandi quantita' nell'universo. La scoperta, resa possibile dai dati forniti dal telescopio spaziale Hubble, indica che anche gli ammassi globulari possono aver prodotto dei pianeti. Gli ammassi globulari sono dei gruppi di stelle cosi' vicine tra di loro da dover per forza interagire. ''Quello che abbiamo trovato - ha detto Steinn Sigurdsson dell'Universita' di Pennsylvania - e' un esempio della prima generazione di pianeti mai formatisi nell'universo''. ''Questo nuovo pianeta - ha precisato - si e' formato insieme alle sue stelle 12.713 miliardi di anni fa quando la Galassia (la via Lattea) era molto giovane, in via di formazione''. Al confronto la Terra e l'intero sistema solare e' una questione di terza generazione, in cui il sole e' isolato e non interagisce con altre stelle. Questa scoperta indica la possibilita' che in realta' esistano molti piu' pianeti di quanto previsto dagli astronomi.

 

SCIENZE: SCOPERTO PIANETA EXTRASOLARE SIMILE A GIOVE

PARIGI 03 Lug - Ricercatori anglo-americani hanno scoperto un nuovo pianeta extra-solare, simile per massa e orbita a Giove, associato ad una stella situata a circa 90 anni- luce dalla Terra. Lo ha reso noto uno degli scopritori, Hugh Jones dell'Università John Moores di Liverpool, alla conferenza sui pianeti extrasolari in corso a Parigi all'istituto di astofisica del Centro nazionale delle ricerche. La scoperta e' stata compiuta con il telescopio anglo- australiano AAt, nella Nuova Galles del sud (Australia). Il pianeta ha una massa uguale ai 3/5 di quella di Giove, e ha un'orbita quasi circolare, simile quindi a quelle dei pianeti del sistema solare. Secondo gli scienziati questo pianeta compie una rivoluzione attorno alla sua stella in sei giorni, a una distanza uguale a 3,3 volte quella tra terra e sole (150 milioni di chilometri). Fino ad oggi e' il pianeta extrasolare piu' vicino alla sua stella mai scoperto. Inoltre gli exoplaneti finora individuati hanno generalmente un'orbita irregolare, a volte molto ellittiche e molto vicine alla loro stella. La scoperta sarà pubblicata sulla rivista Astrophysical Journal Letters.

 

GENETICA: SCOPERTO GENE-REGISTA DELL'INFARTO

ROMA 24 Giu - E' il primo gene-regista delle malattie cardiovascolari e dell'infarto ed e' stato scoperto grazie ad una ricerca condotta in collaborazione fra l'universita' italiana di Roma Tor Vergata e la statunitense universita' dell'Arkansas. Si tratta del primo gene finora noto che controlla il meccanismo della formazione delle placche aterosclerotiche che si depositano sulle pareti interne dei vasi sanguigni. Con questa scoperta si apre la strada ai primi test genetici predittivi dell'infarto. L'annuncio e' stato dato oggi a Monteporzio Catone, vicino Roma, nel convegno sulla genetica del cuore organizzato dal Centro di eccellenza per lo studio delle malattie complesse della facolta' di Medicina dell'universita' di Tor Vergata, diretto da Renato Lauro. La ricerca e' stata condotta dai gruppi coordinati dal genetista Giuseppe Novelli e dal cardiologo Franco Romeo, dell'universita' di Tor Vergata, in collaborazione con il cardiologo Jay Mehta, dell'universita' dell'Arkansas.

Il gene-regista delle malattie cardiovascolari controlla il recettore chiamato LOX-1,
che si trova nelle pareti interne di arterie e vene (endotelio). E' specializzato nell'attrarre come una calamita e nel legare a se' il cosiddetto colesterolo cattivo, ossia il colesterolo ossidato perche' legato ai radicali liberi che lo rendono tossico. Catturato dal recettore, il colesterolo si annida e si accumula lungo le pareti interne dei vasi sanguigni, formando le placche aterosclerotiche all'origine delle malattie cardiovascolari e dell'infarto. Identificato in 253 tra pazienti che avevano avuto un infarto e volontari sani in Italia e Stati Uniti, ''il gene e' il primo finora scoperto ad indicare la suscettibilita' di una persona alle malattie cardiovascolari'', ha detto Novelli. Un ruolo che e' stato successivamente confermato in circa 1.500 persone nel mondo, fra italiani, statunitensi (neri e bianchi) e giapponesi. Sono una dozzina le alterazioni del gene legate alle malattie cardiovascolari finora individuate dai ricercatori. Si apre quindi la strada al primo test predittivo per l'infarto. Ma rilevare la presenza di un'alterazione genetica non significa automaticamente che si avra' l'infarto, rilevano Novelli e Romeo. ''E' molto importante - hanno rilevato - considerare la presenza delle alterazioni del gene insieme a quella dei fattori di rischio legati al fumo, alla dieta o al diabete''. Cosi' come i test vanno sempre accompagnati da una consulenza di medico e genetista sia prima, sia dopo il test.

 

ALLARME PILLOLE PER DIMAGRIRE, SOFFOCANO POLMONI

ROMA 23 Giu - Attenzione alle pillole per dimagrire: alcune sostanze che bloccano la fame (anoressizzanti) possono avere, in alcune persone, effetti indesiderati sui polmoni, provocando il restringimento o l'occlusione dei vasi sanguigni che li alimentano. E' quanto risulta da due ricerche internazionali presentate oggi a Venezia, nel congresso mondiale sull'ipertensione arteriosa polmonare.
''Le sostanze anoressizzanti - ha detto il presidente del congresso, Nazzareno Galie', dell'universita' di Bologna - agiscono liberando la serotonina, il neurotrasmettitore che blocca la sensazione di fame. Ma in alcuni casi questa stessa sostanza puo' avere serie ripercussioni sulla circolazione polmonare, provocando la vasocostrizione o l'occlusione dei vasi sanguigni''. Questo scatena l'ipertensione arteriosa polmonare, una grave malattia caratterizzata dall'aumento della pressione nella circolazione polmonare che determina un sovraccarico del cuore e che, nel tempo, puo' condurre allo scompenso cardiaco. Difficolta' respiratorie, facile affaticabilita', vertigini, sono i sintomi di questa patologia, che colpisce oltre 200.000 persone in Italia e che colpisce soprattutto le donne (70%). Ad assumere i farmaci anti-fame sono infatti soprattutto giovani donne fra i 30 e i 40 anni, che vedono nelle pillole per dimagrire una scorciatoia per ritrovare la forma perduta alle porte dell'estate.
Il legame tra l'uso di pillole anti-fame e l'ipertensione arteriosa polmonare e' dimostrato nelle due ricerche presentate oggi a Venezia, condotte dalle universita' di Bologna e di Parigi-Sud su oltre 2000 pazienti con ipertensione arteriosa polmonare. E' risultato infatti che il 30% dei soggetti colpiti aveva fatto uso di pillole anoressizzanti a base di fenfluramine, amfetamine e fenilpropanolamina. ''L'uso di queste sostanze come anoressizzanti e' ormai vietato, tuttavia alcuni effetti possono comparire anche a distanza di cinque anni'', ha osservato Galie'. ''Adesso - ha aggiunto - si stanno valutando le caratteristiche genetiche che possono rendere alcune persone piu' suscettibili agli effetti negativi degli anoressizzanti''. Finora sono stati identificati due geni, chiamati Bmpr2 e Alk1, che controllano la proliferazione cellulare, descritti nelle due ricerche, pubblicate sull'American Journal of Human Genetics e sul New England Journal of Medicine. Entrambi i lavori hanno coinvolto 10 famiglie italiane seguite presso l'universita' di Bologna. L'alterazione dei due geni provoca un aumento della proliferazione cellulare e questa, ha osservato Galie', porta all'occlusione dei vasi polmonari. ''La circolazione del sangue trova maggiore resistenza, tanto che il cuore fa fatica a lavorare contro l'aumento di pressione. Il risultato finale - ha osservato - e' che il cuore diviene una vittima secondaria di un problema a livello del circolo polmonare e si scompensa''.
IN AUMENTO L'OBESITA' PEDIATRICA IN ITALIA - L'obesita' pediatrica e' in preoccupante crescita, dato che il 10-12% dei bambini italiani sono obesi e il 30-35% sono sovrappeso: sono questi i dati allarmanti presentati oggi a Milano dall'Istituto Auxologico italiano che ha effettuato una ricerca su piu' di 1500 bambini nel corso di sette anni.
I dati raccolti dimostrano che in Italia l'obesita' infantile e' una malattia che nel 25-50% dei casi si mantiene anche in eta' adulta, associandosi ad atri disturbi fisici. Gia' nel 28% dei bambini obesi e' presenta la sindrome metabolica, cioe' la contemporanea presenza di altri fattori di rischio oltre all'obesita', come l'ipertensione, l'ipertrigliceridemia o bassi valori di colesterolo Hdl.
''L'obesita' - ha spiegato Alessandro Sartorio, direttore del laboratorio di ricerche dell'Istituto auxologico - colpisce in modo differente le classi d'eta' visto che, sotto gli 8 anni, la percentuale e' inferiore al 10%, mentre cresce sopra il 14-16% per i bambini tra i 9 e i 13 anni. Vi sono piu' maschi obesi che femmine e, come per gli adulti, e' una malattia piu' diffusa al sud''. Per quanto riguarda il dato dei bambini sovrappeso, l' Italia ha ormai raggiunto i picchi di altri Paesi mediterranei, come Spagna e Grecia.

 

Ricerca genetica su abitanti irpinia

Napoli 10 Giu - Mappare geneticamente la popolazione di Montaguto, un piccolo centro della Valle Ufita in Irpinia per scoprire alcuni geni determinanti per malattie come diabete e tumori. E' lo scopo dello studio del centro di ricerca Biogem e dell'Istituto internazionale di genetica di Napoli. 'Montaguto e' per gli studiosi un'isolato genetico-spiega Biogem-per la scarsa immigrazione e l'isolamento geografico' Un'analisi a tappeto della popolazione che ricomporra' il difficile puzzle delle generazioni fino a quattro secoli fa.

 

Dieci bicchieri d'acqua per affrontare il primo caldo

Roma 09 Giu - I consigli degli esperti per fronteggiare l'impennata della colonnina di mercurio. Per i neonati c'è il test della pipì. I meteorologi: ci attende un'estate a fasi alterne, ondate di calura lasceranno il posto a violente precipitazioni.

Mentre i meteorologi annunciano un’estate a fasi alterne, i medici dispensano consigli per affrontare la prima calura, la più fastidiosa visto che l’organismo deve ancora abituarsi al nuovo clima.

La colonnina di mercurio si è impennata soprattutto nelle città del centro e del nord che contribuiscono alla calura con il proprio metabolismo (traffico, inquinamento, densità edilizia). Lunedì alle 12 il termometro ha toccato i 33 gradi a Firenze, i 32 a Bolzano, Udine, Bologna, Perugia, Roma Ciampino, Napoli. Le temperature lungo tutto lo stivale sono di 4-5 gradi superiori alle medie stagionali e la calura non accenna a diminuire. Anzi. Da metà della prossima settimana - avvertono i meteorologi - l'afa aumenterà.

La canicola, il periodo più caldo dell'anno che tradizionalmente cade nelle nostre zone tra la fine di luglio e la fine di agosto, quest'anno ha decisamente anticipato i tempi. Gianpiero Maracchi, ordinario di Climatologia all'Università di Firenze e direttore dell'Istituto biotermico del Cnr prevede grandi ondate di caldo che lasceranno il posto a violente precipitazioni, cui poi seguono nuovamente giornate con la colonnina di mercurio che sale di molto. "Negli ultimi anni - spiega Maracchi, a proposito dell'eccezionale ondata di caldo che si registra in questi giorni - c'è un anticipo della fase relativa all'arrivo dell'anticiclone africano. Anziché aversi in luglio-agosto, il gran caldo lo si registra a maggio-giugno. E se continua questo trend, la corrente si sposterà verso il nord dell'Europa e così da noi faremo i conti con l'alternarsi di temperature elevate a fasi durante le quali avremo intensi temporali".

Per difenderci dal gran caldo di queste prime settimane di giugno, il Centro per medicina del turismo di Rimini suggerisce di bere almeno 10 bicchieri d'acqua al giorno. E' la quantità che il nostro corpo perde quando la temperatura sale e che dobbiamo rimpiazzare per mantenere inalterato il nostro bilancio idrosalino. Gli esperti consigliano di verificare la disidratazione. Anche se leggera, può provocare costipazione e mal di testa. mancanza di appetito, vertigine e, nei casi più gravi, letargia sono i sintomi da tenere d'occhio.

Sui bambini è possibile eseguire il “test del pannolino”. Per vericare se il neonato corre rischi di disidratazione va controllato quanta pipì fanno. "Se fanno meno pipì del solito - spiega Pier Luigi Tucci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp). all'Adnkronos salute - allora significa che non bevono a sufficienza. attenzione quindi a quante volte al giorno si cambia il pannolino quando arriva il caldo. si tratta di un metodo pressoche' infallibile per leggere i bisogni di chi non sempre riesce a farsi capire da mamma e papà”. In aiuto dei neo-genitori arriva anche una preziosa regola standard dei pediatri italiani, che fissa il quantitativo di liquidi da ingerire dai più piccoli sulla base del loro peso corporeo. "I più piccini, fino a dieci chili di peso - continua Tucci - hanno bisogno di almeno 100-125 millilitri d'acqua per ogni chilo. dai dieci ai 20 chili il fabbisogno giornaliero si aggira tra il litro e il litro e mezzo, mentre oltre i 20 chili bisogna bere fino a due litri d'acqua la giorno. In ogni caso è necessario prestare la massima attenzione ai segnali che ci mandano i bambini, perché il rischio disidratazione è per loro molto più alto".

 

Uccelli con i denti per cambattere la calvizie

Roma 04 Giu - "Risvegliato" il Dna di un volatile preistorico che sul becco aveva due incisivi. Lo studio anglo-inglese potrebbe portare a risolvere nell'uomo problemi di dentizione e di caduta precoce dei capelli.

Un team di scienziati anglo-francesi ha creato i primi uccelli con i denti dall'età dei dinosauri, aprendo così nuove prospettive di cura per le persone con problemi dentali e di calvizia. Ne dà notizia il sito internet del Times. Gli scienziati hanno coltivato in un laboratorio francese degli embrioni di pollo, innestati successivamente su alcuni denti rudimentali in fase di crescita, per cercare di risvegliare un gene rimasto in stato dormiente negli uccelli da almeno 70 milioni di anni. I risultati dell'esperimento sono stati pubblicati sulla rivista 'Proceedings of the National academy of Sciences'.

Gli scienziati vorrebbero sviluppare una tecnica per poter risvegliare, in modo analogo, quei geni che nell'uomo sono responsabili della crescita dei denti e dei capelli. In tal modo, potrebbero essere curate quelle persone che soffrono di calvizie o di malattie dentali. Anche se gli uccelli odierni non hanno denti i loro antenati una volte avevano attaccato al becco gli incisivi. I denti che esibiva 147 milioni di anni fa lo Archaeopteryx, il primo uccello della storia finora identificato dagli scienziati, scomparvero nei suoi discendenti circa 70-80 milioni di anni fa. Ma il Dna che dette origine ai denti non è scomparso interamente.

Il team di scienziati guidati da Josiane Fontaine-Perus, dell’università di Nantes, è riuscito a riattivare il segnale genetico e a proseguire l’esperimento con l’aiuto del professor Paul Sharpe, del King’s College di Londra. “Il tessuto trapiantato produce cellule che contribuiscono alla formazione dei denti – spiega il professor Sharpe -. Ci dice che, se le cellule rispondono, gli uccelli hanno ancora il codice genetico necessario per iniziare lo sviluppo dei denti”. Gli scienziati sperano adesso di identificare il gene che induce la crescita dei follicoli e dei denti e sperano di poter condurre i primi esperimenti sull’uomo nell’arco di 5 anni.

 

Gran Bretagna, allo studio albero con dna umano

Londra 27 Mag - Due studenti vogliono sostituire una parte degli introni di un albero con gli esoni dell'essere umano per creare un ibrido.

Un albero con il dna di una persona. Quest’ idea, che sembra arrivare direttamente dalle fiabe o dai racconti delle tradizioni antiche, fra non molto potrebbe diventare una realtà. Il progetto nasce da due studenti di una scuola d'arte londinese. Il giapponese Shiho Fukihara e l'austriaco Georg Tremmel, allievi del Royal college of Art, hanno pensato di sostituire una parte degli introni di un albero - il cosiddetto “dna spazzatura”, privo di funzioni specifiche - con gli esoni - le piccole regioni codificanti di un gene - di un essere umano per creare un ibrido nel quale i geni umani sarebbero inattivi, ma comunque presenti in ogni cellula della pianta, compresi i frutti.

Una provocazione da giovani artisti in cerca di pubblicità? Apparentemente no. Questo tipo di splicing - così si chiama il processo molecolare che contribuisce a trasferire l'informazione genetica dal dna cromosomico alle proteine - è fattibile, secondo il dottor Bernard Lamb, insegnante di genetica all'Imperial college di Londra. "E' assolutamente possibile sostituire gli introni di un albero con il dna umano", ha spiegato lo scienziato. I due inventivi giovani sono già alla ricerca di finanziamenti per creare l'ibrido e, avendo suscitato l'interesse dei ricercatori dello Scottish Crop Resarch Institute, sono ormai convinti che uno sviluppo commerciale del progetto sia possibile.

L'intenzione, affermano, è creare una moderna forma di memoriale. Non più tombe per ricordare i defunti, ma un melo o un pero nel quale farli rivivere. "L'idea base - dice Tremmel – è che se puoi trasferire il tuo dna dentro un albero, hai un'occasione di prolungare la tua vita, magari per centinaia di anni". Fukuhara a Tremmel dicono di essere anche interessati alle questioni morali, etiche e sociali che questo nuovo tipo di albero potrebbe creare. "Sarebbe soltanto una pianta, o qualcosa di più?", si chiedono i due studenti.

 

AMBIENTE: MEDITERRANEO GLOBALIZZATO, 250 SPECIE 'ALIENI'

ROMA 26 MAG - Gli effetti della globalizzazione minacciano la biodiversita' del Mediterraneo, ormai il 20% delle 650 specie di pesci sono immigranti. Solo nel Mediterraneo attualmente si contano 250 specie 'aliene', di cui 56 specie di pesci, molti dei quali stanno soppiantando quelli autoctoni, come il barracuda del Mar Rosso, piu' grande di quello mediterraneo. La colpa e' del commercio spinto di specie per l'acquariologia, l'acquacoltura, ma anche delle acque di cisterna che vengono scaricate dopo i viaggi e dei cambiamenti climatici La denuncia e' dell'esperto Franco Andaloro dell'Icram, che sta realizzando la 'mappa' dei clandestini del mare nostrum. Alcune specie sono state segnalate nelle acque italiane come Stephanolepis diaspros , una specie di pesce balestra, e Abudefduf vaigiensis, un piccolo perciforme da acquario. Arrivano dal Canale di Suez ma anche dallo stretto di Gibilterra, specie sia boreali che tropicali: nell'ultimo secolo sono arrivate circa 40 specie e 5 sono state catturate nei mari italiani. Sono ormai presenti tre nuove specie di ricciola: la fasciata, la rivoliana e la carpenteri ed il pesce palla. Limitatamente ai pesci, alcune specie si sono ambientate e riprodotte benissimo, tanto che vengono comunemente pescate e commercializzate, come la triglia del Mar Rosso. Accanto alle nuove specie, c'e' il fenomeno della 'meridionalizzazione' del mediterraneo, cioe' l'aumento dei pesci nostrani ma 'termofili', abituati a climi piu' caldi. Sono il pesce pappagallo, che prima viveva solo a Lampedusa e ora viene pescato da Ustica alle Eolie, la donzella pavonina, che sta soppiantando quella mediterranea, i pesci vela o aguglia imperiale, in netto aumento, i pesci balestra, alcune specie di carangidi. L'Icram, l'Istituto di ricerca scientifica applicata al mare, sta conducendo per conto del Ministero dell'Ambiente un progetto di ricerca su 'Identificazione e distribuzione nei mari italiani di specie non indigene'. Le nuove specie entrano subito in competizione con le specie mediterranee e molto spesso le soppiantano. La maggior parte delle specie tropicali sono infatti molto piu' competitive di quelle Mediterranee, abituate ai rapidi cambiamenti naturali. Inoltre il Mar Rosso e' un ambiente molto selettivo, dove convivono circa 1.500 specie diverse, per cui, una volta che riescono a trovare una nicchia favorevole, possono facilmente dilagare. ''L'invasione di specie aliene e' divenuta una minaccia per la biodiversita' dei mari del Pianeta, non solo del Mediterraneo - sottolinea Andaloro - . Sino a pochi anni fa, una specie animale o vegetale per raggiungere e colonizzare un nuovo mare doveva fare un lungo viaggio per venire poi, molto spesso, respinta dalle specie autoctone. Oggi invece, una infinita' di specie animali e vegetali o le loro uova, larve, cisti e spore vengono comunemente trasportate nelle acque di zavorra delle navi cisterna e nelle incrostazioni degli scafi di imbarcazioni turistiche e navi commerciali. Inoltre molte specie alloctone vengono importate per l'acquariologia ed altre sono state introdotte in acquacoltura. Infine l'apertura di canali realizzati per accorciare sensibilmente rotte commerciali hanno messo in contatto mari prima geograficamente separati. Il fenomeno e' amplificato da alcuni fattori che favoriscono il successo competitivo delle specie aliene in Mediterraneo. Il piu' importante tra questi e' il cambiamento climatico che ha portato un innalzamento della temperatura delle acque mediterranee, soprattutto nel bacino di levante, facilitato la penetrazione e l'affermazione di specie aliene attraverso il Canale di Suez ed il successo delle specie aliene subtropicali e tropicali. Gli altri fattori sono il sovrasfruttamento della pesca e il degrado ambientale''.  Il progetto dell'ICRAM coinvolge 30 esperti italiani e ha come obiettivo la realizzazione del monitoraggio della presenza di specie aliene nei mari italiani, la messa a punto strategie di contenimento e la formazione nuovi ricercatori specializzati in questa materia. ''Il problema dell'invasione di specie aliene ~ conclude Andaloro - non e' pero' un problema solo mediterraneo ma ha una importanza mondiale, tanto da essere oggetto di numerose convenzioni internazionali tra le quali il Nuovo Protocollo di Barcellona, che raccomanda agli stati contraenti un impegno contro l'introduzione di specie aliene e la Convenzione sulla Diversita' Biologica, che ha eletto questo problema tra i temi centrali trattati nella riunione della parti contraenti tenutasi lo scorso anno in Olanda. Si puo' ipotizzare che questo fenomeno sara' destinato ad aumentare sino a quando non verranno adottate strategie di contenimento condivise da tutti i paesi del bacino. La biodiversita' rappresenta un enorme patrimonio economico e non solo ambientale e culturale. Inoltre, una massiccia invasione di specie alloctone andrebbe a gravare sensibilmente sull'economia dell'attivita' di pesca e del turismo naturalistico''.

 

ENERGIA: NEL 2030 RADDOPPIATI CONSUMI ED EMISSIONI CO2

ROMA 26 MAG - Nel 2030 il consumo mondiale di energia sara' raddoppiato e le emissioni di anidride carbonica saranno quasi due volte superiori a quelle 1990. E' la Commissione europea a lanciare l'allarme, prendendo spunto dal Weto, il World energy, thecnology and climate policy outlook, uno studio condotto proprio per la valutazione delle alternative esistenti alle attuali politiche di approvvigionamento e ai consumi. Si prevede che la domanda mondiale di energia aumentera' di circa l'1,8% annuo tra il 2000 e il 2030. E se nei Paesi industrializzati si registra un rallentamento della crescita della domanda energetica (pari in Europa allo 0,4%) attribuibile al progresso tecnologico e all'aumento dei prezzi, i Paesi in via di sviluppo invece incideranno in notevole misura sul quadro globale, rappresentando oltre il 50% della domanda mondiale di energia, rispetto al 40% attuale ed un livello di emissioni di CO2 corrispondente. Continuera' il monopolio dei combustibili fossili, che rappresenteranno il 90% dell'approvvigionamento energetico. E si conferma il primato del petrolio: la prima fonte di energia (34%) seguito dal carbone (28%). Quasi i due terzi dell'aumento dell'offerta di carbone tra oggi e il 2030, verra' dall'Asia. Per quanto riguarda il gas naturale, costituira' nel 2030 un quarto della 'dispensa' mondiale, un aumento attribuibile alla produzione di elettricita'. E nella top ten dell'Unione Europea rappresentera' la seconda fonte principale di energia,dopo il petrolio e prima del carbone e della lignite. Se non si inverte la tendenza sara' ben poco lo spazio per le energie rinnovabili e per il nucleare, che in Europa rappresenteranno insieme poco meno del 20% dell'approvvigionamento. Se questo e' il trend poco incoraggiante per quanto riguarda le fonti, ancora piu' nero il quadro delle previsioni ambientali. Dato il predominio del fossile, le emissioni mondiali di CO2 aumenteranno piu' rapidamente del consumo energetico: in media il 2,1% l'anno. Nel 2030 saranno raddoppiate rispetto ai livelli del 1990 e se nell'Unione europea le emissioni di CO2 dovrebbero aumentare circa del 18%, il contributo degli Usa alle emissioni sara' pari a circa il 50%. Le emissioni dei Paesi in via di sviluppo, che nel 1990 rappresentavano il 30% del totale, saranno responsabili nel 2030 di oltre la meta' delle emissioni globali. Le riserve petrolifere basteranno a soddisfare la fame di energia dei prossimi 30 anni. Ma proprio dal 2030 la riduzione delle riserve diventera' un problema, compensato solo in parte dalla produzione di petrolio non convenzionale. Va meglio per quanto riguarda il gas, la cui produzione addirittura raddoppiera' rispetto al 2000, ma le disparita' di riserve tra Paesi e il conseguente aumento dei costi alterera' il mercato. Anche la produzione di carbone, che si estrarra' soprattutto in Asia e in Africa, dovrebbe raddoppiare tra il 2000 e il 2030. In questo quadro complesso aumentera' considerevolmente il prezzo di petrolio e gas. Il petrolio arrivera' a 35 euro al barile nel 2030, e il gas potra' raggiungere i 28 euro nei mercato euroafricani, i 25 euro in quello americano e i 35 euro al barile nel mercato asiatico. Mentre il prezzo del carbone restera' stabile intorno ai 10 euro al barile. Per quanto riguarda la domanda finale di energia, la tendenza non dovrebbe variare, dal momento che tutti i comparti registreranno aumenti analoghi a quelli del consumo interno lordo: il 35% per l'industria, il 25% per i trasporti e il 40% per il terziario e il settore abitativo. E' la produzione di elettricita' ad aumentare costantemente ad un ritmo medio del 3% l'anno. Nel 2030, oltre la meta' della produzione sara' generata con tecnologie sviluppate negli anni novanta o piu' tardi, come le turbine a gas a ciclo combinato, o le tecnologie avanzate del carbone o meglio le energie rinnovabili. Il nucleare coprira' a mala pena una quota di mercato del 10% nel 2030 e le rinnovabili forse arriveranno a un 4% della produzione. Certo se si affermasse il ricorso a nuove fonti energetiche, sarebbe possibile conseguire piu' facilmente gli obiettivi in materia di emissioni fissati a Kyoto: secondo le stime contenute nel Weto i costi di raggiungimento di tali obiettivi potrebbero essere ridotti di una percentuale fino al 30% mediante il ricorso a larga scala di fonti di energia nucleare o rinnovabili. Sarebbe inoltre possibile realizzare una forte diminuzione delle emissioni circoscrivendo la domanda energetica e l'intensita' di carbonio del consumo energetico. Certo sarebbe l'industria a pagare di piu', una volta costretta ad una contrazione della domanda e la diminuzione del consumo energetico a forte intensita' di carbonio dovrebbe provenire soprattutto dalla sostituzione del carbone con gas e biomassa, e in misura minore con il petrolio. Insomma, l'accelerazione degli sviluppi tecnologici, soprattutto nell'ambito della generazione di elettricita', comportera' cambiamenti significativi nella struttura della produzione dell'energia elettrica. Per quanto influente sia il settore energetico, esso rappresenta solo un terzo circa delle emissioni di CO2 a livello globale. Percio', interventi limitati a questo settore avranno scarse ricadute sulle emissioni totali di CO2, ma la loro disponibilita' potra' avere un impatto significativo sui costi sostenuti per raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni.

 

NUCLEARE: UE VUOLE CENTRO PROGETTO FUSIONE A FINI PACIFICI

ROMA 26 MAG - La Commissione europea affila le armi per riuscire ad aggiudicarsi la sede del progetto internazionale Iter, un programma concepito nel 2001 per dimostrare la fattibilita' tecnica e scientifica dell'energia di fusione nucleare a fini pacifici. La fusione e' un processo che genera, come fanno il sole e le altre stelle, energia fondendo insieme degli atomi leggeri come l'idrogeno. Si tratta insomma di una nuova fonte di energia durevole, potenzialmente illimitata, senza emissioni di gas a effetto serra. Gia' oggetto di studi negli anni '50, alcuni progressi recenti hanno intensificato l'interesse per questa fonte di energia pulita. Il programma Iter, cui partecipano oltre all'Unione europea, gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, il Canada e il Giappone, dovra' realizzare, studiare e controllare uno stato particolare della materia: il ''plasma'', da cui si sviluppera' una potenza di fusione di circa 500 milioni di Watt. Cosi', per la prima volta al mondo, questa energia oltrepassera' largamente quella iniettata nel plasma. La finalita' di Iter e' anche quella di sperimentare componenti e tecnologie essenziali per un futuro reattore industriale. La costruzione e l'utilizzazione dell'ambizioso progetto costera' globalmente dieci miliardi di euro in trent'anni. L'Ue, da parte sua, per il triennio 2003-2006 mette a disposizione 750 milioni di euro. Ora si tratta di decidere dove Iter potra' essere sviluppato e la scelta sara' fatta in tempi brevi, entro la fine del 2003. Quattro sono le candidature: una canadese, una giapponese e due europee. In lizza per l'Unione europea ci sono Cadarache (Francia) e Vandellos (Spagna). Gli studi tecnici realizzati sulle localita' proposte non hanno promosso nessuna delle candidate, mancandone una che presentasse un vantaggio tecnico decisivo rispetto alle altre. Tutte rimangono potenziali vincitrici. Il Commissario per la ricerca Ue Philippe Busquin, davanti al Consiglio dei Ministri europei, ha illustrato i passi necessari perche' Iter possa essere realizzato in Europa. Il principale nodo da sciogliere e' l'accordo sulla candidata, una sola, che dovra' correre con i colori Ue. Per facilitare un accordo, che non si presenta facile da raggiungere, la Commissione ha deciso di stabilire criteri di giudizio obiettivi per valutare le candidature e scegliere la migliore. Tra gli elementi considerati ci sara' la valutazione sullo stato in cui si trova il luogo che dovrebbe accogliere Iter, dell'ambiente scientifico tecnico e sociale che lo caratterizza. Verranno poi vagliate le garanzie politiche, finanziarie e amministrative necessarie per fare in modo che il luogo selezionato possa essere preparato nei tempi richiesti e che le autorita' siano in grado di dare in tempo utile le autorizzazioni necessarie. La Commissione in un momento successivo incarichera' un gruppo di esperti ad altissimo livello perche' diano un'avviso tecnico sull'insieme degli aspetti.

 

Un naso elettronico 'fiuta' il tumore al polmone

Roma 08 Mag 2003 - E' un cubo di 12 centimetri collegato a un computer e dotato di una narice artificiale in grado di riconoscere l'odore del carcinoma. Congegno messo a punto dai ricercatori dell'università di Tor Vergata a Roma.

Riconosce l'odore del tumore del polmone, il naso elettronico messo a punto in Italia, nell'università di Roma Tor vergata, e ha dimostrato di funzionare sui circa 70 pazienti dell'ospedale forlanini sui quali e' stato sperimentato. I dati, pubblicati sulla rivista Biosensor e Bioelectronics e dal settimanale britannico New Scientist, lasciano adesso sperare nella possibilità di testare questo strumento per la diagnosi precoce del tumore del polmone, direttamente in ambulatorio su centinaia di pazienti. "Questa nuova fase della ricerca potrebbe partire nei prossimi sei mesi", ha detto il fisico Corrado Di Natale, della facoltà di Ingegneria elettronica dell'università di Tor Vergata, che fa parte del gruppo di ricerca sui biosensori diretto da Arnoldo D'Amico.

Il naso elettronico e' un cubo dal lato di 12 centimetri collegato a un computer. Al suo interno si trova una cavità, una sorta di narice artificiale composta da numerosissimi sensori. L'odore arriva alla narice nel momento in cui una persona soffia all'interno di una busta sterile collegata a un tubicino e una pompa aspira l'odore all'interno. A questo punto entrano in azione i sensori.

"Tutti insieme, questi ultimi si comportano come i veri recettori olfattivi", ha detto Di Natale. Vale a dire che i sensori funzionano all'unisono, rilevando contemporaneamente più sostanze, ma dandone una definizione unica: i numeri che appaiono sul computer collegato al cubetto danno una sorta di impronta digitale di un particolare odore. Quello che e' stato fatto finora, ha detto di natale, e' stato utilizzare il naso elettronico su un gruppo di pazienti con tumore del polmone in fase avanzata e su un gruppo di controllo con persone sane.

I pazienti sono stati nuovamente sottoposti al test dopo avere subito un intervento chirurgico di rimozione del tumore. "Abbiamo rilevato misure interessanti dopo l'intervento e possiamo concludere che lo strumento e' sensibile alla presenza della massa tumorale", ha detto il ricercatore. Il prossimo passo, con il nuovo studio previsto nell' ambulatorio del Forlanini, e' arrivare a stabilire fino a che punto arriva la sensibilità del naso elettronico e se in futuro questo strumento potrà diventare un test per la diagnosi precoce e non invasiva del tumore del polmone. "Per questo - ha aggiunto - nella seconda fase della ricerca puntiamo ad avere dati relativi a centinaia di persone".

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Biotecnologie: da spinaci vaccino anti-antrace piu' sicuro

Messo a punto da ricercatori dell'Universita' di Baltimora

ROMA 19 MAR 2003 - Utilizzando una pianta di spinaci, ricercatori Usa hanno messo a punto un nuovo metodo per produrre vaccini contro l'antrace piu' sicuri di quelli attuali. Per sviluppare un vaccino piu' efficace e sicuro, Karasev e i suoi colleghi della Thomas Jefferson University di Baltimora hanno ingegnerizzato geneticamente un virus del tabacco che, inserito nelle piante di spinaci, induce le piante stesse a produrre frammenti di PA. Questi frammenti possono essere facilmente purificati e utilizzati poi in un vaccino.

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Medicina: midollo spinale invia a cervello dati termici

Scoperta gruppo ricercatori Universita' La Sapienza

ROMA 19 MAR 2003 - Scoperta all'Universita' di Roma La Sapienza una via per la trasmissione delle informazioni termiche dal midollo spinale. I ricercatori hanno scoperto che a livello spinale la trasmissione degli input sensoriali avviene attraverso due neuroni differenti come a livello periferico. Il caldo attraverso i neuroni amielinici con velocita' pari ad un metro al secondo; la sensazione di freddo attraverso neuroni mielinici con una velocita' di trasmissione pari a 15 metri al secondo.

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Medicina: sistema monitoraggio organi destinati a trapianti

Messo a punto da universita' dell'Ulster

ROMA 19 MAR 2003 - Messo a punto, dal Northern Ireland BioEngineering Centre dell'universita' dell'Ulster, un sistema di monitoraggio degli organi destinati a trapianto. Il sistema e' costituito da sensori che, inseriti negli organi provenienti da un donatore, permettono di controllare che non vi sia alcun deterioramento. Questi piccoli sensori sono dei microelettrodi flessibili realizzati con una tecnologia d'avanguardia; una volta impiantati nell'organo del donatore, segnalano l'inizio del processo di deterioramento.

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Biotecnologie: batterio trasformato in fabbrica di mannitolo

Negli Usa, dall'Agricultural Research Service

ROMA 19 MAR - Batteri geneticamente modificati diventati fabbriche di mannitolo: e' quanto e' stato messo a punto nell'Agricultural Research Service degli Stati Uniti. Il mannitolo e' la sostanza naturalmente prodotta da molte piante e ottenuta artificialmente nell'industria alimentare e farmaceutica. Il mannitolo viene oggi prodotto tramite processi chimici che utilizzano fruttosio e glucosio. Il nuovo sistema, che si basa sull'utilizzo del Lactobacillus intermedius, si e' dimostrato molto piu' efficiente e vantaggioso.

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Sanità: 12 mln di insonni, il 67% non ne parla con medico

Sabato la giornata del dormire sano

MILANO 18 MAR - In Italia sono oltre 12 milioni i cittadini che hanno problemi di insonnia e il 65% ne piange le conseguenze durante il giorno per la stanchezza. Il 60% si sente teso, irritato, depresso tutto il giorno, il 46% ha difficolta' di concentrazione sul lavoro. Se guida un'auto rischia molto, visto che il 22% degli incidenti stradali e' causato da sonnolenza. Il 67% di coloro che soffrono di insonnia non ne ha mai parlato col medico. I dati sono dello 'Studio Morfeo 2'.

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ANTRACE: SIMULATO ATTACCO AL COMPUTER, BILANCIO AGGHIACCIANTE

Washington 18 Mar - Una bomba o un missile con una ogiva contenente un chilogrammo di spore di antrace sarebbe in grado di causare 123.000 morti in una citta' come New York. A questa agghiacciante conclusione, a quanto si legge nel sito on line della Bbc, sono arrivati i ricercatori della Graduate School of Business della Stanford University della California, che hanno ipotizzato uno scenario di questo tipo al computer. La proiezione delle vittime e' basata sulla presunzione che le prime cure a base di antibiotici verrebbero somministrate alle persone contagiate dopo 48 ore. Le conseguenze risulterebbero, ovviamente, decisamente meno drammatiche se i tempi di intervento potessero essere ridotti, cosa che al momento non e' possibile. Il dr. Lawrence Wein, che ha diretto lo studio ha spiegato che in alcuni casi i sintomi conseguenti a una esposizione all'antrace si manifestano solo dopo 48 ore e in altri dopo molti giorni. "La nostra risposta - ha osservato - deve essere misurata in termini di ore, non di giorni o di settimane". Gli americani hanno purtroppo sperimentato una situazione simile nel 2001, quando le poste statunitensi furono fatte segno a attacchi con l'antrace, e il contagio fu fatale in 5 casi su 11. I ricercatori raccomandano alle autorita' la distribuzione di antibiotici ad hoc alla popolazione per limitare le conseguenze di un attacco.

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Sanità : contro le allergie una zanzariera anti-polline

Consente di dormire con le finestre aperte

MILANO 18 MAR - Il meccanismo e' quello delle normali zanzariere che si applicano alle finestre, ma invece di impedire l'ingresso delle zanzare ferma i pollini. E' l'ultimo ritrovato, non farmacologico ma meccanico, contro le allergie. Presentato a Milano, consente ai pazienti allergici di dormire con le finestre aperte. Si tratta di un telo che si taglia a seconda delle misure del telaio esterno della finestra e si applica con il velcro: fa passare aria e luce, ma ferma -secondo i dati dei produttori- l'87% dei pollini.

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Ambiente: alla ricerca dell'acqua perduta

10mila delegati da tutto il mondo a Kyoto

TOKYO 14 MAR - Sara' l'acqua l'argomento che focalizzera' l'attenzione dei 10 mila delegati da tutto il mondo al Forum mondiale di Kyoto. Discuteranno della penuria d'acqua che colpisce 1,4 mld di persone, il 30% della popolazione mondiale. Nel 2025 si stima che avra' colpito ben 2,7 mld, la meta' degli esseri umani del pianeta, se non si correra' ai ripari.Organizzato dal Giappone e dal Consiglio mondiale dell'acqua, il Forum di Kyoto e' il terzo dopo Marrakech nel '97 e l'Aja nel 2000.

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Spazio: California, scienziati a caccia vita extraterrestre

Esame dettagliato dei segnali 'interessanti'

BERKELEY (Usa) 14 Mar - Ricercatori dell'Universita' di California affermano di aver selezionato 150 fonti di possibili segnali di forme di vita intelligenti extraterrestri. I ricercatori hanno utilizzato una rete di quattro milioni di computers in tutto il mondo e hanno analizzato segnali di vario genere captati dai sensori terrestri o spaziali. I ricercatori di Berkeley sono convinti che 'nel giro di cent'anni' l'uomo s'imbattera' in altre civilta'.

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Ambiente: Australia, neutralizzare gas serra interrandoli

Studiosi spiegano come disfarsi dell'anidride carbonica

SYDNEY 11 MAR - Fino al 50% dei gas da effetto serra prodotti dall'Australia potrebbero essere neutralizzati pompandoli sottoterra a grandi profondita'. Lo indica un rapporto della University of New South Wales sulla possibilita' di depositare l'anidride carbonica (CO2) a 800 metri di profondita'. Secondo gli studiosi la CO2 potrebbe essere seppellita in giacimenti salini e campi petroliferi e di gas naturale esauriti: cosi' l'Australia potrebbe neutralizzarne fino a 115 milioni di tonnellate in un anno.

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Ambiente: isolati microrganismi che mangiano 90% ddt da suolo

Eliminano in 15 giorni il potente insetticida 'endosulfan'

ROMA 10 MAR - Gli scienziati hanno individuato due batteri in grado di metabolizzare, in 15 giorni, dall'83 al 90% di 100 parti per milione di pesticidi dal terreno.In particolare eliminano l'insetticida 'endosulfan', della stessa famiglia del Ddt, utilizzato a livello mondiale per disinfestare dai parassiti 60 diversi tipi di culture. Il pesticida e' classificato di categoria I dall'Epa a causa della sua elevata tossicita'.

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Animali: concluso progetto tutela tartarughe isole pelagie

Dai risultati sara' studiato un piu' ampio piano d'azione

ROMA 10 MAR - Giunge alla conclusione, dopo 42 mesi, il progetto per la conservazione della tartaruga marina Caretta caretta nel parco marino delle isole pelagie.Il progetto, con fondi europei, ha lavorato per il recupero degli animali accidentalmente pescati e il monitoraggio dei siti di deposizione delle uova. Nel 2002 sono stati rilasciati quattro esemplari dotati di sistema di rilevamento satellitare. Ora verra' redatto un Piano di Azione per la tutela delle tartarughe delle isole pelagie, Lampedusa e Linosa.

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Australia: estinzione dinosauri da instabilita' geologica

Terremoti e mutamenti livello mare tra i fattori comuni

SYDNEY 07 MAR - Secondo geologi australiani fu l'instabilit ' geologica piuttosto che un meteorite a causare l'estinzione dei dinosauri. Gordon Lister e Ivo Vos, della scuola di geoscienza dell'universita' di Melbourne, sostengono che terremoti, eruzioni vulcaniche, mutamento del livello dei mari e altri eventi geologici furono fattori comuni nelle estinzioni di massa che si verificarono almeno 10 volte negli ultimi 600 mln di anni, compresa la scomparsa dei dinosauri 65 mln d'anni fa.

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Salute: artrosi la malattia piu' diffusa tra gli italiani

Istat, seguono ipertensione e allergie

ROMA 7 MAR - L'artrosi e' la malattia cronica piu' comune in Italia. Colpisce complessivamente il 18,4% della popolazione, soprattutto anziana. Lo rileva l'Istat. Seguono l'ipertensione arteriosa (11,9%), anche questa diffusa soprattutto negli ultrasessantenni, e le allergie (9,9%), che invece colpiscono prevalentemente bambini e giovani. Dal punto di vista geografico, al Centro-Nord sono piu' frequenti allergie, tumori e malattie della pelle. Nel Sud colpiscono soprattutto diabete, ipertensione e bronchite cronica.

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Fecondazione: infertile una coppia su sei

A 25 anni dalla prima bimba in provetta

PALERMO 06 MAR - In Italia una coppia su sei e' affetta da infertilita', con una tendenza all' aumento, che si ripercuote sul confronto tra la natalita' e la mortalita'. In Sicilia l' infertilita' riguarda 5.000 coppie all' anno e la fecondazione assistita e' utile in circa il 25 per cento dei casi, percentuale valida anche per il resto del Paese, con una notevole riduzione di casi d' aborto terapeutico. Questi i dati a 25 anni dalla nascita di Louise Brown, la prima bambina concepita con una fecondazione assistita.

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Mucca pazza: primi passi verso il vaccino

L'annuncio dei ricercatori dell'Universita' di Padova

PADOVA 4 MAR - Contro il morbo della mucca pazza, ricercatori dell'Universita' di Padova annunciano i primi importanti passi verso la sperimentazione di un vaccino. 'La ricerca - dice il Professor Alessandro Negro, uno dei responsabili - sta dando buoni risultati tanto che, se procede bene, entro 3, 4 anni si potrebbe avere un vaccino contro il morbo della Bse'. 'Abbiamo lavorato sui topi - aggiunge - che sono cavie ottime per questa ricerca; ora passeremo a lavorare sui bovini, per prevenire l'insorgere del morbo'.

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Medicina: nascita con macchie rosse segno buona immunita'

Scoperta di una ricerca svedese

ROMA 4 MAR - Il rosso sulla pelle dei neonati indica che il loro sistema immunitario si attiva in maniera fulminea alla nascita: lo spiega una ricerca svedese. Il gruppo di ricercatori dell'Istituto Karolinska ha capito come le macchie rosse cutanee dei bimbi appena nati non siano l'effetto di una semplice reazione della pelle, un'irritazione, ma lo specchio del sistema di difesa dell'organismo che ha preso a funzionare correttamente subito dopo il parto.

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Medicina: rimedi per la cefalea cronica

Studiare cure alternative ai farmaci

ROMA 03 MAR - Per i 3 mln di italiani affetti dalla cefalea cronica e' al via un osservatorio internazionale per sperimentare terapie alternative agli analgesici. L'iniziativa, promossa dal prof Martelletti dell'ospedale S.Andrea, intende verificare nuove possibilita' di trattamento. 'La cefalea tensiva cronica e' una delle forme piu' invalidanti di emicrania e tra le persone che ne sono affette si annida un gruppo di malati che sfugge ai medici e abusa di ogni medicamento, soprattutto analgesici e barbiturici''.

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Medicina: microcomputer biologico sostituira' cavie animali    (27/02/2003)

Realizzato da un'equipe israeliana

TRENTO 27 FEB - Un prototipo di computer biologico realizzato da un'equipe del Weizmann Institute of Science (Israele), garantira' un minor utilizzo di cavie o prelievi. Il computer biologico si basa sullo studio della biologia dei sistemi, che mira a definire un modello dettagliato e comprensibile per l'analisi e la simulazione del comportamento delle cellule umane. Attraverso il lavoro del computer si puo' simulare il meccanismo di trasmissione che genera le malattie, ricreando e valutando anche ogni reazione intermedia.

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Psichiatria: nasce primo centro contro dipendenza sessuale   (25/02/2003)

In Italia ne soffre il 5% degli uomini e il 3% delle donne

ROMA 25 FEB - Nasce in Italia il primo centro per la terapia della dipendenza sessuale, uno dei disturbi psichiatrici emergenti. Secondo le prime stime, in Italia colpisce il 5% degli uomini e il 3% delle donne. Il centro, coordinato dallo psichiatra Emiliano Lambiase, si chiama Cedis (Centro di ricerca e trattamento per la dipendenza sessuale) e sara' attivo a Roma all'inizio di aprile. A distinguere il comportamento dei sesso-dipendenti e' l'incapacita' di dire di no al sesso.

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Medicina: da dieta mediterranea un aiuto contro osteoporosi   (18/02/2003)

Ricerca del Cnr consiglia rughetta, alici, pasta e fagioli

ROMA 18 FEB - Bresaola con rughetta, pizza marinara con alici, pasta e fagioli, insalata di polpo e calamari al pomodoro: questi i piatti per combattere l'osteoporosi. A lanciare il suggerimento e' il Servizio Prevenzione e Protezione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che ha avviato una campagna di sensibilizzazione sui rischi per la salute collegati ad una dieta non equilibrata. La campagna, rivolta in particolare alle donne over 50, e' partita con un primo intervento su 250 donne dipendenti del Cnr.

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Genetica: scoperto gene che distingue uomo da scimmia   (17/02/2003)

E' apparso solo negli ominidi

ROMA 17 FEB - E' stato scoperto il gene che fa la differenza tra uomo e scimmia. Si chiama Tre2 e si trova esclusivamente nell'uomo. E' infatti apparso sulle scena dell'evoluzione solo negli ominidi. La lunga e complessa storia di questo frammento di informazione genetica, ricostruita da genetisti e antropologi dell'universita' di Harvard, e' pubblicata nella rivista dell'Accademia americana delle scienze, Pnas. Il gene Tre2 era gia' stato identificato nel corso del progetto genoma.

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Medicina: da veleno ornitorinco nuove terapie per dolore   (17/02/2003)

Secondo una ricerca australiana

SYDNEY 17 FEB - Secondo una nuova ricerca australiana, il veleno dell'ornitorinco detiene la chiave di inedite terapie per il dolore cronico. I ricercatori hanno scoperto una serie di sostanze che potranno portare a nuovi trattamenti contro l'ipertensione e ad antidolorifici piu' efficaci e sicuri. Il veleno dell'animale sembra agire direttamente sulle cellule-recettori del dolore. Una puntura inoltre causa un calo improvviso della pressione sanguigna per effetto di una proteina.

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Il virus delle scimmie puo' vivere in cellule umane   (13/02/2003)

La scoperta potra' chiarire ruolo virus in tumori dell'uomo

ROMA 13 FEB- Alcune cellule del sangue umano possono essere infettate dal virus delle scimmie e costituire un potenziale serbatoio dell'infezione da parte di questo virus.Lo ha scoperto un gruppo del Centro oncologico di Aviano secondo il quale, la scoperta costituisce un primo passo per una migliore comprensione delle modalita' di trasmissione del virus SV40 da uomo a uomo e uno strumento in piu' per verificare se il virus, causa certa di tumore nelle scimmie, favorisce la formazione di tumori anche nell'uomo.

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Medicina Usa, ictus, test permette diagnosi in 60 secondi   (13/02/2003)

ROMA 13 FEB - Grazie a un test messo a punto negli Usa dall'American Stroke Association (ASA) chiunque e' in grado di individuare in 60 secondi i sintomi dell'ictus. Al campione della ricerca e' stato chiesto di far eseguire 3 esercizi ai pazienti che si trovavano di fronte, e di dare un giudizio sulla loro abilita'. In particolare, i soggetti hanno chiesto ai pazienti di alzare le braccia e di tenerle sollevate, di ripetere una frase o sorridere. La diagnosi di ictus e' stata corretta nel 96% dei casi.

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Primo trapianto di tibia in Italia  (11/02/2003)

E'stato eseguito a Palermo; l'osso e' stato preso da cadavere

PALERMO 11 FEB - E' stato eseguito questa mattina a Palermo il primo intervento in Italia di trapianto della tibia prelevata da un cadavere.L' operazione e' stata effettuata da Benedetto Pinto, 44 anni chirurgo ortopedico, presso la Casa di cure Orestano. La particolare novita' dell'intervento sta nell'uso di una tibia fornita dalla banca delle ossa Allosource di Denver (Colorado, Usa).

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Tecnologie: nasce il motore molecolare, ha come pistone il Dna  (05/02/2003)

ROMA 5 FEB- Arriva il motore molecolare che ha per pistone la molecola del Dna. E'stato costruito da 2 esperti di biofisica del Museo di Storia naturale di Parigi. Il motore, descritto sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze Pnas, si basa su un dispositivo molecolare basato sul Dna che si espande e si contrae e somiglia al movimento di un pistone all'interno di un cilindro. Per i ricercatori Patrizia Alberti e Jean-Louis Mergny si tratta del primo passo verso la realizzazione di macchine nanomolecolari.

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Tumori: stomaco, diagnosi con micro-capsula recuperabile  (04/02/2003)

Raccoglie sostanze-spia disciolte nel liquido gastrico

ROMA 4 FEB - Una minicapsula recuperabile ideata, costruita e brevettata in Italia apre la strada alla diagnosi precoce non invasiva dei tumori dello stomaco. 'E' uno strumento non invasivo ne' doloroso, che puo' essere usato con persone a rischio', ha detto il medico che ha ideato la capsula, Pietro Muretto, dell'istituto di Anatomia e Istologia patologica dell'ospedale di Pesaro. La minicapsula, collegata a un filo di nylon, permette di raccogliere le sostanze-spia dei tumori disciolte nel liquido gastrico.

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Medicina: Telethon, scoperto segreto cellule muscoli   (04/02/2003)

Una proteina le protegge dallo stress meccanico

ROMA 4 FEB - Un gruppo di ricerca dell' universita' di Siena, finanziato da Telethon, e' riuscito a svelare uno dei segreti delle cellule dei muscoli.La ricerca ha portato alla scoperta della funzione dell'oscurina, una proteina del cui ruolo non si conosceva nulla. 'Abbiamo scoperto che protegge la cellula dallo stress meccanico al quale e' sottoposta', ha detto il responsabile dello studio, Vincenzo Sorrentino. La scoperta promette di aprire una nuova pagina nello studio delle malattie muscolari.

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Dopo trombosi da aereo, c'e' quella da computer    (30/01/2003)

Lo indica uno studio di un Istituto di Wellington

SYDNEY 30 GEN - La trombosi venosa profonda, causata in alcuni casi dall' immobilita' durante i lunghi voli in aereo, si puo' contrarre anche restando seduti al computer. Lo indica uno studio dell'Istituto di ricerca medica di Wellington in Nuova Zelanda. Lo studio e' stato pubblicato dalla rivista European Respiratory Journal, che descrive il primo caso conosciuto di correlazione tra l'immobilita' prolungata e ripetuta davanti al computer e la formazione di emboli potenzialmente letali.

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Australia: cellule cervello capaci di ripararsi    (30/01/2003)

Cosi' i risultati di una ricerrca neozelandese

SYDNEY 30 GEN - Un cervello umano adulto contiene cellule staminali capaci di riparare una serie di malattie degenerative. E' il risultato di una ricerca neozelandese. Lo studio e' stato presentato ad Adelaide dal prof. Richard Paull della Scuola di medicina di Auckland. 'Riteniamo - ha detto Paul - sia possibile aiutare il cervello usando cellule staminali del paziente stesso per la riparazione dei tessuti; questo apre la porta a nuove opportunita' per trattare persone colpite da malattie neurodegenerative o da ictus'.

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Biologia: scoperte le molecole del sonno   (29/01/2003)

Gli animali che ne sono privi soffrono di alterazioni

ROMA 29 GEN- Una ricerca sui topi condotta negli Usa ha scoperto le molecole del sonno. Chiamate criptocromi funzionerebbero da registi del sonno che ne garantirebbero la tranquillita'. Gli animali che ne sono privi soffrono gravi alterazioni dei ritmi biologici naturali e, di conseguenza, hanno un sonno molto disturbato.

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Il trapianto delle cornee, un successo italiano  (29/01/2003)

Lo dice ministro Sirchia, ma microchip speranza per retine

ROMA 29 GEN - Nella lotta contro la cecita' i successi nei trapianti di cornee pongono l'Italia ai primi posti nel mondo per qualita' e numero di donazioni. Lo dice il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, il quale aggiunge che i microchip impiantati nell'occhio potranno rappresentare una speranza per riparare i danni alla retina.

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Ultrasuoni distruggono le cellule tumorali dei topi  (29/01/2003)

La nuova tecnica e' stata sviluppata da nord-irlandesi

LONDRA 29 GEN - Un gruppo di ricercatori nord-irlandesi della compagnia Gendel hanno usato ultrasuoni e campi elettrici per distruggere le cellule cancerose in 50 topi. Il trattamento deve ancora essere sperimentato sugli uomini, ma gli scienziati pensano che potra' essere applicato nella cura dei tumori alla testa e al collo. La nuova tecnica si basa su un farmaco in grado di distruggere le cellule tumorali che viene trasportato per mezzo dei globuli rossi.

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BALENE RECLUTATE PER SCANDAGLIARE PROFONDITA' ARTICO    (27/01/2003)

ROMA 27 GEN - Gli scienziati di oceanografia hanno reclutato alcune balene dell' Artico per sondare le acque profonde sotto un fiordo. Sensori attaccati al dorso dei cetacei hanno raccolto dati mentre erano immersi. Le informazioni sono state poi inviate ai ricercatori via satellite ogni volta che le balene sono riemerse in superficie. L' esperimento e' stato approfondito in un articolo sul New Scientist. I sensori attaccati alle balene hanno rivelato un flusso, precedentemente sconosciuto, di acqua calda dal Nord Atlantico nel fiordo Storfjorden Svlbard dell' Artico, durante i mesi invernali. Non e' ancora chiaro se questa anomalia e' parte di un cambiamento climatico a lungo termine oppure si tratta di un mutamento ciclico che avviene in termini di decenni. Le balene bianche cercano cibo a grandi profondita' e possono facilmente scendere fino a 200 metri sui fondali del fiordo. L' estesa copertura di ghiaccio rende invece impossibile per i ricercatori monitorare la regione usando sensori calati da imbarcazioni. Per Michael Fedack, biologo dell' Universita' della St Andrew's Sea mammal research unit in Scozia, le balene sono un modo estremamente efficiente di raccogliere informazioni su queste profondita' inaccessibili.    ''Le misurazioni mostrano un interessante corrente di acqua calda e salata proveniente dall' Atlantico settentrionale - ha proseguito il biologo - un importante obiettivo dello studio era mostrare alla comunita' degli oceanografi che questa analisi poteva esser fatta in un modo scientificamente valido e con costi contenuti''. Il nuovo approccio basato sull' utilizzo delle balene, secondo Fedack, ''puo' fornire informazioni vitali per permetterci di conoscere meglio la distribuzione delle specie marine e proteggere parti vitali dell' ecosistema in cui vivono questi cetacei''. Sofisticati satelliti, normalmente utilizzati per raccogliere informazioni sui movimenti delle balene, sono stati modificati per registrare la profondita' raggiunta dalle balene e la temperatura e la salinita' dell' acqua due volte al secondo. Ogni volta che la balena riemerge l' informazione viene ritrasmessa ai ricercatori via satellite.

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AMBIENTE: IN FONDO OCEANI POTENTI ANTIBIOTICI E ANTICANCRO   (27/01/2003)

ROMA 27 GEN - I fanghi oceanici come potenti antibiotici e anti-cancro. A scoprire nelle profondita' marine una enorme fonte di risorsa biomedica sono stati i ricercatori dello Scripps Institution of Oceanography dell'universita' della California (S. Diego). Analizzando i sedimenti depositati sui fondali, gli scienziati hanno individuato nuovi batteri in grado di produrre molecole con proprieta' antinfiammatorie e antitumorali. ''Si e' sempre pensato ai fondi oceanici - scrive William Fenical, coordinatore della ricerca, in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Applied and Environmental Microbiology - come qualcosa di scuro, freddo e nauseabondo. I nostri dati dimostrano invece che questo ambiente e' una fonte incredibile di nuovi antibiotici e farmaci in grado di combattere il cancro''. In particolare, i ricercatori hanno individuato una nuova classe di batteri battezzati Actinomycete marini. ''Sono oltre 45 anni - ricorda Fenical - che gli Actinomycete terrestri vengono utilizzati dall'industria farmaceutica per produrre antibiotici naturali quali la streptomicina, l'actinomycina e la vancomycina''. Non solo: nei sedimenti marini campionati a 1.000 metri di profondita' e' stato individuato un potente inibitore della crescita tumorale naturale, denominato Salinosporamide e prodotto dalla specie Salinospora, che si e' rivelato particolarmente efficace nel contrastare il carcinoma del colon, il cancro ai polmoni e quello al seno. ''Sebbene siano piu' di 100 anni che si ricorre ai microrganismi terrestri per produrre medicinali - continua Fenical - il loro sfruttamento in campo farmaceutico e' iniziato circa 10 anni fa. Considerata la crescente resistenza dei batteri agli attuali antibiotici la scoperta di nuovi principi attivi naturali diventa essenziale''. A sorpresa, ricordano gli scienziati, gli oceani, che racchiudono tra i piu' diversi ecosistemi presenti sul nostro pianeta, sono stati fino ad oggi ignorati come potenziale risorsa biomedica. Di qui l'idea di prelevare i fanghi depositati sui fondali dell'oceano Atlantico e Pacifico, dal Mar Rosso e dal Golfo della California. I sedimenti sono stati filtrati per estrarre i microrganismi (presenti in media un miliardo per centimetro cubo) e sono state avviate una serie di colture per identificare i batteri e le sostanze prodotte. ''L'analisi genetica - afferma Fenical - ha consentito di individuare la specie Salinospora, che vive esclusivamente nei fondali tropicali e subtropicali''. Su 100 generi di batteri catalogati, l'80% produce molecole inibitori della crescita tumorale, il 35% sostanze in grado di uccidere batteri patogeni e funghi. ''Questo dimostra - conclude - che gli oceani sono un'incredibile fonte di nuovi microrganismi e che bisogna investire di piu' nella loro esplorazione''.

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CLONAZIONE: N. ZELANDA PRIME MUCCHE GENETICAMENTE MODIFICATE  (27/01/2003)

Christchrch (Nuova Zelanda) 27 gen - Ricercatori neozelandesi sono riusciti per la prima volta a clonare mucche geneticamente modificate in grado di produrre latte piu' ricco di proteine.
Stando a quanto riferito dai mezzi di informazione locali, l'esperimento e' stato condotto da ricercatori della AgResearch, autorizzati dal governo, che sono riusciti a fare nascere nove mucche. Ci vorranno comunque quattro anni per estendere l'esperimento ad altri animali da latte. L'anno scorso il governo neozelandese autorizzo' la AgResearch a verificare la possibilita' di modificare il latte di mucca con l'introduzione di geni umani, al fine di mettere a punto terapie per la cura di malattie come la sclerosi multipla. Il progetto e' stato molto criticato dalle organizzazioni ecologiste che hanno chiesto al governo di fermare un esperimento che considerano "pericoloso e irresponsabile".

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Aids: creati a Milano due zuccheri "blocca - virus"    (23/01/2003)

MILANO 23 Gen - Due zuccheri complessi ottenuti per sintesi chimica sono l'ultima arma messa a punto contro il virus HIV, responsabile dell'epidemia mondiale di Aids. La scoperta, pubblicata nel numero di gennaio della rivista «AIDS», è frutto della collaborazione tra ricercatori dell'Istituto scintifico universitario San Raffaele di Milano guidati da Elisa Vincenzi e Guido Poli, e la Glycores di Milano, società di ricerca specializzata nel campo della biochimica dei polisaccaridi. Le nuove molecole di zucchero, dette Kos e Knos - si legge in una nota del San Raffaele - sono state ottenute per sintesi chimica sul modello del polisaccaride K5, zucchero di origine batterica molto simile all'eparina ma privo delle sue proprietà anti-coagulanti e che di per sè non possiede attività antivirale.

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Malattie rare: Sirchia, accordo con Usa su sperimentazioni    (21/01/2003)

Il ministro della Salute, primo passo per risolvere problema

ROMA 21 GEN - In vista un accordo fra il ministero della Salute italiano e quello Usa per inserire l'Italia nei progetti di sperimentazione per la cura di malattie rare. Lo ha detto il ministro della Salute, Girolamo Sirchia. Per Sirchia si tratta del primo passo per risolvere il problema delle malattie rare, come quella del bambino pugliese recentemente colpito dalla Glicogenosi di tipo 2. Il farmaco potrà essere prodotto fra 2-3 mesi, 'ma la soluzione - ha osservato - e' inserirsi nelle sperimentazioni internazionali.

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Sanita': nuovo laboratorio per studio cellule (20/01/2003)

A Genova centro di oncologia cellulare e ultrastrutturale

GENOVA 20 GEN - E' stato inaugurato a Genova il 'Centro di Oncologia Cellulare e Ultrastrutturale', un laboratorio per lo studio delle neoplasie a livello molecolare. L'unita', diretta da Carlo Tacchetti, si occupa di 'analisi ultrastrutturale' tramite microscopia elettronica. L'inaugurazione del Centro consente, grazie all'acquisizione di nuovi strumenti e all'integrazione culturale con altri programmi di ricerca, di aprire nuove strade fino a questo momento inesplorate a livello mondiale in oncologia molecolare.

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Da frutti di mare tossina per tumori ai testicoli   (15/01/2003)

Lo afferma una ricerca svedese

OSLO 15 GEN-Il tumore ai testicoli potrebbe essere l'effetto dell'assunzione da parte della madre in gravidanza, della tossina Pcb, contenuta nei frutti di mare inquinati. Lo afferma una ricerca svedese, paese nel quale la patologia si e' quintuplicata. Dopo l'aumento esponenziale registrato negli ultimi anni, questa forma di cancro ormai e' la piu' frequente tra i giovani.

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Allarme cancro per tintura capelli da consumatori Ue  (15/01/2003)

Studio Usa afferma che rischio raddoppia con uso mensile

ROMA - Le tinture per capelli possono aumentare il rischio di contrarre il cancro della vescica: l'allarme e' dell'associazione europea dei consumatori. L'associazione di Bruxelles fa riferimento ad uno studio condotto negli Usa, secondo il quale tra le donne che usano coloranti e tinture per i capelli almeno una volta al mese per un anno, l'incidenza del cancro della vescica risulta raddoppiata. Il livello aumenta fino a cinque volte tra chi ha lavorato per almeno dieci anni in un negozi di parrucchiere.

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Tumore seno: Veronesi, Tamoxifene riduce 82% rischio  (14/01/2003)

Identificato effetto protettivo su tumori ormonodipendenti

ROMA - Il tamoxifene riduce dell'82% il rischio di tumori del seno nelle donne che potrebbero sviluppare la forma della malattia scatenata dagli ormoni femminili. E' quanto emerge da uno studio coordinato da Umberto Veronesi. La ricerca ha individuato le donne che possono beneficiare dell'azione preventiva del farmaco: si tratta delle donne di oltre 40 anni, hanno avuto la prima mestruazione molto presto, hanno avuto un figlio tardi o non ne hanno mai avuti, seguono una terapia ormonale sostituiva e sono sovrappeso.

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Allarme medici: attenti alla pressione alta (11/12/2002)

Soltanto un terzo della popolazione ha i valori giusti

MILANO - Solo un terzo della popolazione dell' Europa e dell' America del nord ha valori di pressione arteriosa giusti, cioe' inferiori a 140/90 mmHg. C'e' anche un risvolto economico che, solo per costi di ricovero ospedaliero, supera 1,25 miliardi di euro. Inoltre, quasi la meta' dei costi ospedalieri in eccesso si riferisce ai soggetti ultrasessantenni e a quelli in cui e' alta la pressione massima, cioe' i pazienti con ipertensione sistolica.

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Global Warming: nuove prove (08/12/2002)

WASHINGTON - La temperatura del nostro pianeta si sta innalzando in modo inquietante. Lo sentiamo ripetere da tempo e adesso ne abbiamo un'autorevole conferma in più: quella degli scienziati dell'Unione Americana di Geofisica che proprio in questi giorni hanno osservato come dall'Oceano Artico alla Groenlandia fino all'Alaska i segnali del cosiddetto "global warming" siano sempre più inequivocabili.

Non si tratta infatti di casi singoli di cambiamento del clima ma di un trend generale di tutta la Terra che deve far riflettere, anche e soprattutto perché secondo gli esperti è proprio l'uomo uno dei fattori che contribuiscono a determinarlo. In quale misura, tuttavia, non è ancora chiaro.

E' chiaro invece che si tratti di un fenomeno inusuale e preoccupante. La temperatura terrestre è salita in modo assai più significativo nel corso degli ultimi 20 anni che in qualunque altro momento del secolo. L'assottigliamento dello strato di ozono nella parte superiore dell'atmosfera, l'inquinamento prodotto dalla combustione dei carburanti fossili e alcuni fenomeni naturali come la grande eruzione del 1991 del vulcano del monte Pinatubo nelle Filippine, hanno causato il raffreddamento dello strato superiore dell'atmosfera, mentre la superficie terrestre raggiunge temperature elevate da record.

Secondo altri autorevoli studi condotti in questi anni, la temperatura si innalzerà tra i due e i sei gradi entro il 2100 con conseguenze significative: il surriscaldamento e l'espansione degli oceani, l'innalzamento dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, una maggior frequenza e intensità di tempeste e inondazioni alternate a periodi di siccità, l'allargamento delle malattie tropicali e la rapida estinzione di piante e animali che non riescono ad adattarsi a queste trasformazioni repentine.

In Italia il rischio maggiore è quello relativo all'innalzamento del livello del mare: molte zone turistiche tra le più rinomate del Bel Paese rischiano addirittura di scomparire. I cambiamenti climatici avranno infine l'effetto di accentuare e amplificare i rischi già determinati dall'urbanizzazione, dalla produzione industriale, dalla pesca, dal turismo, dai trasporti marittimi, con effetti non sempre prevedibili.

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Tumori: scoperta strada per riparare il Dna  (03/12/2002)

Da un ricercatore italoamericano Carlo Croce del Kimmel

ROMA - Grazie alla scoperta inattesa di un ricercatore italoamericano, Carlo Croce del Kimmel Cancer di Filadelfia, si sta aprendo una strada per riparare il Dna Croce ha scoperto che in alcuni tumori, leucemia linfoide e della prostata, mancano due microgeni chiamati miR. I ricercatori sono riusciti a 'generare' il prodotto dei miR in grande quantita' per usarli poi nella terapia antitumorale. Sono farmaci per riparare i danni al Dna alterato e quindi incapace di bloccare lo sviluppo delle cellule impazzite.

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CNR esce da European Science Foundation (28/11/2002)

Lo ha reso noto il presidente Bianco

ROMA - Il Consiglio Nazionale delle Ricerche uscirà dall'European Science Foundation, la maggiore associazione europea per la ricerca. La 'disdetta' e' stata firmata ieri dal presidente del CNR, Lucio Bianco, ed e' stata causata da problemi di bilancio dell'ente. Lo ha affermato lo stesso Bianco oggi a Roma nell'ambito di un incontro organizzato dall'Ulivo per presentare gli emendamenti alla Finanziaria che hanno come tema l' Università e la ricerca.

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New York Times: Nascerà l'Uomo-Topo ? (27/11/2002)

Dibattito tra biologi statunitensi e canadesi sull'eventualità di raccomandare esperimenti con le cellule staminali che potrebbero portare alla creazione di un ibrido Uomo-Topo. E' quanto riporta il 'New York Times' nella sua edizione on-line. L'obiettivo sarebbe quello di esaminare la risposta delle cellule alle cure mediche. Per fare ciò occorre osservare il loro comportamento in un organismo vivo L'idea sarebbe di impiantare cellule umane nei topi.

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Genoma: a confronto un topo e un uomo (25/11/2002)

Lo studio permettera' la cura di molte malattie

TRENTO - Sara' un gruppo tutto italiano a mettere per la prima volta a confronto il patrimonio genetico del topo e quello dell'uomo. Lo studio, che promette di rivoluzionare la comprensione e la cura di molte malattie genetiche, e' stato presentato dal direttore dell'Istituto Telethon per le malattie genetiche. Saranno passati in rassegna i circa 30.000 geni umani e i quasi altrettanto numerosi geni del topo,separati fra loro da almeno 80 milioni di anni lungo il cammino dell'evoluzione.

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Genetica: scoperto nuovo gene responsabile Parkinson (22/11/2002)

Grazie a un equipe internazionale guidato da un italiano

ROMA - Un nuovo gene, chiamato DJ-1 e localizzato sul cromosoma 1 e' responsabile di forme della malattia di Parkinson familiare ad esordio precoce. La scoperta, pubblicata sulla rivista Science e' stata effettuata presso il Dna Research Lab del Departement of Clinical Genetics della Erasmus University di Rotterdam ad opera di un'equipe internazionale di ricercatori guidati da uno studioso italiano, Vincenzo Bonifati dell'Universita' di Roma La Sapienza.

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