Mont Blanc du Tacul

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Il Nostro Primo 4000

Mont Blanc du Tacul (4248m)

Via normale dal Rif. Torino: PD, disl. 1000m

 Valerio Bozza e Siro Liberatore, 15 agosto 2002.

Temevo   che   avremmo   dovuto   rassegnarci   alle  nubi profetizzate  dai  bollettini meteo, mentre dalla finestra del Rifugio Torino continuavo a fissare  il  Monte Bianco, un cristallo di ghiaccio incastonato in un cielo di  zaffiro. Forse reagendo  all’inutile  sforzo  di  stamparmelo  nella mente, quasi per gioco formulavo una  proposta: "Saliamo stanotte, direttamente da  qui.”  Siro,   contrariamente  a quanto   mi   attendevo,   accettava:  “Per me va bene.”  E, allora, l’idea da gioco diventava un piano preciso,  mentre già ci affrettavamo a preparare gli zaini e a  forzare  un sonno che non voleva arrivare.

Sveglia  alle  23:30.  Allacciamo  con  cura  gli  scarponi, indossiamo  giacca  e pantaloni impermeabili, gli imbrachi: tutto  deve  essere  perfetto  per   affrontare  il  nostro primo 4000.

Racconto  il  mio  ultimo sogno  di  spiagge  bianchissime e di mari lontani e sorridiamo: è un  modo  per  allentare  la tensione.

Usciamo alle 0:15 di uno strano ferragosto, a 3375 metri di  quota;  ci  leghiamo  e  ci  apprestiamo  a  compiere  la traversata del Ghiacciaio del Gigante. La  notte  è  scura, senza luna.

Sotto un cielo che non ha mai visto tante stelle,  a  stento distinguiamo costellazioni ben mimetizzate  in  miriadi  di luci. Un leggero chiarore viene dalle valli  e  riconosciamo le sagome nere dei titani di granito intorno a noi: il Dente del   Gigante,   L’Aiguille  Verte,  la  Tour  Ronde,  da  noi scalata due giorni fa.

La  pista verso il Col du Midi è stata battuta da centinaia di  persone  nei  giorni  scorsi  ed  è   l’unico  riferimento sicuro  in  questo  immenso  buio  mare  di ghiaccio. Siamo soli.  Ci  piace paragonarci ad un piccolo vascello, che alle luci di due lampade  frontali  attraversa  uno  sconosciuto mare Artico.  Scendiamo  a  quota  3200  e   il   mare   di ghiaccio ci mostra le sue gigantesche onde pietrificate.

Aggiriamo spaventosi  crepacci  di  decine  di  metri,  pas da un lato o sotto minacciosi seracchi, superando ponti  di ghiaccio,  scrutando  inutilmente  il  fondo  di  quei gorghi giganteschi. Confidiamo solo che la nostra traccia ci guidi fuori  da  quel  labirinto  incantato verso l’ancora lontano Col du Midi.

Alla  nostra sinistra, intuiamo i satelliti del Tacul, con  le loro gloriose storie di grandi scalate. Una cordata af fronta  di notte un ripidissimo canale nevoso: ne sentiamo i comandi, ne distinguiamo le luci.

Cominciamo a risalire, uscendo dal mare di crepacci. La traccia ci guida, nell’onirica ascesa verso il Col du Midi, mentre nel cielo lampeggiano le scie delle ultime stelle cadenti.

Ci siamo. Appare il Refuge des Cosmiques, le cui luci sono il faro di un fantastico porto; le tende ai suoi piedi sono placide barche ormeggiate. Ma noi proseguiamo e, voltandoci alla nostra sinistra, l’infinita magia di questa improbabile notte ci svela la misteriosa processione di luci che risalgono il tetro pendio nord-occidentale del Mont Blanc du Tacul. Una fiaccolata di cordate, puntini luminosi uno dietro l’altro, ora gialli ora azzurrini, disegnano una linea sinuosa sul colossale pendio. Ci fermiamo ad ammirare la visione, per interrogarci se questo impossibile sogno sia davvero parte della nostra vita.

Sono le 2:30 e ci inseriamo nella processione notturna, anche noi diretti   all’altissima   meta.   Risaliamo  il pendio,  misurando  le energie e controllando il nostro entusiasmo.

La  lampada di Siro lentamente si spegne, ma purtroppo non solo quella. Aggirando seracchi, risaliamo sempre più piano. La corda dietro di  me  si  tende   sempre  di  più  e  capisco  che  non  ar riveremo sul Monte Bianco.

La fredda notte sta piano piano svanendo, ma non i nostri  sogni. Siamo già sopra i 4000m e il gigantesco pendio  del  Mont Blanc du Tacul è domato. Nel nuovo orizzonte c’è il  Mont Maudit,  sui cui ripidissimi scivoli di ghiaccio già  si  affanna  l’interminabile serpente  di  luci.  Lontanissima,  la  cupola  nevosa  del   Monte Bianco. In un’altra notte sogneremo di raggiungerla.

Il  soffio  dell’ aurora  spegne le luci della faticosa processione, mentre noi l’abbandoniamo, salutando il suo destino di  gloria.  Ci accontenteremo di un destino minore, ma pur sempre glorioso.

Risaliamo la larga cresta nevosa del Mont Blanc du Tacul. Ormai solo 30 metri più impegnativi ci dividono dalla  cima  del  nostro primo 4000. Non posso andare senza Siro:  a costo di impiegare un’eternità per questi ultimi metri, devo salire  insieme  a  lui.  I movimenti  sono  infinitamente  rallentati   mentre   scaliamo   le ultime rocce, come in un sogno cui nemmeno noi crediamo.

Eccola… la vetta del nostro Mont Blanc du Tacul di 4248 metri, giusto in tempo per l’ultimo appuntamento.

Un  Dio,  forse  compiaciuto  della  sua  creazione, disegna un’ ir ripetibile alba tra le vette del Cervino e del Monte Rosa e,  con invisibili  pastelli,  colora  di  rosa  la  vetta  del  Monte Bianco. Com’è bella l’impossibile meta  d’altri  sogni  vista  da  qui,  dalla cima di questo suo fratello minore. Chamonix si  sveglia,  tremila metri più in basso; noi continuiamo a sognare.

 

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