UNA MORTE CHE É UN TRIONFO

 

LA PROCESSIONE DEL 4 LUGLIO 1999

La sua morte è stata una vita breve ma ricca di contenuto, che la morte non ha distrutto ma solo esaltato. Lo stesso vescovo monsignor Carlo Pensa nella notte in cui la salma di Pasqualino viene esposta in Cattedrale, non riesce a distaccarsi da lui. Una forza misteriosa lo trattiene accanto al ragazzino passato su questa terra come una meteora di santità. I funerali, presenziati dal vescovo, sono un trionfo. Tutta la città di Penne partecipa. 

Altrettanto solenne è l'omaggio che Bisenti riserva al suo piccolo grande figlio, che viene sepolto nel cimitero del paese, alla presenza di mamma Semira (che morirà il 4 Agosto 1969 a Baltimora). La folla si assiepa intorno al feretro gridando: "Il santino! Il santino". 

Nell'elogio funebre monsignor Amedeo Dolceamore, professore di Pasqualino, ricorda che i suoi compagni non lo hanno mai "visto mancare alla regola, anche ad una piccola regola. Compiva il suo dovere di chierico e di studente fedelmente, costantemente, interamente, con umiltà e forte bontà". Tutti a Bisenti sono convinti che è morto un ragazzo che non ha fatto nulla di straordinario, ma ha solo vissuto con coerenza il Vangelo e osservato la regola di vita del seminario. E sono sicuri che presto da quella tomba si sentiranno fremiti di risurrezione. 

Intanto la vita del seminario di Penne continua, ma d'ora in poi nulla sarà come prima. Pasqualino ha lasciato dietro di sé un indelebile profumo di santità. Il rettore ripete spesso durante la scuola che: "Canzii sarà il protettore del nostro seminario come un Domenico Savio ... noi lo ricorderemo sempre, perché ha lasciato di sé un'ottima memoria". E il vescovo monsignor Pensa lo addita agli stessi seminaristi come un vero modello: "La morte del povero Canzii (o meglio non povero, ma fortunato) è stata per noi una scossa stragrante, per farci stare sempre preparati ... Quello sì che aveva capito .... Il Signore ce lo ha tolto forse perché noi non eravamo degni di possedere un sì bel fiore". 

La notizia della morte di Pasqualino travalica anche i confini dell'Abruzzo. Il 27 giugno 1930 il bisettimanale Luce, organo dell'Azione Cattolica di Varese, riporta un lungo articolo sulla morte del giovane seminarista. Nell'articolo intitolato Un fiore degli Abruzzi si dice tra l'altro: "Nulla di straordinario aveva compiuto quel giovinetto. Era vissuto da buono e santo chierico: ecco tutto ... E difatti a Bisenti lo chiamavano il santino il nostro chierichetto. Non v'era in lui alcuna ostentazione: umile, pio, devoto, viveva di preghiera e di studio; non si accomunava mai con gli altri ragazzi per futili trastulli o divertimenti, non lasciava mai il suo abito che aveva tanto caro; e il popolo vedendolo passare così raccolto, lo additava ai propri figli come un esempio, come un modello. Anche i compagni non potevano che amarlo, perché tutto bontà e amabile semplicità ... egli non avanzava pretese e, sempre mirando al Cielo e alle cose celesti, portava il sorriso di Gesù e un'aura di santa letizia ovunque passava". 

Sessantanove anni dopo la morte di Pasqualino, il 26 Gennaio 1999, il Vaticano accoglie la richiesta dell'arcivescovo di Pescara - Penne, monsignor Francesco Cuccarese, di iniziare la causa di beatificazione. L'unico desiderio di Pasqualino di farsi santo, presto santo, grande santo sta per realizzarsi. Tutta Bisenti, l'intera diocesi di Pescara - Penne e i seminaristi di tutto il mondo aspettano di avere in Pasqualino il loro protettore.