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Ernesto Guevara de la Serna

1928 - 1967 in arte el CHE

Il che in Bolivia

Il 3 novembre del 1966, il Che parte per la capitale della Bolivia, La Paz, con il passaporto uruguayano intestato a Adolfo Mena González, professione commerciante; ha una credenziale con il timbro della Direzione Nazionale dell'Informazione della Presidenza della Repubblica di Bolivia; la firma in calce è quella del Capo Gabinetto, signor Gonzalo López Muñoz, che lo presenta come un inviato speciale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), incaricato di realizzare uno studio informativo sulle relazioni economiche e sociali esistenti nella campagna boliviana.Il 7 novembre Ernesto Che Guevara raggiunge la fattoria scelta come punto d'incontro del gruppo che costituirà il focolaio guerrigliero in Bolivia. II giorno dopo l'arrivo, inizia le perlustrazioni nella zona per costruire gli accampamenti, che sposterà continuamente, e per cercare grotte dove nascondere munizioni, rifornimenti e apparecchi radio.

In dicembre, al gruppo del quale facevano parte anche Villegas, Pombo, Leonardo Tamayo Nuñez, Urbano si uniscono, tra gli altri, i boliviani Inti e Coco Peredo, Lorgio Vaca Marchetti, Carlos, e l'altro cubano, José Mar¡a Mart¡nez Tamayo. Il Che, nel suo diario, parla di un comportamento un po' strano di Mario Monje, segretario generale del Partito Comunista Boliviano, molto vicino all'Unione Sovietica, che, dopo aver dato comunque la sua adesione incondizionata, il primo gennaio del 1967, senza nessun preavviso, si ritira. Proprio la notte prima, brindando con il Che e gli altri compagni, Monje aveva detto: "Nuestras vidas non significaban nada frente al hecho de la revolución".

L'11 di febbraio 1967 appunta sul suo diario che è il giorno del compleanno "del viejo", suo padre. Hanno già incontrato il Rio Grande, lo hanno attraversato e continuano la marcia verso il fiume Masicur¡. Il 15 ricorda il compleanno della figlia Hildita, e il 18 quello della moglie Aleida, che chiama affettuosamente Josefina. Il 24 annota il compleanno del figlio Ernesto. Dorme su una amaca che, quando piove, e questo succede spesso, si trasforma in una specie di coperta.  Mangiano come possono e quello che trovano: lumache, frutti selvatici, cuore di palma, uccelli e, a volte, anche piccole scimmie. Siamo alla fine di febbraio: ritrovano il Rio Grande, lo devono di nuovo attraversare e, il Che, sul diario, piangerà la morte, per annegamento, di Benjam¡n Coronado Córdova. Arrivano, l'otto marzo, a Tatarenda. Alcuni campesinos li ospitano e finalmente riescono a riposare e a mangiare qualcosa di diverso. Sono seduti a un povero ma benedetto tavolo e hanno davanti riso in bianco, carne di porco e bevono anche una buona tazza di caffè!

Continua la marcia. Il governo boliviano, l'11 marzo, sollecita l'aiuto immediato degli Stati Uniti e stabilisce il coordinamento dei servizi segreti di Argentina, Brasile, Cile, Perù e Paraguay. Alcuni uomini del gruppo che ha portato il sindacalista Moisés-Guevara disertano. Tempo dopo si saprà che uno di questi, Vincente Rocabado, lavorava per la polizia segreta e per i militari boliviani; Pastor Barrera aveva dato parecchie informazioni anche alla Cia. A proposito della Cia, si sa che in questi giorni arrivano a Camiri alcuni dei suoi ufficiali, tra cui un agente di origine cubana, che si fa chiamare Eduardo Gonzáles. Il Che chiede al giornalista Regis Debray, che era riuscito a raggiungerlo, di informare il mondo, a partire dagli intellettuali Sartre e Russel, che avevano bisogno di solidarietà, ma soprattutto di soldi e medicine.

Il 23 marzo 1967 iniziano le operazioni di guerriglia. Una pattuglia dell'esercito boliviano, in perlustrazione, cade in un'imboscata nella gola di Nancahuazu; lo scontro produce sette morti, quattordici prigionieri (che verranno liberati quasi subito, come fa di solito il Comandante) e quattro feriti, per l'esercito. I guerriglieri, che non hanno subìto perdite, si impossessano di tre mortai, sedici Mauser, due Bz, tre Uzi, due radio e vestiario. Nonostante il successo, la propaganda negativa dell'esercito boliviano continua. All'aeroporto di Santa Cruz, arriva un aereo nordamericano con quindici istruttori di antiguerriglia che avevano fatto molta esperienza in Vietnam. Al Movimento di Liberazione della Bolivia, così come è stato definito dal Che il suo gruppo, si integrano ventinove boliviani, sedici cubani e tre peruviani. Comunque il Comandante è preoccupato e annota che, ascoltando la radio, ha capito che i militari boliviani sanno quasi sempre dove sono, con estrema precisione. 

Il 10 aprile un altro distaccamento dell'esercito inviato all'inseguimento cade in un'imboscata: tre morti, un ferito e sette prigionieri tra i soldati; i guerriglieri hanno un ferito grave, el Rubio, che morirà poco dopo. L'esercito arresta quaranta contadini sospettati di appoggio alla guerriglia: alcuni di loro verranno assassinati e abbandonati nella selva.

Il 30 maggio, la colonna del Che si scontra con l'esercito nei pressi della ferrovia Yacuiba-Santa Cruz. Tre sono i soldati morti e dieci i prigionieri. A giugno il governo boliviano proclama lo stato d'assedio e nella città di La Paz viene effettuata una vasta retata di elementi appartenenti alla sinistra. A giugno, nella zona delle miniere di Catavi, i minatori assaltano e bruciano la caserma della polizia e, d'accordo con i minatori di Huanuni, dichiarano territori liberi i loro distretti.

24 giugno 1967: nella notte di San Juan, i minatori in lotta si concedono una pausa "felice": danzano, bevono chicha, generalmente si ubriacano. Avevano deciso di togliere, dal loro disperato salario, un giorno al mese per donarli alla guerriglia. In quella notte, chiamata in seguito anche "la notte della mattanza", i soldati dell'esercito boliviano hanno atteso che questi minatori fossero ben ubriachi, poi sono entrati nell'accampamento e hanno incominciato a sparare... Dopo il massacro, altri dirigenti sindacali spariscono o vengono portati al confino. La radio Argentina dà la notizia di ottantasette morti.

A Florida in quegli stessi giorni avviene un nuovo scontro tra il gruppo del Che e l'esercito: vengono feriti Pombo e Tuma che morirà poco dopo, nel corso di un intervento tentato in extremis dal Che. Muoiono anche quattro soldati. Il Comandante non sta bene e soffre di tremendi attacchi d'asma.

Il 29 giugno a Santa Cruz gli studenti dichiarano territorio libero l'Università locale; il 3 luglio Debray conferma, in un'intervista a un giornale, la presenza del Che in Bolivia; il 6 luglio i guerriglieri occupano per qualche ora la città di Samaipata, ma inizia anche la grande operazione d'accerchiamento concertata dall'esercito boliviano.

L'11 luglio finisce lo sciopero dei minatori che avevano protestato contro la strage compiuta dall'esercito boliviano sui lavoratori in lotta, la notte di San Juan. Mentre i guerriglieri sono accampati nei pressi del fiume Suspiro, avviene uno scontro con un distaccamento dell'esercito le cui perdite ammontano a due morti e sei feriti. Ma muoiono anche due guerriglieri. Pacho, un altro ribelle, è ferito anche se non gravemente. Nel combattimento perdono undici zaini con medicine, un registratore, alcuni libri tra i quali La Rivoluzione nella Rivoluzione, con note del Che, e un testo di Trotzkij. Il gruppo dei guerriglieri è formato ormai da sole ventidue persone tra le quali due feriti e un inabile, il Comandante Guevara, tormentato dall'asma, senza medicine che possano aiutarlo.

Il 19 luglio i guerriglieri arrivano in un villaggio che si chiama Moroco, nella foresta boliviana, e il Che, a proposito del comportamento degli abitanti, scrive: "Ci hanno bene accolto, ma Calixto, ossia un contadino nominato sindaco da una commissione militare passata dal villaggio un mese fa, si è mostrato freddo e non disposto a venderci alcune cosette". Come dire che tutti lo accolsero bene eccetto uno, Calixto, appunto. Più avanti: " [...] al tramonto, sono arrivati tre mercanti con dei maiali. Calixto ha assicurato che sono di Postrer Valle e che li conosce". Il giorno dopo il Che scrive che un altro contadino, Paulino, lo ha informato che i tre individui non sono, per la verità, mercanti; uno è tenente e gli altri due hanno una carica simile. L'informazione, avverte Paulino, l'ha avuta dalla figlia di Calixto che è la sua fidanzata. A questo punto, il Comandante chiede a Inti Peredo di andare ad appostarsi davanti alla casa dove è entrato il falso mercante. Poco dopo l'uomo esce: è un sottotenente di polizia. Questo, faceva la polizia: infiltrava persone che si spacciavano per commercianti nelle zone della guerriglia, a volte per poter spiare i guerriglieri altre volte per spaventare i contadini con la minaccia di bruciare i raccolti''.

Il 14 agosto del 1967 il Che annota, sul suo diario, che la radio aveva dato la notizia che l'esercito aveva scoperto alcune grotte usate dai guerriglieri e avevano così potuto prendere documenti, piantine, tantissime fotografie. 

L'editore Giangiacomo Feltrinelli viene arrestato a La Paz (qualche giorno dopo verrà espulso dal Paese); aveva preso le difese di Cuba e denunciato alcuni piani della Cia. Anche in Italia ci sono mobilitazioni a suo favore.

Mentre il generale americano Porter visita un campo di berretti verdi a Santa Cruz, una compagnia della VII divisione tende un'imboscata al gruppo di Joaqu¡n che cerca di attraversare il Rio Grande. Due guerriglieri, fatti prigionieri in uno scontro avvenuto il 12 agosto, hanno parlato, consentendo un agguato della VII divisione dell'esercito. In realtà l'imboscata è a Puerto Mauricio, sul Rio Grande. Se fosse stata detta la verità, i soldi ricavati dalla taglia sui guerriglieri, li avrebbero avuti quelli della IV divisione. Cadono nove guerriglieri, e con loro Acuña Nuñez, Joaqu¡n, e Tamara Bunke Bider, Tania. L'esercito perde un solo uomo.

A settembre e precisamente il 2, il gruppo del Che tende l'ennesima imboscata nei pressi di Valle Grande, che non riesce. Un guerrigliero muore e viene arrestata Loyola Guzmán, giovane sindacalista, che aveva aiutato la guerriglia dal punto di vista dei finanziamenti. Il Che appunta che la ragazza era giovane, soave, molto determinata. Il sindacato nazionale dei maestri proclama uno sciopero nazionale. 

Il 22 settembre c'è una conferenza stampa dei generali Barrientos e Ovando che esibiscono il materiale fotografico trovato nelle grotte e negli accampamenti dei guerriglieri, nonché i passaporti cubani; in questa occasione si afferma che il gruppo capeggiato dal Che è stato localizzato nei pressi del villaggio La Higuera a Valle Grande. Ad Alto Seco, un villaggio di cinquanta case che i guerriglieri hanno occupato, Inti Peredo tiene, nelle piccole aule della scuola, un discorso sugli obiettivi della rivoluzione. Il 26, a Picacho, il mondo contadino in festa offre ai guerriglieri un menu raro, per quei giorni: uova, piccoli funghi cucinati in salsa piccante, dolci e ancora arance e ciambelle. Alcune donne chiedono al Comandante di ballare sul ritmo delle canzoni intonate da Coco Peredo con la sua chitarra. Il Che deve dire di no; educatamente, come suo solito, si scusa, non sta molto bene. Pochi giorni dopo, sempre nella zona di Valle Grande, il suo gruppo cade in un'imboscata. Muoiono Coco Peredo e Miguel Hernández Osorio; Gutiérrez Ardaya, Benigno, è ferito. Disertano Camba e León.

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Ultimo aggiornamento: 17-08-03.

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