CORSA AD OSTACOLI

 IL COMITATO DI RIESUMAZIONE

La corsa di Pasqualino verso la santità sembra rallentata da prove ed ostacoli. La prima prova gli viene da sua madre che, vedendolo deperito, gli consiglia di tornare a casa fino a che non si fosse ristabilito. Ma Pasqualino si oppone con l'energia di un adulto, affermando che non c'è nessun bisogno di tornare a casa perché si sente bene e che è contentissimo della sua vita. "Madre mia, risponde, io qui sto benissimo, grazie a Dio; ogni tuo tentativo per allontanarmi da questo Santo Luogo riuscirà vano, perché Iddio vuole che io rimanga. Se mi ami veramente e cristianamente, lasciami in pace, col mio Buon Gesù". Neppure l'insistenza del rettore e di qualche suo compagno riesce a smuoverlo.

Ma un altro ostacolo arriva dal papà Alfredo, che sognava di vedere Pasqualino avvocato o medico, sapendolo intelligente e studioso. Le prova tutte. Ricorre persino a un sacerdote che scrive dall'America a Pasqualino, invitandolo a lasciare il seminario. Per fortuna Pasqualino incontra di nuovo il missionario passionista che gli aveva consigliato di entrare in seminario. Il religioso lo rassicura e gli fa capire che bisogna obbedire prima a Dio e poi agli uomini. "Sì, sì, Padre mio, si consola Pasqualino, è meglio ubbidire a Dio che al padre terreno, il quale è soggetto agli errori e smarrimenti del sentire umano". Sulla busta dell'ultima lettera del sacerdote americano scrive a caratteri cubitali: "ALEA JACTA EST" (Il dado è tratto).

La sua fermezza disarma per sempre i genitori che si convincono che è meglio lasciare libero Pasqualino di seguire la sua strada. Una lettera scritta alla madre il 5 maggio 1929, per informarla della visita ricevuta da un suo compare e dalla di lui sorella diretta a Roma per farsi suora, rivela la grande convinzione di Pasqualino: "Il giorno 29 aprile vennero a trovarmi nelle ore pomeridiane il Signor Umberto insieme con sua sorella Bettina. Io fui molto contento di aver riveduto, l'ultima volta, questa santa giovane. Con me non poté parlare a lungo perché non avevo il tempo; mi disse che andava a farsi suora per rispondere alla chiamata del Signore, e che ci saremmo riveduti in Paradiso. Sappi, cara madre, che il dono fatto da Dio a questa pia giovinetta, dandole una così santa e nobile vocazione, è raro. Io, da parte mia non manco mai di pregare Dio e la Regina del Sacerdozio, per la mia vocazione e prego di dare anche al mio fratellino una bella vocazione religiosa".

Nel novembre 1929 scrive una lunga lettera a Padre Ireneo che si trova al santuario di San Gabriele. Gli domanda preghiere speciali per rafforzare la sua vocazione e per superare le tentazioni: "Ho ripensato alle sue parole, ed ho visto che p brutta cosa rimanere nel mondo. Anche stando qui sono tentato molte volte, almeno credo, a fare del male e chi lo sa che cosa ne sarebbe se io fossi fuori. La vorrei vicino a me per dire quale dolore provo da certe immaginazioni brutte …. Ho fatto buoni proponimenti, ma gli scoraggiamenti e timori me li annullano. Padre mio … compatisca le mie miserie e preghi per me".

Il sacerdote passionista gli risponde: "Guarda la Stella, invoca Maria … Coraggio, coraggio, figliuolo; sotto lo sguardo di tale Madre non si può perire. San Luigi, San Gabriele dell'Addolorata … tutti i santi trionfarono sotto la Protezione di Maria Santissima".