Scopi socio-educativi

 

Sui contenuti socio-educativi nonché sportivi di questa arte marziale occidentale chi meglio di Bernard Plasait potrebbe esporli? A lui lasciamo la parola:

“Ma quest’arte della canne, ricca di un così folcloristico e commovente passato può oggi essere rivalutata? Senza dubbio, perché questa è un’arte, con le sue leggi e regole d’onore ed un’epoca come la nostra ha proprio bisogno di esercitazioni energiche per educare i suoi giovani e pacifici guerrieri. Certamente la canne è di origini modeste, ma i suoi scopi furono sempre elevati e bastano a giudicare il nostro interesse. Il diploma ornato di nastri dei cannisti di un tempo garantiva il valore e l’onore del suo titolare, ed apparteneva sovente ad uno di quegli operai che facevano come tirocinio per il loro stemma e la cintura il giro della Francia per vie traverse.
I malviventi non se la pigliavano  certo con questi esperti di colpi, i “bout volant” che li sapevano proteggere così bene.
Il diploma implicava il rispetto verso i deboli. Affermava la cura oltre che difendere se stessi, anche di proteggere l’incolumità del prossimo.
Interpretazione lontana, popolare e pia della vecchia cavalleria francese, naturale sostenitrice dei deboli. La canne oggi è uno sport ma viene praticata sempre con lo stesso spirito di distinzione. Ella è erede di idee nobili e generose e lo è anche di efficaci tattiche di attacco e di difesa.
La canne da combattimento è uno sport che si può impiegare con risultati formidabili nella difesa contro eventuali assalitori. Bisogna averla vista nella pratica degli assalti ed aver soppesato la pesante canne da difesa, in pruno o corniolo, per poter immaginare la potenza distruttrice che un iniziato può dare ad un semplice pezzo di legno(…)
La canne da combattimento è una scherma rustica, con un’arma di legno, ma non senza finezze. E’ certo meno sottile della scherma con le armi di metallo. Tuttavia anch’essa richiede e sviluppa le qualità fisiche e morali che fanno virili gli uomini.
Essa è pure una forma di espressione. Il tireur può, senza pericolo, dare libero corso alla sua invettiva ed alla sua immaginazione vedendo i suoi errori immediatamente ratificati.
Ma lo spirito deve presiedere a questo gioco appassionante, l’impegno fisico non deve essere da meno.”

Conclude:

“Infine vorremmo denunciare il pericolo che minaccia questo sport nella sua marzialità. Sotto il pretesto che la canne non è più un’arma inseparabile del cittadino, come lo fu un tempo, alcuni vorrebbero modificarne le regole.
L’assalto che non impone l’efficacia estrema che richiederebbe la difesa nella strada qualcuno vorrebbe che fosse “dolcificato”. Conosciamo questo rischio, perché anche la Boxe Francese per dei motivi analoghi, ne ha subito a suo tempo le tristi conseguenze.
Questo quando la paura dei colpi aveva trasformato il combattimento in un assalto alla “touche” ed i colpi di piede erano divenuti dei graziosi colpi di pantofola pedanti ed inefficaci. Si parlava allora di merletti per qualificare questi combattimenti.
Combattimenti effemminati e pieni di inutile grazia.
I castratori argomentano:
“la scherma ha modificato le sue tecniche, la sciabola ha ridotto i suoi mulinelli che sono ora limitati e prodotti dal solo polso, perché allora la canne non fa lo stesso?”
Semplicemente perché la sciabola è un arma tagliente e pungente e si può senza tradire i suoi fondamenti portare un colpo d’ampiezza limitata senza minare la sua efficacia teorica. La canne è al contrario contundente e la sua efficacia non può derivare che da un largo movimento ampiamente sviluppato, che la lancia con vigore.
Stringere il mulinello vorrebbe dire privare lo sport della canne della sua sostanza.”

Quest’ultima argomentazione di Plasait ci da lo spunto per concludere il nostro viaggio con alcune precisazioni.
Innanzitutto la “Canne italiana” è abbastanza diversa da quella francese e le differenze si possono collegare proprio al discorso sopra esposto sui mulinelli: lo stile italiano si basa sui mulinelli a differenza di quello moderno francese e tutti i suoi colpi sono conseguenti ad un mulinello; i francesi hanno sintetizzato la canne moderna a sei colpi senza considerare i colpi di punta, ancora presenti nel nostro stile.
Tutto per favorire la velocità. Ma come ha detto Plasait la potenza di un colpo è data dal mulinello e con un buon allenamento si possono raggiungere velocità elevate; Lecour non riusciva forse a vibrare duecento colpi al minuto?
Non vogliamo certo aprire una diatriba con i francesi, non sarebbe il luogo adatto; vogliamo solamente essere chiari sui motivi che ci hanno portato a staccarci dallo stile francese creandone uno tutto nostro.

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