Primavera 2002 - LUCANIA***

Natura - Cultura - Incontri

 

24.4.02 – merc. ore 14.30 partenza - sosta per la notte TERMOLI nel piazzale di imbarco per le isole Tremiti. In serata: pioggia.

 

25.4.02 - giov. - Termoli-Foggia-Candela MELFI, città delle Costituzioni Federiciane e dei Concilii: vediamo il castello normanno, la cattedrale e il suo bellissimo campanile con intarsi geometrici. Lo spostamento verso Venosa, via Lavello, lo facciamo sotto la pioggia: le strade sono fiumi di fango, che scende dai campi laterali di ulivi e di viti. Di impianti fognari neppure l'ombra.

A VENOSA**, grazie ad una richiesta di informazioni, ci viene regalata una bottiglia di buon rosso, dalla famiglia Brolio, produttori di vino e olio; parcheggio camper davanti all'Abbazia della Trinità. Visita alla zona archeologica romana, con il complesso delle terme, delle residenze, con bei mosaici. In fondo alla zona romana il complesso dell'Incompiuta, iniziata tra la fine del XI e l'inizio del XII sec. con il progetto di creare un'unica grande basilica con l'antistante, più antica abbazia della Trinità, capolavoro dell’architettura benedettina, che all'epoca contava oltre 100 monaci ed era una delle più potenti del Sud Italia.

Particolarmente interessanti i 5 capitelli delle colonne che svettano verso il cielo, di marmo rosato, e le epigrafe ed i simboli scolpiti in alcuni dei blocchi di pietra. Poi visita all'Abbazia di S. Trinità, dove una troupe tedesca stava preparandosi a filmare gli affreschi che, in realtà, sono davvero belli. Buona parte del pavimento è sottostante al camminamento normale, proprio per consentire di vedere anche il preesistente, di età romana. Tra i pilastri affrescati emergono, solenni, le tombe normanne degli Altavilla.

Poi via Frusci, c.so V. Emanuele con la cattedrale, ed arriviamo al castello voluto da Pirro del Balzo Orsini intorno al 1460. Con il medesimo biglietto dell'area archeologica (= € 2.50) vediamo anche il Museo Archeologico, interno al Castello, che si presenta davvero ricco di reperti; camminamento sugli spalti. Poi piazza Orazio: infatti Venosa ha dato i natali al poeta del "carpe diem".

Ripartiamo. Ancora pioggia e fiumi di fango lungo le strade. Un cartello segnaletico avverte: "immaltamenti"!

A RIPACANDIDA ci fermiamo solo per vedere l'interno di S. Donato, all'ingresso del paese. Ha un bellissimo organo ed un ciclo di affreschi, nelle pareti e campate, con soggetti che vanno da Adamo ed Eva al Giudizio Universale, dipinti con molta ingenuità e candore nell'Alto Medio Evo. Per la vena artistica di questi affreschi il paese viene chiamato "Assisi lucana".

Dopo aver attraversato Rionero di Vulture, arriviamo ai LAGHI DI MONTICCHIO e, per la notte, ci sistemiamo al camping-area pic-nic "Europa", sul Lago Grande.

Caruccio, soprattutto in relazione al basso livello dei servizi: 20 € (se però si soggiorna più di un giorno, la tariffa diventa 15 €).

Passeggiata intorno al Lago Piccolo.

Stanotte dormiamo sul Lago Grande, dopo aver appreso che qui sta piovendo da mesi……..e continua a piovere…..

 

26.4.02 - ven. - All'arrivo di 3 pullmann di scolaresche nell'area pic-nic del parco Europa usciamo dal campeggio e facendo il giro del Lago Grande arriviamo all'abbazia di S. Michele, grande costruzione bianca abbarbicata alla montagna, perché ha inglobato alcune grotte. Infatti nell'abside c'è l'ambiente rupestre davanti al quale fu costruita la struttura monastica, con l'edicola di S. Michele, decorata in modo tale da ricordare le chiese e gli ambienti rupestri della Cappadocia.

Dall'interno dell'abbazia, così come dal piazzale della statua del Santo protettore del corpo forestale, si hanno bellissime vedute sui due laghi.

E' arrivato il sole, che ci consente di godere dei bellissimi paesaggi di queste colline, in particolare dei diversi verdi del grano ancora giovane.

Direzione Rionero di Vulture, poi prendiamo verso S. Andrea di Atella. Intravediamo il Monastero di S. Maria degli Angeli, quindi arriviamo ad ATELLA, l'antica "Vitalba", dove ci fermiamo al mercato settimanale. Bellissima l'architettura e la facciata della cattedrale di S. Maria ad Nives, con un singolare portale in pietra del '300, scolpito con motivi di stampo islamico, che non hanno altri riferimenti in area lucana. La piazza del paese e le strade sono movimentate. Un vigile ci consiglia di non perdere la massima attrattiva del luogo: il sito paleontologico, con due zanne di mammouth. I denti in effetti sono ben visibili; il luogo è un po' maleodorante, perché si trova in una collinetta sopra ad una porcilaia. Facciamo raccolta di rucola, da mettere poi in un'insalata mista, che mangiamo con vista sul castello di Lagopesole, distante una decina di km. Da Atella.

Il castello federiciano di Lagopesole è bello, severo e ben conservato, imponente.

Singolare il cartello della Soprintendenza, sul logo UE; dice "Castello di …….Opera finanziata con i fondi della Comunità europea": ha cioè dimenticato di precisare che l'opera è "il restauro", mentre il castello a suo tempo se lo costruì Federico senza i contributi UE. Nel portone d'ingresso l'apertura pomeridiana è data per le 15. Insieme ad altri ci mettiamo in paziente attesa ma, siccome alle 15.35 è ancora chiuso, riprendiamo la strada, con bellissimi paesaggi di campi e boschi, questi ultimi con tanti asfodeli, altri fiori rosa intenso e piccole ginestre. Tantissimi voli di rapaci. La nostra direzione è ACERENZA**. Sosta camper in un parcheggio davanti al bar Royal, sulla strada per il centro storico.

Bella Acerenza. A distanza, vedendola posizionata su una roccia, ci rendiamo conto del motivo per cui viene chiamata "città cattedrale". Suggestivo camminare per i vicoli del centro, con le case bianche e le donne in nero sedute vicino all'uscio di casa ed i vecchi, con la coppola, che fanno piccoli capannelli.

Ce l'avevano anticipato ieri a Venosa, ma finché non abbiamo visto non abbiamo creduto che alcune sculture, che ornano il semplice e bel portale del Duomo sono di figure avvinghiate in posizioni eloquentemente terrene e sessualmente impegnate. L'interno è grandioso e spoglio. Al di sotto del presbiterio c'è la cappella Ferrillo. Illuminata, l'abbiamo trovata particolarmente interessante, esempio di integrazione culturale tra le novità rinascimentali e spunti ancora di matrice romanica. In particolare la nicchia che contiene il sarcofago di Giacomo Ferrillo e Maria Balsa ha una volta a botte che, pur tanto più ridotta, ricorda da vicino la cappella de' Pazzi a Firenze. Interessante il soffitto, diacromo, con prevalenza di blu, e la decorazione pittorica delle pareti, con quattro rappresentazioni.

Il giro intorno alla Cattedrale ne mette in evidenza la complessità architettonica. Superbo panorama al belvedere.

Nel tardo pomeriggio finalmente Raul trova il giornale e Rosanna sceglie un riquadro di una freschissima torta di ricotta, al bar Duomo (sopra c'è il ristorante, con un'interessante carta di piatti tipici).

Seguendo la direzione Bari, dopo aver visto anche una zona a calanchi (la prima, qui in Lucania), ci spostiamo a Tolve. La prova di essere al Sud ci viene data anche dalle greggi che frequentemente incontriamo per strada, per cui ci fermiamo fino a che il pastore non le raccoglie verso un lato della strada, aprendoci in varco per passare.

Anche TOLVE è sicuramente un paese pieno di tracce del passato. Sulla collina, nel punto più alto c'è la statua di S. Rocco, sul belvedere, che sia nel bronzo che in altre immagini che vediamo in giro, viene rappresentato come un gentiluomo spagnolo dei tempi di Cervantes.

Sosta notturna in una piazza del paese, quella che ci contiene, ma che domattina avrà in una parte il mercato a partire dalle 7…. La piazza per la sosta notturna è lungo corso Umberto I, che si prende svoltando a ds. Dopo la piazzetta Pagano, cuore del paese, con bella fontana.

 

27.4.02 - sab. -

Il paese è molto animato già nella prima mattinata. Facciamo spesa nella macelleria Lardiello, di fronte al nostro posto di sosta: uova fresche in un cesto, dove gli avventori si servono direttamente, salsicce lucane con peperoncino e finocchio, fettine di bestiame locale.

Prima delle Dolomiti Lucane, decidiamo che non possiamo non andare a Tricarico.

Il percorso Tolve-Tricarico si sviluppa in strade tra il bosco (lungo strada sono tanti i cipressi, molti con la chioma più scapigliata di quelli toscani), dove ci attraversa tranquillamente la volpe, vediamo bellissimi voli e planate di grossi rapaci, che sfruttano le correnti ascensionali: il nibbio reale, riconoscibile in volo dalla coda di forma a "v", la poiana, che in volo ha la coda piena e l’upupa. Tanti tanti fiori; in questa zona vediamo dei "tulipani selvatici" gialli, molto odorosi. Ci fermiamo e prendiamo in fiore di ogni specie: in pochi minuti raccogliamo un mazzetto di straordinarie varietà.

Al passo d Tre Cancelli (M.te Cupolicchio) troviamo una zona archeologica, con attrezzature. Chiusa. Come in tanti altri casi; strutture, belle, finanziate con i fondi dei progetti UE, non funzionanti. Si capisce la ragione di una presenza turistica così scarsa…

TRICARICO** si riconosce da lontano, per il torrione normanno.

Noi parcheggiamo il camper proprio sotto al torrione (si potrebbe anche pernottare), su consiglio di un vigile, trovato nella centrale piazza Garibaldi.

Portale del convento S. Chiara (non visitabile, perché in restauro), S. Francesco, con il lato dell'orologio che dà sulla piazza centrale. Palazzo Ducale Pignatelli-Revertera (interessante il corridoio esterno d'ingresso ed il doppio portale), dove vediamo la mostra sulle testimonianze archeologiche del Medio Basento "UNA VIA DI TRANSITO DALLO IONIO AL TIRRENO"; molti sono i monili, i vasi e gli oggetti di uso domestico della civiltà ellenistica, che ha lasciato notevoli tracce in queste zone. Il seicentesco Palazzo Griptoleo (di professione "notar"). Arco di Re Ladislao.

Segue poi la parte più suggestiva della città: i quartieri SARACENA e RABATANA (arabo). Al termine del quartiere saraceno digrada sulla valle la Torre Saracena. Il quartiere arabo sembra una kasba di case bianche dai grandi camini, con viuzze e piazzettine che creano labirinti. Non sono zone degradate: le semplici case sono per la maggior parte abitate (come vedremo poi anche nei centri dei paesi successivi), con tanti bambini vocianti, tanti gatti e anziani in nero. Dopo i su e giù per il quartiere Rabatana, arriviamo alla porta Rabatana e poi, con altri saliscendi, arriviamo al torrione.

Da Tricarico si arriva alla ss. Basentana (calanchi), poi, sotto una pioggerella, facciamo alcuni paesi della Comunità del Medio Basento: Garaguso -palazzo Revertera con il loggiato a tre arcate-, Oliveto Lucano -giro del paese. Oliveto è tutto sotto sopra per via della metanizzazione; attualmente la Basilicata ci appare interessata da un intenso piano di metanizzazione, che riguarda la viabilità ed i centri; fino ad ora in questi paesi per gli usi domestici hanno utilizzato la legna. Ogni casa ha la sua riserva di legna, variamente collocata; in giro si incontra frequentemente gente che è andata a far legna, dai tronchi alle fascine, caricata su carretti, carriole o a dorso dell'asino o della mula. In giro per i paesi i camini mandano fumo con un gradevole aroma di fuoco di legna. Senz'altro il metano modificherà in poco tempo queste abitudini. Molte abitazioni dei paesini che stiamo visitando, all'esterno, hanno il forno a legna per la cottura del pane, ancora in funzione.

Toccata e fuga su Accettura. Siamo nel "Parco Naturale di Gallipoli Cognato e delle Dolomiti Lucane".

Decidiamo di passare la notte in uno dei due paesi delle DOLOMITI LUCANE**. Lasciata Accettura prendiamo la strada che valica il Monte Malerba e passa da Gallipoli. Lì c'è il Centro del Parco: l’antico bellissimo complesso di Palazzo (sec. XII), con uffici, chiesa, parco botanico, ecc… Naturalmente: chiuso, eccetto il cancello, e ciò ci consente di entrare a piedi e di girovagare fra gli edifici, ma non c’è possibilità di informazioni.

Arriviamo in vista delle frastagliate punte rocciose delle Dolomiti (Goreme? Le Meteore? La Gallura? Il confronto le avvicina soprattutto ai giochi delle rocce della costa N della Sardegna). Puntiamo su PIETRAPERTOSA (visto che all'imbocco della strada per l'altro paese -Castelmezzano- la strada è parzialmente sbarrata con più cartelli con il divieto di transito- poi ci dicono che potevamo tranquillamente trasgredire, tutti lo fanno, ed il finto sbarramento ha la funzione di meglio reperire i finanziamenti statali per una nuova strada…).

Pietrapertosa ci appare un pugno di case sotto le rocce. Poi giriamo l'angolo ed andiamo all'Alimentari Maria (corso Umberto I). Dopo approvvigionamento di fave, cacio-cavallo e di vino (il suo, un buon rosso che va a prendere a casa), ci dà utilissime indicazioni per visitare il paese e per la sistemazione, alla quale ci accompagna; il piazzale a fianco e dietro al Comune. Intanto scopriamo che dall'altro lato delle rocce si estende tutto il resto del paese, grande, addossato alla montagna, tanto che molte case sono tutt'uno con la roccia, che si incunea all'interno dell'abitazione.

Giro per le scalelle del paese.

 

27.4.02 – dom.

Caffè al bar centrale, nel palazzo liberty del paese: € 0,60.

Trekking PIETRAPERTOSA**-CASTELMEZZANO**. Impegnativo: dai 1088 m. del primo paese, che è il più alto della Basilicata, scendiamo fino in fondo al torrente Caperrino, attraversiamo il ponte pre-romano ad unica arcata, giriamo il vecchio mulino Setari, passiamo dal cimitero e arriviamo ai 770 m. di Castelmezzano.

L'ambientazione dei due paesi, entrambi sovrastati dalle rocce delle Dolomiti, è bella da mozzare il fiato. Castelmezzano ha la maggior parte delle abitazioni rimesse a nuovo, con salvaguardia dell'originaria struttura. Dopo l'attraversamento di tutto il paese e delle sue scalelle, arriviamo ai piedi delle rocce. Purtroppo, non essendo provetti scalatori attrezzati, non riusciamo a salire per la ripidissima scaletta intagliata nella roccia che sale sulla sommità del pinnacolo centrale, in quanto è venuto a meno l'accesso per la partenza. In passato la sommità serviva come sito di vedetta militare.

Ritorniamo alla piazza del paese e ripartiamo fino alla bianca chiesetta di S. Maria (è raggiungibile anche per una comoda strada e vi è uno spiazzo per poter sostare in tranquillità) e oltre, dove ci sono sentieri che portano ai belvederi.

Il Comune di Castelmezzano è in un piccolo edificio, con l'ingresso sovrastato da un ovale con dipinti due cavalieri. In una bacheca comunale, più sotto, a fianco della chiesa, troviamo un ritaglio di stampa, dove sono elencati i 14 più bei borghi della Lucania vedere in fondo.

Rientro a Pietrapertosa molto impegnativo, per la salita proprio marcata.

Altro giro per il paese: chiesa madre, con bei dipinti dietro all'altare, pitture rupestri ed i balconi e i portali, alcuni magnifici, di via Garibaldi.

 

Lasciando paesaggi di colline coltivate a frumento che si alternano e boschi e a calanchi, si arriva in vista dell’Appennino che si affaccia sulla Valle del Basento che, a sud-est di Potenza, si innalza conformazioni rocciose scolpite da mille erosioni: sono le Dolomiti lucane, così bizzarre e affascinanti da meritare –da sole- un viaggio in Lucania.

Pareti di pietra si ampliano, si restringono, si deformano con l’erosione formando delle sagome uniche e impressionanti: gli agenti atmosferici e l’instabilità dei versanti dovuta alle frane, hanno fatto e fanno l’azione di modellamento, che produce una lenta ma costante modificazione del paesaggio.

Il nome Dolomiti, infatti, più che a vere e proprie rocce dolomitiche, si riferisce all’aspetto aspro e frastagliato dei profili delle montagne, costituite da pietra e arenaria compatta.

Custoditi tra le Dolomiti lucane, e loro custodi, ci sono due paesi:

» Pietrapertosa: abitanti 1447 – altitudine mt. 1088

Il toponimo deriva dal dialetto locale "pertusa", riferendosi alla conformazione della roccia forata.

e

» Castelmezzano: abitanti 1000 – altitudine mt. 890

Fatti di case costruite sulle rocce, di contrade bianche, vicoli stretti, di scalelle; gli abitanti dei due paesi hanno dato nomi fantasiosi alle vette che incombono su di loro, forse per mitigare la sovranità della montagna. Da non perdere sono le fortificazioni dei due paesi, roccaforti erette ai tempi degli Svevi e dei Normanni. Di lì, l’orizzonte è ai nostri piedi!

Le Dolomiti lucane consentono di vedere specie endemiche rare e sono inserite nel Parco di Gallipoli Cognato, di oltre Ha 27, con i verdissimi boschi di Gallipoli, Croccia e Montepiano, percorsi da una fitta rete di sentieri che danno la possibilità di entrare in contatto con elementi naturalistici e storici.

Punti di riferimento per organizzare un soggiorno:

Pietrapertosa: Comune tel. O971-983002

Albergo-ristorante "Il Frantoio" – tel. 0971-983190

Bed&Brekfast "Penelope e Cirene" di Teresa Colucci

Castelmezzano: Comune tel. 0971-986041

Albergo-ristorante "Dolomiti" tel. 0971-986075

 

28.2.02 - lun.

La mattinata è dedicata ad un accurato giro per Pietrapertosa, per il dedalo di viuzze e le rocce dalle forme più fantasiose: l'aquila, il gufo, il becco della civetta,… Partiamo dalla chiesetta romanica posta alla propaggine del paese, poi saliamo al castello, il fortilizio saraceno, incuneato nelle rocce. Saliamo scalini scavati nella roccia, raggiungendo altezze notevoli, che consentono di vedere le Dolomiti Lucane a 360°. Visita esterna alla Chiesa Madre, poi ritorniamo ancora nella Rabata, per via G. Sepe, che è la direttrice principale della parte più antica, ed i vari vicoletti. Ci sorpassa un signore sistemato sul basto di un mulo, arriva alla base delle scalelle e noi ci chiediamo dove mai parcheggerà l'animale. Con la massima disinvoltura invece comincia a salire le scale in groppa al mulo, con un gran sferragliamento degli zoccoli, e lo vediamo sparire in alto, dopo alcune rampe. Stupefacente.

Spesa all'alimentari Maria e Michele (via Umberto I°), ripartiamo in direzione Bosco di Montepiano (foresta bellissima, sottobosco tutto fiorito e carrareccie) fino a Stigliano.

Dal centro di Stigliano prendiamo la 103, direzione Craco, per intraprendere l'itinerario delle MASSERIE, edifici di vita rurale generalmente risalenti al periodo post-unitario costituiti da un edifico principale quale centro logistico delle attività agricole e residenza estiva del proprietario, oltre ad altre strutture di servizio e, spesso, al jazzo per l'allevamento degli ovicaprini. La direzione di queste strutture era affidata a uno o più massari, che gestivano figure di salariati. L'inizio degli anni '50, con la riforma agraria e la distribuzione delle terre, segna il declino delle grandi e medie masserie che hanno perso la loro funzione e in molti casi appaiono abbandonate. Giriamo verso S. Spirito e dopo pochi km troviamo la Masseria Palazzo S. Spirito che (vedere articolo su Itinerari e Luoghi - n. 109 genn. 2002) viene indicata come l'esempio più rilevante di masseria fortificata delle aree interne della Lucania.

Siccome piove e la strada diventa un sentiero sbrecciato, non proseguiamo a piedi, come previsto, ma continuiamo la strada verso Gannano, poi giriamo verso Calvera, dove vediamo alcune masserie, lo splendido jazzo Digilio -visto da lontano, e guardato bene anche con il binocolo, per non incappare nei numerosissimi, poco pazienti, cani bianchi dei pastori-. Parliamo a lungo con un pastore, che ha un enorme e splendido caprone nero, e che ha lavorato 24 anni al petrolchimico di Pisticci.

Lungo la 103: Masseria del Monte e Masseria Indorata.

Si arriva alla "città fantasma" di CRACO, spettrale paese abbandonato a causa di una frana, nel 1964, ultima di una serie di smottamenti iniziati alla fine dell'800. Guardiamo ciò che si vede dalla strada esterna; non ci pare che il divieto di entrare nel paese sia trasgredibile, perché quello che è rimasto in piedi è sbilenco e cadente. Tra non molto tempo sarà un cumulo di macerie. E pensare che intorno al 1260 era talmente fiorente che divenne sede Universitaria! Quasi tutti gli abitanti di Craco si trasferirono più a valle, a Peschiera.

Raggiungiamo la ss. 104 sinnitica e andiamo a S. Maria d'Anglona**, splendida chiesa e unico edificio rimasto del borgo che era sorto intorno al 1000 sul sito della greca "Pandosia".

Ci dirigiamo verso Tursi, e siamo nel cuore della zona dei CALANCHI** argillosi. Lo spettacolo è reso più affascinante del colore del tramonto.

Arriviamo a TURSI e troviamo sistemazione per la notte nella piazzetta adiacente la Comunità montana. Domattina nella piazzetta c'è il mercato settimanale del martedì. Puntiamo la sveglia presto, per non trovarci accerchiati dalle bancarelle. Non è un problema alzarci prima, perché qui ci sono talmente tante cose da vedere che le giornate bisogna intensificarle al massimo.

 

29.4.02 - mart.

Visita di TURSI, in particolare la parte vecchia. Attendiamo l'apertura della chiesa Rabatana, segnalata per le 10: non accade. La vallata su cui sorge Tursi, di terra rossa, è piena di grotte, agavi, ulivi e fichi d'India, molti con i frutti maturi.

Prendiamo la sinnica (viste di Valsinni e Colobraro) e arriviamo a SENISE, dopo aver attraversato il lago di Monte Cotugno, formato dalla diga di Senise; siamo ai confini del Parco del Pollino e vediamo le cime più alte ancora innevate.

Bellissimi il coro e il polittico di Simone da Firenze (1523) e gli affreschi posti in due nicchie in fondo alla navata, in particolare una semplice crocifissione del XV sec.

Ci spostiamo a CHIAROMONTE, paese situato all'interno del Parco Nazionale del Pollino.

Vediamo il Palazzo Giura, con bel portale e torre cilindrica merlata; quel poco che è rimasto del Castello dei Sanseverino e l'esterno della chiesa di S. Tommaso, frutto di un recente riuscito restauro, il belvedere, da cui si ha la vista sulla vallata del Sinni (non c'è acqua, ma un letto esteso, simile a quello del fiume Marecchia). L'inserimento di Chiaromonte nella lista dei "più bei borghi d'Italia" ci aveva creato delle aspettative, e la visita ci delude un po'. Nella centrale piazza Garibaldi chiediamo agli anziani del paese, asseduti sulle panche, la direzione per Sant'Arcangelo. Dopo l'indicazione e i saluti, appena ce ne andiamo sentiamo: …sono quelli in roulotte! Evidentemente sanno bene quel che accade nel loro paese.

Passiamo per Castronuovo di S. Andrea (decisamente in salita), Roccanova (viene indicato da una tabella all'inizio del paese come paese del vino, ma non troviamo traccia di vendita).

Arriviamo al CONVENTO DI ORSOLEO, prima di proprietà dei Marra, dei Carafa, dei Colonna e poi acquistato dalla Regione che lo ha recuperato, restaurato (ora si presenta da lontano, in mezzo al verde dei campi di grano, di un bel pastello rosato) e dato in gestione alla Comunità Montana. Infatti ci accolgono tre signore, dipendenti par-time della Comunità, che ci danno informazioni, l'opuscolo descrittivo e il cd rom dei 5 Comuni (Santarcangelo, Roccanova, Missanello, Gallicchio, Armento). La chiesa è decorata in modo singolare; molto belli la cantoria e il coro, con un intaglio in legno che rappresenta la Madonna e due animali: orso e leo(ne)= ORSOLEO. Dalla scala che conduce al pulpito è possibile vedere un particolare delle volte del convento, non visitabile perché in restauro. Belli sono la torre campanaria e l'esterno della cupola, elegantemente decorata da un motivo di coppi ad anelli a rastremazioni successive.

Le dipendenti della Comunità ci insegnano anche qual è il fiore del lampascione, per riconoscerlo.

Prima di S. Brancato (la parte nuova di Sant'Arcangelo) c'è la Torre Molfese (chiusa); a Sant'Arcangelo ci fermiamo al supermercato, che è abbastanza grande, una vera rarità!

Prendiamo per ALIANO**, una bellissima strada tra i calanchi. Superiamo Alianello e Aliano Nuova. Prima di arrivare al paese la strada è interrotta causa frana e, sotto alla sede dove ricostruiscono la nuova strada, hanno organizzato una deviazione, ammessa ai mezzi fino a 3,5 ton. Noi ci rientriamo e…via. Si tratta di un otto volante su montagna russa e, dopo aver fatto strettoie, cure e saliscendi, all'ultimo otto in curva le ruote… ahnoi…slittano e non riusciamo a proseguire. E' stato un attimo di vero panico, posti a penzoloni sui calanchi. Gli automobilisti che teniamo bloccati con il nostro ingombro, coordinati dal vigilie che nel frattempo è a arrivato con lo scuola bus, spingono il mezzo, consentendoci di arrivare in paese. Poi ci raggiunge il vigile, che si presenta come Vigile Cifarelli, e ci dà indicazioni utili sulla sosta (nella piccola piazzetta all'ingresso del centro storico della parte vecchia, con fontana) e sul paese. Camminata nelle vie del paese, alla ricerca della casa dove visse il confino Carlo Levi durante il periodo fascista, con lettura delle targhe su terracotta che, riportando stralci di vita vissuta dallo scrittore, ce lo descrivono così come lui l’aveva visto e vi ambientò il suo romanzo più celebre "Cristo si è fermato a Eboli".

 

1.5.02 - merc.

Mattinata dedicata ad ALIANO.

La ragazza del Bar Centrale ci racconta della vita del paese, le attività del Parco "Carlo Levi" ed i premi letterari che ogni anno vengono organizzati. Ci dice che la sistemazione della casa Carlo Levi sarà completata a settembre; in tale occasione aprirà anche la piccola pinacoteca da allestire nell'edificio in sasso posto nella piazzetta dove abbiamo dormito, con quadri di Carlo Levi prestati a rotazione da musei italiani che li detengono. Oggi l'edicola è chiusa e i quotidiani sono in vendita al Bar Capriccio, allineati su alcune seggiole (così come a Pietrapertosa di domenica, con l'edicola chiusa, i giornali sono in vendita dal barbiere).

Nelle strade vediamo donne che portano ancora la grande secchia dei panni lavati in bilico sulla testa.

Andiamo al cimitero, in fondo al paese, dove è sepolto Levi, sulla terra (n. 1902 - m. 1975). Poi andiamo alla casa dove egli visse da confinato, all'altro capo del paese, vicino all'otto volante. La casa egli l'ha abitata nella parte superiore, dipinta di bianco, con i profili azzurri di porte e finestre, mentre al piano terra è sistemato un magnifico frantoio per l'olio, che va ad occupare con le volte anche l'abitazione vicina.

Non ripercorriamo la strada della sera precedente, che sarebbe molto più breve, ma andiamo verso N, poi giriamo ad anello riprendendo la Val d'Agri, ,saltiamo Missanello e Gallicchio, e andiamo ad ARMENTO*. Lasciamo il mezzo alla base della parte più antica del paese, saliamo le scale coperte d'erba. La parte più antica, molto abbandonata, e quella un po' più nuova, sono collegate da un sentiero lastricato, dove incontriamo un piccolo e magro signore col cane che, al ritorno, ci consiglia di vedere Palazzo Terenzio. Nella parte meno antica, dopo che una donna che aveva messo del pelo di pecora steso al sole convince la ragazza dall'auto viola a portarci la chiave, vediamo la chiesetta di S. Vitale, che all'interno è tutta affrescata e che un tempo era la cripta della chiesa-madre, rovinata anni fa a causa di infiltrazioni d'acqua. Al ritorno ci fermiamo a Palazzo Terenzio; il signore magro abita di fronte, ci mostra i suoi 5 cani e si offre di guidarci per ripide scale a esplorare ambienti che si presentano come il tempo li ha lasciati: magnifici forni semisferici, vecchi camini a vani, la cantina nella roccia con il vascone dove si pigiava l'uva e si filtrava il mosto, i pertugi scavati dai soldati nella guerra mondiale. Il signore, che è Andrea Violante, ci racconta un pezzo della sua storia (in parte passata in Germania) e, soprattutto, ci fa rivivere le immagini della vita di paese com'era. Prima di accomiatarci, Andrea ci dona una grossa vecchia chiave completa di serratura: ai nostri dinieghi insiste, perché -ci dice- dandovi questa, posso immaginare di avere una famiglia in Romagna.

Andiamo a Montemurro, poi, avendo in vista le verdi acque del lago artificiale del Pertusillo (con sponde molto boscose), ci fermiamo a Spinoso.

Passando per Sacconi andiamo a Molinterno, sovrastato da un Castello poco caratterizzato (famoso il pecorino canistrato - brutta quanto mai la facciata della chiesa-madre), poi alla zona archeologica di GRUMENTUM. La zona è molto ampia, con i resti romani del foro, della basilica, delle terme repubblicane e di quelle imperiali, soprattutto del teatro e dell'anfiteatro. Vicino alla zona archeologica ed al museo (aperto fino alle 20) c'è un campeggio. Noi andiamo a cercare sistemazione notturna a GRUMENTO NOVA e ci sistemiamo tranquillamente nel cuore del paese, nella piazzetta di fronte al Comune con veduta sulla Val d'Agri, poi facciamo una lunga chiacchierata con un gruppo di uomini locali. Tra le altre notizie, ci confermano che in questa terra non esistono vini etichettati e commercializzati, a parte l'Aglianico. Perché ognuno il vino se lo fa da solo, con l'uva del suo pezzettino di vigna, e quindi non sono seguite né le tecniche d’invecchiamento né la commercializzazione dei vini. E, ci dicono, per avere certezza di mangiare tipico e genuino va meglio l'agriturismo.

 

2.5.02 - giov.

Partenza da Grumento, dopo aver fatto rifornimento di cacio-cavallo e di pecorino canestrato.

Direzione Viggiano e Laurenzana. La strada che conduce a quest'ultimo paese passando per il bosco della Riserva naturale dell'abetina (che ci hanno vivamente consigliato) ha il divieto per i mezzi di larghezza >m.2. Con i nostri m. 2,22 giriamo verso CORLETO PERTICARA, dove andiamo a prendere un'enorme pagnotta cotta nel forno a legna.

Poiché chi, del nostro equipaggio, funge da autista comincia ad avere il rigetto dei tornanti {e come dargli torto?}, rinunciamo ad andare a GUARDIA PERTICARA, che dovrebbe essere molto bello -struttura mediovale e abitazioni in sasso- ma che sembra avere una strada infame (e poi Guardia, come Marsicovetere, Calvello, Brienza, Picerno, ecc…, saranno un motivo per tornare qui in Lucania per un nuovo viaggio….).

Prendiamo per Castelmezzano seguendo una strada interpoderale per una ventina di km. Ci dirigiamo a CAMPOMAGGIORE, dove ci fermiamo all'agriturismo-ippoturismo "La fattoria del Conte". Lì, davanti alla cicoria selvatica con i pomidori secchi e all'agnello arrosto, il gestore Mario Caprara ci dà indicazioni sulle interessanti possibilità escursionistiche che offre la zona.

Arriva il sindaco del paese, con cui abbiamo uno scambio di vedute. Lui ci chiarisce che non è proprio vero che Basilicata e Lucania siano sinonimi; la regione nacque come Lucania (da terra di "luce" o terra di boschi "lucus", o da Lyki, popolazioni nomadi dell’Anatolia centrale che si insediarono nella zona dopo aver attraversato l’Adriatico), poi per ragioni politiche si preferì chiamarla Basilicata; in realtà dove noi siamo è Lucania, mentre il resto è ad est, oltre il fiume Bradano e nel materano. Il sindaco e Mario ci parlano anche di una suggestiva rappresentazione storica, con rievocazioni del periodo del brigantaggio, organizzata vicino a Brindisi di Montagna, con la scenografia di Rambaldi (quelli di ET) e visibile ogni fine settimana da giugno a settembre.

Il resto del pomeriggio Mario ce lo fa trascorrere visitando il suo uliveto e CAMPOMAGGIORE VECCHIO**.

In uno scenario altamente singolare, tra le colline rocciose della Valle del Basento, si presenta il nucleo antico che, dal 1673, entrò a far parte dei possedimenti del Conte Rendina, famiglia di stampo illuminato che avrà un ruolo rilevante per la storia del paese fino alla fine dell'800. Infatti Campomaggiore Vecchio era il paese dell’utopia sociale, progettato su indicazioni di Teodoro Rendina, ispirandosi alla teoria dei socialisti del tempo, Owen e Fourier.

Nel 1885 un movimento franoso di grande portata determinò l'abbandono del paese e oggi sono rimaste una serie di rovine architettoniche di grande pregio nell'impianto urbanistico a scacchiera, di cui c'è ancora traccia. Il Palazzo Baronale aveva 99 stanze; a fianco la diruta Chiesa di Santa Maria del Carmelo, dentro cui crescono fichi e asparagi, mostra ancora intatto il campanile. Saliamo sulla cima della collina, dove ci sono tante greggi, il frantoio che faceva parte del villaggio, il laboratorio del vino e un bel palazzo, scoperchiato, residenza estiva dei Rendina, chiamato il Casino della Contessa. Con Mario ci addentriamo nel Palazzo, cucina, dispensa e la magnifica tromba dello scalone, tra le ortiche e alte erbe spontanee.

Vediamo le sculture di Campomaggiore nuova, esito del simposio biennale, poi ci dirigiamo verso la via Appia e, passando per Vaglio Basilicata, imbocchiamo la 658 (detta anche "superstrada dell'Aglianico"); arriviamo fino a Barile, dove ci sistemiamo per la sera nel piazzale della stazione, "disturbati" solo dagli uccellini che cantano per tutta la notte.

 

3.5.02 - ven.

Andiamo a Rionero sul Vulture, a prendere l’unico vino DOC della regione, l’Aglianico, un rosso di 12.5°.

Qui ci sono 3 cantine: la Sociale, la cantina Martino e la cantina D'Angelo.

Cominciamo a lasciarci alle spalle la Lucania e via per Candela - Foggia, puntiamo verso il lago di Lesina, per andare a mangiar l'anguilla. Dopo una puntata a Rodi Garganico, facciamo sosta sotto la torre di Mileto, tra i 2 laghi.

Pomeriggio rilassante. Cena con il pesce della bancarella del piazzale e primizia di ciliegie del contadino.

 

4.5.02 - sab. – Siamo a Portonovo, sul mare.

5.5.02 – dom. – Ancora un po’ di mare e di relax a Marotta, poi alle 16 siamo a casa.

P.S. La pagnotta di Corleto Perticara, cotta nel forno a legna, ci durerà per 10 giorni.

 

centri della Basilicata, < 2.000 abitanti, indicati come i + bei borghi d'Italia per la ricerca ANCI:

Aderenza**
Castelmezzano**
Pietrapertosa**
Venosa**
Tricarico**

Montescaglioso
Miglionico
Chiaromonte

Picerno
Satriano di Lucania
Rivello
Molinterno

Montemilone
Maratea

Legenda:

parti in corsivo: sono indicazioni per la sosta cameristica, utili a chi intenda intraprendere lo stesso viaggio;
parti in giallo, con asterischi: località toccate e valutate particolarmente interessanti
.

Km. totali percorsi: 2150 Km. percorsi in Lucania nell’anello da Melfi a Melfi: 920

Bibliografia:Plein Air n. 314 / n. 341 / n. 356 – Itinerari e Luoghi n. 13/93 e n. 109/02 – Guida escursionistica e carta "Parco Naturale di Gallipoli C. e Dolomiti lucane", a cura della Regione Basilicata – Pianeta Sud 2001, a cura della Provincia di Potenza