STORIA CONTEMPORANEA

 

        Alla morte del dittatore Enver Hoxha, il suo successore Ramiz Alia cercherà di conservare il sistema comunista, ma con un sistema diverso e cioè cercando di dare sostegno all'economia e all'industria che avevano subito una notevole crisi negli ultimi anni della dittatura di Hoxha, dovuta anche alla mancanza di aiuti da parte dei paesi comunisti. Inoltre il nuovo leader albanese riprende contatto con le grandi potenze permettendo a delle ditte occidentali di svolgere attività di vario genere nel paese ed allargando i rapporti diplomatici con l'ovest.  Nel 1989, anno che segnò la caduta del comunismo nei paesi dell'est Europa, in Albania i vari segmenti della società  sono diventati politicamente attivi,  hanno cominciato a ribellarsi ai metodi dittatoriali del governo. 

        L’Albania si trova nuovamente ad affrontare terribili problemi sociali. L’Italia, il Paese che l'aveva dovuto abbandonare alla fine della guerra, risponderà ad una massiccia ondata migratoria con la missione umanitaria Pellicano, dal settembre del 1991 al dicembre del 1993. Dal 1992 è Presidente Sali Berisha (PDA),  Aleksander Meksi (PDA) è Capo del primo Governo democratico: una coalizione con PSDA e repubblicani. L’Albania inizia un processo di riorganizzazione sociale e di ristrutturazione economica, nei quali si inserisce il programma triennale di cooperazione con l’Italia (1993-1996), le cui priorità operative sono:                            

- il sostegno alla realizzazione di strutture democratiche; con particolar riguardo alla riforma della magistratura

- il sostegno allo sviluppo delle attività produttive: piccola e media  impresa;             

- adeguamento del tessuto infrastrutturale con attenzione alla salvaguardia delle compatibilità ambientali;  

- salvaguardia delle dimensioni sociali del processo di sviluppo, tramite interventi nei settori sanitario, sociale ed educativo;                                                           

        Il primo trimestre del 1997 segna l’ultima crisi del sistema Albania; a causa del fallimento di alcune società finanziarie, dietro il quale si profila lo spettro delle connections tra malavita organizzata internazionale (narcomafie e mercanti d’armi) e servizi segreti (sia interni che stranieri), l’economia del paese è in ginocchio e migliaia di famiglie si ritrovano sul lastrico: nel sud del paese esplode la rivolta popolare ed inizia l’ennesimo esodo di massa verso le coste italiane. Il Presidente Berisha nomina un Governo di Unità Nazionale guidato dal Premier Fino. 

        Il 28 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva la Risoluzione 1.101 con la quale, nell’accogliere l’offerta di alcuni membri di costituire una forza multinazionale di protezione, si autorizzano gli stessi a condurre l’operazione in modo naturale ed imparziale, agendo, per un periodo di tre mesi, sotto il capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Il comando della forza è affidato all’Italia che lo esercita attraverso una struttura politica (lo Steering Commitee) ed una militare (Comando Operativo delle Forze Internazionali in Albania - COFIA). Il 15 aprile scatta l’operazione ALBA, che in quasi 4 mesi di permanenza, e potendo contare su più di 6000 uomini, di cui la metà circa italiani, garantirà una quantità enorme di missioni operative, di sicurezza e di ricognizione (più di 3.000), impiegando quasi 2.000 mezzi (fra ruotati da trasporto/protetti, blindati e cingolati) e percorrendo più di 2.700.000 chilometri per attività operative e logistiche. Il 29 giugno si tengono le elezioni politiche che segnano la vittoria del Partito Socialista. Rexhep Mejdani è eletto Presidente della Repubblica, Fatos Nano Capo del governo.Il 31 luglio si tiene a Roma la Conferenza Internazionale sull’Albania, finalizzata alla ristrutturazione del sistema economico-finanziario del paese balcanico.

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