Il diritto di restare sani

Stefania Manunza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualche tempo fa, durante un consiglio comunale, il consigliere Antonello Perra è intervenuto sull'aumento dell'incidenza dei tumori a Sestu. Questione quanto mai importante, dato che ormai nessuno di noi può dire di non conoscere qualcuno che ha avuto un'esperienza diretta di tumore.
L'inquinamento dell'aria, dovuto alle emissioni di gas tossici da parte delle automobili, delle industrie e dei nostri impianti di riscaldamento, è la causa di un forte aumento delle malattie respiratorie e del tumore al polmone: i dati sono talmente assodati che pochissimi cercano di minimizzare il problema. Antonello Perra afferma che Sestu è uno dei comuni più motorizzati dell'hinterland di Cagliari: non so quali siano le fonti di questa statistica, ma non faccio fatica a rendermi conto che troppe macchine girano per le strade di Sestu (spesso potremo farne a meno...) e dunque a capire che l'aria che tutti noi respiriamo non è certo pura. La proposta del consigliere Perra di monitorare, come avviene nelle grandi città, la qualità dell'aria che i sestesi respirano non può che trovarci favorevoli. La mancanza di zone verdi, l'aumento del traffico autoveicolare, il diffondersi vertiginoso dell'uso di impianti di climatizzazione (riscaldamento e raffreddamento) sono causa di un deterioramento della purezza dell'aria che respiriamo e dunque possibili fattori che aumentano l'incidenza di malattie respiratorie, tumori e leucemie.
E' molto preoccupante che siano i bambini a rischiare di più nell'ambiente malsano che le nostre cattive abitudini hanno creato: due terzi delle malattie respiratorie con causa ambientale, infatti, colpiscono proprio i bambini (dati UNICEF): questo accade perché i bambini respirano più aria degli adulti in rapporto al peso corporeo e anche perché, data la statura, si trovano a respirare un'aria più inquinata dalle emissioni dei veicoli a motore, soprattutto le polveri fini che arrivano fino ai polmoni in profondità, di quella che respiriamo noi adulti. Per quanto riguarda il benzene (altro elemento tossico prodotto dai motori diesel e a benzina), una volta inalato, gran parte di esso viene metabolizzato dal fegato, provocando così, a lungo andare, gravi danni all'organismo.
Ma in questi giorni di allarme per "mucca pazza" (a proposito, chi sono i veri pazzi, le povere bestie malate o l'uomo evoluto e tecnologico che le ha costrette a diventare cannibali loro malgrado?) sorge un altro interrogativo inquietante: molte persone, preoccupate dalla mancata sicurezza delle carni si sono rivolte alle alternative (poche, in verità) per avere una assoluta tranquillità che ormai pochi cibi sono in grado di darci. Molti scelgono le carni di altri animali o la verdura e la frutta (le statistiche parlano di un raddoppio del numero di vegetariani in Italia). Ma quanto possiamo essere sicuri della salubrità delle coltivazioni? A Sestu, dove la coltivazione intensiva di ortaggi è fonte di reddito di molte famiglie, una dieta che includa fibre vegetali dovrebbe essere la norma, ma siamo proprio sicuri che la verdura e la frutta siano davvero sane? Degli studi effettuati negli Stati Uniti e riportati da Legambiente dimostrano che il 58% della frutta e il 28% della verdura presenta residui dei fitofarmaci usati nella coltivazione, seppure sotto i limiti di legge. L'uva, gli agrumi, le pesche e la lattuga sono i prodotti in cui questi residui sono più alti. I pochissimi studi sugli effetti dannosi dei residui di fitofarmaci negli alimenti hanno dato risultati contrastanti, e dunque vengono sistematicamente ignorati dal legislatore: ma data le assodate certezze sulla pericolosità altissima dei pesticidi e di altri prodotti chimici usati nell'agricoltura, viene spontaneo domandarsi se le pur minime quantità di sostanze nocive che restano nei vegetali che mangiamo, col passare del tempo, non abbiano un qualche effetto negativo sulla nostra salute.
I pesticidi, che vengono largamente usati nell'agricoltura intensiva come quella che si pratica nel nostro paese, sono pericolosissimi soprattutto per gli stessi agricoltori che li maneggiano spesso senza le dovute cautele. Gli studi effettuati in tutto il mondo occidentale hanno dimostrato che gli addetti all'agricoltura sono soggetti più degli altri individui a contrarre alcune malattie della pelle, dell'apparato respiratorio, tumori al polmone, allo stomaco e al fegato. Purtroppo l'uso dei fitofarmaci è talmente diffuso da portare gli analisti ad affermare che nella quasi totalità delle colture tradizionali di alberi da frutto e di ortaggi si fa uso di questi prodotti chimici. Quest'uso è sentito come una necessità, dal momento che l'agricoltura intensiva, la standardizzazione e la meccanizzazione dei processi produttivi e la corsa a profitti sempre maggiori hanno talmente impoverito l'ecosistema che impediscono il naturale equilibrio delle zone coltivate.
Per questioni di brevità non mi soffermerò sul circolo vizioso che l'uso spesso insensato di sostanze chimiche artificiali produce, sulla distruzione di specie animali e vegetali autoctone per far spazio a colture che, dato l'intenso sfruttamento del terreno nel tempo, renderanno il suolo inutilizzabile, sul fatto che la legge prevede il divieto d'uso di alcuni pesticidi che si sono dimostrati altamente tossici (il DDT per esempio) ma non la loro produzione, per cui aziende italiane ed europee producono questi veleni e li esportano nel terzo mondo, in cui ancora non esiste una sensibilità verso i rischi ambientali, da cui poi importiamo prodotti come la frutta esotica, lo zucchero, il caffè e il cacao attraverso i quali reintroduciamo nella nostra alimentazione veleni da cui la legge teoricamente ci protegge...
Vorrei solo mettere in risalto un fattore non trascurabile: se è vero, come è vero, che il nell'uso dei fitofarmaci (quelli legali!) il 25% della sostanza utilizzata si disperde nell'ambiente (il 30% nel caso di trattamenti aerei), mi domando quanta dell'aria che respiriamo a Sestu contiene residui delle enormi quantità di queste sostanze che vengono usate a poche centinaia di metri dall'abitato. Siamo sicuri che basterà solo limitare il traffico per poter respirare meglio?