MASSIMILIANO CABRAS

Interventi  su alcuni temi sviluppati nella scorsa legislatura ed ancora di attualità
sommario

Interrogazione al Signor Sindaco di Capoterra  Emendamento sulla istituzione della Commissione Pari Opportunità
Capoterra avanza lentamente  Emendamento sulla presenza femminile in giunta
 CAPOTERRA quale futuro? FARMACIE
 Compagnia barracellare Il caso della SULCITANA 
 Revisione pianta organica delle farmacie Il PEEP 
Orari ufficio del Comune per il pubblico Interrogazione su una discarica pubblica 
Dopo la siccità il diluvio  L’industria del verde 
 Allarme dispersione scolastica Svelti ad applicare gli oneri
 Emendamento sulla cultura sarda  Santa Rosa
Un'antica attività di Capoterra  

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Interrogazione al Signor Sindaco di Capoterra  

di Massimiliano Cabras

 

 

 

  Con Decreto interassessoriale dell’Assessore regionale Lavori Pubblici e dell’Assessore regionale della Difesa dell’ Ambiente dell’11.8. 2000,  pubblicato nel BURAS n. 29 del 19 settembre scorso, è stata individuata e perimetrata una vasta area a rischio idrogeologico di Capoterra.

Alla fine dello scorso mese di settembre si è tenuta una riunione presso il nostro Comune alla quale hanno partecipato oltre la Regione anche l’Amministrazione Provinciale di Cagliari , che peraltro ha chiesto il trasferimento delle competenze in materia.

        Alla predetta riunione non mi risulta che sia stato interessato il Consiglio Comunale che in materia gli è stata attribuita una particolare competenza  dall’art. 32 della Legge 142/90.

Pertanto con la presente i sottoscritti Consiglieri comunali, tenuto conto dei macroscopici  effetti che questo provvedimento ha sul territorio, vorrebbero essere informati al riguardo ed in particolare chiedono di sapere :

1 -  quali siano gli effetti di questa Legge sui progetti, ancora non realizzati, ricadenti nelle zone delimitate e per i quali la Commissione Edilizia ha già espresso parere favorevole;

2   -  quali comportamenti intende prendere questa amministrazione per i  progetti ancora in essere presso la Commissione Edilizia;

3   -  come conseguenza di         questa Legge quali riflessi si avranno sul Piano Urbanistico Comunale  che questa amministrazione dice di aver ormai da tempo pronto  e che  sta per  presentare in Consiglio Comunale;

4   - quali piani d’azione ha predisposto o intende predisporre  questa amministrazione  per evitare i disastri verificatesi nel recente passato e per superare gli effetti di questa legge limitativa dell’autonomia comunale;

5   - a quali risultati è pervenuto il Gruppo di esperti nominato ormai da diverso tempo da questa amministrazione per un studio idrogeologico del territorio.

 

Restiamo in attesa di avere una cortese riposta in merito.

Cordialmente.

 

 

 

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Capoterra avanza lentamente
di Massimiliano Cabras

 

 

 

  Ringraziamo il Direttore per aver finalmente aperto le pagine di questo giornale alla  “ voce” della minoranza. Cosa dovuta , peraltro, tenuto conto che il Comune finanzia questa pubblicazione con un contributo annuo.

  Terremo una rubrica mensile e ogni volta sarà un’occasione per rappresentare ai capoterresi la nostra opinione sulle cose fatte ( o non fatte) dall’ amministrazione  e  per suggerire le nostre proposte.

          Uno spazio che utilizzeremo per un colloquio diretto con la cittadinanza , con l’intento di dare ai lettori una informazione più ampia per  quanto attiene la vita amministrativa  della nostra comunità.

In questa prima uscita ci limiteremo ad esprimere considerazioni di carattere generale.

Una prima considerazione ci porta a definire, e non per amore di polemica, l’azione svolta finora da questa rissosa maggioranza come lontana dalle promesse elettorali a suo tempo sbandierate e priva di qualsiasi logica programmatoria.

In questi anni abbiamo assistito ad una serie di provvedimenti, slegati fra loro, tendenti  a  rispettare obbligazioni prese  durante la campagna elettorale o  a venire incontro a circoscritte aspettative più che  a sviluppare temi di ampio respiro e tendenti alla difesa del territorio e allo sviluppo socio – economico dell’intera comunità.

Sono stati fatti discutibili e costosi  acquisti immobiliari,  sono stati finanziati spettacoli musicali con costi faraonici, ma non sono stati realizzati, ad esempio, apprezzabili interventi per il risanamento delle reti idrica e viaria  che ormai si trovano  in una condizione di sfascio generale.

Sono state prese decisioni di natura urbanistica (edificazione  in zone agricole in contrasto con le direttive regionali, insediamento di piccole e medie imprese in zone agricole, ecc) mentre si continua, nonostante le promesse fatte anche di recente  dal sindaco in aula consiliare,  a procrastinare nel tempo la presentazione del Piano urbanistico, strumento fondamentale per la pianificazione e la difesa  delle aree comunali.

Tutto questo mentre, contrariamente a quanto assicurato in campagna elettorale, il carico finanziario  per tasse ed imposte comunali delle famiglie residenti è andato  sensibilmente ad aumentare per effetto dei provvedimenti presi con l’ultimo bilancio  di previsione.

Il Comune di Capoterra, nonostante la argomentata  contrarietà dell’opposizione, è stato uno dei primi comuni d’Italia ad istituire l’addizionale IRPEF che in tre anni raschierà dalle già impoverite tasche dei suoi cittadini circa due miliardi e seicento  milioni.

In due anni, tanto è al potere questa maggioranza, le cose  sono andate decisamente peggiorando rispetto al passato e lo saranno sempre di più se non verrà posto un freno alle spese superflue o  rinviabili per far fronte a quelle impellenti e di primaria necessità, che poi sono quelle più necessarie e imprescindibili  per rendere più vivibile la nostra comunità, in forte e continua crescita di popolazione.

Di questo e di altro parleremo nelle prossime edizioni.  

 

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CAPOTERRA quale futuro?
di Massimiliano  Cabras

        

 

Quella notte del 12 novembre 1999 resterà per molto tempo impressa nella mente di chi ha vissuto questa drammatica circostanza.

Passata questa ondata di terrore e di sgomento una domanda è sulla bocca di tutti : adesso cosa faremo?

Per contribuire a dare risposta a questa domanda si inserisce l’incontro di oggi.

Illustri politici e tecnici della materia ci hanno dato preziose indicazioni sulle cause e sulle possibili linee di sviluppo della nostra comunità così duramente colpita da questo catastrofico evento.

Per le cose dette, che ho ascoltato con molto interesse, mi sento fortemente arricchito sull’argomento e ancora più fortemente motivato a portare avanti, con determinazione, un mio contributo per mettere in atto una drastica politica  di cambiamento per il nostro territorio.

Capisco che è difficile dare tante risposte a tante esigenze improvvisamente scaturite, ( anche se oggi ne sono state date molte ed importanti)  ma decisamente è necessario passare dalla fase delle parole ai fatti concreti.

In tutto questo periodo, successivo all’evento, ho sentito portare avanti ( a parole )  tante ricette (  che però  a mio avviso, sottintendevano la volontà di addossare sugli altri i motivi di imprevidenza e di poca lungimiranza  come causa del disastro) e tante promesse di forti investimenti per rifondere e ripristinare i danni subiti e per porre in essere una azione di difesa del territorio.

Ma sono rimaste, ancora una volta solo parole.

Non mi risulta che siano stati posti in essere interventi concreti .

Tutto è rimasto allo stato originario, anzi nel tempo si è ulteriormente aggravato.

Così facendo si correrà ancora una volta il rischio che come sempre si faccia tanto fumo per poi lasciare le cose inalterate.

Alla luce di quanto successo questo modo di procedere deve finire.

E’ doveroso che ciascuno, per le proprie competenze, faccia il proprio dovere .

Soprattutto è necessario che ciascuna parte in causa faccia un serio esame di coscienza ed individui le proprie responsabilità per porvi urgente rimedio.

La Regione ed i Comuni che non ha applicato le leggi esistenti in materia di gestione delle risorse idriche e di salvaguardia del bacino idrografico;

I cittadini che, per soddisfare il loro bisogno legittimo di  una casa, hanno costruito sopra o in vicinanza di corsi asciutti, senza tener conto del loro possibile ristabilirsi.

E’ fuor di luogo ( ed oggi è stato ampiamente confermato) che se non si porrà fine alla dissennata politica del territorio, altri disastri analoghi, se non peggiori, verranno sicuramente a sconvolgere la vita di questa popolazione.

Sono state ampiamente evidenziate e da tutti gli intervenuti  due direttrici di intervento:

° una corretta azione programmatoria del territorio ( e qui è doveroso fornire finalmente Capoterra di un idoneo PUC).

 Sono d’accordo sul fatto che solo una idonea strategia per il recupero ambientale, attraverso serie indagini conoscitive delle situazione a rischio, e una idonea programmazione urbanistica possono rendere vivibile questa comunità.;

° una attenta politica di prevenzione che comprenda anche un rigoroso piano di emergenza.

Senza queste misure inevitabilmente ogni nuovo nubifragio, che statisticamente è un evento a forte probabilità di accadimento, sarà causa di nuovi disastri e perfino, come è già successo, di possibili perdite di vite umane.

A mio avviso, inoltre, bisogna porre grande attenzione anche a questa crescita vertiginosa di popolazione che sta violando, in assenza di idonee misure, gli equilibri naturali del territorio.

In meno di 20 anni siamo da piccolo paese siamo diventati un grosso centro abitativo ed il nostro incremento di urbanizzazione ha ripreso forte vigore dopo una leggera  flessione.

Bisogna uscire da questa forsennata attività edificatrice incurante delle caratteristiche idrogeologiche del territorio.

Ne risente altresì la qualità della vita in termini di servizi.

Quindi lotta a qualsiasi forma di abusivismo e di speculazione edilizia.

Riepilogando quindi sono d’accordo che vengano definite le indagini idrogeologiche e geotermiche del territorio per evitare i danni e gli sprechi del denaro pubblico, così come sono d’accordo che deve essere favorita la interdisciplinarietà degli interventi di modifica dell’ambiente.

Sono particolarmente favorevole altresì, e non da oggi, alla urgente modifica del Regolamento Edilizio per consentire  l’inserimento di un geologo iscritto all’albo professionale nella Commissione edilizia al fine di supportare le altre professionalità presenti.

Ritengo necessario individuare ed escludere all’uso abitativo le zone a rischio idrogeologico, provvedendo anche a provvedimenti di recupero delle zone compromesse.

Però nell’immediato sono dell’avviso perché vengano effettuati:

· la stretta osservanza da parte di tutti delle normative vigenti

·  

· la rivisitazione del Regolamento edilizio in materia urbanistica ed ambientale.

 

Questi adempimenti devono essere un impegno  per gli enti interessati.

  Non sono più ammissibili superficialità e latitanze.

Se è  vero che non possiamo modificare il corso degli eventi naturali e pur vero che con intelligenti opere di difesa e di corretto uso del territorio possiamo quanto meno attenuarne l’impatto.

Le leggi esistenti ed il buon senso possono farci correttamente da guida.

Speriamo che questa brutta esperienza serva segni l’inizio di una più attenta politica dell’ambiente per la nostra comunità.

 

 

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COMPAGNIA BARRACELLARE

di Massimiliano Cabras

 

 

Le compagnie barracellari, istituto anomalo esistente solo in Sardegna,  nate come  strumento indispensabile per la tutela del patrimonio agricolo e zootecnico , oggi sono chiamate a svolgere importanti compiti in collaborazione con le autorità istituzionali, in particolare per quanto riguarda la tutela e la salvaguardia dell’ambiente.

La legge regionale ( 25/88) rivitalizza e modernizza così l’istituto del barracellato che vanta tradizioni più che secolari.

( Si ritiene che siano sorte nel corso del XVII secolo, durante la dominazione aragonese).

Sono nate infatti come una sorta di polizia locale scelte tra persone di condotta ineccepibile e di sicura fiducia per impedire i furti di bestiame e  danni a terreni agricoli e per assicurare una sorta di mutuo soccorso.

Oggi, come già detto, la competenza si estende a compiti di collaborazione con le autorità istituzionali su tutta una serie di materie che , grosso modo , possono essere ricondotte alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente.

La profonda conoscenza del territorio e la diffusa e costante presenza dei barracelli possono rappresentare un poderoso strumento per la tutela del territorio , alla luce dell’esperienza vissuta in quest’ultimo periodo.

I compiti- tutti molto importanti - sono previsti dall’articolo 2 del Regolamento :

-    salvaguardia delle proprietà affidate in custodia

-  protezione civile, prevenzione e repressione in materia di scarichi di rifiuti civili e industriali ( far cancellare previa autorizzazione del sindaco, non prevista dalla legge).

-  salvaguardia del patrimonio boschivo, forestale, silvopastorale

-  salvaguardia del patrimonio idrico, con particolare prevenzione dall’inquinamento

-  prevenzione e repressione degli incendi.

Per assicurare un adeguato espletamento del servizio occorre far partecipare gli addetti a corsi di formazione di base, di aggiornamento e di addestramento professionale  e in questo senso occorre tenersi in stretto contatto con la Regione e le altre istituzioni competenti in materia di polizia locale e difesa dell’ambiente.

Da un rapido esame dell’attività svolta nell’esercizio passato ho avuto l’impressione che ancora molto ci sia da fare per il raggiungimento degli obiettivi loro affidati dalla legge.

Deve essere più ampia la diversificazione dei compiti e soprattutto la mobilità verso le nuove attribuzioni.

Non è pensabile che un semplice ritocco delle entrate possa rendere sufficientemente remunerativa l’intera attività.

Peraltro devo fare alcune precisazioni circa il ritocco delle tariffe.

Mi sembrano troppo alte le tariffe relative all’assicurazione dei caseggiati all’interno e fuori del centro abitato.

Una politica di prezzi più contenuta potrebbe a mio avviso invogliare maggiormente i possibili utenti e quindi tradursi in maggiori introiti complessivi.

 I lavori di custodia possono rappresentare, se opportunamente gestiti, fonte di sicuro ed importante ritorno economico.

Peraltro non condivido che a un sostanzioso ritocco della tariffe si sia lasciato immutato il risarcimento verso i danneggiati da vendetta o passaggio abusivo ( £. 2.000.000).

Non esiste un corretto rapporto per gli assicurati tra costo e beneficio.

Infine un richiamo all’art. 6  - iter costitutivo della Compagnia Barracellare- per quanto attiene la nomina  del Capitano indicata come competenza del sindaco, mentre a mio avviso resta di competenza del Pretore.

Alla luce del presente regolamento – che grosso modo ricalca quello approvato nel 1989 – molti ed importanti sono gli strumenti di controllo affidati al Sindaco e all’Amministrazione comunale.

Gradirei  che a metà del prossimo esercizio il Sindaco o chi per lui presentasse al Consiglio un rendiconto sull’attività svolta dalla compagnia accompagnata da una relazione economico – finanziaria da confrontare con quella relativa agli esercizi precedenti.

Sono certo che questa attività se opportunamente organizzata e guidata possa essere una occasione importante di lavoro per la nostra comunità  e possa rappresentare un veicolo attraverso il quale offrire servizi e assicurare benessere a gran parte della popolazione.  

 

 

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Revisione pianta organica delle farmacie 
Appunto per l’intervento in Consiglio Comunale di Massimiliano Cabras

 

Con delibera n. 578 del 25 settembre 1998 la Giunta Comunale ha disposto l’annullamento della delibera n. 11 del 18 .1.96 col la quale la precedente Giunta aveva approvato la proposta dell’Assessorato alla Sanità per l’istituzione della quarta farmacia.

Con quest’atto praticamente si tende ad azzerare  un intero percorso che ha consentito, dopo 4 lunghi anni, l’inserimento nella pianta organica delle farmacie della provincia di Cagliari  della quarta farmacia di Capoterra.

Il motivo ?

E  esiste un vizio sulla competenza dell’organo deliberante.

Effettivamente  l’art. 3 della LR  n. 12 del 27 aprile 1984 è chiaro : la competenza non è della Giunta ma del Consiglio comunale.

Mi meraviglia che il Segretario Comunale che ha legittimato l’atto, e lo stesso COCiCo che lo ha convalidato , non si siano per tempo accorti dell'errore.

Per normalizzare le cose avrei ritenuto sufficiente far riapprovare da questo Consiglio la vecchia proposta e, poiché i numeri lo consentono,  proporre al predetto Assessorato l'apertura di una quinta farmacia , per soddisfare le giuste richieste di quella grossa fetta di popolazione residente ,che attraverso una raccolta di firme , ha recentemente sollevato il problema.

Ma non è così !

Si propone un nuovo assetto , ripartendo l’intero territorio  su quattro farmacie.

In altre parole si chiede di rifare tutto il percorso burocratico alla quarta farmacia.

Consentitemi la proposta mi pare veramente fuori luogo.

Come conseguenza  non solo non potremmo chiedere la quinta ( ormai spettante per numero di abitanti) , ma dovremmo fare a meno, chissà per quanti anni,  anche della quarta , rimessa nel tortuoso giro delle autorizzazioni.

Lasciatemelo dire , sembrerebbe quasi un artifizio legale  per mantenere lo status quo ancora per qualche tempo , con buon profitto delle farmacie esistenti.

Anche il ricorso pendente al TAR mi fa pensare ad una analoga strategia.

Di fatto ci troveremmo ad avere chissà per quanto tempo una farmacia ogni 7.000 abitanti circa.

Questo mentre in Sardegna , così come in altre zone dell’Italia meridionale, si vanno organizzando movimenti di pressione per rendere libero l’esercizio della professione di farmacista .

Ma al di là di queste considerazioni ,  la nostra situazione è veramente anomala rispetto alle medie nazionali e regionali .

 

Pensate, in Sardegna , a fronte di 1.658.000 abitanti ci sono 523 farmacie :  cioè una ogni 3.513 abitanti .

Media peraltro che non si discosta da quella nazionale :  una ogni 3.513 abitanti.

Anche se non sempre le medie fotografano la realtà ,  certamente questi numeri devono far riflettere su  quanto sia penalizzata Capoterra rispetto al resto del territorio, considerando anche la distribuzione dei potenziali utenti sul vasto territorio inurbato.

Capoterra , applicando il parametro previsto dalla legge, già oggi dovrebbe già avere cinque farmacie. ( Una ogni 4,000 abitanti )

Allora, mi domando e vi domando,  invece di rimettere in piedi un percorso tortuoso per riapprovare la quarta , che è già stata assegnata e quindi già immediatamente realizzabile , perché non lasciamo le cose come stanno ratificando il contenuto della delibera annullata  e non pensiamo di chiedere all’Assessorato competente urgentemente la quinta farmacia ?

Questo concetto, questa proposta, come consiglieri di minoranza lo abbiamo già espresso in una interrogazione al Sindaco presentata il 17 settembre scorso e per la quale, peraltro, non abbiamo avuto alcuna risposta.

A nostro avviso , questa è una proposta realistica e  percorribile , che senza rischi di ulteriori ritardi , potrebbe consentirci di rispondere positivamente alle giuste istanze di tutti quei cittadini , che attraverso una raccolta di firme , hanno voluto manifestare il loro disagio.

In questo senso presentiamo un ordine del giorno , su cui richiamiamo l’attenzione dell’intero Consiglio Comunale.  

 

 

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Orari ufficio del Comune per il pubblico 
interpellanza

di Massimiliano Cabras

 

 

Alla cortese attenzione del Signor Sindaco

E p.c. al Presidente del Consiglio comunale

 

 

Da qualche tempo il servizio al pubblico dell’Ufficio Protocollo  è stato fissato con inizio alle ore 11, creando seri problemi a quelle persone che si recano al Comune per adempire alla consegna di documentazione, talvolta voluminosa, da inoltrare ai politici o ai diversi settori dell’organo burocratico.

Poiché questa recente scelta fatta dall’Amministrazione ci sembrava in aperto contrasto con la necessità di offrire un buon servizio all’utenza, ci siamo rivolti per confronto con alcune altre comunità del circondario di Capoterra dove abbiamo appreso che di fatto detto ufficio è sempre aperto al pubblico ( ad esempio vedi Pula e Sarroch.)

Pertanto riteniamo necessario che  anche Capoterra debba allinearsi in tal senso tenendo presente delle necessità delle persone che per motivi vari devono servirsi di detto ufficio.

Siamo peraltro del parere che le amministrazioni locali, previ accordi, dovrebbero garantire un servizio standardizzato ai cittadini, ed in particolare per  quanto attiene l’Anagrafe e il Protocollo.

Nel caso in esame, sentiti gli Uffici,  ci è stato detto che lo spostamento d’’orario ( nel caso specifico dalle 10 alle 11) è stato dovuto alla necessità di far partecipare ad un corso l’unico dipendente che presidia lo sportello.

Pur comprendendo le necessità di aggiornamento del personale, per il quale siamo decisamente favorevoli, siamo del parere che nella circostanza doveva essere trovato un idoneo sostituto.

Per quanto sopra La preghiamo Signor Sindaco non solo di ripristinare da subito l’orario originario , ma nel caso specifico di esaminare la possibilità di tenere detto Ufficio , come avviene in molti altri comuni, sempre disponibile all’utenza.

In attesa di una Sua cortese risposta in proposito La salutiamo cordialmente.

Firmato
      Massimiliano Cabras

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Dopo la siccità il diluvio

Emergenza nel sud dell’Isola

Traccia per un intervento di Massimiliano Cabras

 

 

 

 

  “ Mi sono rimasti solo gli occhi per piangere”, ha esordito un uomo anziano  presentandosi all’unità di pronto intervento allestita in comune, “ un mare d’acqua e di fango mi ha portato via tutto quello che possedevo. Ora dispongo solo della roba che ho indosso : un maglione fradicio e i pantaloni incrostati di fango”.

            Negli occhi c’erano i segni di una nottata insonne passata a difendersi dalla natura ostile e a vincere la paura di venire travolto dall’acqua e dal fango misto a detriti di ogni genere che scendeva dalla montagna.

Questo è un esempio emblematico delle numerose persone spaurite che si sono recate ai centri di soccorso, allestiti in ogni comune per fronte all’emergenza,  spinte dalla disperazione e dalla speranza di trovare risposte alla  improvvisa destabilizzazione del loro abituale sistema di vita.

Capoterra, Assemini, Uta, il Campidano ed il Sarrabus colpiti da un incredibile nubifragio, già dalla  mattina successiva alla prima sfuriata di maltempo,  offrivano un quadro di desolante precarietà agli occhi sbigottiti della gente : fango ovunque, campagne e case allagate , strade interrotte, ponti distrutti, trincee aperte nelle strade e nei marciapiedi.

  Tutto questo a partire dalla notte di venerdì 12 novembre , una data che per molti anni resterà impressa in modo indelebile nella mente di chi ha vissuto questa drammatica circostanza.

  Purtroppo tra tanti danni materiali ci sono stati anche i morti : una giovane donna a Capoterra – Filicina Piano -  travolta dall’onda di piena di un torrente mentre cercava di mettersi in salvo uscendo dalla propria casa con il marito e i figli e  Giovanni Ragatzu – un sindacalista di Selargius – sommerso dall’acqua mentre rientrava con l’auto dalla zona industriale di Macchiareddu.

 

  Un bilancio complessivo  da bollettino di guerra.

 

           Passata questa ondata di terrore e di sgomento, una domanda è sulla bocca di tutti: adesso cosa faremo?

           E’ difficile dare delle risposte a tante esigenze improvvisamente scaturite.

 

 Per intanto i comuni interessati  hanno chiesto ed ottenuto dal Governo il riconoscimento di zone colpite da calamità naturale  e hanno disposto tutti gli interventi necessari per l’esecuzione delle opere di più urgente necessità.

E poi…si spera che le risorse che verranno messe a disposizione  dei Comuni da tutti gli enti interessati – Stato, Regione – vengano rigorosamente utilizzate per far fronte alle numerose emergenze e per ridare tranquillità e fiducia a chi dalla furia della natura è stato fortemente penalizzato.

 

E poi … inevitabilmente  verrà il momento dei processi e delle polemiche.

 

Ognuno avrà la sua ricetta e cercherà di addossare sugli altri i motivi di imprevidenza e di poca lungimiranza  che sono stati concausa del disastro.

E così si correrà il rischio che, come sempre, si faccia tanto fumo per poi lasciare le cose inalterate.

 

Alla luce di quanto successo questo modo di procedere deve finire : è doveroso che ciascuno faccia il proprio esame di coscienza e individui le proprie responsabilità.

Tutti devono farlo  dalla Regione che non applicato le leggi esistenti in materia di gestione delle risorse idriche  e di salvaguardia del bacino idrografico ai cittadini che, per soddisfare il bisogno di una casa,  hanno costruito sopra o nelle vicinanze di corsi d’acqua asciutti,  senza tener conto del loro improvviso ristabilirsi.

E’ fuor di luogo che se non si porrà fine alla politica  dissennata del territorio che ha contraddistinto in particolare questi ultimi decenni, altri disastri analoghi se non peggiori verranno sicuramente a sconvolgere la vita di intere popolazioni.

 

Ha ragione il prof. Lazzari , che sovrintende presso l’Università di Cagliari il Gruppo di esperti per la difesa delle catastrofi idrogeologiche, quando sostiene che il disastro è stato particolarmente causato dalla mancanza di prevenzione .

Occorre infatti, come precisato già da tempo dal predetto Gruppo ai Ministeri dei Lavori Pubblici e della Protezione Civile dai quali dipende,  che ogni comune si doti di strumenti  conoscitivi destinati a  capire  l’efficienza  della rete di drenaggio delle acque per poter poi efficacemente realizzare  i necessari strumenti di difesa dell’ambiente e di allertamento della popolazione residente.

Senza queste misure inevitabilmente ogni nuovo nubifragio sarà causa di nuovi disastri e di perdita di vite umane.

 In questo senso i Prefetti devono disporre azioni di sollecito e di controllo nei confronti  delle amministrazioni comunali e di tutti gli altri enti preposti alla soluzione del problema.

Se è vero che non possiamo modificare il corso degli eventi naturali e pur vero che con intelligenti opere di difesa e di corretto uso del territorio possiamo quanto meno attenuarne l’impatto.

Speriamo che questa brutta esperienza segni l’inizio di una più attenta politica dell’ambiente.  

 

 

 

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Allarme dispersione scolastica

 

Alla c.a. dell’Assessore alla Pubblica Istruzione

e  per conoscenza al Sindaco e al Presidente del Consiglio Comunale  
di Massimiliano Cabras

 

 

 

 

  Da alcuni anni Copoterra si occupa, attraverso la Scuola Media di via Amendola, in attività di educazione , istruzione e formazione degli adulti.

Questo in ottemperanza dell’O.M. n. 455 del 29.7.97 che prevede in particolare l’istruzione e la formazione  degli adulti ( da 15 anni in su)  per metterli in grado di sviluppare le proprie capacità, di governare il proprio apprendimento, di partecipare a processi di riconversione e di usufruire di offerte di istruzione che consentano di migliorare la propria qualità della vita in età adulta.

L’onere ricade su alcuni professori di Capoterra che fanno parte del Centro di Cagliari Ovest  con sede nella Scuola Media Manno.

Fanno parte di questo centro oltre Capoterra molti altri importanti comuni tra cui, per citarne qualcuno, quelli  di Pula, Sarroch, Uta, Assemini.

 

 

C’è da notare però che le iscrizioni, nel nostro Comune, riferite agli anni  scolastici scorsi sono state le seguenti:

 

1998/99      tre classi      circa 60 alunni

1999/00      due classi            40   

 

Per il prossimo anno scolastico si prevede una sola classe con una frequenza di 20 alunni .

 

Il problema è proprio questo : la forte diminuzione dei partecipanti.

 

Fenomeno che decisamente impoverisce la nostra comunità di un servizio sociale importante con forti ripercussioni sulla formazione professionale, che molte volte è propedeutica ad altri apprendimenti,  e che rende possibile che questa nostra comunità venga esclusa per numero insufficiente di iscrizioni.

 

Quanto ciò premesso si rende necessaria una decisa e capillare azione informativa nei confronti dei possibili interessati e in questo vediamo l’interesse diretto del nostro Comune, che dovrebbe farsi parte diligente di diffusione del contenuto della  O.M nella popolazione residente.

Un invito quindi all’Assessore competente per una decisa azione in tal senso.

 

Con l’occasione , tenuto conto dell’art. 10 della  predetta  O.M., sarebbe opportuno verificare l’opportunità di inserire rappresentanti dei  Comuni nel Comitato provinciale per l’istruzione e la formazione in età adulta; Comitato che è presieduto dal Provveditore ed è  composto da rappresentanti dei vari settori di istruzione, tra cui quelli  degli Enti locali e dei soggetti pubblici e privati che svolgono un ruolo attivo per garantire l’incontro fra domanda e offerta di formazione.

 

Siamo del parere infatti che i Comuni più di altri , in accordo con gli organismi della Scuola, siano in grado analizzare periodicamente i bisogni e le domande potenziali di istruzione e formazione dei propri cittadini e possano così  concorrere con cognizione di causa  a coordinare iniziative, interventi e servizi a livello territoriale.

 

Anche in tal senso crediamo che sia particolarmente importante un deciso intervento dell’ amministrazione comunale.

Ci sarebbe gradito avere dall’Assessore una risposta in proposito.  

 

 

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Emendamento sulla cultura sarda

di Massimiliano Cabras

 

Questo   articolo venne  inserito nel  precedente Statuto dopo ampia discussione  anche esterna al Consiglio e sulla scorta di una apposita Legge Regionale che regola la materia.

Si ritiene che sia buona cosa dedicare una giornata ( 28 aprile)  alle manifestazioni ed alle iniziative culturali attraverso uno specifico programma predisposto dall’Assessore competente.

 

"E’ nostro compito e dovere  concorrere a sviluppare la coscienza storica e i valori dell’autonomia soprattutto alle nuove generazioni".

 

  Si propone l’inserimento totale dell’articolo 4 bis del precedente Statuto.  

 

 

 

 

 

 

 

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Emendamento sulla presenza femminile in giunta  
di Massimiliano Cabras

 

 

 

Le garanzie della presenza femminile in Giunta sono obbligatorie perché previste dell’art. 27 della  Legge 81/93.

Questo articolo è ancora in vigore e non è stato cassato dalla corte Costituzionale .

In proposito esistono varie circolari del Ministero degli Interni. Alla luce di quanto sopra di propone di aggiungere allo statuto Comunale il seguente articolo:

 

“ Ai sensi dell’art. 27 della Legge 81/93 sarà  garantita in Giunta la presenza femminile”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Emendamento sulla istituzione della Commissione Pari Opportunità

di Massimiliano Cabras

 

  La Commissione delle Pari Opportunità è oggi più che mai confermata dagli indirizzi europei.

Il trattato di Amsterdam ha sancito il principio delle pari opportunità e ha reso obbligatorio per tutti gli Stati Membri il vincolo che in ogni atto di programmazione sia prevista la valutazione di impatto del “genere”. La Commissione delle Pari Opportunità è presente d’obbligo nel Comitato di Sorveglianza del Quadro Comunitario di sostegno  e deve essere convocata al tavolo di concertazione per la Programmazione dei Fondo Strutturali.

Il Regolamento dei Fondi strutturali prevede che il principio di pari opportunità , assieme alla valutazione di impatto ambientale siano i due principi trasversali e vincolanti su cui fondare tutta la programmazione .

La Commissione ha quindi un ruolo importante , ma anzi è indice di modernità e di lungimiranza per le Amministrazioni.

 

  Si propone questa aggiunta, al regolamento del -Consiglio Comunale, all’art. 1 comma 4:

 

“Istituisce, altresì, la Commissione permanente delle Pari Opportunità  al fine di contribuire a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale. Apposito regolamento regolerà la materia” .  

 

 

 

 

 

 

 

 

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FARMACIE
di Massimiliano Cabras

 

Una recente raccolta di firme ha rimesso in piedi una questione da anni lasciata nel dimenticatoio : l’adeguamento del numero delle farmacie alla popolazione residente in Capoterra.

  Attualmente per una popolazione di ventimila abitanti le farmacie attive sono appena tre: due nel centro storico a fronte di 12 mila residenti e una a Frutti d’Oro per servire tutta la zona “a mare”, che con i  suoi 5 mila abitanti,che  va da Maddalena Spiaggia a Torre degli Ulivi .

Le residenze “a monte”, con Poggio dei Pini, Residenza del Poggio, Rio S. Girolamo e case sparse, per un totale di circa 3 mila insediati distribuiti su un vasto territorio , non ne dispongono  neanche una.

Eppure esiste una legge , la 475/68, che fissa una farmacia ogni 4.000 abitanti o frazione del 50% del parametro.

Secondo queste indicazioni Capoterra oggi dovrebbe disporre di 5 farmacie.

Di conseguenza non  solo potrebbe far fronte alle giuste esigenze di queste ultime lottizzazioni, ma anche dotare di un’ulteriore farmacia il centro storico, cosa peraltro richiesta con una delibera di Giunta del 1996 lasciata senza seguito dall’attuale maggioranza.

Sull’argomento negli atti del comune si trovano, infatti, una lettera del 1994 della Regione sarda con un perentorio invito al Comune a revisionare la  pianta organica delle farmacie di Capoterra , un “ultimativo” sollecito del  ‘95 e un a risposta del Comune , con Delibera della Giunta comunale  del 1996, con la quale si individua l’ubicazione di una nuova farmacia nel centro storico.

Come si vede un iter burocratico tranquillo, proprio di chi non  ha interesse (?) a vederne la realizzazione e vuole solo salvare la faccia.

 Hanno dormito tutti : Comune,  ordine dei farmacisti, Unità  sanitaria e Regione sarda.

Oggi, che per iniziativa di un numeroso gruppo di cittadini viene riproposto il problema, anche le forze politiche locali cavalcano l’iniziativa e fioccano le interrogazioni da parte dei consiglieri comunali dimaggioranza e minoranza : Polo e Ulivo  uniti nella stessa battaglia.

Bene!

Questa volta però bisogna  saper  battere il ferro  sino alla soluzione del problema  e prima che possibili interessi di bottega mettano nuovamente tutto nel dimenticatoio.

Gli interessi privati devono lasciare libero il passaggio a quelli di interesse pubblico e chi è chiamato a gestire il bene comune deve sapersi fare carico di queste giuste aspettative per portarle a soluzione.

La salute è un bene primario che va adeguatamente tutelato e nessuno, specie se pubblico rappresentante , ha il diritto di non difenderlo con la necessaria tenacia e determinazione.

Massimiliano Cabras  

 

 

 

 

 

 

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Il caso della SULCITANA
UNA STORIA SENZA FINE  
di Massimiliano Cabras

 

 

Il giorno  10 gennaio 2001 appuntamento all’Assessorato ai  Lavori Pubblici della Ragione Autonoma della Sardegna per l’esame del tracciato della nuova  S.S. “195” Sulcitana.

      Un avvenimento importante dopo false partenze ed estenuanti attese.

Alla presenza dell’Assessore Ladu, che faceva gli onori di casa, tutti gli Enti interessati intorno ad un tavolo : da una parte  i comuni di Capoterra, Pula, Sarroch e Villa S. Pietro, l’ ANAS, nella persona del Capo Compartimento per la Sardegna, ing. Corazza, e il CASIC rappresentato dal suo Presidente, l’avv. Usai,  e dall’altra i numerosi progettisti  incaricati dalle Società romane vincitrici dell’appalto  per la progettazione della nuova strada e l’ingegnere incaricato  dalla Regione Sarda Prof. Francesco Annuziata.

     Ovviamente, data l’importanza dell’evento, non poteva mancare una adeguata rappresentanza della stampa sarda e delle televisioni  locali.

     Insomma c’erano tutte le componenti interessate al progetto in grande attesa.

 

      Il primo a prendere la parola era  l’Assessore regionale ai Lavori Pubblici per comunicare, tra varie considerazioni, che le risorse finanziarie necessarie per l’esecuzione dell’opera, oltre a quelle disponibili , sarebbero rientrate a suo tempo in una adeguata intesa Regione – Stato.

     In poche parole i soldi, al momento opportuno, ci sarebbero stati.

     Tutto procedeva per il meglio.

      La sorpresa arrivava però con l’intervento del Prof. Annunziata, che precisava agli increduli astanti, anche a nome del gruppo dei progettisti, che l’incontro serviva solo per ragionare sulle esigenze del territorio e che al riguardo venivano fatte proposte alternative  per un possibile tracciato della nuova strada.

     Tracciato, per sdrammatizzare la premessa, che in ogni modo sarebbe stato di  18.60 m. totali  di larghezza, diviso in quattro corsie e con una ipotesi di velocità media di percorrenza  complessiva  di circa 80/100 chilometri orari.

     

     Un tracciato quindi che avrebbe consentito la riduzione degli attuali  tempi di spostamento  in  condizioni di massima sicurezza degli utenti e, fatto non secondario, migliori possibilità di accesso all’area servita.

     Questa considerazione, se in un senso rappresentava positivamente le  caratteristiche migliorative del percorso, per un altro, anche se più recondito, metteva  in allarme gli amministratori locali in quanto la sbandierata possibilità di usufruire di minori tempi di viaggio, su uno sviluppo stradale più agibile, poteva essere conseguito anche con un tracciato più lungo, con tutte le conseguenze negative che una tale soluzione poteva significare.

    

 

      Fatte queste precisazioni , il Prof. Annunziata presentava finalmente quanto elaborato con gli altri componenti del gruppo . Non un progetto di massima, come tutti si aspettavano, ma  tre ipotesi di discussione  definite come possibili  “corridoi alternativi”.

 

La prima ipotesi , tracciata in nero sulla carta geografica, prevedeva la  trasformazione del percorso attuale , definito comunque  di non facile realizzazione per i  numerosi problemi esistenti  di carattere ambientalistico; la seconda ipotesi, evidenziata in blu, prevedeva la  realizzazione di una nuova strada con attraversamento  diretto nel bel mezzo dello stagno di S. Gilla. Percorso valutato dagli stessi progettisti di difficile realizzazione per i numerosi vincoli ambientali da superare.

La terza ipotesi, tracciata in rosso, prevedeva, infine, l’ utilizzazione di un percorso più a monte degli altri proposti che in alcuni tratti poteva  ripercorrere la viabilità oggi esistente a servizio della zona industriale. Strada  decisamente più lunga, ma che sarebbe stata di più facile esecuzione e presentava  un impatto ambientale decisamente  inferiore rispetto alle altre ipotesi presentate .

 

Quest'ultima  proposta trovava la contestazione moderata nei termini, ma determinata nella sostanza, da parte degli  amministratori  locali  che vedevano in essa  un significativo allontanamento dei centri abitati ubicati lungo il percorso rispetto al centro capoluogo, e questo avrebbe comportato, tra l’altro, gravi danni alle comunità interessate e un maggiore esborso monetario per la famiglie residenti.

    Al riguardo i progettisti – unitamente a CASIC e ANAS – si affrettavano ad asserire che la Sulcitana non poteva essere considerata come un fatto a se stante – e quindi di esclusivo interesse dei residenti – ma piuttosto come un’importante componente di un sistema integrato di trasporti che avrebbe influito positivamente sullo sviluppo economico dell’intera zona.

 

    A quel punto  della riunione c’era in tutti  comunque una certezza : si era  ancora alla fase interlocutoria e  quindi lontani dall’affrontare più concretamente lo spinoso problema, come era stato promesso.

   

    I partecipanti erano stati chiamati solo per valutare le ipotesi presentate ed in particolare, scartata la seconda, quella che passava sullo stagno di S. Gilla, dovevano verificare le due rimanenti, tenendo conto delle possibilità obiettive di realizzazione.

    Riunione che si chiudeva subito dopo senza che venisse presa una decisione  e con l’ennesimo rinvio ad un altro incontro.

 

C’è da dire, comunque, che una  proposta interessate , anche se in via informale, nasceva da una discussione successiva alla fine dei lavori; proposta al pari delle altre da prendere in considerazione e portare al tavolo “ delle scelte”.

      In questa sede si proponeva di optare per il nuovo tracciato a monte, certamente più lungo ma con maggiori possibilità di essere portato a termine in tempi più brevi, con l’intesa però di dedicare  esclusivamente al traffico automobilistico leggero l’attuale percorso della “195”, quanto meno nel tratto  che va da Cagliari  a Capoterra.

          In questo caso si verrebbe a creare una strada di collegamento automobilistico dedicata ai  vari centri abitati, mentre tutto il traffico pesante e molto di quello non locale andrebbe incanalato nella nuova strada.

          Si  creerebbero così due percorsi alternativi , con evidenti vantaggi per lo svolgimento del traffico.

          E’ una soluzione proponibile? Potrà essere presa in considerazione?  

         Lo diranno gli sviluppi di questo nuovo incontro  programmato per la fine del mese di gennaio, con la speranza che questo sia finalmente quello buono.

        Almeno questo è il desiderio dei sempre più numerosi utilizzatori della Sulcitana,

 stanchi di questa storia senza fine.  

 

 

 

 

 

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Il PEEP

di Massimiliano Cabras

  

 

Il PEEP è stato istituito con la legge 167/62. Ha la finalità principale di acquisire aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare.

 

  E’ un piano ( redatto dal Comune)  delle zone destinate alla costruzione di alloggi a carattere economico e popolare, nonché alle opere e servizi complementari e urbani.

 

           Tale piano ha valore di Piano Particolareggiato esecutivo.

 

           La norma consente al Comune di acquisire mediante esproprio aree da destinare all’edilizia residenziale  rivolta alla domanda socialmente ed economicamente più debole e viene individuato da uno specifico strumento di progettazione urbanistica.

 

          Con la Legge 865/71 viene stabilito un meccanismo di determinazione per l’indennità di esproprio ( indicativamente commisurata al valore agricolo del suolo corretto da alcuni coefficienti per le zone edificate e le zone centrali.

 

            Dimensionamento del PEEP :  il fabbisogno abitativo viene fissato nel 70% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa.

IL comune di Capoterra adotta il PEEP con delibera n. 52 del 3.12.1985.

La Regione lo approva con decreto 645/u del 2.7.1986.

L’area scelta è decisamente periferica rispetto al centro urbano e presenta la dimensione incredibilmente grande di  75.000 mq.

Il Comune decreta l’espropriazione d’urgenza nel 1989  e ne dispone l’espropriazione definitiva  nel 1996.

Nel 1987 i proprietari inoltrano ricorso al TAR :

Alcuni motivi dell’impugnativa :

 

-  il Comune ha quantificato l’incremento demografico e l’incremento abitativo  con argomenti illogici e contraddittori;

-  non ha sufficientemente motivato la necessità di dotarsi di un piano di zona;

-  scelta di standard superiori a quelli stabiliti.

-  La scelta del  Piano ha interessato i soli terreni dei ricorrenti ed inoltre ubicato in periferia dell’abitato impedendo l’integrazione degli insediandi.

 

I proprietari hanno ricorso anche contro il decreto di occupazione ( 1989) e contro il decreto di espropriazione definitiva(1996).

IL TAR dichiara illegittima la quantificazione del fabbisogno abitativo in quanto la relazione illustrativa del Piano perviene alla conclusione che nel decennio 73/83 ci si stato un incremento medio di 4.2 annuo, ma questo non corrisponde a verità.

 

Non si capisce come il progettista abbia rilevato i dati.

 

Molto probabilmente i dati utilizzati al momento della predisposizione del Piano  si riferivano all’intero territorio di Capoterra ( diversi da quelli abitatitivi del Piano).

 

Persa la causa il Comune si rivolge al Consiglio di Stato. Non si conosce ancora l’esito del ricorso.

Il 6 luglio 99 la GC ritiene opportuno autorizzare il Sindaco di trattare l’accordo con i Boero, proprietari dei fondi.

In data 1.9.99  l’Avv. Costantino Murgia dà la disponibilità della controparte a risolvere transitivamente la controversia  e suggerisce £, 5.500.000.000( ritenendo tale importo conveniente per l’amministrazione).

La Giunta Comunale in data 27.7.99 dispone il recupero della somma a suo tempo versata come indennità di esproprio e occupazione alla Cassa Depositi e prestiti.

Sempre la Giunta il 29 luglio approva la proposta di transazione : prima rata il 30 settembre 1999 per lire 3.400.000.000 ed il restante entro il 30 giugno 2000.

La consulenza tecnica( ing. Salvatore Coiana) aveva accertato il valore dell’area in 2.477.842.000 con riferimento al 1989 mentre i Boero chiedevano la somma complessiva di lire 5.500.000.000.

Il 30 luglio viene ceduta una parte dell’area PEEP alla IACP per la costruzione di 30 alloggi.

La G.C. con delibera 351 del 7.9.99 Riconosce legittimo il debito fuori bilancio per la procedura espropriativa.

I Revisori considerano legittimo il provvedimento ( ved. Errore nel verbale)

Da qui la proposta di riconoscimento di legittimità al Consiglio Comunale.

 

 

Valutazioni

Dimensione e qualità del terreno

Terreno sovradimensionato : errore del progettista

Terreno incolto, periferico e in totale abbandono.

Definito dal Piano di fabbricazione  Zona agricola passato a zona C1 nel PGR annullato.

Oggi è ancora definito zona agricola.

 Senza l’intervento del PEEP ritengo che non sarebbe stato mai edificato.

 

Ceduta una parte all’ IACP ( 6900 mq), che vuole comunque la costruzione di un’altra strada e ulteriori opere di urbanizzazione. Almeno 100 milioni di spesa a carico del Comune.

Costi del terreno

Prezzo attuale del terreno agricolo 6/7.000 lire a mq ( eccezionalmente 10.000)

Prezzo terreni in C1 40/ 50.000 senza urbanizzazione.

Valutazione  per versamento Cassa DD.PP  £. 16.000

Valutazione  consulenza tecnica   £  33.000

Valutazione per la transazione  73,000 al mq.

Con quali criteri l’Avv. C. Murgia ritiene attendibile la richiesta della controparte.

Costi delle opere di urbanizzazione ( Rete idrica,, fogne, rete  illuminazione, trade, imp. di sollevamento, ecc).

Almeno due miliardi per opere non ancora collaudate e per le quali sono stati trovate molte difformità dal Perito collaudatore.

 

Il 27 luglio è stato approvato il quadro di assestamento finale della linea amministrativa  e si è disposta la consegna della deliberazione all’ing. Serra ( collaudatore) per i successivi adempimenti  in linea tecnica.

Ci sono aggiornamenti al riguardo?

 

Conclusioni

Si ritiene opportuno rivedere le condizioni di accordo che sono da considerare decisamente sproporzionate .

Cosa si intende fare l’amministrazione per chi è stato la causa dell’errore iniziale? Valutazione eccessiva dei terreni da espropriare.

Morale:

I Capoterresi si trovano ancora una volta a pagare per benefici non goduti.

Sino a quando durerà la loro pazienza?

Attenzione col ricorso continuo ai prestiti l’indebitamento del Comune strozze-

rà ogni sua attività futura. Praticamente si rischia la paralisi .

 

 

 

 

 

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 Interrogazione su una discarica pubblica

di Massimiliano Cabras

 Egr. Sig. Sindaco 

 

   Mi scuso se ancora una volta, a distanza di pochi giorni, mi rivolgo a Lei per avere chiarimenti  su un argomento di particolare importanza per la nostra comunità.

         Ho  appreso attraverso la stampa la sua offerta di disponibilità per l’ubicazione nel territorio di Capoterra della discarica rifiutata dai comuni di Uta e di Assemini.

       Le confesso che la cosa mi ha lasciato molto perplesso almeno per due motivi :

1° – perché pensare al nostro territorio occupato da una struttura così maleodorante mi fa rabbrividire;

2° – perché un argomento di così grande portata ambientale impone quanto meno un preliminare  approfondito esame da parte del Consiglio Comunale, che rimane il massimo organismo di rappresentanza democratica  della comunità.

 

  Personalmente, nonostante i motivi da Lei indicati nell’intervista, sono decisamente sfavorevole all’iniziativa.

 

        Nel giro di pochi anni quella che era un territorio di grandi potenzialità naturalistiche e paesaggistiche nel cuore del cagliaritano si sta trasformando in un ricettacolo di iniziative che ne compromettono irrimediabilmente tali potenzialità e la sua stessa vivibilità.

 

       E ciò a seguito di una politica ambientale e del territorio non molto lungimirante che ha consentito diversi insediamenti inquinanti e operazioni di totale sfruttamento del territorio.

.

Le faccio tre esempi particolarmente significativi:

 

- l’emungimento sconsiderato delle falde acquifere da parte dell’industria chimica e i lavori di “ sistemazione” idraulica del rio S. Lucia hanno determinato  l’impoverimento di tutto il bacino idrogeologico e, cosa ancora più grave, hanno determinato il fenomeno della salinità con conseguenze nefaste per la nostra agricoltura;

 

            -  l’ubicazione nel territorio dell’inceneritore del CASIC.

Un mostro di indubbio impatto ambientale, con pochi ritorni economici per la nostra comunità, che lascia sempre aperti seri dubbi circa gli effetti delle sue emissioni sull’ambiente.

 

             - la costruzione dell’elettrodotto  da 380 KV Sarroch – Rumianca  che ha impegnato un largo tratto del territorio con una numerosa fila di giganteschi tralicci  orribili da vedersi  sullo sfondo delle nostre belle montagne, con non improbabili rischi per la salute ( sul pericolo dei campi magnetici non ci sono certezze) e senza apportare alcun miglioramento economico.

 

Ora si pensa di autorizzare  una mega discarica pubblica capace di smaltire le immondizie dell’intero hinterland cagliaritano.

 

Questa iniziativa, per una comunità che ha gia dato molto senza avere ritorni economici e  che è in predicato di dare ancora con il passaggio della pipe – line  lungo il suo territorio, mi sembra proprio fuori luogo e di taglio decisamente impopolare, anche se, come Lei asserisce, potrebbe essere portatrice di qualche posto di lavoro.

 

Prima di impegnarsi in tale senso la prego pertanto, signor Sindaco, di convocare urgentemente il Consiglio Comunale per una discussione sulla fattibilità e sulla opportunità di questo impianto, per arrivare, se necessario,  alla indizione sull’argomento di un referendum consultivo tra i cittadini, come peraltro previsto dallo Statuto comunale.

.

    Gradirei al riguardo una sua cortese e urgente risposta.  

 

 

 

 

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L’industria del verde
Un affare di miliardi immobilizzato  
di Massimiliano Cabras

 

   Il Parco del Sulcis : 15  paesi potenzialmente  interessati, 12 miliardi e mezzo disponibili messi a disposizione dalla Comunità Europea, ogni tanto qualche convegno per dichiarare la propria sfiducia nello Stato  e nelle decisioni romane.

   Questa in estrema sintesi lo stato dei lavori che riguarda l’utilizzazione economica e naturalistica della vasta area di 69.000 ettari  ricompresa tra i comuni di Assemini, Capoterra, Domus de Maria, Masainas, Narcao, Nuxis, Pula, Santadi, Sarroch, Siliqua, Teulada, Uta, Villamassargia, Villaperuccio e Villa San Pietro.

     In questi anni a chiudere le porte al Parco e ai considerevoli contributi europei, statali e regionali sono state principalmente le amministrazioni locali, vittime soprattutto della paura dell’impopolarità che potrebbe derivare loro da scelte non sufficientemente condivise da tutti gli amministrati.

    Amministrazioni comunali che paradossalmente chiedono soldi per investimenti e fanno di tutto per non prenderli.

    Qualche mese fa, dopo un lungo silenzio alternato da polemiche tra associazioni ambientaliste e venatorie, in una ennesima riunione inconcludente, i predetti comuni, hanno deciso di occuparsi del progetto  “elaborando”  una forma di consorzio con l’eliminazione della parola Parco.

     Un inutile escamotage che sicuramente non raccoglierà  consensi a livello europeo e che quindi non sortirà gli effetti finanziari sperati.

      Nel frattempo …le cose stanno come prima, cioè all’anno zero.

Tutto questo mentre in  una gran parte della gente del posto si fa strada l’idea che l’autentico sviluppo della zona si possa realizzare attraverso un miglior uso del patrimonio ambientale.

     E’ ormai opinione di molti che con l’istituzione del parco si potrebbe instaurare, come molte esperienze concrete lo dimostrano, una vera  e propria industria del verde basata non sul consumo avventato delle risorse disponibili, ma sull’intelligente amministrazione del bene natura.

Si ritiene, infatti, che l’eco-sviluppo, anche se apparentemente meno rapido e vistoso rispetto ad altre attività economiche , può garantire, a differenza di queste, una migliore diffusione dei benefici, senza devastare l’ambiente e uccidere la natura.

        Lo sfruttamento delle risorse naturali oggi è un tema molto sentito, anche se talvolta con superficialità.

        Morta o non decollata la grande  industria si sta facendo finalmente strada il tema dell’industria verde , pur con forti e residue resistenze  da parte di certe frange del tessuto sociale.

        L’ottica di sfruttare la natura con intelligenza  comincia a far presa in sempre maggiori strati della popolazione, anche in quelle che  fino a poco tempo fa, se non contrarie, si dimostravano molto tiepide al riguardo.

Il caso Sardegna, ed è cronaca di tutti i giorni, occupa nel quadro Italia poi un posto unico ed emblematico : per le proteste e le contrarietà espresse da alcune categorie di popolazione, tra l’indifferenza di coloro  che dovrebbero goderne in prospettiva i maggiori benefici, si sta lasciando disgregare un patrimonio ambientale di inestimabile valore economico- naturalistico.

        La storia dei parchi in Sardegna ormai si sta trascinando da anni in un orgia di declamazioni retoriche sullo sfondo di contrasti resi “volutamente” insanabili.

        In questi ultimi tempi, superati i rituali storici del rifiuto, specialmente nelle località più vicine al capoluogo isolano, la cultura dell’ambiente e della natura sta penetrando nelle coscienze e fette importanti della popolazione incominciano a rendersi conto del fatto che questa risorsa  non solo è di primaria importanza, ma anche la più conveniente e redditizia per venire incontro alle esigenze socio - economiche della regione, stretta sempre più in una morsa di disoccupazione strutturale.

 

       Cosa si può fare per vincere definitivamente questo muro di resistenza?

.

       Per il Parco del Sulcis, ad esempio, si potrebbe cominciare, come opportunamente suggerisce il Direttore dell’oasi faunistica di Monte Arcosu, attrezzando a parco i 30.000 ettari attualmente gestiti dall’Azienda Foreste Demaniali.

       Di fatto sono aree sottoposte a vincoli e quindi già attualmente indisponibili dalle comunità locali.

        Si potrebbero così  iniziare a sviluppare iniziative che, nel rispetto della natura, non solo consentirebbero un avvio immediato all’economia delle comunità ricadenti in quest’area, ma una sana e razionale gestione di questa parte di territorio  potrebbe far ricredere anche i più accaniti oppositori alla nascita del Parco.

        Occorre prendere atto che è finita la mitologia della grande industria, produttrice di tragici fallimenti e che  la riscoperta dell’essenza della nostra terra, così ricca di bellezze naturali  e così diversa dal resto dell’Italia, potrebbe aprire interessanti sbocchi occupazionali  finora inesplorati.

        Il lavoro verde offre infinite ramificazioni e qualità di adattamento e ben si sposa con l’industria del turismo, che sino ad oggi ha basato soprattutto  sul mare la sua forza di attrazione.

        Mare limpido e montagna diversa e  incontaminata, un binomio che certamente può fare la differenza nel calamitare verso la nostra isola i flussi turistici, che  con sempre maggiore intensità solcano le strade del mondo.  

 

 

 

 

 

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Svelti ad applicare gli oneri ,

lenti a razionalizzare il servizio  
di Massimiliano Cabras

 

 

Con delibera del 5 febbraio 1999 n. 18  la Giunta Comunale di Capoterra ha proposto al Consiglio Comunale, in materia di smaltimento di rifiuti solidi urbani, una maggiorazione tariffaria  del 30% per le utenze civili e del 40 % per le utenze commerciali e industriali.

Per gli effetti di quanto sopra  la tariffa per locali adibiti ad usi domestici dovrebbe passare da lire 1.800 a mq a lire 2.340 a mq,  quella riferita a locali ad uso commerciale ed industriale da lire 2.500 a mq a lire 3.500 a mq e quella riferita a locali ad uso ufficio , sia pubblici che privati, da lire 2.700 a mq a lire 3.780 a mq.

L’intera operazione dovrebbe portare nelle casse del Comune circa 420 milioni all’anno in più.

Una cifra di tutto rispetto che farebbe attestare le entrate relative alla tassa per lo smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani a  circa 1 miliardo e 765 milioni corrispondente al 70% dell’attuale costo complessivo.

Operazione meritoria e ineccepibile sotto il profilo contabile, ma dalle conseguenze negative sul reddito degli utenti, già pesantemente toccati nel portafoglio da innumerevoli imposte e gabelle di ogni tipo.

 

Quali costi  concorrono a formare la spesa complessiva per gestire questo servizio?

Praticamente concorrono due voci : quella relativa costo per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani svolto dalla SASPI, pari a lire 1 miliardo e ottocento milioni più IVA, e quella corrisposta al TECNOCASIC per l’incenerimento e la discarica  dei rifiuti raccolti,  al “prezzo di favore” di lire 49.000 al quintale  in considerazione della presenza non gradita dell’inceneritore in territorio comunale.

 Il Comune di Sarroch per la presenza della discarica ubicata nel suo territorio gode di una maggiore agevolazione ( lire 20.000 al quintale).

 

Negli ultimi tre anni i costi risultano così ripartiti:

                            

                          1996                     1997                    1998

SASPI               2.024.205.624       1.990.000.000      2.179.946.734

TECNOCASIC      377.938.927         395.000.000          461.175.530

 

Quali economie possono essere effettuate?

Dalla relazione tecnica della SASPI, collegata al contratto d’appalto , si rileva, sulla base dell’esperienza acquisita in altre realtà isolane, che Capoterra potrebbe raccogliere  in modo differenziato circa 1.128,4 tonnellate di materiali con un risparmio , solo riferito  al mancato onere di smaltimento finale, di circa 104 milioni di lire.

 

Praticamente, fin dalla fase iniziale, una adeguata raccolta differenziata potrebbe portare ad un risparmio del 25% dei costi sostenuti per l’incenerimento dei rifiuti e non è poca cosa.

 

Se si tien conto poi che  il Decreto Ronchi ( D.L. 5.2.97 n.22) prevede l’obbligo per i Comuni di assicurare una raccolta differenziata  non inferiore al 15%  entro due anni dall’entrata in vigore del decreto, e cioè entro il corrente anno, al 25% entro il 2001 ed al 35% entro il 2003, l’incidenza del costo relativo al Tecnocasic dovrebbe subire nel tempo un ulteriore sensibile taglio a tutto vantaggio del regime tariffario

.

E’ evidente però che questo risultato potrà essere conseguito semprechè il Comune di Capoterra  e la SASPI intraprendano un’azione mirata e determinata  al raggiungimento di questo obiettivo, cosa che al momento risulta essere lontano dai loro interessi.

E’ sotto gli occhi di tutti il menefreghismo su questo argomento.

 

Di fatto benché esistano rigorose disposizioni di legge  e precise clausole contrattuali al riguardo nessuno fa niente per renderle realmente operative, con conseguenti positive ricadute sul costo del servizio.

Soprattutto manca l’informazione, il coinvolgimento dell’utenza e l’organizzazione del servizio.

Quattro cassonetti di diverso colore distribuiti male sul territorio non possono certamente portare a risultati soddisfacenti!

 

Lascia peraltro perplessi questa determinata  volontà dagli amministratori  di adeguarsi tempestivamente alle direttive di legge solo per quanto attiene la parte finanziaria senza parimenti recepire tutte le altre importanti  disposizioni contenute nel decreto Ronchi  tendenti alla conservazione e al recupero delle condizioni ambientali.

 

Normativa che tra l’altro preannuncia una tariffa di riferimento,  articolata per fasce d’utenza e per territorio, a cui dovranno uniformarsi le amministrazioni comunali  non appena ne verranno indicati i contenuti. E questo per omogeneizzare in qualche modo il sistema tariffario nell’intero territorio nazionale.

In questa prospettiva è esplicito  l’invito ai Comuni di applicare gli adeguamenti tariffari con le opportune gradualità e tenendo conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito.

 

Al contrario di questi intendimenti e per gli effetti di questo intervento proposto dalla Giunta comunale, i Capoterresi si troverebbero invece a dover corrispondere subito un maggiore contributo finanziario, particolarmente pesante per la tipologia delle abitazioni  che gravitano sul territorio , senza godere neanche di un miglioramento del servizio.

Peraltro il buon senso avrebbe voluto che  prima di proporre aumenti tariffari,  che andranno ad incidere sui redditi di chi sensibile al proprio dovere civico le tasse le paga già, sarebbe stato opportuno perseguire i maggiori introiti facendo pagare chi le tasse le evade e sicuramente  anche a Capoterra non sono pochi.

 

Per quanto sopra sarebbe opportuno quindi  soprassedere ancora per almeno un esercizio sull’aumento tariffario e rivedere l’intero processo produttivo del servizio  al fine di determinare i punti di criticità e  per apportare gli opportuni interventi migliorativi , che sicuramente consentiranno il pareggio finanziario senza dover far ricorso a maggiori contribuzioni da parte degli utenti .  

La raccolta dei rifiuti rappresenta una attività di pubblico interesse e come tale tutti devono concorrere a sostenerne i costi.

Il Comune però deve garantire un servizio efficiente, il concorso di tutti i beneficiari e, per quanto possibile , il contenimento dei costi per gravare il meno possibile sulle finanze dell’utente.  

 

 

 

 

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Santa Rosa  
un esempio di un quartiere nato male

 

 

L’area di Capoterra, come quella di molti altri comuni dell’Isola, è ad alto rischio idrogeologico.    Questo adesso lo sanno tutti !

Dopo quella notte in cui le furie della natura si abbatterono rovinosamente  sui centri del Cagliaritano e del Basso Sulcis – correva il 12 novembre del 1999 -  tutti si sono resi conto  di questa realtà.

Nel periodo successivo all’alluvione sono state prospettate  tante ricette – che più che sanare una situazione divenuta  disperata,  sottintendevano la volontà di incolpare gli altri di imprevidenza e di poca lungimiranza – e tante  sono state  le promesse di investire  sul territorio per rifondere e ripristinare i danni subiti, ma queste ricette e queste promesse sono rimaste fino ad oggi solo parole.

Tutto è rimasto come prima, anzi nel tempo si è ulteriormente aggravato.

I cittadini del quartiere di S. Rosa di Capoterra stanchi di questa inerzia si sono rivolti recentemente al Comune  con una petizione accompagnata da oltre 1100 firme denunciando questo stato di cose.

In particolare chiedendo una maggiore  disponibilità di opere di urbanizzazione primaria, nonché interventi  che consentissero la praticabilità di alcune aree che risentono immediatamente degli eventi piovosi anche di modesta entità.

Una petizione  corretta,  che pone giustamente le autorità competenti  di fronte ad una situazione diventata insostenibile.

La causa di queste disgrazie è da ricercare  nel fatto che una volta si concedevano le licenze con facilità e senza un corretto studio idrogeologico del territorio.

Una maggiore conoscenza del territorio non avrebbe consentito il nascere di situazioni analoghe a quelle di S. Rosa. 

Perché questi fatti non si ripetano si pongono pertanto per gli amministratori  tre urgenti direttrici di intervento:

1 – la sistemazione dell’esistente per un corretto vivere civile;

2 -  un'attenta politica di prevenzione ;

3 -  un'attenta azione programmatoria del territorio

 

Senza queste misure inevitabilmente, in una località come Capoterra, ogni nuova alluvione, che statisticamente è un evento a forte probabilità di accadimento, sarà causa di nuovi disastri e perfino, come è successo, di possibili perdite di vite umane.

            Non è pensabile che si continui con una forsennata attività edificatrice noncuranti delle caratteristiche idrogeologiche del territorio

Sarebbe grave speculare  nei confronti di tutti quegli ignari cittadini che contenti di avere una casa dovessero poi trovarsi in condizioni di non potersela godere, se non in condizioni di grave rischio.

L’esempio di S. Rosa deve rappresentare un monito per tutti.

            Se è vero che non si può  modificare il corso degli eventi naturali e pur vero che con intelligenti opere di difesa e di corretto uso dl territorio si può  quanto meno attenuarne l’impatto.  

 

 

 

 

 

 

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Un'antica attività di Capoterra
l'uccellagione

  di Massimiliano Cabras

  

L’attività legata alla cattura dei tordi  e dei merli con lacci e reti ha cessato di esistere “ legalmente”  a Capoterra alla fine degli anni settanta.

  Da allora questo tema si ripropone ciclicamente senza peraltro pervenire ad una soluzione ( forse perché non c’è una soluzione).

  In realtà in tutti questi è continuato a vivere un mercato sommerso anche se molto ridotto rispetto al passato.

  Multe gravose e severe mal si conciliano con la fatica e i magri guadagni di questa professione abusiva.

Da qui la pressante richiesta di ristabilire la situazione originaria.

Tutto questo va incasellato nello scenario economico attuale di Capoterra :

-                          apporto fallimentare della cosiddetta “ grande industria” 

                       ( in passato fonte di grandi speranze)

-                          crisi strutturale dell’agricoltura per mancanza di capitali di ammodernamento e scarsità e salinità dell’acqua ( non solo per siccità ma per uso improprio delle falde acquifere);

Attualmente sono senza lavoro circa il 30% delle forze attive di Capoterra.

Alla fine del 1996 si fece una raccolta di firme ( 3.000) per la riapertura dell’uccellagione ,ultima speranza di lavoro legata ad una tradizione ultrasecolare di questa comunità.

Si cercò di mettere in atto una conferenza di servizi per trovare alternative, ma senza successo.

Convengo con voi che tra tanta disperazione questa attività viene considerata ancora capace di soddisfare i  più elementari bisogni di sopravvivenza.

Su questo argomento ho fatto una stima, evidenziata in un mio articolo sull’argomento, che dall’uccellagione traevano sostentamento a circa 600 persone, considerando anche l’indotto.

Cioè l’uccellagione copriva il 10% del fabbisogno lavoro, considerando che Capoterra cantava poco più di 5000 abitanti.

In poche parole con questo divieto si è tolto uno sbocco economico senza offrire niente in sostituzione.

Ecco cosa è mancato in passato e cosa manca ancora oggi: una attività sostitutiva.

Cosa si può fare ?

Istituire nuovamente l’uccellagione?

Sembra facile, ma facile non è . A mio avviso ritengo che oggi questo sia impossibile, anche se personalmente non sono contrario alla sua riapertura.

Troppi lacci , e anche questi sono lacci, si frappongono al ripristino della situazione iniziale.

-                          Esiste una Convenzione di Parigi del 1950 dove viene precisato che devono essere protetti gli uccelli migratori durante il percorso di ritorno e verso il luogo di nidificazione ed in particolare invita le parti contraenti ( tra cui l’Italia) ad impegnarsi a vietare tutta una serie di procedure di caccia introducendole nella propria legislazione. Specificatamente si parla di proibire i lacci, le trappole, le reti , ecc.

-                          Esiste la Convenzione di Berna ( 19.9.79) relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa con la quale “ ogni parte contraente ( tra cui l’Italia) adotterà necessarie ed opportune leggi e regolamenti onde provvedere alla particolare salvaguardia della specifica fauna selvatica …e vieterà il ricorso a mezzi non selettivi di cattura e uccisione ( tra questi reti, trappole e lacci).

-                          Esiste una Direttiva CEE( 409/79)concernete la conservazione degli uccelli selvatici, con la quale viene proibita la caccia a  mezzo lacci, vischio, trappole e reti.

-                          Esiste una Legge Nazionale ( n. 157 dell’11.2.1992) Norme per la protezione della fauna selvatica….Che annulla e sostituisce tutta la legislazione esistente in materia che in particolare vieta in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione a mezzo reti, lacci trappole, ecc.

-                          Esiste, infine una Legge Regionale ( n. 32 del 28 aprile 1978) sulla protezione della fauna e dell’esercizio della caccia in Sardegna che vieta l’uso dei lacci di qualsiasi genere e ogni forma di uccellagione.

Con questi macigni una battaglia di ripristino dell’uccellagione ha obiettivamente poche possibilità di riuscita.

Se vogliamo possiamo anche farla questa rivendicazione e io sono con voi, ma francamente le possibilità di successo sono veramente nulle.

Bisogna trovare alternative.

Quali alternative?

Questo è il punto.

Polemicamente potrei dire che spetta  a questa maggioranza trovare soluzioni per dimostrare che quella precedente non aveva saputo fare il suo dovere.

Sarei contento nel vedermi umiliato dalla capacità creative di occupazione di questa maggioranza. Ma ahimè resterò deluso, figuriamoci voi!

Ma non è il momento di fare polemiche inutili, il problema dell’occupazione è un problema serio e seriamente va affrontato.

Una risposta positiva comunque può venire , per  restare in campo ambientale, dal diverso uso della montagna.

Questo, ad esempio, è un argomento da sviluppare e in tal senso invito il Presidente del Consiglio a convocare un apposito Consiglio Comunale  “ aperto”.

Non come una recente riunione che aveva i crismi della clandestinità, come se si dovesse nascondere qualcosa, e alla quale non sono stati invitati a partecipare i consiglieri comunali.

Ritengo che su questo fronte, per nel rispetto dei diritti acquisiti, degli usi e delle forme di proprietà esistenti ci siano delle possibilità di sviluppo economico e quindi di assorbimento di occupazione.

L’iniziativa è in mano nostra.  Occorre trovare la volontà comune di metterla in atto.

Dalla utilizzazione della montagna possono tornare quei posti di lavoro persi con l’uccellagione.

 

Apriamo con serietà e con spirito comunitario questo capitolo, forse potrebbe riservarci delle gradite sorprese.

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