Verismo

 Corrente letteraria italiana della fine del XIX secolo. In un'epoca soggetta a grandi cambiamenti (in particolare quelli legati all'industrializzazione), il verismo si impegnava a descrivere la società italiana con uno spirito realista, richiamandosi al Naturalismo francese delle opere di Emile Zola, ma anche ad Alessandro Manzoni e alla scapigliatura. Gli autori veristi si prefiggevano di riprodurre la realtà astenendosi da ogni indagine psicologica, sociologica o idealistica, così come da ogni mediazione o intervento da parte della personalità dell'autore; l'introduzione dell'uso del dialetto nei testi letterari fu la prima conseguenza formale di tale approccio.

Teorico del verismo è considerato il siciliano Luigi Capuana: la sua opera nell'insieme è un vasto interrogativo sul ruolo determinante giocato dai luoghi, dall'epoca e dalle condizioni sociali e professionali sul carattere dell'individuo, secondo il procedimento del romanzo sperimentale francese. Il principale rappresentante del verismo fu Giovanni Verga, anch'egli siciliano, la cui opera verte sulle passioni e le miserie delle classi svantaggiate della popolazione siciliana; ritrasse invece le classi più agiate il napoletano Federico De Roberto.

Altri autori che, per quanto in margine alla loro produzione, scrissero opere di ispirazione verista furono i napoletani Matilde Serao e Salvatore di Giacomo, la sarda Grazia Deledda, il toscano Renato Fucini, l'abruzzese Gabriele D'annunzio, il veneto Antonio Fogazzaro, il milanese Emilio De Marchi e il piemontese Giuseppe Giacosa.