LO SPRINT FINALE

 LA TOMBA DI PASQUALINO CANZII

L'aspetto esteriore di Pasqualino, secondo molti testimoni, rispecchia la bellezza della sua anima. È un bel ragazzo, piuttosto alto, biondo, il viso pieno, la fronte alta e spaziosa, occhi vivissimi, portamento nobile e modesto allo stesso tempo. A quindici anni ci si prepara a gustare in pienezza tutta la vita. Anche Pasqualino ha tutta le vita davanti e sogna il giorno in cui sarà sacerdote e potrà proclamare a tutti l'amore di Dio. Ma troppo tardi si accorge il suo corpo è minato dalla terribile tubercolosi. Nel gennaio 1930 la malattia esplode in tutta la sua brutalità. Quando capisce che ci sono poche speranze, Pasqualino, come il suo santo protettore San Gabriele, non perde la sua giovialità e accetta il disegno di Dio, anzi accelera in uno sprint finale verso la santità. Il pensiero della morte, anziché turbarlo, lo allieta, perché sa di essere vicino al traguardo.

Nelle ultime lettere ai suoi cari fa balenare il presagio della fine: "I giorni passano velocemente; chi sa che la morte non sia vicina? Andiamole incontro con intrepidezza; riceviamola come principio di una vita più bella: Iddio ci aiuterà con la sua infinita carità". Molti anni prima ha promesso di portare scolpite nel cuore le parole di Santa Teresa "Prima patire e poi morire". La quotidiana meditazione sulla passione e morte di Gesù ha forgiato bene l'animo di questo ragazzino, che non barcolla di fronte alla sofferenza e alla sicura morte. Ricorda bene quello che ha scritto qualche anno prima: "Per amore di Gesù appassionato sopporterò qualunque pena; sarò modesto, umile, rassegnato; e farò tutto con grande fiducia nell'aiuto potente ed assoluto del Cielo".

Nella malattia il giovane seminarista ripete spesso: "È troppo poco, mio Dio! Oh! Quanto vorrei soffrire …; ma ti offro queste piccole pene in espiazione dei miei peccati!". La malattia intanto si aggrava, la febbre lo consuma ogni giorno di più. Alla mamma e alla nonna, che lo assistono amorevolmente negli ultimi giorni, dice: "Si avvicina l'ora beata: sono felice! Iddio mi chiama. Tu mamma mia, non piangere: è necessario che io parta da questo mondo; insieme, facciamo al Signore un'umile offerta della mia vita e del tuo fervido amore materno. Un giorno, lassù, io pregherò per te, per la nonna, per il babbo, per il fratellino, per tutti". "Sì, riesce a balbettare mamma Semira, per amore di Dio benedetto, sia fatta la sua adorabilissima volontà".

Pasqualino è ormai alla fine. Gli vengono dati gli ultimi sacramenti. Riesce solo a esclamare: "Gesù, Mio Dio, spandete ancora sul vostro figlio redento un raggio della Vostra Augustissima Grazia, e io sarò tutto vostro, sarò santo". Io suo fisico sofferente è ormai allo stremo, ma non perde mai la serenità e il sorriso. Il suo viso diventa sempre più luminoso, gli occhi fissi sul tanto amato crocifisso, che stringe al petto mormorando di tanto in tanto: "Gesù, vengo …".

Muore nel seminario di Penne il pomeriggio di venerdì 24 gennaio 1930, dopo pochi giorni di malattia, mentre fuori il campanone del Duomo ricorda l'ora della morte di Cristo. La notizia della morte di Pasqualino fa il giro della città di Penne in un baleno. Tutti sono convinti che e ripetono all'unisono che "è morto un santo".

Nel ricomporre la salma vengono trovate due lettere scritte alcuni giorni prima della sua malattia a Gesù e alla Madonna. Quella indirizzata a Gesù, del 19 gennaio, ripete ancora una volta il leit-motiv della sua vita, il desiderio di farsi santo, pru nella consapevolezza di essere un peccatore: "Io voglio farmi santo, presto santo, grande santo. Perdonatemi se sempre ve l'ho promesso di farmici e non ho fatto mai niente … Signore, Padre Mio, dimenticate i miei peccati, ridonatemi la vostra amicizia, ricevetemi ancora per Vostro Figliolo, beneditemi perché io voglio farmi santo. Oh! Amor mio, i giorni passano ed io sono sempre fermo, non sia più così, santo a ogni costo vuol farsi il misero, il più cattivo Vostro figliolo".