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La Situazione Macro Economica

 

 

Germania: deficit al 4% in 2005

 

BERLINO, 17 LUG - Il deficit pubblico della Germania raggiungerà quest'anno il 4% del Pil, un valore superiore alle previsioni del governo di Berlino. Lo riferisce oggi il domenicale Bild am Sonntag, che cita fonti vicine al ministero delle finanze. Lo stesso ministero tuttavia ha subito smentito seccamente la notizia. "Si tratta di una speculazione del tutto inventata", ha detto una portavoce secondo la quale non vi sono nuove stime da parte del governo.

(Aggiornato il 17 Luglio 2005 ore 13:10)

 

 

Fmi: deficit Italia può migliorare  

 

ROMA 15 lug - Il Fondo monetario internazionale ritiene possibile che l'Italia "possa far meglio del 4,3%, in termini di deficit alla fine dell'anno". Lo dovrebbe permettere, secondo la delegazione di economisti in visita in Italia "un'applicazione rigorosa del tetto del 2% alla spesa pubblica". Allineate anche le stime per il 2006, ferme al momento al +1,5%. "Più che la congiuntura ci preoccupano i problemi strutturali sui quali e' necessaria una maggior coesione di parti sociali e forze politiche".

(Aggiornato il 15 Luglio 2005 ore 20:30)

 

 

 

Ue: EUROSTAT, Pil in crescita IN EUROZONA E UE +0,5%

IN 1° TRIM 2005, ITALIA -0,5%

 

BRUXELLES 14 LUG - La Commissione Ue stima la crescita del Pil per la zona euro nel secondo trimestre del 2005, tra lo 0,1% e lo 0,5%. Lo rende noto l'esecutivo europeo precisando che per il terzo trimestre dell'anno le previsioni della crescita del Pil oscillano tra lo 0,2% e lo 0,6%. Le previsioni si basano su elaborazioni di vari indicatori fra cui: immatricolazione auto e consumi privati. Eurostat conferma intanto la crescita del Pil di +0,5 nel primo trimestre 2005. Nel primo trimestre del 2005 i tassi di crescita più alti sono stati registrati in Grecia (+2,4%), Lettonia (+2%) ed Estonia (+1,8%). Rispetto al primo trimestre del 2004, scrive Eurostat, il pil e' cresciuto dell'1,4% in Eurolandia e dell'1,6% nei Venticinque, dopo rispettivamente +1,5% e +1,9% nel precedente trimestre.

(Aggiornato il 14 Luglio 2005 ore 11:30)

 

 

ITALIA: ISTAT CONFERMA, INFLAZIONE IN CALO ALL'1,8% A GIUGNO


ROMA 14 LUG - Inflazione in calo all'1,8% a giugno, dall'1,9% di maggio. Lo comunica l'Istat, confermando la stima preliminare e aggiungendo che si tratta del tasso più basso dal settembre '99. I prezzi sono rimasti invariati su base mensile.

BCE: DA PETROLIO RISCHI PER INFLAZIONE E RIPRESA - E' il petrolio il principale rischio per inflazione e crescita economica. Lo sottolinea la Bce nel bollettino mensile di luglio, precisando che "la recente evoluzione delle quotazioni petrolifere rappresenta un rischio al rialzo per l'inflazione" di fronte al quale occorre rimanere "vigili". Per la seconda parte del 2005 la Banca centrale prevede quindi che il tasso d'inflazione "non scenda al di sotto del 2%", anche se nel complesso "non vi sono ancora evidenze significative dell'accumularsi di pressioni inflazionistiche di fondo".

(Aggiornato il 14 Luglio 2005 ore 10:00)

 

 

 

Giappone: crollo surplus del 19,5%

 

TOKYO, 13 LUG - Forte diminuzione del surplus commerciale giapponese nel mese di maggio che è sceso al 19,5% rispetto a un anno fa. La causa, secondo il ministero delle Finanze di Tokyo, è da ricercarsi nell'aumento del prezzo del petrolio e nella domanda in aumento del greggio da parte delle economie emergenti asiatiche ( Cina e India).

(Aggiornato il 13 Luglio 2005 ore 09:10)

 

 

EUROPA: Meno crescita, più inflazione
questo il futuro dell'Eurozona

 

MILANO 12 LUG - L’impennata del petrolio costringe L’Europa a rifare i conti su crescita e inflazione. Nel senso che gli europei dovranno convivere con un’economia che corre di meno e un’inflazione che corre di più.
Ieri sera l’Eurogruppo ha abbassato dall’1,6% all’1,3% la stima sull’economia dell’Eurozona per quest’anno, a causa di un prezzo del petrolio superiore ai 50 dollari. La precedente stima di un’espansione economica all’1,6% era infatti fondata su un prezzo medio del greggio di 50,9 dollari. Secondo il commissario europeo all'economia, Joaquin Almunia, la Commissione europea potrebbe quindi essere corrette al ribasso, in autunno, le previsioni pubblicate in aprile, che danno una crescita all'1,6%. La Commissione pubblica le sue previsioni economiche due volte l'anno.
Secondo il commissario Almunia,
"il secondo trimestre non sarà così positivo come è stato il primo trimestre. Ma speriamo che la situazione migliori nel terzo". "Alcuni rischi – ha aggiunto - potrebbero materializzarsi, ma è meglio attendere, perchè ci sono stati anche indicatori economici positivi durante l'ultima settimana". In definitiva, il commissario non dispera e spera che "nella seconda metà dell'anno, le previsioni potrebbero migliorare".
Il petrolio fa paura anche alla Bce. Nicholas Garganas, membro del direttivo della banca centrale europea, ha detto che l’impennata del greggio potrebbe costringere la Bce a rivedere al rialzo le stime sull’inflazione, ora ferme al 2%, facendo capire che non c’è proprio spazio per un eventuale taglio del costo del denaro. “L’aumento del prezzo del petrolio implica una revisione dello scenario principale dell’inflazione” ha detto Garganas, e “più a lungo questi rialzi del greggio durano, più elevati sono i rischi specie per l’inflazione”. Già a maggio l'inflazione nell'Eurozona è salita al sorpresa al 2,1% da 1,9% del mese precedente. Parole che secondo gli analisti sarebbero anche alla base dell’attuale rafforzamento dell’euro, dal momento che si inizia a scommettere che la Bce non ha proprio alcuno spazio per ridurre il costo del denaro. Lo stesso Garganas ha avvisato che "nessuno dovrebbe aspettasi troppo dalla politica monetaria della Bce come strumento di sostengo dell'economia" e che comunque "il fatto che il dollaro si è rafforzato offre un vantaggio competitivo addizionale a molte economie europee e questo potrebbe spingere ulteriormente l’export".
E sulla necessità o meno di un intervento sui tassi da parte della Bce, oggi, l'Ocse nel suo rapporto annuale suggerisce all'istituto di Francoforte di mantenere i tassi di interessi fermi sempre che le prospettive dell'inflazione restino favorevoli. "Sarebbe ragionevole che la Bce mantenesse i tassi stabili fintanto che le prospettive di evoluzione dei prezzi restano in linea con l'obiettivo della stabilità nel medio termine", scrive l'organizzazione. La Bce dovrebbe d'altro canto "agire se l'outlook dell'inflazione dovesse cambiare". Invitando alla stabilità dei tassi, l'Ocse cambia dunque registro rispetto all'outlook semestrale presentato il mese scorso in cui le proiezioni si basavano su un taglio dei saggi dal 2% all'1,5% quest'anno, seguito da un aumento in tre tappe al 2,25% nel 2006. Le riforme strutturali dovrebbero aiutare a ridurre la persistenza dell'inflazione, sottolinea l'Ocse, che ha rivisto al rialzo l'inflazione 2005 di Eurolandia. Spinti dal caro-greggio, i prezzi al consumo saliranno quest'anno dell'1,8%, a fronte dell'1,5% stimato in maggio. Per il 2006, invece, l'inflazione calerà più del previsto, attestandosi all'1,3% dall'1,7% stimato sempre in maggio. Confermate invece le previsioni sul Pil dell'area euro: +1,2% nel 2005, +2% nel 2006. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere nel 2006 all'8,7% dal 9% di quest'anno.

(Aggiornato il 12 Luglio 2005 ore 10:50)

 

 

ITALIA: Consumi elettrici destagionalizzati

giugno +2,9% su anno

 

ROMA 11 LUG - I consumi destagionalizzati di energia elettrica in giugno sono aumentati del 2,9% su anno. Lo rende noto il Grtn in una nota.
Il dato grezzo, che mostra un incremento del 3,4% su anno,
ha risentito anche degli effetti di giornate lavorative in più e del fatto che nel giugno di quest'anno si è registrata una media mensile della temperatura superiore di un grado allo stesso mese dello scorso anno.
A giugno si è registrato anche il nuovo record assoluto di richiesta sulle rete: 54.163 megawat sono la potenza massima richiesta infatti alle ore 11 del 28 giugno, 557 MW più del 16 dicembre 2004 quando si registrò il record precedente. Nel primo semestre dell'anno la domanda elettrica è risultata in crescita dell'1,6% rispetto lo stesso periodo del 2004.

(Aggiornato il 11 Luglio 2005 ore 12:00)

 

 

ITALIA: Conti pubblici, ad aprile debito record a 1.514 mld

 

Roma 11 Lug - Debito record ad aprile. Dai dati diffusi dalla Banca d'Italia nell'ultimo bollettino statistico il debito si è attestato a 1.514,639 mld, segnando una crescita di quasi 13,5 mld rispetto al mese precedente quando aveva toccato quota 1.501,139 miliardi. Ad aprile del 2004 il debito era pari a 1.456,637 mld. Sul fronte del fisco Bankitalia registra a maggio entrate tributarie in crescita a 24,693 mld di euro. Nel supplemento al Bollettino statistico si ricorda che nello stesso mese dell'anno precedente le entrate erano risultate pari a 24, 256 mld di euro, mentre ad aprile si erano attestate a 21,938 mld. Nei primi cinque mesi le entrate tributarie hanno toccato quota 115,5 mld, circa 5,8 mld in piu' rispetto ai primi cinque mesi del 2004 quando erano risultate pari a 109,7 mld.

 

 

Francia: Industria produzione +0,3%

 

ROMA 11 Lug - La produzione industriale francese ha registrato un'espansione dello 0,3% a maggio su aprile, scendendo invece dello 0,2% rispetto al 2004. Lo rende noto l'ufficio statistico francese. Per il solo comparto manifatturiero, il rialzo mensile è dello 0,5%, mentre su anno c'è un calo dello 0,1%. Le previsioni medie degli economisti per la produzione industriale complessiva indicavano un rialzo congiunturale dello 0,4% e un calo tendenziale dello 0,1%.

(Aggiornato il 11 Luglio 2005 ore 09:30)

 

 

I cinque grandi meriti dell’euro che cancellano la memoria della lira

 

ROMA 11 LUG - A tutti coloro che ritengono che l’Italia avrebbe dovuto conservare la lira non entrando nella moneta unica o che sostengono la necessità di uscire al più presto dalla moneta unica europea è facile rispondere. Basta ricordare che cosa era la lira. Una moneta ridicola, disallineata anche visivamente rispetto alle monete maggiori, con tutti quegli zeri, con la tendenza a registrare tassi di inflazione, dal 1975 in poi, del 10% o anche del 20%, con il disprezzo da cui era circondata all’estero per cui nei bordereau delle banche, degli uffici cambio e degli alberghi — quando e se appariva era messa sistematicamente all’ultimo posto e spesso indicata con un foglietto scritto a mano. Per non parlare della sua tendenza a svalutarsi: il marco tedesco e il franco svizzero erano cresciuti di quasi dieci volte e il dollaro di oltre tre volte dal 1972 al 1999. Una moneta da cui gli investitori internazionali si tenevano alla larga come dalla peste bubbonica: ciò che rendeva l’Italia e i valori espressi in lire qualcosa di esotico e un po’ comico, come in genere sono viste dall’estero le cose di questo Paese.
Inoltre si può sottolineare che l’euro ha avuto 5 grandi meriti:

  • ha assicurato la stabilità del potere d’acquisto dei cittadini, con tassi di inflazione ben più bassi che in precedenza;

  • ha aperto a milioni di famiglie italiane la possibilità di ottenere mutui per l’acquisto della casa a tassi del 3 4% invece del 1215%;

  • ha favorito un certo risanamento della finanza pubblica per i minori oneri di interessi gravanti sul bilancio dello Stato;

  • ha consentito all’Italia di pagare meno per le materie prime e i prodotti energetici acquistati all’estero (si pensi agli effetti sull’economia italiana del petrolio a 60 dollari il barile se non ci fosse l’euro ad attenuarli);

  • ha contribuito ad eliminare la marginalizzazione dell’Italia dalle grandi correnti degli scambi finanziari e di investimento internazionali.

E’ vero, tuttavia, che con l’euro non è possibile effettuare svalutazioni compensative dell’aumento dei costi per unità di prodotto che, purtroppo, hanno continuato a manifestarsi allegramente in questi ultimi anni. Ma questo vantaggio competitivo a cui l’Italia ha dovuto rinunciare è di ben minore momento rispetto ai vantaggi prima elencati.
Più incisiva è la critica
di coloro che, riconoscendo i vantaggi dell’euro, ritengono che il change over, cioè l’esecuzione del passaggio lira/euro, non sia stato privo di difetti. Essi ritengono che con il cambio euro/lira a 1936,27, e cioè a circa 2000, si è favorita la speculazione di chi ha effettuato una divisione per 1000. Cioè, se un prodotto costava 3000 lire il prezzo è stato portato a 3 euro invece che a circa 1,5 euro con un «arrotondamento» che di fatto costituiva un raddoppio. E non basta dire che questo problema è dovuto alle inefficienze strutturali della nostra economia nel settore commerciale e della distribuzione. Ne’ basta affermare che chi se la prende con l’euro agisce come un malato che, invece di curare la sua febbre, colpevolizza il termometro che non la misurerebbe nel modo corretto.
Il problema è quello di determinare la ragione per cui proprio con questo cambio dell’euro le inefficienze strutturali si sono manifestate.
La risposta è complessa, ma si può notare come coloro i quali criticano il livello euro/lira di 1936,27, non riescano ad indicare quale altro livello sarebbe stato più opportuno, oppure, quando lo indicano fanno discorsi incoerenti.
Di fatto vi erano due possibilità.
La prima è che la quotazione euro/lira fosse fissata molto più in basso, ad esempio verso le 1500 lire.
Sarebbe stata questa quotazione più opportuna? La risposta è no perché se, forse, ciò avrebbe evitato che i fruttivendoli raddoppiassero i prezzi, si sarebbe però determinata una fortissima rivalutazione della lira (che nella conversione teorica con il marco sarebbe scesa a 750 lire per 1 marco dalle 990,5 del periodo immediatamente precedente il change over) rendendo carissime le nostre merci sui mercati europei e internazionali. Agli italiani, inoltre, sarebbero stati consegnati molti più euro in cambio delle lire, il che avrebbe reso a buon mercato per noi le merci tedesche, francesi, spagnole, etc. con grave danno per la nostra economia. E’ vero, però, che un cambio euro/lira a 1500 avrebbe contribuito a combattere l’inflazione interna.
Se, invece, il governo avesse stabilito un cambio superiore a 1936,27
(per esempio 2500 lire) la competitività delle merci italiane all’estero sarebbe aumentata notevolmente, ma gli acquisti di merce estera, costando di più, avrebbero spinto i prezzi verso l’alto.
Come si vede, quindi, discostandosi da 1936,27,
da una parte, miglioravano le ragioni di scambio, ma peggiorava la competitività, dall’altro, peggioravano le ragioni di scambio, ma migliorava la competitività. Poiché il livello di 1936,27 rappresentava un ragionevole punto di incontro fra le due esigenze, si può dire che non sia vero che i problemi dell’euro risalgono ad una errata esecuzione del change over. Purtroppo, tuttavia, sia le rozze argomentazioni dei laudatores temporis acti, che evidentemente hanno la memoria corta, sia quelle solo apparentemente più sofisticate dei critici del cambio euro/lira a 1936,27 hanno facile presa in questo clima di becero euroscetticismo. Un clima in cui addirittura l’Inghilterra, che ha sempre boicottato ogni passo verso l’integrazione dell’Europa (moneta unica, Schengen, Europa sociale, etc.), viene vista come una guida verso la ripresa del processo di unificazione europea.
Si vuole dimenticare,
cioè, il fatto che la politica inglese negli ultimi 500 anni ha sempre perseguito l’obiettivo di dividere i Paesi europei fra di loro per poter continuare a coltivare i suoi interessi sul mare e i suoi rapporti speciali con le altre nazioni anglosassoni (in precedenza colonie della corona inglese).

 

 

 

Tessile: Usa-Cina, niente accordo su esportazioni cinesi

 

PECHINO 9 LUG - Cina e Usa non hanno trovato un accordo sull'export di prodotti tessili cinesi, sui quali Washington ha reintrodotto quote provvisorie. Lo ha riferito il ministero del Commercio cinese sul suo sito. Dopo una seconda serie di negoziati tecnici, "le due parti hanno convenuto di mantenere aperti i canali di discussione - afferma il comunicato - per trovare i mezzi appropriati per risolvere la questione". Le discussioni si sono incentrate in particolare sui limiti delle esportazioni in Usa.

(Aggiornato il 09 Luglio 2005 ore 11:00)

 

 

Intesa Italia-Cina su made in Italy

 

PECHINO 8 LUG - Accordo di collaborazione Italia-Cina per difendere i marchi delle imprese italiane in territorio cinese. In base all'intesa raggiunta a Pechino dal sottosegretario alle Attività produttive Cota e dal responsabile del Sipo, organismo cinese per la protezione della proprietà intellettuale, l'Ice istituirà in Cina dei "desk" per assistere le aziende italiane nella difesa dei marchi e potrà avere la collaborazione del Sipo nelle azioni contro i contraffattori.

(Aggiornato il 08 Luglio 2005 ore 12:00)

 

 

Ocse: disoccupazione a maggio scende al 6,6%  

 

PARIGI, 08 LUG - Scende al 6,6% a maggio la disoccupazione nella zona Ocse: 0,1% in meno rispetto ad aprile e -0,3 punti rispetto a un anno prima. Anche il tasso nella zona euro e' sceso all'8,8%, lo 0,1% in meno rispetto ad aprile e al maggio 2004. Il tasso nei Paesi del G7 è rimasto invariato al 6,1% rispetto ad aprile ma inferiore dello 0,2% rispetto al maggio 2004.

 

 

CONFINDUSTRIA, MONTEZEMOLO:

LIVELLO RENDITA RAGGIUNGE LAVORO

 

Bologna 8 Lug - "Il livello della rendita sta arrivando al livello del lavoro". Lo ha detto oggi a Bologna il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, nel corso del suo intervento all'assemblea di Ucima, l'Unione costruttori italiani macchine automatiche per confezionamento e imballaggio. "Possono essere fatte operazioni immobiliari e finanziarie anche rispettabilissime - ha detto Montezemolo - ma dobbiamo chiederci dove vogliamo essere tra 15 anni qual è il progetto del Paese".
Secondo il presidente di Confindustria
"l'Italia non può diventare Disney World, con tutto il rispetto per il turismo e i servizi". Secondo Montezemolo, dunque, è necessario "trovare le risorse per gli investimenti, e quando non ci sono bisogna reperirle anche con scelte impopolari".

(Aggiornato il 08 Luglio 2005 ore 10:00)

 

 

Giappone: consumi privati maggio -2% a/a  

 

Roma 08 Lug - L’ufficio di statistica del Giappone ha comunicato che nel mese di maggio i consumi privati sono diminuiti del 2% su base annuale in termini reali (-3% ad aprile). In termini nominali si è registrato un calo dell'1,8% (-2,9% ad aprile).

 

 

USA: SUSSIDI DISOCCUPAZIONE SALGONO MENO DEL PREVISTO

 

Washington 7 lug - Salgono meno del previsto i sussidi settimanali di disoccupazione Usa. Nella settimana conclusasi lo scorso 25 giugno le richieste salgono di 7 mila unità a 319 mila unità a fronte delle 312 mila unità della settimana precedente (dato rivisto dalle iniziali 310 mila unità). Gli analisti si aspettavano un rialzo di 9 mila unità. Nella media delle ultime 4 settimane i sussidi sono calano da 324 mila a 320 mila unità, mentre a livello continuativo le richieste scendono di 16 mila unità a 2,58 milioni di unità. Secondo il dipartimento al Lavoro, che ha rilasciato i dati, l'aumento delle richieste e' legato alle richieste di licenziamento nel settore auto.

(Aggiornato il 07 Luglio 2005 ore 17:10)

 

 

ITALIA, dpef 2006-2009:

Non c'è crescita con un debito così alto  

 

ROMA 07 LUG - Ha cominciato a circolare ieri la bozza del Dpef 2006-2009, che preannuncia dismissioni per 45 miliardi di euro in tre anni, con il debito che sale al 108,2% del Pil a fine 2005. Stiamo ballando sul Titanic. A fine maggio avevo proposto su queste colonne un’interpretazione diversa del nostro problema nazionale: non è che il debito non scende perché non riusciamo a crescere. Non riusciamo a crescere perché siamo troppo indebitati. L’ex ministro Guarino aveva detto la stessa cosa nei medesimi giorni, proponendo un taglio del patrimonio di 400 miliardi. Lunedì si è aggiunto Giovanni Tamburi dalle colonne di Affari Finanza di Repubblica, proponendo un taglio di 200 miliardi, molti dei quali annidati nelle aziende municipalizzate. Il Dpef si limita a una peccetta di 15 miliardi all’anno e punta invece sulla crescita. Ma quale crescita se col debito attuale gli interessi passivi saliranno a 75 miliardi l’anno; ammesso che i tassi restino così bassi?

Dove troviamo i soldi per gli investimenti? E se i tassi aumentassero?
In realtà dalla periferia arrivano le notizie dettagliate di questo trend ostile alle privatizzazioni.

Dopo aver faticosamente privatizzato il 70% dell’Enel, è in corso una progressiva ripubblicizzazione dell’energia elettrica attraverso le multiutility locali, considerate di gran moda benché si sia capito da tempo che nel modello multiutility non ci sono sinergie, tranne che fra elettricità e gas. Quali sono infatti le sinergie fra acqua, gas e rifiuti solidi o peggio;

fra tutte queste e telecomunicazioni?
Eppure Hera a Bologna sta progressivamente gonfiandosi e ora si fonderà con Meta, mentre Aem, ancora governata dal Comune di Milano, minoritario ma maggioritario per manipolazioni statutarie, sta per lanciare, insieme a Edf, un’Opa su Edison, roccaforte privata, che si era comperata Edipower da Enel quando appunto si usava ridurre l’area pubblica attraverso le privatizzazioni. Nei suoi obiettivi c’è anche il 20% di Atel in Svizzera, dal 5% attuale. Alla quale Opa dovrebbero anche partecipare la Set, della provincia di Trento, che recentemente ha rilevato da Enel la rete di distribuzione elettrica, insieme ad altre municipalizzate di Mantova e di Bolzano. Scopo finale dell’operazione sarebbe il controllo sulle tre centrali che Edison possiede nella provincia di Trento. Come se col 10% della Newco Delmi la suddetta provincia potesse immaginare di esercitare qualche controllo operativo, di fronte a colossi come Edf e Aem. Ma anche la logica di gestire una rete di distribuzione locale, sfugge.

Quali economie di scala negli acquisti dai fornitori? Almeno Amga a Genova e Aem a Torino stanno per fondersi in un’ottica sì di rafforzamento dell’area pubblica, ma almeno di aumento della massa critica.
Come tutti sanno, le tariffe elettriche sono stabilite dalla Borsa elettrica e dall’autorità Aeeg. Forse i cittadini si aspettano dai loro sindaci o dai presidenti delle loro provincie di avere tariffe di favore per particolari fasce sociali o grandi piani di sviluppo. O almeno così gli hanno fatto credere. La domanda è: perché questi amministratori locali, dotati di grandi risorse, dopo aver assolto tutti i loro compiti istituzionali, non si comperano azioni Enel o Eni, che assicurano loro un rendimento vicino al 20%? Realizzerebbero il loro disegno strategico di riportare sotto l’egida pubblica ciò che era stato privatizzato, ma almeno coi rendimenti che corrispondono a una gestione economica. Però questo certo non gli darebbe abbastanza posti nei consigli di amministrazione.
Se potessimo attribuire questo trend a una parte politica saremmo felici.
Ma purtroppo sia il governo, presunto liberista, che le amministrazioni locali, prevalentemente di sinistra, partecipano al banchetto. Del resto la devolution della destra era stata preparata dalla modifica del capo V della Costituzione, voluta dalla sinistra. E il concetto di sussidiarietà è stato astutamente aggirato: non più evitare di fare al centro tutto ciò che economicamente si può fare in periferia, ma fare in periferia tutto ciò che economicamente si può fare solo al centro.
Forse ha ragione la Lega Nord? Bisogna tornare alla lira. Così farà più impressione sapere che il nostro debito, espresso in lire, fa 3.000.000.000.000.000.

(Aggiornato il 07 Luglio 2005 ore 10:30)

 

 

UK: produzione industriale maggio +0,1% m/m, manifattura inv

 

Roma 6 Lug - A maggio la produzione industriale del Regno Unito è salita dello 0,1% su base mensile contro il +0,5% rivisto di aprile (+0,9% il preliminare). Lo comunica l'Istituto Nazionale di Statistica della Gran Bretagna (ONS). Su base annua invece la produzione ha visto un decremento dell'1,9% dopo il -2,1% del mese precedente. Negli ultimi tre mesi la produzione industriale ha mostrato un decremento dell'1,3% rispetto al precedente trimestre e del 2,2% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Invariata invece la produzione manifatturiera dopo il +0,5% registrato in aprile. Tale dato risulta superiore alle attese del mercato che indicava un decremento dello 0,2%. Su base annuale il dato ha evidenziato un calo dell'1,7%, mentre su base trimestrale si è registrato un decremento dell'1,9% sia rispetto al trimestre precedente che rispetto al pari periodo dello scorso anno.

(Aggiornato il 06 Luglio 2005 ore 10:30)

 

 

Ice-Istat: il passo incerto del made in Italy

 

ROMA 05 LUG - Il 2005 sta procedendo in salita per le esportazioni italiane, dopo aver parzialmente recuperato nel 2004 la caduta del precedente biennio. La ripresa del commercio mondiale si scontra con l'effetto di freno dell'apprezzamento dell'euro e la perdita di competitività della nostra industria. La sintesi del Rapporto annuale dei due istituti:

Nei primi quattro mesi del 2005 i dati complessivi del commercio estero italiano mettono in evidenza una crescita delle esportazioni di merci pari al 5% nei valori correnti rispetto al corrispondente quadrimestre di un anno prima. Nell'ambito dei paesi dell'Unione europea, che incidono per quasi il 60% sul totale dell'interscambio, l'aumento delle nostre vendite è del 3,8% nello stesso periodo, mentre con i paesi extra Ue la dinamica dell'export in valore ha toccato il +7,6% nei primi cinque mesi, pur risultando molto inferiore a quella delle importazioni (+15%, su cui pesa il caro petrolio). I conti economici nazionali del primo trimestre 2005 mostrano, per contro, un calo delle esportazioni di beni e servizi a prezzi costanti, sia nei confronti del periodo precedente (-4,1%) che dello stesso trimestre del 2004 (-0,5% tendenziale).
Nel 2004 le esportazioni di beni e servizi hanno messo a segno un parziale recupero (+3,2% nei valori reali), dopo la sensibile flessione (-5%) del biennio precedente. Nel corso dell'anno l'andamento è stato molto fluttuante: alla significativa ripresa dei due trimestri centrali ha fatto seguito una pesante contrazione in termini congiunturali nell'ultimo quarto, che è continuata nel primo trimestre 2005. La crescita dell'export è stata sostenuta lo scorso anno dal notevole sviluppo del commercio mondiale (+10% circa), in cui la quota dell'Italia si è ulteriormente ridotta, scendendo un po' al di sotto del 3% se valutata a prezzi costanti (era pari al 4,5% a metà degli anni 90). Negli ultimi anni, in particolare, il divario di crescita tra le nostre esportazioni e quelle degli altri paesi dell'area euro è sensibilmente aumentato, in coincidenza con l'accelerazione degli scambi internazionali.
Il made in Italy, pur rialzando la testa, non è stato dunque in grado di sfruttare adeguatamente le opportunità offerte dalla rilevante espansione del commercio internazionale, a causa della perdita di competitività dei nostri prodotti. Le vendite italiane sui mercati esteri continuano, infatti, a risentire sia di fattori contingenti, quali l'apprezzamento dell'euro, sia di problemi strutturali, legati alla specializzazione dell'industria nei settori a minor valore aggiunto (esposti alla concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro) e alla sua dipendenza da mercati di sbocco poco dinamici. L'export verso i paesi dell'area euro è, per esempio, leggermente diminuito nel 2004 (-0,9%), riflettendo la debolezza della congiuntura europea e di quella tedesca in particolare.
Più sostenuta è stata invece, sempre nel 2004, la dinamica delle esportazioni verso i paesi extraeuropei (+5,4% in volume), grazie alla forte domanda proveniente dall'Asia e dalla Russia. L'avanzo commerciale nei confronti di queste aree geografiche si è, tuttavia, significativamente ridotto e il saldo dell'interscambio complessivo è, di conseguenza, andato in rosso per la prima volta dopo dodici anni, per il calo di competitività legato alla notevole svalutazione del dollaro e il nuovo sensibile aumento del prezzo del petrolio. La progressiva erosione di quote di mercato delle merci italiane è avvenuta in un contesto di forte sviluppo nel commercio internazionale dei paesi emergenti, la cui specializzazione merceologica è in parte simile a quella dei nostri esportatori. La loro composizione settoriale, poi, mostra una specifica debolezza nei prodotti a più elevato contenuto di tecnologia, dove la domanda mondiale si presenta molto dinamica.
Ice e Istat in collaborazione - La collaborazione tra Ice e Istat nell'ambito del Sistema statistico nazionale ha dato luogo, per il settimo anno a partire dal 1999, alla presentazione congiunta delle due principali pubblicazioni statistiche sul commercio estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane: L'Italia nell'economia internazionale-Rapporto Ice 2004-2005 e l'Annuario statistico del commercio estero e attività internazionali del le imprese Istat-Ice 2004.
La base informativa così resa disponibile è, quindi, molto ampia e articolata, in grado di meglio soddisfare le esigenze conoscitive degli operatori pubblici e privati. Una più approfondita utilizzazione dei dati sugli scambi con l'estero delle merci e dei servizi e di quelli relativi agli investimenti diretti esteri consentono, infatti, un'analisi puntuale del sistema produttivo e commerciale dell'azienda Italia nel contesto dell'integrazione europea e della globalizzazione dei mercati.

 

 

 

UE: EUROSTAT, VENDITE AL DETTAGLIO +2,1% A MAGGIO 2005 SU ANNO

 

Bruxelles 05 Lug - Il volume delle vendite al dettaglio nei 12 paesi dell'Eurozona è cresciuto del 2% a maggio 2005, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Lo comunica Eurostat, l'ufficio statistico dell'Unione, nelle sue stime preliminari, annunciando inoltre un aumento del 2,1% per le vendite al dettaglio nell'UE a 25, nello stesso periodo di riferimento. A maggio 2005, rispetto al mese precedente, si legge ancora nella nota di Eurostat, l'indice delle vendite e' invece cresciuto dell'1,1% in Eurolandia e dello 0,8% nell'Unione allargata. A maggio di quest'anno, su base tendenziale, il settore dell'alimentazione, delle bevande e dei tabacchi e' risultato quello in maggior aumento, con una percentuale di incrementi di vendite pari al 2% nella zona euro e all'1,6% nell'Unione a 25.

(Aggiornato il 05 Luglio 2005 ore 11:00)

 

 

ITALIA, ISTAT: DEFICIT-PIL PRIMO TRIMESTRE AL 6,7%

 

ROMA 05 LUG - Nel primo trimestre l'indebitamento netto della P.A. si è assestato al 6,7% del Pil. Lo rende noto l'Istat. Il dato di quest'anno si confronta con il 6,9% del corrispondente trimestre del 2004. In termini assoluti si è passati dai -22.399 milioni di euro del 2004 ai -22.172 milioni di quest'anno. Il dato non è dunque significativo ai fini del rispetto del Patto di stabilita' in quanto, oltre a non essere depurato delle componenti stagionali, riguarda un periodo limitato dell'anno: l'indebitamento, spiegano all'Istat, assume infatti andamenti diversi nei trimestri in cui vengono adottati i provvedimenti di politica economica e le manovre di bilancio. In piu' in questo caso non si tiene conto dell'impatto sul deficit delle operazioni di swap che viene invece presa in considerazione ai fini del trattato di Maastricht.
Nel comunicare il conto trimestrale l'Istat ha fatto il punto sulla dinamica delle varie componenti.
SALDO CORRENTE - è risultato negativo per 11.975 milioni di euro contro il valore negativo di 11.932 milioni del primo trimestre del 2004, con una incidenza negativa sul Pil pari al 3,6% (-3,7% nel 2004).
SALDO PRIMARIO - e' stato negativo per 5.454 milioni di euro (-5.923 milioni nel primo trimestre 2004) con una incidenza negativa sul Pil dell'1,7% (-1,8% nel primo trimestre dello scorso anno).
ENTRATE TOTALI - su base annua sono aumentate nel primo trimestre del 3,5% con una incidenza sul Pil del 39,3% (38,7% nel primo trimestre del 2004). Più in particolare le entrate correnti hanno registrato una crescita del 3,3% dovuta all'aumento delle imposte indirette (+2,6%), delle imposte dirette (+5,2%) e dei contributi sociali (+2,3%). Le entrate in conto capitale fanno registrare invece una crescita del 37,5% dovuta all'aumento delle imposte in conto capitale (+1,4%) e delle altre entrate in conto capitale (+42%).
USCITE TOTALI - nel primo trimestre sono aumentate in termini tendenziali del 2,8%. Il loro valore in rapporto al Pil e' stato pari al 46%. Le uscite correnti sono aumentate del 3% (+2,4% i consumi intermedi, +1,7% i redditi da lavoro dipendente, +3,6% le prestazioni sociali in denaro, +6% le altre uscite correnti e +1,5% gli interessi passivi). Le uscite in conto capitale sono infine diminuite dello 0,3%. Un calo effetto della diminuzione degli investimenti fissi lordi (-3,7%) e di un aumento delle altre uscite in conto capitale (+7%).

(Aggiornato il 05 Luglio 2005 ore 10:20)

 

 

ITALIA: FIDUCIA IMPRESE A GIUGNO STABILE MA SEMPRE AI MINIMI

 

ROMA 04 LUG - A giugno l'indice di fiducia delle imprese manifatturiere calcolato dall'Isae è sceso a 84,2 da 84,3 di maggio, mantenendosi ''sostanzialmente stabile" sui minimi dal novembre 2001. E' quanto comunica in una nota l'istituto, aggiungendo, Germania e Francia mostrano "qualche primo segnale" di ripresa: a giugno l'indice tedesco Ifo è salito infatti a 89 da 88 di maggio, mentre quello francese Insee si è portato a quota 77 da 76 di maggio. "Gli indicatori dei tre paesi - scrive l'Isae - forniscono indicazioni di sostanziale stazionarietà degli ordinativi, in Francia e Germania migliorano leggermente le attese di produzione, mentre in Italia e Francia scendono le scorte di magazzino".

(Aggiornato il 04 Luglio 2005 ore 09:30)

 

 

Giappone: a maggio calano consumi

 

TOKYO, 1 LUG - Il tasso di disoccupazione giapponese rimane invariato a maggio al 4,4%, ma calano ancora i consumi delle famiglie. Lo ha annunciato il governo. I consumi si riducono del 2%, registrando così un ribasso per il secondo mese consecutivo. A registrare il calo maggiore sono stati soprattutto i consumi per le attività culturali e gli spettacoli, per i viaggi all'estero e per l'acquisto dei set televisivi. Le famiglie giapponesi hanno inoltre ridotto gli acquisti di

(Aggiornato il 01 Luglio 2005 ore 10:20)

 

Segue: Archivio  Situazione Macro Economica

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Ultimo aggiornamento: 18-07-05.

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