MASSIMILIANO | CABRAS |
di Massimiliano Cabras
Alla
fine dello scorso mese di settembre si è tenuta una riunione presso
il nostro Comune alla quale hanno partecipato oltre la Regione anche l’Amministrazione
Provinciale di Cagliari , che peraltro ha chiesto il trasferimento
delle competenze in materia.
Alla predetta riunione non mi risulta che sia stato interessato
il Consiglio Comunale che in materia gli è stata attribuita una
particolare competenza dall’art.
32 della Legge 142/90.
Pertanto
con la presente i sottoscritti Consiglieri comunali, tenuto conto dei
macroscopici effetti che
questo provvedimento ha sul territorio, vorrebbero essere informati al
riguardo ed in particolare chiedono di sapere :
1
-
quali siano gli effetti di questa Legge sui progetti, ancora
non realizzati, ricadenti nelle zone delimitate e per i quali la
Commissione Edilizia ha già espresso parere favorevole;
2
- quali
comportamenti intende prendere questa amministrazione per i
progetti ancora in essere presso la Commissione Edilizia;
3
- come conseguenza
di
questa Legge quali riflessi si avranno sul Piano Urbanistico
Comunale che questa
amministrazione dice di aver ormai da tempo pronto
e che sta per
presentare in Consiglio Comunale;
4
- quali piani d’azione ha predisposto o intende predisporre
questa amministrazione per
evitare i disastri verificatesi nel recente passato e per superare gli
effetti di questa legge limitativa dell’autonomia comunale;
5
- a quali risultati è pervenuto il Gruppo di esperti nominato
ormai da diverso tempo da questa amministrazione per un studio
idrogeologico del territorio.
Restiamo
in attesa di avere una cortese riposta in merito.
Cordialmente.
Ringraziamo
il Direttore per aver finalmente aperto le pagine di questo giornale
alla “ voce” della
minoranza. Cosa dovuta , peraltro, tenuto conto che il Comune finanzia
questa pubblicazione con un contributo annuo.
Terremo una rubrica mensile e ogni volta sarà un’occasione
per rappresentare ai capoterresi la nostra opinione sulle cose fatte (
o non fatte) dall’ amministrazione
e per suggerire le
nostre proposte.
Uno spazio che utilizzeremo per un colloquio diretto con la
cittadinanza , con l’intento di dare ai lettori una informazione
più ampia per quanto
attiene la vita amministrativa della
nostra comunità.
In
questa prima uscita ci limiteremo ad esprimere considerazioni di
carattere generale.
Una
prima considerazione ci porta a definire, e non per amore di polemica,
l’azione svolta finora da questa rissosa maggioranza come lontana
dalle promesse elettorali a suo tempo sbandierate e priva di qualsiasi
logica programmatoria.
In
questi anni abbiamo assistito ad una serie di provvedimenti, slegati
fra loro, tendenti a
rispettare obbligazioni prese
durante la campagna elettorale o
a venire incontro a circoscritte aspettative più che
a sviluppare temi di ampio respiro e tendenti alla difesa del
territorio e allo sviluppo socio – economico dell’intera
comunità.
Sono
stati fatti discutibili e costosi
acquisti immobiliari, sono
stati finanziati spettacoli musicali con costi faraonici, ma non sono
stati realizzati, ad esempio, apprezzabili interventi per il
risanamento delle reti idrica e viaria
che ormai si trovano in
una condizione di sfascio generale.
Sono
state prese decisioni di natura urbanistica (edificazione
in zone agricole in contrasto con le direttive regionali,
insediamento di piccole e medie imprese in zone agricole, ecc) mentre
si continua, nonostante le promesse fatte anche di recente
dal sindaco in aula consiliare,
a procrastinare nel tempo la presentazione del Piano
urbanistico, strumento fondamentale per la pianificazione e la difesa
delle aree comunali.
Tutto
questo mentre, contrariamente a quanto assicurato in campagna
elettorale, il carico finanziario
per tasse ed imposte comunali delle famiglie residenti è
andato sensibilmente ad
aumentare per effetto dei provvedimenti presi con l’ultimo bilancio
di previsione.
Il
Comune di Capoterra, nonostante la argomentata
contrarietà dell’opposizione, è stato uno dei primi comuni
d’Italia ad istituire l’addizionale IRPEF che in tre anni
raschierà dalle già impoverite tasche dei suoi cittadini circa due
miliardi e seicento milioni.
In
due anni, tanto è al potere questa maggioranza, le cose
sono andate decisamente peggiorando rispetto al passato e lo
saranno sempre di più se non verrà posto un freno alle spese
superflue o rinviabili per far fronte a quelle impellenti e di primaria
necessità, che poi sono quelle più necessarie e imprescindibili
per rendere più vivibile la nostra comunità, in forte e
continua crescita di popolazione.
Di
questo e di altro parleremo nelle prossime edizioni.
CAPOTERRA
quale futuro?
di Massimiliano Cabras
Quella
notte del 12 novembre 1999 resterà per molto tempo impressa nella
mente di chi ha vissuto questa drammatica circostanza.
Passata
questa ondata di terrore e di sgomento una domanda è sulla bocca di
tutti : adesso cosa faremo?
Per contribuire a dare risposta a questa domanda si inserisce l’incontro
di oggi.
Illustri
politici e tecnici della materia ci hanno dato preziose indicazioni
sulle cause e sulle possibili linee di sviluppo della nostra comunità
così duramente colpita da questo catastrofico evento.
Per
le cose dette, che ho ascoltato con molto interesse, mi sento
fortemente arricchito sull’argomento e ancora più fortemente
motivato a portare avanti, con determinazione, un mio contributo per
mettere in atto una drastica politica di cambiamento per il nostro territorio.
Capisco
che è difficile dare tante risposte a tante esigenze improvvisamente
scaturite, ( anche se oggi ne sono state date molte ed importanti)
ma decisamente è
necessario passare dalla fase delle parole ai fatti concreti.
In
tutto questo periodo, successivo all’evento, ho
sentito portare avanti ( a parole )
tante ricette (
che però a mio
avviso, sottintendevano la volontà di addossare sugli altri i motivi
di imprevidenza e di poca lungimiranza
come causa del disastro) e tante
promesse di forti investimenti per rifondere e ripristinare i
danni subiti e per porre in essere una azione di difesa del
territorio.
Ma
sono rimaste, ancora una volta
solo parole.
Non
mi risulta che siano stati posti in essere interventi concreti .
Tutto
è rimasto allo stato originario, anzi nel tempo si è ulteriormente
aggravato.
Così facendo si correrà ancora una volta il rischio che come sempre si
faccia tanto fumo per poi lasciare le cose inalterate.
Alla luce di quanto successo questo modo di procedere deve finire.
E’
doveroso che ciascuno, per le proprie competenze, faccia il proprio
dovere
.
Soprattutto
è necessario che ciascuna parte in causa faccia un serio esame di
coscienza ed individui le proprie responsabilità per porvi urgente
rimedio.
La Regione ed i Comuni che non ha
applicato le leggi esistenti in materia di gestione delle risorse
idriche e di salvaguardia del bacino idrografico;
I cittadini che, per soddisfare il loro bisogno legittimo di
una casa, hanno costruito sopra o in vicinanza di corsi
asciutti, senza tener conto del loro possibile ristabilirsi.
E’ fuor di luogo ( ed oggi è stato ampiamente confermato) che se non si porrà fine alla dissennata politica del territorio, altri
disastri analoghi, se non peggiori, verranno sicuramente a sconvolgere
la vita di questa popolazione.
Sono
state ampiamente evidenziate e da tutti gli intervenuti
due direttrici di
intervento:
° una corretta
azione programmatoria
del territorio ( e qui è doveroso fornire finalmente Capoterra di un
idoneo PUC).
Sono d’accordo sul fatto che solo una idonea strategia per il recupero ambientale, attraverso serie indagini conoscitive delle situazione a
rischio, e una idonea
programmazione urbanistica possono rendere vivibile questa
comunità.;
° una attenta politica di prevenzione che comprenda anche un rigoroso piano di
emergenza.
Senza
queste misure inevitabilmente ogni nuovo nubifragio, che
statisticamente è un evento a forte probabilità di accadimento,
sarà causa di nuovi disastri e perfino, come è già successo, di
possibili perdite di vite umane.
A
mio avviso, inoltre, bisogna porre grande attenzione anche a questa crescita vertiginosa di popolazione che sta violando, in assenza di
idonee misure, gli equilibri naturali del territorio.
In
meno di 20 anni siamo da piccolo paese siamo diventati un grosso
centro abitativo ed il nostro incremento di urbanizzazione ha ripreso
forte vigore dopo una leggera flessione.
Bisogna
uscire da questa forsennata attività edificatrice incurante delle
caratteristiche idrogeologiche del territorio.
Ne
risente altresì la qualità della vita in termini di servizi.
Quindi
lotta a qualsiasi forma di abusivismo e di speculazione edilizia.
Riepilogando
quindi sono d’accordo che vengano definite le indagini
idrogeologiche e geotermiche del territorio per evitare i danni e gli
sprechi del denaro pubblico, così come sono d’accordo che deve
essere favorita la interdisciplinarietà degli interventi di modifica
dell’ambiente.
Sono
particolarmente favorevole altresì, e non da oggi, alla urgente
modifica del Regolamento Edilizio per consentire
l’inserimento di un geologo iscritto all’albo professionale
nella Commissione edilizia al fine di supportare le altre
professionalità presenti.
Ritengo
necessario individuare ed escludere all’uso abitativo le zone a
rischio idrogeologico, provvedendo anche a provvedimenti di recupero
delle zone compromesse.
Però
nell’immediato sono dell’avviso perché vengano effettuati:
·
la stretta
osservanza da parte di tutti delle normative vigenti
·
·
la
rivisitazione del Regolamento edilizio in materia urbanistica ed
ambientale.
Questi adempimenti devono essere un impegno per gli enti interessati.
Non sono più ammissibili
superficialità e latitanze.
Se
è vero che non possiamo modificare il corso degli eventi naturali e pur vero
che con intelligenti opere di difesa e di corretto uso del territorio possiamo
quanto meno attenuarne l’impatto.
Le
leggi esistenti ed il buon senso possono farci correttamente da guida.
Speriamo che questa brutta esperienza serva segni l’inizio di una più attenta politica dell’ambiente per la nostra comunità.
di Massimiliano Cabras
Le
compagnie barracellari, istituto anomalo esistente solo in Sardegna,
nate come strumento
indispensabile per la tutela del patrimonio agricolo e zootecnico ,
oggi sono chiamate a svolgere importanti compiti in collaborazione con
le autorità istituzionali, in particolare per quanto riguarda la
tutela e la salvaguardia dell’ambiente.
La
legge regionale ( 25/88) rivitalizza e modernizza così l’istituto
del barracellato che vanta tradizioni più che secolari.
(
Si ritiene che siano sorte nel corso del XVII secolo, durante la
dominazione aragonese).
Sono
nate infatti come una sorta di polizia locale scelte tra persone di
condotta ineccepibile e di sicura fiducia per impedire i furti di
bestiame e danni a
terreni agricoli e per assicurare una sorta di mutuo soccorso.
Oggi,
come già detto, la competenza si estende a compiti di collaborazione
con le autorità istituzionali su tutta una serie di materie che ,
grosso modo , possono essere ricondotte alla tutela e alla
salvaguardia dell’ambiente.
La
profonda conoscenza del territorio e la diffusa e costante presenza
dei barracelli possono rappresentare un poderoso strumento per la
tutela del territorio , alla luce dell’esperienza vissuta in quest’ultimo
periodo.
I
compiti- tutti molto importanti - sono previsti dall’articolo 2 del
Regolamento :
- salvaguardia delle proprietà affidate in
custodia
-
protezione
civile, prevenzione e repressione in materia di scarichi di rifiuti
civili e industriali ( far cancellare previa
autorizzazione del sindaco, non prevista dalla legge).
-
salvaguardia
del patrimonio boschivo, forestale, silvopastorale
-
salvaguardia
del patrimonio idrico, con particolare prevenzione dall’inquinamento
-
prevenzione e
repressione degli incendi.
Per
assicurare un adeguato espletamento del servizio occorre far
partecipare gli addetti a corsi di formazione di base, di
aggiornamento e di addestramento professionale
e in questo senso occorre tenersi in stretto contatto
con la Regione e le altre istituzioni competenti in materia di polizia
locale e difesa dell’ambiente.
Da
un rapido esame dell’attività svolta nell’esercizio passato ho
avuto l’impressione che ancora molto ci sia da fare per il
raggiungimento degli obiettivi loro affidati dalla legge.
Deve
essere più ampia la diversificazione dei
compiti e soprattutto la mobilità verso le nuove attribuzioni.
Non
è pensabile che un semplice ritocco delle entrate possa rendere
sufficientemente remunerativa l’intera attività.
Peraltro
devo fare alcune precisazioni circa il
ritocco delle tariffe.
Mi
sembrano troppo alte le tariffe relative all’assicurazione dei
caseggiati all’interno e fuori del centro abitato.
Una
politica di prezzi più contenuta potrebbe a mio avviso invogliare
maggiormente i possibili utenti e quindi tradursi in maggiori introiti
complessivi.
I lavori di custodia possono rappresentare, se opportunamente
gestiti, fonte di sicuro ed importante ritorno economico.
Peraltro
non condivido che a un sostanzioso ritocco della tariffe si sia
lasciato immutato il risarcimento verso i danneggiati da vendetta o
passaggio abusivo ( £. 2.000.000).
Non
esiste un corretto rapporto per gli assicurati tra costo e beneficio.
Infine
un richiamo all’art. 6 -
iter costitutivo della Compagnia Barracellare- per quanto attiene la
nomina del Capitano
indicata come competenza del sindaco, mentre a mio avviso resta di
competenza del Pretore.
Alla
luce del presente regolamento – che grosso modo ricalca quello
approvato nel 1989 – molti ed importanti
sono gli strumenti di controllo affidati al Sindaco e all’Amministrazione
comunale.
Gradirei
che a metà del prossimo esercizio il Sindaco o chi per lui
presentasse al Consiglio un rendiconto sull’attività svolta dalla
compagnia accompagnata da una relazione economico – finanziaria da
confrontare con quella relativa agli esercizi precedenti.
Sono
certo che questa attività se opportunamente organizzata e guidata
possa essere una occasione importante di lavoro per la nostra
comunità e possa
rappresentare un veicolo attraverso il quale offrire servizi e
assicurare benessere a gran parte della popolazione.
Revisione pianta organica delle farmacie
Appunto
per l’intervento in Consiglio Comunale di Massimiliano Cabras
Con
delibera n. 578 del 25 settembre 1998 la Giunta Comunale ha disposto l’annullamento
della delibera n. 11 del 18 .1.96 col la quale la precedente Giunta
aveva approvato la proposta dell’Assessorato alla Sanità per l’istituzione
della quarta farmacia.
Con
quest’atto praticamente si tende ad azzerare
un intero percorso che ha consentito, dopo 4 lunghi anni, l’inserimento
nella pianta organica delle farmacie della provincia di Cagliari
della quarta farmacia di Capoterra.
Il
motivo ?
E esiste un vizio sulla competenza dell’organo deliberante.
Effettivamente
l’art. 3 della LR n. 12 del 27 aprile 1984 è chiaro : la competenza non è
della Giunta ma del Consiglio comunale.
Mi
meraviglia che il Segretario Comunale che ha legittimato l’atto, e
lo stesso COCiCo che lo ha convalidato , non si siano per tempo
accorti dell'errore.
Per
normalizzare le cose avrei ritenuto sufficiente far riapprovare da
questo Consiglio la vecchia proposta e, poiché i numeri lo
consentono, proporre al
predetto Assessorato l'apertura di una quinta farmacia , per
soddisfare le giuste richieste di quella grossa fetta di popolazione
residente ,che attraverso una raccolta di firme , ha recentemente
sollevato il problema.
Ma
non è così !
Si
propone un nuovo assetto , ripartendo l’intero territorio
su quattro farmacie.
In
altre parole si chiede di rifare tutto il percorso burocratico alla
quarta farmacia.
Consentitemi
la proposta mi pare veramente fuori luogo.
Come
conseguenza non solo non
potremmo chiedere la quinta ( ormai spettante per numero di abitanti)
, ma dovremmo fare a meno, chissà per quanti anni,
anche della quarta , rimessa nel tortuoso giro delle
autorizzazioni.
Lasciatemelo dire , sembrerebbe quasi un artifizio
legale per mantenere lo
status quo ancora per qualche tempo , con buon profitto delle farmacie
esistenti.
Anche
il ricorso pendente al TAR mi fa pensare ad una analoga strategia.
Di
fatto ci troveremmo ad avere chissà per quanto tempo una farmacia
ogni 7.000 abitanti circa.
Questo
mentre in Sardegna , così come in altre zone dell’Italia
meridionale, si vanno organizzando movimenti di pressione per rendere
libero l’esercizio della professione di farmacista .
Ma
al di là di queste considerazioni ,
la nostra situazione è veramente anomala rispetto alle medie
nazionali e regionali .
Pensate,
in Sardegna , a fronte di 1.658.000 abitanti ci sono 523 farmacie : cioè una ogni 3.513 abitanti .
Media
peraltro che non si discosta da quella nazionale :
una ogni 3.513 abitanti.
Anche
se non sempre le medie fotografano la realtà ,
certamente questi numeri devono far riflettere su
quanto sia penalizzata Capoterra rispetto al resto del
territorio, considerando anche la distribuzione dei potenziali utenti
sul vasto territorio inurbato.
Capoterra
, applicando il parametro previsto dalla legge, già oggi dovrebbe
già avere cinque farmacie. ( Una ogni 4,000 abitanti )
Allora,
mi domando e vi domando, invece
di rimettere in piedi un percorso tortuoso per riapprovare la quarta ,
che è già stata assegnata e quindi già immediatamente realizzabile
, perché non lasciamo le cose come stanno ratificando il contenuto
della delibera annullata e
non pensiamo di chiedere all’Assessorato competente urgentemente la
quinta farmacia ?
Questo
concetto, questa proposta, come consiglieri di minoranza lo abbiamo
già espresso in una interrogazione al Sindaco presentata il 17
settembre scorso e per la quale, peraltro, non abbiamo avuto alcuna
risposta.
A
nostro avviso , questa è una proposta realistica e
percorribile , che senza rischi di ulteriori ritardi , potrebbe
consentirci di rispondere positivamente alle giuste istanze di tutti
quei cittadini , che attraverso una raccolta di firme , hanno voluto
manifestare il loro disagio.
In
questo senso presentiamo un ordine del giorno , su cui richiamiamo l’attenzione
dell’intero Consiglio Comunale.
di Massimiliano Cabras
E
p.c. al Presidente del Consiglio comunale
Da qualche tempo il servizio al
pubblico dell’Ufficio Protocollo
è stato fissato con inizio alle ore 11, creando seri problemi
a quelle persone che si recano al Comune per adempire alla consegna di
documentazione, talvolta voluminosa, da inoltrare ai politici o ai
diversi settori dell’organo burocratico.
Poiché
questa recente scelta fatta dall’Amministrazione ci sembrava in
aperto contrasto con la necessità di offrire un buon servizio all’utenza,
ci siamo rivolti per confronto con alcune altre comunità del
circondario di Capoterra dove abbiamo appreso che di fatto detto
ufficio è sempre aperto al pubblico ( ad esempio vedi Pula e Sarroch.)
Pertanto
riteniamo necessario che anche
Capoterra debba allinearsi in tal senso tenendo presente delle
necessità delle persone che per motivi vari devono servirsi di detto
ufficio.
Siamo
peraltro del parere che le amministrazioni locali, previ accordi,
dovrebbero garantire un servizio standardizzato ai cittadini, ed in
particolare per quanto
attiene l’Anagrafe e il Protocollo.
Nel
caso in esame, sentiti gli Uffici,
ci è stato detto che lo spostamento d’’orario ( nel caso
specifico dalle 10 alle 11) è stato dovuto alla necessità di far
partecipare ad un corso l’unico dipendente che presidia lo
sportello.
Pur comprendendo le necessità di aggiornamento del
personale, per il quale siamo decisamente favorevoli, siamo del parere
che nella circostanza doveva essere trovato un idoneo sostituto.
Per
quanto sopra La preghiamo Signor Sindaco non solo di ripristinare da
subito l’orario originario , ma nel caso specifico di esaminare la
possibilità di tenere detto Ufficio , come avviene in molti altri
comuni, sempre disponibile all’utenza.
In
attesa di una Sua cortese risposta in proposito La salutiamo
cordialmente.
Firmato
Massimiliano Cabras
Traccia per un intervento di Massimiliano Cabras
“ Mi sono rimasti solo gli occhi per piangere”, ha esordito un uomo anziano presentandosi all’unità di pronto intervento allestita in comune, “ un mare d’acqua e di fango mi ha portato via tutto quello che possedevo. Ora dispongo solo della roba che ho indosso : un maglione fradicio e i pantaloni incrostati di fango”.
Negli occhi c’erano i segni di una nottata insonne passata a difendersi dalla natura ostile e a vincere la paura di venire travolto dall’acqua e dal fango misto a detriti di ogni genere che scendeva dalla montagna.
Questo è un esempio emblematico delle numerose persone spaurite che si sono recate ai centri di soccorso, allestiti in ogni comune per fronte all’emergenza, spinte dalla disperazione e dalla speranza di trovare risposte alla improvvisa destabilizzazione del loro abituale sistema di vita.
Capoterra, Assemini, Uta, il Campidano ed il Sarrabus colpiti da un incredibile nubifragio, già dalla mattina successiva alla prima sfuriata di maltempo, offrivano un quadro di desolante precarietà agli occhi sbigottiti della gente : fango ovunque, campagne e case allagate , strade interrotte, ponti distrutti, trincee aperte nelle strade e nei marciapiedi.
Tutto questo a partire dalla notte di venerdì 12 novembre ,
una data che per molti anni resterà impressa in modo indelebile nella
mente di chi ha vissuto questa drammatica circostanza.
Purtroppo tra tanti danni materiali ci sono stati anche i morti
: una giovane donna a Capoterra – Filicina Piano - travolta dall’onda di piena di un torrente mentre cercava
di mettersi in salvo uscendo dalla propria casa con il marito e i
figli e Giovanni Ragatzu
– un sindacalista di Selargius – sommerso dall’acqua mentre
rientrava con l’auto dalla zona industriale di Macchiareddu.
Un bilancio complessivo da
bollettino di guerra.
Passata
questa ondata di terrore e di sgomento, una domanda è sulla bocca di
tutti: adesso cosa faremo?
E’
difficile dare delle risposte a tante esigenze improvvisamente
scaturite.
Per intanto i comuni interessati
hanno chiesto ed ottenuto dal Governo il riconoscimento di zone
colpite da calamità naturale e
hanno disposto tutti gli interventi necessari per l’esecuzione delle
opere di più urgente necessità.
E
poi…si spera che le risorse che verranno messe a disposizione
dei Comuni da tutti gli enti interessati – Stato, Regione –
vengano rigorosamente utilizzate per far fronte alle numerose
emergenze e per ridare tranquillità e fiducia a chi dalla furia della
natura è stato fortemente penalizzato.
E
poi … inevitabilmente verrà
il momento dei processi e delle polemiche.
Ognuno
avrà la sua ricetta e cercherà di addossare sugli altri i motivi di
imprevidenza e di poca lungimiranza
che sono stati concausa del disastro.
E
così si correrà il rischio che, come sempre, si faccia tanto fumo
per poi lasciare le cose inalterate.
Alla
luce di quanto successo questo modo di procedere deve finire : è
doveroso che ciascuno faccia il proprio esame di coscienza e individui
le proprie responsabilità.
Tutti
devono farlo dalla
Regione che non applicato le leggi esistenti in materia di gestione
delle risorse idriche e
di salvaguardia del bacino idrografico ai cittadini che, per
soddisfare il bisogno di una casa, hanno costruito sopra o nelle vicinanze di corsi d’acqua
asciutti, senza tener
conto del loro improvviso ristabilirsi.
E’
fuor di luogo che se non si porrà fine alla politica
dissennata del territorio che ha contraddistinto in particolare
questi ultimi decenni, altri disastri analoghi se non peggiori
verranno sicuramente a sconvolgere la vita di intere popolazioni.
Ha
ragione il prof. Lazzari , che sovrintende presso l’Università di
Cagliari il Gruppo di esperti per la difesa delle catastrofi
idrogeologiche, quando sostiene che il disastro è stato
particolarmente causato dalla mancanza di prevenzione .
Occorre
infatti, come precisato già da tempo dal predetto Gruppo ai Ministeri
dei Lavori Pubblici e della Protezione Civile dai quali dipende,
che ogni comune si doti di strumenti
conoscitivi destinati a capire
l’efficienza della
rete di drenaggio delle acque per poter poi efficacemente realizzare
i necessari strumenti di difesa dell’ambiente e di
allertamento della popolazione residente.
Senza
queste misure inevitabilmente ogni nuovo nubifragio sarà causa di
nuovi disastri e di perdita di vite umane.
In questo senso i Prefetti devono disporre azioni di sollecito
e di controllo nei confronti delle
amministrazioni comunali e di tutti gli altri enti preposti alla
soluzione del problema.
Se
è vero che non possiamo modificare il corso degli eventi naturali e
pur vero che con intelligenti opere di difesa e di corretto uso del
territorio possiamo quanto meno attenuarne l’impatto.
Speriamo
che questa brutta esperienza segni l’inizio di una più attenta
politica dell’ambiente.
Allarme dispersione scolastica
e
per conoscenza al Sindaco e al Presidente del Consiglio
Comunale
Da alcuni anni Copoterra si occupa, attraverso la Scuola Media
di via Amendola, in attività di educazione , istruzione e formazione
degli adulti.
Questo
in ottemperanza dell’O.M. n. 455 del 29.7.97 che prevede in
particolare l’istruzione e la formazione
degli adulti ( da 15 anni in su)
per metterli in grado di sviluppare le proprie capacità, di
governare il proprio apprendimento, di partecipare a processi di
riconversione e di usufruire di offerte di istruzione che consentano
di migliorare la propria qualità della vita in età adulta.
L’onere
ricade su alcuni professori di Capoterra che fanno parte del Centro di
Cagliari Ovest con sede
nella Scuola Media Manno.
Fanno
parte di questo centro oltre Capoterra molti altri importanti comuni
tra cui, per citarne qualcuno, quelli
di Pula, Sarroch, Uta, Assemini.
C’è
da notare però che le iscrizioni, nel nostro Comune, riferite agli
anni scolastici scorsi
sono state le seguenti:
1998/99
tre classi circa 60 alunni
1999/00
due classi “
40 “
Per
il prossimo anno scolastico si prevede una sola classe con una
frequenza di 20 alunni .
Il
problema è proprio questo : la forte diminuzione dei partecipanti.
Fenomeno
che decisamente impoverisce la nostra comunità di un servizio sociale
importante con forti ripercussioni sulla formazione professionale, che
molte volte è propedeutica ad altri apprendimenti,
e che rende possibile che questa nostra comunità venga esclusa
per numero insufficiente di iscrizioni.
Quanto
ciò premesso si rende necessaria una decisa e capillare azione
informativa nei confronti dei possibili interessati e in questo
vediamo l’interesse diretto del nostro Comune, che dovrebbe farsi
parte diligente di diffusione del contenuto della
O.M nella popolazione residente.
Un
invito quindi all’Assessore competente per una decisa azione in tal
senso.
Con
l’occasione , tenuto conto dell’art. 10 della
predetta O.M.,
sarebbe opportuno verificare l’opportunità di inserire
rappresentanti dei Comuni
nel Comitato provinciale per l’istruzione e la formazione in età
adulta; Comitato che è presieduto dal Provveditore ed è
composto da rappresentanti dei vari settori di istruzione, tra
cui quelli degli Enti
locali e dei soggetti pubblici e privati che svolgono un ruolo attivo
per garantire l’incontro fra domanda e offerta di formazione.
Siamo
del parere infatti che i Comuni più di altri , in accordo con gli
organismi della Scuola, siano in grado analizzare periodicamente i
bisogni e le domande potenziali di istruzione e formazione dei propri
cittadini e possano così concorrere
con cognizione di causa a
coordinare iniziative, interventi e servizi a livello territoriale.
Anche
in tal senso crediamo che sia particolarmente importante un deciso
intervento dell’ amministrazione comunale.
Ci
sarebbe gradito avere dall’Assessore una risposta in proposito.
di Massimiliano Cabras
Questo
articolo venne inserito nel precedente
Statuto dopo ampia discussione anche
esterna al Consiglio e sulla scorta di una apposita Legge Regionale
che regola la materia.
Si
ritiene che sia buona cosa dedicare una giornata ( 28 aprile)
alle manifestazioni ed alle iniziative culturali attraverso uno
specifico programma predisposto dall’Assessore competente.
"E’
nostro compito e dovere concorrere
a sviluppare la coscienza storica e i valori dell’autonomia
soprattutto alle nuove generazioni".
Si propone l’inserimento
totale dell’articolo 4 bis del precedente Statuto.
Emendamento
sulla presenza femminile in giunta
Le
garanzie della presenza femminile in Giunta sono obbligatorie perché
previste dell’art. 27 della Legge
81/93.
Questo
articolo è ancora in vigore e non è stato cassato dalla corte
Costituzionale .
In
proposito esistono varie circolari del Ministero degli Interni.
“ Ai sensi dell’art. 27 della Legge 81/93 sarà garantita in Giunta la presenza femminile”.
La Commissione delle Pari Opportunità è oggi più che mai
confermata dagli indirizzi europei.
Il
trattato di Amsterdam ha sancito il principio delle pari opportunità
e ha reso obbligatorio per tutti gli Stati Membri il vincolo che in
ogni atto di programmazione sia prevista la valutazione di impatto del
“genere”. La Commissione delle Pari Opportunità è presente d’obbligo
nel Comitato di Sorveglianza del Quadro Comunitario di sostegno
e deve essere convocata al tavolo di concertazione per la
Programmazione dei Fondo Strutturali.
Il
Regolamento dei Fondi strutturali prevede che il principio di pari
opportunità , assieme alla valutazione di impatto ambientale siano i
due principi trasversali e vincolanti su cui fondare tutta la
programmazione .
La
Commissione ha quindi un ruolo importante , ma anzi è indice di
modernità e di lungimiranza per le Amministrazioni.
Si propone questa
aggiunta,
al regolamento del -Consiglio Comunale,
all’art. 1 comma 4:
“Istituisce, altresì, la Commissione permanente delle Pari
Opportunità al fine di
contribuire a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e
culturale. Apposito regolamento regolerà la materia” .
FARMACIE
di Massimiliano Cabras
Una recente raccolta di firme ha rimesso in piedi una questione
da anni lasciata nel dimenticatoio : l’adeguamento del numero delle
farmacie alla popolazione residente in Capoterra.
Attualmente per una popolazione di ventimila abitanti le
farmacie attive sono appena tre: due nel centro storico a fronte di 12
mila residenti e una a Frutti d’Oro per servire tutta la zona “a
mare”, che con i suoi 5
mila abitanti,che va da
Maddalena Spiaggia a Torre degli Ulivi .
Le
residenze “a monte”, con Poggio dei Pini, Residenza del Poggio,
Rio S. Girolamo e case sparse, per un totale di circa 3 mila insediati
distribuiti su un vasto territorio , non ne dispongono
neanche una.
Eppure
esiste una legge , la 475/68, che fissa una farmacia ogni 4.000
abitanti o frazione del 50% del parametro.
Secondo
queste indicazioni Capoterra oggi dovrebbe disporre di 5 farmacie.
Di
conseguenza non solo
potrebbe far fronte alle giuste esigenze di queste ultime
lottizzazioni, ma anche dotare di un’ulteriore farmacia il centro
storico, cosa peraltro richiesta con una delibera di Giunta del 1996
lasciata senza seguito dall’attuale maggioranza.
Sull’argomento
negli atti del comune si trovano, infatti, una lettera del 1994 della
Regione sarda con un perentorio invito al Comune a revisionare la
pianta organica delle farmacie di Capoterra , un “ultimativo”
sollecito del ‘95 e un
a risposta del Comune , con Delibera della Giunta comunale
del 1996, con la quale si individua l’ubicazione di una nuova
farmacia nel centro storico.
Come
si vede un iter burocratico tranquillo, proprio di chi non
ha interesse (?) a vederne la realizzazione e vuole solo
salvare la faccia.
Hanno dormito tutti : Comune,
ordine dei farmacisti, Unità
sanitaria e Regione sarda.
Oggi,
che per iniziativa di un numeroso gruppo di cittadini viene riproposto
il problema, anche le forze politiche locali cavalcano l’iniziativa
e fioccano le interrogazioni da parte dei consiglieri comunali
dimaggioranza e minoranza : Polo e Ulivo
uniti nella stessa battaglia.
Bene!
Questa
volta però bisogna saper battere il ferro sino
alla soluzione del problema e
prima che possibili interessi di bottega mettano nuovamente tutto nel
dimenticatoio.
Gli
interessi privati devono lasciare libero il passaggio a quelli di
interesse pubblico e chi è chiamato a gestire il bene comune deve
sapersi fare carico di queste giuste aspettative per portarle a
soluzione.
La
salute è un bene primario che va adeguatamente tutelato e nessuno,
specie se pubblico rappresentante , ha il diritto di non difenderlo
con la necessaria tenacia e determinazione.
Massimiliano Cabras
Il
caso della SULCITANA
UNA STORIA SENZA FINE
Il
giorno 10 gennaio 2001
appuntamento all’Assessorato ai
Lavori Pubblici della Ragione Autonoma della Sardegna per l’esame
del tracciato della nuova S.S.
“195” Sulcitana.
Un avvenimento importante dopo false
partenze ed estenuanti attese.
Alla
presenza dell’Assessore Ladu, che faceva gli onori di casa, tutti
gli Enti interessati intorno ad un tavolo : da una parte
i comuni di Capoterra, Pula, Sarroch e Villa S. Pietro, l’
ANAS, nella persona del Capo Compartimento per la Sardegna, ing.
Corazza, e il CASIC rappresentato dal suo Presidente, l’avv. Usai,
e dall’altra i numerosi progettisti
incaricati dalle Società romane vincitrici dell’appalto
per la progettazione della nuova strada e l’ingegnere
incaricato dalla Regione
Sarda Prof. Francesco Annuziata.
Ovviamente, data l’importanza dell’evento,
non poteva mancare una adeguata rappresentanza della stampa sarda e
delle televisioni locali.
Insomma c’erano tutte le componenti
interessate al progetto in grande attesa.
Il primo a prendere la parola era l’Assessore regionale ai Lavori Pubblici per comunicare,
tra varie considerazioni, che le risorse finanziarie necessarie per l’esecuzione
dell’opera, oltre a quelle disponibili , sarebbero rientrate a suo
tempo in una adeguata intesa Regione – Stato.
In poche parole i soldi, al momento
opportuno, ci sarebbero stati.
Tutto procedeva per il meglio.
La sorpresa arrivava però con l’intervento
del Prof. Annunziata, che precisava agli increduli astanti, anche a
nome del gruppo dei progettisti, che l’incontro serviva solo per
ragionare sulle esigenze del territorio e che al riguardo venivano
fatte proposte alternative per
un possibile tracciato della nuova strada.
Tracciato, per sdrammatizzare la premessa,
che in ogni modo sarebbe stato di
18.60 m. totali di
larghezza, diviso in quattro corsie e con una ipotesi di velocità
media di percorrenza complessiva
di circa 80/100 chilometri orari.
Un tracciato quindi che avrebbe consentito
la riduzione degli attuali tempi
di spostamento in
condizioni di massima sicurezza degli utenti e, fatto non
secondario, migliori possibilità di accesso all’area servita.
Questa considerazione, se in un senso
rappresentava positivamente le caratteristiche
migliorative del percorso, per un altro, anche se più recondito,
metteva in allarme gli
amministratori locali in quanto la sbandierata possibilità di
usufruire di minori tempi di viaggio, su uno sviluppo stradale più
agibile, poteva essere conseguito anche con un tracciato più lungo,
con tutte le conseguenze negative che una tale soluzione poteva
significare.
Fatte queste precisazioni , il Prof.
Annunziata presentava finalmente quanto elaborato con gli altri
componenti del gruppo . Non un progetto di massima, come tutti si
aspettavano, ma tre ipotesi di discussione
definite come possibili “corridoi
alternativi”.
La
prima ipotesi , tracciata in nero sulla carta geografica, prevedeva la
trasformazione del percorso attuale , definito comunque
di non facile realizzazione per i
numerosi problemi esistenti
di carattere ambientalistico; la seconda ipotesi, evidenziata
in blu, prevedeva la realizzazione
di una nuova strada con attraversamento
diretto nel bel mezzo dello stagno di S. Gilla. Percorso
valutato dagli stessi progettisti di difficile realizzazione per i
numerosi vincoli ambientali da superare.
La
terza ipotesi, tracciata in rosso, prevedeva, infine, l’
utilizzazione di un percorso più a monte degli altri proposti che in
alcuni tratti poteva ripercorrere
la viabilità oggi esistente a servizio della zona industriale. Strada
decisamente più lunga, ma che sarebbe stata di più facile
esecuzione e presentava un
impatto ambientale decisamente inferiore
rispetto alle altre ipotesi presentate .
Quest'ultima
proposta trovava la contestazione moderata nei termini, ma
determinata nella sostanza, da parte degli
amministratori locali che
vedevano in essa un
significativo allontanamento dei centri abitati ubicati lungo il
percorso rispetto al centro capoluogo, e questo avrebbe comportato,
tra l’altro, gravi danni alle comunità interessate e un maggiore
esborso monetario per la famiglie residenti.
Al riguardo i progettisti – unitamente a CASIC
e ANAS – si affrettavano ad asserire che la Sulcitana non poteva
essere considerata come un fatto a se stante – e quindi di esclusivo
interesse dei residenti – ma piuttosto come un’importante
componente di un sistema integrato di trasporti che avrebbe influito
positivamente sullo sviluppo economico dell’intera zona.
A quel punto
della riunione c’era in tutti
comunque una certezza : si era
ancora alla fase interlocutoria e
quindi lontani dall’affrontare più concretamente lo spinoso
problema, come era stato promesso.
I partecipanti erano stati chiamati solo per
valutare le ipotesi presentate ed in particolare, scartata la seconda,
quella che passava sullo stagno di S. Gilla, dovevano verificare le
due rimanenti, tenendo conto delle possibilità obiettive di
realizzazione.
Riunione che si chiudeva subito dopo senza che
venisse presa una decisione e
con l’ennesimo rinvio ad un altro incontro.
C’è
da dire, comunque, che una proposta
interessate , anche se in via informale, nasceva da una discussione
successiva alla fine dei lavori; proposta al pari delle altre da
prendere in considerazione e portare al tavolo “ delle scelte”.
In questa sede si proponeva di optare
per il nuovo tracciato a monte, certamente più lungo ma con maggiori
possibilità di essere portato a termine in tempi più brevi, con l’intesa
però di dedicare esclusivamente
al traffico automobilistico leggero l’attuale percorso della “195”,
quanto meno nel tratto che
va da Cagliari a Capoterra.
In questo
caso si verrebbe a creare una strada di collegamento automobilistico
dedicata ai vari centri
abitati, mentre tutto il traffico pesante e molto di quello non locale
andrebbe incanalato nella nuova strada.
Si
creerebbero così due percorsi alternativi , con evidenti
vantaggi per lo svolgimento del traffico.
E’ una
soluzione proponibile? Potrà essere presa in considerazione?
Lo diranno gli
sviluppi di questo nuovo incontro
programmato per la fine del mese di gennaio, con la speranza
che questo sia finalmente quello buono.
Almeno questo è il desiderio dei sempre più numerosi utilizzatori della Sulcitana,
stanchi di questa storia senza fine.
di Massimiliano Cabras
Il PEEP
è stato istituito con la legge 167/62.
E’ un
piano ( redatto dal Comune) delle
zone destinate alla costruzione di alloggi a carattere economico e
popolare, nonché alle opere e servizi complementari e urbani.
Tale piano ha valore di Piano Particolareggiato esecutivo.
La norma consente al Comune di acquisire mediante esproprio
aree da destinare all’edilizia residenziale
rivolta alla domanda socialmente ed economicamente più debole
e viene individuato da uno specifico strumento di progettazione
urbanistica.
Con la Legge 865/71
viene stabilito un meccanismo di determinazione per l’indennità di
esproprio ( indicativamente commisurata al valore agricolo del suolo
corretto da alcuni coefficienti per le zone edificate e le zone
centrali.
Dimensionamento del PEEP : il fabbisogno abitativo viene fissato nel 70% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa.
IL
comune di Capoterra adotta il PEEP con delibera n. 52 del 3.12.1985.
La Regione lo approva con decreto 645/u del 2.7.1986.
L’area
scelta è decisamente periferica rispetto al centro urbano e presenta
la dimensione incredibilmente grande di
75.000 mq.
Il Comune decreta l’espropriazione d’urgenza nel 1989 e ne dispone l’espropriazione definitiva nel 1996.
Nel
1987 i proprietari inoltrano ricorso al TAR :
Alcuni motivi dell’impugnativa :
-
il Comune
ha quantificato l’incremento demografico e l’incremento abitativo con argomenti illogici e contraddittori;
-
non ha
sufficientemente motivato la necessità di dotarsi di un piano di
zona;
-
scelta di
standard superiori a quelli stabiliti.
-
La scelta del
Piano ha interessato i soli terreni dei ricorrenti ed inoltre
ubicato in periferia dell’abitato impedendo l’integrazione degli
insediandi.
I proprietari hanno ricorso anche contro il decreto
di occupazione ( 1989) e contro il decreto di espropriazione
definitiva(1996).
IL TAR dichiara illegittima la quantificazione del
fabbisogno abitativo in quanto la relazione illustrativa del Piano perviene alla conclusione
che nel decennio 73/83 ci si stato un incremento medio di 4.2 annuo,
ma questo non corrisponde a verità.
Non si capisce come il progettista abbia rilevato i
dati.
Molto probabilmente i dati utilizzati al momento
della predisposizione del Piano si
riferivano all’intero territorio di Capoterra ( diversi da quelli
abitatitivi del Piano).
Persa la causa il Comune si rivolge al Consiglio di
Stato. Non si conosce ancora l’esito del ricorso.
Il 6 luglio 99 la GC ritiene opportuno autorizzare il Sindaco di trattare l’accordo con i Boero, proprietari dei fondi.
In data 1.9.99
l’Avv. Costantino Murgia dà la disponibilità della
controparte a risolvere transitivamente la controversia
e suggerisce £, 5.500.000.000( ritenendo tale importo
conveniente per l’amministrazione).
La Giunta Comunale in data 27.7.99 dispone il
recupero della somma a suo tempo versata come indennità di esproprio
e occupazione alla Cassa Depositi e prestiti.
Sempre la Giunta il 29 luglio approva la proposta di
transazione : prima rata il 30 settembre 1999 per lire 3.400.000.000
ed il restante entro il 30 giugno 2000.
La consulenza tecnica( ing. Salvatore Coiana) aveva
accertato il valore dell’area in 2.477.842.000 con riferimento al
1989 mentre i Boero chiedevano la somma complessiva di lire
5.500.000.000.
Il 30 luglio viene ceduta una parte dell’area PEEP
alla IACP per la costruzione di 30 alloggi.
La
G.C. con delibera 351 del 7.9.99 Riconosce legittimo il debito fuori
bilancio per la procedura espropriativa.
I Revisori considerano legittimo il provvedimento ( ved. Errore nel verbale)
Da qui la proposta di riconoscimento di legittimità al Consiglio Comunale.
Terreno sovradimensionato : errore del progettista
Terreno incolto, periferico e in totale abbandono.
Definito dal Piano di fabbricazione
Zona agricola passato a zona C1 nel PGR annullato.
Oggi è ancora definito zona agricola.
Senza l’intervento
del PEEP ritengo che non sarebbe stato mai edificato.
Ceduta una parte all’ IACP ( 6900 mq), che vuole
comunque la costruzione di un’altra strada e ulteriori opere di
urbanizzazione. Almeno 100 milioni di spesa a carico del Comune.
Prezzo attuale del terreno agricolo 6/7.000 lire a mq
( eccezionalmente 10.000)
Prezzo terreni in C1 40/ 50.000 senza urbanizzazione.
Valutazione per
versamento Cassa DD.PP £.
16.000
Valutazione consulenza
tecnica £
33.000
Valutazione per la transazione
73,000 al mq.
Con quali criteri l’Avv. C. Murgia ritiene
attendibile la richiesta della controparte.
Costi delle opere di urbanizzazione ( Rete idrica,,
fogne, rete illuminazione,
trade, imp. di sollevamento, ecc).
Almeno due miliardi per opere non ancora collaudate e
per le quali sono stati trovate molte difformità dal Perito
collaudatore.
Il
27 luglio è stato approvato il quadro di assestamento finale della
linea amministrativa e si
è disposta la consegna della deliberazione all’ing. Serra (
collaudatore) per i successivi adempimenti
in linea tecnica.
Ci
sono aggiornamenti al riguardo?
Si ritiene opportuno rivedere le condizioni di
accordo che sono da considerare decisamente sproporzionate .
Cosa si intende fare l’amministrazione per chi è
stato la causa dell’errore iniziale? Valutazione eccessiva dei
terreni da espropriare.
Morale:
I Capoterresi si trovano ancora una volta a pagare
per benefici non goduti.
Sino a quando durerà la loro pazienza?
Attenzione col ricorso continuo ai prestiti l’indebitamento del Comune strozze-
rà ogni sua attività futura. Praticamente si rischia la paralisi .
Interrogazione su una discarica pubblica
di Massimiliano Cabras
Egr.
Sig. Sindaco
Mi
scuso se ancora una volta, a distanza di pochi giorni, mi rivolgo a
Lei per avere chiarimenti su
un argomento di particolare importanza per la nostra comunità.
Ho appreso attraverso la stampa la sua offerta di disponibilità
per l’ubicazione nel territorio di Capoterra della discarica
rifiutata dai comuni di Uta e di Assemini.
Le confesso che la cosa mi ha
lasciato molto perplesso almeno per due motivi :
1°
– perché pensare al nostro territorio occupato da una struttura
così maleodorante mi fa rabbrividire;
2°
– perché un argomento di così grande portata ambientale impone
quanto meno un preliminare approfondito
esame da parte del Consiglio Comunale, che rimane il massimo
organismo di rappresentanza democratica
della comunità.
Personalmente, nonostante i motivi da Lei indicati nell’intervista,
sono decisamente sfavorevole all’iniziativa.
Nel giro di pochi anni
quella che era un territorio di grandi potenzialità naturalistiche
e paesaggistiche nel cuore del cagliaritano si sta trasformando in
un ricettacolo di iniziative che ne compromettono irrimediabilmente
tali potenzialità e la sua stessa vivibilità.
E ciò a seguito di una
politica ambientale e del territorio non molto lungimirante che ha
consentito diversi insediamenti inquinanti e operazioni di totale
sfruttamento del territorio.
.
Le
faccio tre esempi particolarmente significativi:
-
l’emungimento sconsiderato delle falde acquifere da parte dell’industria
chimica e i lavori di “ sistemazione” idraulica del rio S. Lucia
hanno determinato l’impoverimento
di tutto il bacino idrogeologico e, cosa ancora più grave, hanno
determinato il fenomeno della salinità con conseguenze nefaste per
la nostra agricoltura;
-
l’ubicazione nel territorio dell’inceneritore del CASIC.
Un
mostro di indubbio impatto ambientale, con pochi ritorni economici
per la nostra comunità, che lascia sempre aperti seri dubbi circa
gli effetti delle sue emissioni sull’ambiente.
-
la costruzione dell’elettrodotto
da 380 KV Sarroch – Rumianca
che ha impegnato un largo tratto del territorio con una
numerosa fila di giganteschi tralicci
orribili da vedersi sullo
sfondo delle nostre belle montagne, con non improbabili rischi per
la salute ( sul pericolo dei campi magnetici non ci sono certezze) e
senza apportare alcun miglioramento economico.
Ora
si pensa di autorizzare una
mega discarica pubblica capace di smaltire le immondizie dell’intero
hinterland cagliaritano.
Questa
iniziativa, per una comunità che ha gia dato molto senza avere
ritorni economici e che
è in predicato di dare ancora con il passaggio della pipe – line
lungo il suo territorio, mi sembra proprio fuori luogo e di
taglio decisamente impopolare, anche se, come Lei asserisce,
potrebbe essere portatrice di qualche posto di lavoro.
Prima
di impegnarsi in tale senso la prego pertanto, signor Sindaco, di
convocare urgentemente il Consiglio Comunale per una discussione
sulla fattibilità e sulla opportunità di questo impianto, per
arrivare, se necessario, alla
indizione sull’argomento di un referendum consultivo tra i
cittadini, come peraltro previsto dallo Statuto comunale.
.
Gradirei al riguardo una sua cortese e urgente
risposta.
L’industria
del verde
Un affare di miliardi immobilizzato
Il Parco del Sulcis : 15
paesi potenzialmente interessati,
12 miliardi e mezzo disponibili messi a disposizione dalla Comunità
Europea, ogni tanto qualche convegno per dichiarare la propria
sfiducia nello Stato e
nelle decisioni romane.
Questa in estrema sintesi lo stato dei lavori che
riguarda l’utilizzazione economica e naturalistica della vasta
area di 69.000 ettari ricompresa
tra i comuni di Assemini, Capoterra, Domus de Maria, Masainas,
Narcao, Nuxis, Pula, Santadi, Sarroch, Siliqua, Teulada, Uta,
Villamassargia, Villaperuccio e Villa San Pietro.
In questi anni a chiudere le porte al Parco
e ai considerevoli contributi europei, statali e regionali sono
state principalmente le amministrazioni locali, vittime soprattutto
della paura dell’impopolarità che potrebbe derivare loro da
scelte non sufficientemente condivise da tutti gli amministrati.
Amministrazioni comunali che paradossalmente
chiedono soldi per investimenti e fanno di tutto per non prenderli.
Qualche mese fa, dopo un lungo silenzio alternato
da polemiche tra associazioni ambientaliste e venatorie, in una
ennesima riunione inconcludente, i predetti comuni, hanno deciso di
occuparsi del progetto “elaborando” una forma di consorzio con l’eliminazione della parola
Parco.
Un inutile escamotage che sicuramente non
raccoglierà consensi a
livello europeo e che quindi non sortirà gli effetti finanziari
sperati.
Nel frattempo …le cose stanno come
prima, cioè all’anno zero.
Tutto
questo mentre in una
gran parte della gente del posto si fa strada l’idea che l’autentico
sviluppo della zona si possa realizzare attraverso un miglior uso
del patrimonio ambientale.
E’ ormai opinione di molti che con l’istituzione
del parco si potrebbe instaurare, come molte esperienze concrete lo
dimostrano, una vera e
propria industria del verde basata non sul consumo avventato delle
risorse disponibili, ma sull’intelligente amministrazione del bene
natura.
Si
ritiene, infatti, che l’eco-sviluppo, anche se apparentemente meno
rapido e vistoso rispetto ad altre attività economiche , può
garantire, a differenza di queste, una migliore diffusione dei
benefici, senza devastare l’ambiente e uccidere la natura.
Lo sfruttamento delle
risorse naturali oggi è un tema molto sentito, anche se talvolta
con superficialità.
Morta o non decollata la
grande industria si sta facendo finalmente strada il tema dell’industria
verde , pur con forti e residue resistenze
da parte di certe frange del tessuto sociale.
L’ottica di sfruttare
la natura con intelligenza comincia
a far presa in sempre maggiori strati della popolazione, anche in
quelle che fino a poco
tempo fa, se non contrarie, si dimostravano molto tiepide al
riguardo.
Il
caso Sardegna, ed è cronaca di tutti i giorni, occupa nel quadro
Italia poi un posto unico ed emblematico : per le proteste e le
contrarietà espresse da alcune categorie di popolazione, tra l’indifferenza
di coloro che
dovrebbero goderne in prospettiva i maggiori benefici, si sta
lasciando disgregare un patrimonio ambientale di inestimabile valore
economico- naturalistico.
La storia dei parchi in
Sardegna ormai si sta trascinando da anni in un orgia di
declamazioni retoriche sullo sfondo di contrasti resi “volutamente”
insanabili.
In questi ultimi tempi,
superati i rituali storici del rifiuto, specialmente nelle località
più vicine al capoluogo isolano, la cultura dell’ambiente e della
natura sta penetrando nelle coscienze e fette importanti della
popolazione incominciano a rendersi conto del fatto che questa
risorsa non solo è di
primaria importanza, ma anche la più conveniente e redditizia per
venire incontro alle esigenze socio - economiche della regione,
stretta sempre più in una morsa di disoccupazione strutturale.
Cosa si può fare per vincere
definitivamente questo muro di resistenza?
.
Per il Parco del Sulcis, ad
esempio, si potrebbe cominciare, come opportunamente suggerisce il
Direttore dell’oasi faunistica di Monte Arcosu, attrezzando a
parco i 30.000 ettari attualmente gestiti dall’Azienda Foreste
Demaniali.
Di fatto sono aree sottoposte a
vincoli e quindi già attualmente indisponibili dalle comunità
locali.
Si potrebbero così
iniziare a sviluppare iniziative che, nel rispetto della
natura, non solo consentirebbero un avvio immediato all’economia
delle comunità ricadenti in quest’area, ma una sana e razionale
gestione di questa parte di territorio
potrebbe far ricredere anche i più accaniti oppositori alla
nascita del Parco.
Occorre prendere atto che
è finita la mitologia della grande industria, produttrice di
tragici fallimenti e che la
riscoperta dell’essenza della nostra terra, così ricca di
bellezze naturali e
così diversa dal resto dell’Italia, potrebbe aprire interessanti
sbocchi occupazionali finora
inesplorati.
Il lavoro verde offre
infinite ramificazioni e qualità di adattamento e ben si sposa con
l’industria del turismo, che sino ad oggi ha basato soprattutto
sul mare la sua forza di attrazione.
Mare limpido e montagna
diversa e incontaminata, un binomio che certamente può fare la
differenza nel calamitare verso la nostra isola i flussi turistici,
che con sempre maggiore
intensità solcano le strade del mondo.
Svelti ad applicare gli oneri ,
lenti a razionalizzare il servizio
Con delibera del 5
febbraio 1999 n. 18 la
Giunta Comunale di Capoterra ha proposto al Consiglio Comunale, in
materia di smaltimento di rifiuti solidi urbani, una maggiorazione
tariffaria del 30% per
le utenze civili e del 40 % per le utenze commerciali e industriali.
Per gli effetti di
quanto sopra la tariffa
per locali adibiti ad usi domestici dovrebbe passare da lire 1.800 a
mq a lire 2.340 a mq, quella
riferita a locali ad uso commerciale ed industriale da lire 2.500 a
mq a lire 3.500 a mq e quella riferita a locali ad uso ufficio , sia
pubblici che privati, da lire 2.700 a mq a lire 3.780 a mq.
L’intera
operazione dovrebbe portare nelle casse del Comune circa 420 milioni
all’anno in più.
Una cifra di tutto
rispetto che farebbe attestare le entrate relative alla tassa per lo
smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani a
circa 1 miliardo e 765 milioni corrispondente al 70% dell’attuale
costo complessivo.
Operazione
meritoria e ineccepibile sotto il profilo contabile, ma dalle
conseguenze negative sul reddito degli utenti, già pesantemente
toccati nel portafoglio da innumerevoli imposte e gabelle di ogni
tipo.
Quali costi
concorrono a formare la spesa complessiva per gestire questo
servizio?
Praticamente
concorrono due voci : quella relativa costo per la raccolta ed il
trasporto dei rifiuti solidi urbani svolto dalla SASPI, pari a lire
1 miliardo e ottocento milioni più IVA, e quella corrisposta al
TECNOCASIC per l’incenerimento e la discarica
dei rifiuti raccolti, al
“prezzo di favore” di lire 49.000 al quintale
in considerazione della presenza non gradita dell’inceneritore
in territorio comunale.
Il Comune di Sarroch per la presenza della discarica ubicata
nel suo territorio gode di una maggiore agevolazione ( lire 20.000
al quintale).
Negli
ultimi tre anni i costi risultano così ripartiti:
1996
1997
1998
SASPI 2.024.205.624
1.990.000.000
2.179.946.734
TECNOCASIC 377.938.927
395.000.000 461.175.530
Quali
economie possono essere effettuate?
Dalla
relazione tecnica della SASPI, collegata al contratto d’appalto ,
si rileva, sulla base dell’esperienza acquisita in altre realtà
isolane, che Capoterra potrebbe raccogliere
in modo differenziato circa 1.128,4 tonnellate di materiali
con un risparmio , solo riferito
al mancato onere di smaltimento finale, di circa 104 milioni
di lire.
Praticamente,
fin dalla fase iniziale, una adeguata raccolta differenziata
potrebbe portare ad un risparmio del 25% dei costi sostenuti per l’incenerimento
dei rifiuti e non è poca cosa.
Se
si tien conto poi che il
Decreto Ronchi ( D.L. 5.2.97 n.22) prevede l’obbligo per i Comuni
di assicurare una raccolta differenziata
non inferiore al 15% entro
due anni dall’entrata in vigore del decreto, e cioè entro il
corrente anno, al 25% entro il 2001 ed al 35% entro il 2003, l’incidenza
del costo relativo al Tecnocasic dovrebbe subire nel tempo un
ulteriore sensibile taglio a tutto vantaggio del regime tariffario
.
E’
evidente però che questo risultato potrà essere conseguito
semprechè il Comune di Capoterra
e la SASPI intraprendano un’azione mirata e determinata
al raggiungimento di questo obiettivo, cosa che al momento
risulta essere lontano dai loro interessi.
E’
sotto gli occhi di tutti il menefreghismo su questo argomento.
Di
fatto benché esistano rigorose disposizioni di legge
e precise clausole contrattuali al riguardo nessuno fa niente
per renderle realmente operative, con conseguenti positive ricadute
sul costo del servizio.
Soprattutto
manca l’informazione, il coinvolgimento dell’utenza e l’organizzazione
del servizio.
Quattro
cassonetti di diverso colore distribuiti male sul territorio non
possono certamente portare a risultati soddisfacenti!
Lascia
peraltro perplessi questa determinata
volontà dagli amministratori
di adeguarsi tempestivamente alle direttive di legge solo per
quanto attiene la parte finanziaria senza parimenti recepire tutte
le altre importanti disposizioni
contenute nel decreto Ronchi tendenti
alla conservazione e al recupero delle condizioni ambientali.
Normativa
che tra l’altro preannuncia una tariffa di riferimento,
articolata per fasce d’utenza e per territorio, a cui
dovranno uniformarsi le amministrazioni comunali
non appena ne verranno indicati i contenuti. E questo per
omogeneizzare in qualche modo il sistema tariffario nell’intero
territorio nazionale.
In
questa prospettiva è esplicito
l’invito ai Comuni di applicare gli adeguamenti tariffari
con le opportune gradualità e tenendo conto degli obiettivi di
miglioramento della produttività e della qualità del servizio
fornito.
Al
contrario di questi intendimenti e per gli effetti di questo
intervento proposto dalla Giunta comunale, i Capoterresi si
troverebbero invece a dover corrispondere subito un maggiore
contributo finanziario, particolarmente pesante per la tipologia
delle abitazioni che
gravitano sul territorio , senza godere neanche di un miglioramento
del servizio.
Peraltro
il buon senso avrebbe voluto che
prima di proporre aumenti tariffari,
che andranno ad incidere sui redditi di chi sensibile al
proprio dovere civico le tasse le paga già, sarebbe stato opportuno
perseguire i maggiori introiti facendo pagare chi le tasse le evade
e sicuramente anche a
Capoterra non sono pochi.
Per
quanto sopra sarebbe opportuno quindi
soprassedere ancora per almeno un esercizio sull’aumento
tariffario e rivedere l’intero processo produttivo del servizio
al fine di determinare i punti di criticità e
per apportare gli opportuni interventi migliorativi , che
sicuramente consentiranno il pareggio finanziario senza dover far
ricorso a maggiori contribuzioni da parte degli utenti .
La
raccolta dei rifiuti rappresenta una attività di pubblico
interesse e come tale tutti devono concorrere a sostenerne i
costi.
Il
Comune però deve garantire un servizio efficiente, il concorso di
tutti i beneficiari e, per quanto possibile , il contenimento dei
costi per gravare il meno possibile sulle finanze dell’utente.
Santa Rosa
un esempio di un quartiere nato male
L’area di Capoterra, come quella di molti altri comuni dell’Isola, è ad alto rischio idrogeologico. Questo adesso lo sanno tutti !
Dopo
quella notte in cui le furie della natura si abbatterono rovinosamente
sui centri del Cagliaritano e del Basso Sulcis – correva il
12 novembre del 1999 - tutti
si sono resi conto di
questa realtà.
Nel periodo successivo all’alluvione sono state prospettate tante ricette – che più che sanare una situazione divenuta disperata, sottintendevano la volontà di incolpare gli altri di imprevidenza e di poca lungimiranza – e tante sono state le promesse di investire sul territorio per rifondere e ripristinare i danni subiti, ma queste ricette e queste promesse sono rimaste fino ad oggi solo parole.
Tutto
è rimasto come prima, anzi nel tempo si è ulteriormente aggravato.
I
cittadini del quartiere di S. Rosa di Capoterra stanchi di questa
inerzia si sono rivolti recentemente al Comune
con una petizione accompagnata da oltre 1100 firme denunciando
questo stato di cose.
In
particolare chiedendo una maggiore
disponibilità di opere di urbanizzazione primaria, nonché
interventi che
consentissero la praticabilità di alcune aree che risentono
immediatamente degli eventi piovosi anche di modesta entità.
Una
petizione corretta,
che pone giustamente le autorità competenti
di fronte ad una situazione diventata insostenibile.
La
causa di queste disgrazie è da ricercare
nel fatto che una volta si concedevano le licenze con facilità
e senza un corretto studio idrogeologico del territorio.
Una
maggiore conoscenza del territorio non avrebbe consentito il nascere
di situazioni analoghe a quelle di S. Rosa.
Perché
questi fatti non si ripetano si pongono pertanto per gli
amministratori tre
urgenti direttrici di intervento:
1
– la sistemazione dell’esistente per un corretto vivere civile;
2
- un'attenta politica di
prevenzione ;
3
- un'attenta azione
programmatoria del territorio
Senza
queste misure inevitabilmente, in una località come Capoterra, ogni
nuova alluvione, che statisticamente è un evento a forte probabilità
di accadimento, sarà causa di nuovi disastri e perfino, come è
successo, di possibili perdite di vite umane.
Non è pensabile che si continui con una forsennata attività
edificatrice noncuranti delle caratteristiche idrogeologiche del
territorio
Sarebbe
grave speculare nei
confronti di tutti quegli ignari cittadini che contenti di avere una
casa dovessero poi trovarsi in condizioni di non potersela godere, se
non in condizioni di grave rischio.
L’esempio
di S. Rosa deve rappresentare un monito per tutti.
Se è vero che non si può
modificare il corso degli eventi naturali e pur vero che con
intelligenti opere di difesa e di corretto uso dl territorio si può
quanto meno attenuarne l’impatto.
Un'antica
attività di Capoterra
l'uccellagione
L’attività legata alla cattura dei tordi e dei merli con lacci e reti ha cessato di esistere “ legalmente” a Capoterra alla fine degli anni settanta.
Da allora questo tema si
ripropone ciclicamente senza peraltro pervenire ad una soluzione (
forse perché non c’è una soluzione).
In realtà in tutti questi è continuato a vivere un mercato
sommerso anche se molto ridotto rispetto al passato.
Multe gravose e severe mal si conciliano con la fatica e i
magri guadagni di questa professione abusiva.
Da
qui la pressante richiesta di ristabilire la situazione originaria.
Tutto
questo va incasellato nello scenario
economico attuale di Capoterra :
-
apporto
fallimentare della cosiddetta “ grande industria”
( in passato fonte di grandi speranze)
-
crisi
strutturale dell’agricoltura per mancanza di capitali di
ammodernamento e scarsità e salinità dell’acqua ( non solo per
siccità ma per uso improprio delle falde acquifere);
Attualmente
sono senza lavoro circa il 30% delle forze attive di Capoterra.
Alla
fine del 1996 si fece una raccolta di firme ( 3.000) per la riapertura
dell’uccellagione ,ultima speranza di lavoro legata ad una
tradizione ultrasecolare di questa comunità.
Si
cercò di mettere in atto una conferenza di servizi per trovare
alternative, ma senza successo.
Convengo
con voi che tra tanta disperazione questa attività viene considerata
ancora capace di soddisfare i più
elementari bisogni di sopravvivenza.
Su
questo argomento ho fatto una stima, evidenziata in un mio articolo
sull’argomento, che dall’uccellagione traevano sostentamento a
circa 600 persone, considerando anche l’indotto.
Cioè
l’uccellagione copriva il 10% del fabbisogno lavoro, considerando
che Capoterra cantava poco più di 5000 abitanti.
In poche parole con questo divieto si è tolto uno sbocco economico senza offrire niente in sostituzione.
Ecco cosa è mancato in passato e cosa manca ancora oggi: una attività sostitutiva.
Cosa si può fare ?
Istituire nuovamente l’uccellagione?
Sembra facile, ma facile non è . A mio avviso ritengo che oggi questo sia impossibile, anche se personalmente non sono contrario alla sua riapertura.
Troppi lacci , e anche questi sono lacci, si frappongono al ripristino della situazione iniziale.
- Esiste una Convenzione di Parigi del 1950 dove viene precisato che devono essere protetti gli uccelli migratori durante il percorso di ritorno e verso il luogo di nidificazione ed in particolare invita le parti contraenti ( tra cui l’Italia) ad impegnarsi a vietare tutta una serie di procedure di caccia introducendole nella propria legislazione. Specificatamente si parla di proibire i lacci, le trappole, le reti , ecc.
- Esiste la Convenzione di Berna ( 19.9.79) relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa con la quale “ ogni parte contraente ( tra cui l’Italia) adotterà necessarie ed opportune leggi e regolamenti onde provvedere alla particolare salvaguardia della specifica fauna selvatica …e vieterà il ricorso a mezzi non selettivi di cattura e uccisione ( tra questi reti, trappole e lacci).
- Esiste una Direttiva CEE( 409/79)concernete la conservazione degli uccelli selvatici, con la quale viene proibita la caccia a mezzo lacci, vischio, trappole e reti.
- Esiste una Legge Nazionale ( n. 157 dell’11.2.1992) Norme per la protezione della fauna selvatica….Che annulla e sostituisce tutta la legislazione esistente in materia che in particolare vieta in tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione a mezzo reti, lacci trappole, ecc.
- Esiste, infine una Legge Regionale ( n. 32 del 28 aprile 1978) sulla protezione della fauna e dell’esercizio della caccia in Sardegna che vieta l’uso dei lacci di qualsiasi genere e ogni forma di uccellagione.
Con
questi macigni una battaglia di ripristino dell’uccellagione ha
obiettivamente poche possibilità di riuscita.
Se
vogliamo possiamo anche farla questa rivendicazione e io sono con voi,
ma francamente le possibilità di successo sono veramente nulle.
Bisogna
trovare alternative.
Quali
alternative?
Questo
è il punto.
Polemicamente
potrei dire che spetta a
questa maggioranza trovare soluzioni per dimostrare che quella
precedente non aveva saputo fare il suo dovere.
Sarei
contento nel vedermi umiliato dalla capacità creative di occupazione
di questa maggioranza. Ma ahimè resterò deluso, figuriamoci voi!
Ma
non è il momento di fare polemiche inutili, il problema dell’occupazione
è un problema serio e seriamente va affrontato.
Una
risposta positiva comunque può venire , per
restare in campo ambientale, dal diverso uso della montagna.
Questo,
ad esempio, è un argomento da sviluppare e in tal senso invito il
Presidente del Consiglio a convocare un apposito Consiglio Comunale
“ aperto”.
Non
come una recente riunione che aveva i crismi della clandestinità,
come se si dovesse nascondere qualcosa, e alla quale non sono stati
invitati a partecipare i consiglieri comunali.
Ritengo
che su questo fronte, per nel rispetto dei diritti acquisiti, degli
usi e delle forme di proprietà esistenti ci siano delle possibilità
di sviluppo economico e quindi di assorbimento di occupazione.
L’iniziativa
è in mano nostra. Occorre
trovare la volontà comune di metterla in atto.
Dalla
utilizzazione della montagna possono tornare quei posti di lavoro
persi con l’uccellagione.
Apriamo
con serietà e con spirito comunitario questo capitolo, forse potrebbe
riservarci delle gradite sorprese.