La riforma federalista della costituzione e le prospettive per la Sardegna

Andrea Mereu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel Marzo di quest'anno il Parlamento appena sciolto ha approvato definitivamente la legge costituzionale di modifica del titolo V della Costituzione, realizzando il c.d. federalismo.
Questa importante riforma diverrà Costituzione vigente se supererà il vaglio del referendum confermativo del prossimo autunno, ottenendo la maggioranza dei voti validi.
Vista l'importanza della scelta che i cittadini dovranno compiere, il teme merita certamente di essere approfondito e dibattuto, ma purtroppo la stampa - salvo rare eccezioni - ha dedicato poco spazio ai commenti sul merito del provvedimento e molto alla polemica tra gli schieramenti politici. Quanti elettori hanno capito il significato e le implicazioni di questa riforma, tanto attesa e voluta da Presidenti di Regioni, Sindaci e amministratori locali di ogni estrazione politica?
Vediamo dunque quali sono i punti nodali della riforma.
In primis, dal nuovo art. 1 14 Cost. emerge il nuovo ordinamento federale della Repubblica, che "è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dallo Stato".
Il nuovo art. 1 17 Cost. indica le materie affidate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (fra cui sono comprese la politica estera, la difesa, l'ordine pubblico e la sicurezza) e quelle di potestà legislativa concorrente, la quale spetta alle Regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato (art. 117 co. 3'). La potestà legislativa esclusiva delle Regioni è determinata in negativo: in essa rientrano tutte le materie non espressamente riservate alla legislazione dello Stato (art. 117 co. 4'). In tal modo il legislatore, rovesciando il sistema precedente, ha scelto di seguire il modello tedesco, nonostante la complessità che ne deriva per individuare le materie di competenza esclusiva delle Regioni. Gran parte delle materie inerenti i rapporti economici - in cui è molto forte il ruolo del diritto europeo - sono ricompresse nella potestà legislativa concorrente delle Regioni, la cui sfera &azione è dunque enormemente ampliata. Ciò costringerà le Regioni ad arricchire la propria cultura giuridica con la conoscenza del diritto europeo.
L'art. 118 Cost. affida le funzioni amministrative ai Comuni - cioè all'ente più vicino ai cittadini - a meno ché, per assicurarne l'esercizio unitario, non sia necessario affidarle a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato (principio di sussidiarietà).
L'art. 120 co. 2' Cost. prevede che il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni e degli enti locali in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria o di pericolo per la sicurezza ed incolumità pubblica ovvero per la tutela dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali a prescindere dai confini territoriali dei governi locali. Si tratta di una previsione opportuna per ovviare a eventuali inerzie di Regioni o enti locali e per evitare che lo Stato vada incontro a procedure di infrazione per inattuazione delle normativa europee davanti alla Corte di Giustizia Europea.
L'art. 119 Cost. ridisegna il sistema della finanza pubblica. Si dice che Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane hanno autonomia finanziaria, di entrata e di spesa. Ciò vuol dire che tali enti, con propri provvedimenti, possono introdurre nuove imposte: tale potestà deve essere esercitata in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e dei sistema tributario. Tutte le Regioni dispongono di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali (cioè statali) riferibili al loro territorio. Si prevede poi che la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo per i territori più poveri, la cui funzione è di destinare risorse aggiuntive ed interventi speciali a tali territori bisognosi. L'ammontare e la destinazione di questo fondo è questione tutta aperta e politica: qui si gioca lo scontro nord-sud, che tanto interessa anche la Sardegna.
Il sistema di finanza pubblica delineato è quindi in parte vincolato e in parte lasciato alla contrattazione politica fra i territori. Da quest'ultimo aspetto nasce l'importanza di avere amministratori e rappresentanti politici regionali e locali responsabili, preparati e soprattutto muniti della necessaria stabilità e capacità decisionale. Per la Sardegna il problema è cruciale: si pensi che dell'intera spesa pubblica effettuata nella nostra Regione solo il 50% è coperto con le tasse dei cittadini sardi; il restante 50% viene dalle Regioni più ricche.
E' dunque indispensabile che la Sardegna si doti al più presto di una classe politica forte, che sappia rappresentare gli interessi dei suoi abitanti in maniera adeguata nella contrattazione Stato-Regioni-enti locali. La frammentarietà, l'inerzia, e la litigiosità che attualmente contraddistinguono la classe politica sarda dovranno essere al più presto superate. A questo risultato possono certo contribuire l'introduzione dell'elezione diretta dei Presidenti anche nelle Regioni a statuto speciale (legge cost. n. 2/2001) o la futura riforma dello statuto regionale della Sardegna. Tuttavia, il cambiamento delle forme istituzionali non è di per sé sufficiente a cambiare le cose, prova ne sia il fatto che l'attuale statuto non è mai stato sfruttato bene e a pieno dalla Sardegna e che, anzi, I"'autonomia sarda" si è per lo più tradotta in sterili e propagandistici proclami verbali o in prebende per i nostri politici, con buona pace dei richiami al pensiero di Emilio Lussu. Occorre quindi che si sviluppi un parallelo processo di rinnovamento radicale dell'attuale classe politica regionale, il quale non potrà derivare che da una proficua contaminazione tra il mondo politico e le aree migliori della nostra società civile e da un controllo e una partecipazione costanti dei cittadini nei confronti della vita politica.
E' questa la sfida da vincere per la Sardegna, sia nel caso in cui il corpo elettorale approvi l'attuale riforma - la quale sembra contenere un equilibrato mix tra federalismo competitivo e federalismo solidale - sia nel caso in cui il nuovo Parlamento dovesse realizzarne una più incisiva (ma anche più pericolosa e difficile da gestire).