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Prestileo

Family

              Stemma di Famiglia                                                                                                             Stemma della Calabria Ultra

Appunti di Famiglia                                    Albero Genealogico

INTRODUZIONE

Per scoprire l'identità dei propri avi e le origini della propria famiglia, mio padre, che è il vero autore di questa opera, ha eseguito per alcuni anni dettagliate ricerche e studi in molti Comuni e Curie d'Italia.

Questo eccezionale lavoro gli ha permesso di determinare l'ascendenza diretta della nostra famiglia per quindici generazioni e sostenere che il nostro cognome ha origine greca.

Il Rocci lo traduce in Pressileo, dove appare per la prima volta nel libro 9° cap. 107 delle Storie di Erodoto, dove si legge: ".... ZENAGORA figlio di Prexileo di Alicarnasso....".

Questo nome insediatosi anticamente in Calabria e in Sicilia, subì nel tempo la trasformazione in Prestileo, a causa di errate trascrizioni da parte dei scrivani incaricati a redigere registri anagrafici civili e canonici.

Il paese di Casalnuovo (allora Calabria Ultra) e quello di Castell'Umberto, in provincia di Messina, sono stati i paesi in cui ha avuto inizio la nostra storia; tutta documentata da atti e scritti, certificati di nascita, di battesimo, di matrimonio ed altro, riguardanti direttamente la nostra famiglia.

La storia ci distingue in due distinte stirpi, una calabra e l'altra sicula.  

Noi apparteniamo alla storia più recente della stirpe calabrese, essendo originari di Taurianova in provincia di Reggio Calabria.

In Calabria attualmente le famiglie Prestileo formano un elevato numero di persone, e spero che nel prossimo futuro ciò possa avvenire anche in Sardegna, regione in cui oggi vivo.

Sento l'obbligo di porre un doveroso ringraziamento a mio padre il quale ha permesso di utilizzare parte del suo lavoro acconsentendo questa esposizione senza riserve e dare così una possibilità di soddisfare la curiosità agli interessati.

LA STORIA

Vengono citate varie tesi storiche di molti studiosi calabresi e non, che descrivono le origini dei luoghi di una parte della Calabria Ultra, quali Casalnuovo (luogo in cui ha inizio la nostra storia), di  Radicena, Iatrinoli e S. Martino che con la loro unificazione hanno originato Taurianova, l'attuale centro dove vive gran parte della mia diretta famiglia.  

(*) Gerhard Rohlfs nel Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria asserisce che Radicena, in dialetto Redicina o Dericina, deriva dal latino tardo radicina (radice), Racine cognome in Francia, Radicini cognome in Sicilia.

Iàtrinoli dal dialetto Jatrinuni e iatrinni sembra nato da Iatridoni, i discendenti dalla famiglia Iatridi. Iatris cognome in Grecia. Iatrinoni soprannome di una famiglia a Gallacianò.

Andrè Guillou nel Teothokos de Hagia-Agàthé considera Radicena toponimo di origine latina (radicina) mentre Iatrinoli (sage femme) toponimo di origine greca. Emilio Barillaro nel Dizionario bibliografico ritiene che Radicena appartenga al periodo bizantino, sec. XI (Radikena). G. B. Marzano nel Dizionario etimologico del dialetto calabrese sostiene che Radicena deriva dal greco (pa~t'xt) (p~~i'-xtov); Iatrinoli dal greco ~ medicare, guarire e ciò che rapporta al clima di Radicena.

La tesi più attendibile dell'origine di Radicena è quella di Andrè Guillou che con documenti dimostra che Radicena esisteva già intorno al 1050, data di donazione della monaca Kometo, vedova di Giovanni, discendente da Elias Erotikes, alla chiesa di Oppido.

Lo stesso Guillou cita il monastero di Santa Lucia esistente sempre nello stesso periodo, ad ovest di Taurianova; dove "Le metropole di Reggio possedeva dei piccoli fondi, petit bien fonds a Radikena, tout pres de Hagia-Loukia".

Si pensa che Radicena e Iatrinoli siano state fondate dai profughi di Taureana distrutta nel 950 d.C. dai Saraceni e precisamente da Hasan-ibn-Alì. Padre Fiore così si esprime: "Ond'è da trarre in conseguenza quanto grande e popolata fosse la già distrutta Taureana, mentre le sue reliquie furono bastanti a fondare la nuova città di Seminara, a riabitar Terranova, accrescere San Giorge, e forse ancora a dar principio a tutto dalla maggior parte dei villaggi i quali sono sotto la giurisdizione di Terranova, cioè Rizziconi, San Leo, San Martino, Cristò, Vatone, Radicena, Iatrinole, Bracade, Curtulade, Galatoni, Scroforio e Molochio".

Gabriele Barrio definisce "Radicina pari a piccola città, con stoffe di cotone ottime; Iatrinole, quasi medicinale, con ottime stoffe di cotone".

L'Aceti dice soltanto che di Radicina fu Bonaventura dell'Istituto dei Cappuccini che morì ottuagenario nel 1575. Pacichelli accenna soltanto a Radicena e Iatrinoli come villaggi di Terranova.

Il De Amato definisce Radicena "oppidum frugiferum". Rocco Liberti in un servizio sulla rivista Brutium, n.1 (1974), scrive che era conosciuta dagli antichi scrittori come "pagus" di Terranova.

Giuseppe Romeo Toscano riporta il parere dello storiografo polistenese Marafioti, il quale accenna a 137 conventi nel breve confine della Piana di San Martino, tra Seminara, Rosarno e Galatro. "Ora dato che il fatto che la piazza Garibaldi, in Radicena - sostiene Romeo Toscano - è tuttora dal volgo denominata "Chianu 'i San Basili" (Piano di San Basilio) e non v'è memoria del perché di tal nome, si può benissimo supporre che ivi sorgesse uno dei 137 conventi cui accennavamo e che dal titolo di detto convento sia derivato il nome della località".

A conferma della tesi di Romeo Toscano, consultando gli atti notarili e precisamente il notaio Brulli (1678-1704) ho incontrato spesso la definizione "quarterio di San Basilio".

Anzi dagli Atti di visita pastorale emerge che esisteva pure una chiesa di San Basilio nel 1586. L'arciprete De Luca dice che Iatrinoli deriva dal sostantivo greco "Iatreion (paese dove il medico esercita la sua arte). Si può pensare che il neo villaggetto s'intitolò così per restare memorabile la sua fondazione in una tenuta di pertinenza di un medico".

"Il genitore stesso - continua De Luca - fu l'autore del nome. Si pensa pure che sia un nome promiscuo - latino e greco - Iatros (greco; e dal latino nolo e colo) per dire che non aveva bisogno del medico, dandosi vanto della salubrità del luogo; mentre tutto il contrario, era in zona malarica".

Oppure per affermare la singolarità dello studio della medicina De Luca ritiene che Iatrinoli non fosse esistita prima del 1300, "perché gli abitanti erano pochi per formare un villaggetto pur degno di menzione come gli altri, più o meno numerosi all'epoca della donazione di Re Alfonso al Correale". Sono tutte ipotesi senza alcuna dimostrazione documentabile.

Si potrebbe anche pensare che Radicena e Iatrinoli fossero esistite prima del 950 d.c. e che furono solo ripopolate dai profughi di Taureana.

Gualtieri riporta la notizia dell'esistenza di una chiesa, dedicata a San Domenica, posta tra le sponde del fiume detto Razzà e le antiche ma distrutte abitazioni dei Greci Vudina e Bracadi nelle falde della Piana di San Martino. "San Domenica - ci spiega lo stesso autore - era una santa venerata nell'Oriente bizantino, per cui i devoti fedeli calabresi hanno finito con l'appropriarsi di alcuni santi importati dall'Oriente, facendone dei propri conterranei".

Lo stesso Gualtieri, parlando di Fra Bonaventura da Radicena, così descrive quest'ultima: "Due miglia lungi dalla città di Terranova sul principio della sua gran pianura è posta un'abitazione di Greci oggi dei Latini nominata Radicena".

Per quanto riguarda San Martino, Padre Russo ritiene che sia di tarda fondazione bizantina, sia perché i Normanni non hanno fondato nessuna diocesi greca, al contrario hanno latinizzato quelle esistenti, sia perché non avrebbero potuto farlo senza la sanzione papale, come per Mileto e Catanzaro.

La prima Bolla Pontificia per S. Martino risale al 1088 e riguarda la chiesa di S. Salvatore. André Guillou nel Théotokos asserisce: "Ruggero il Guiscardo nel 1059 "ira faire le siége d'Oppido, qu'il quittera pour securir S. Martino" attaccata dalle truppe greche".

Gualtierì parlando di Fra Francesco di San Martino, informa che il castello fu demolito dalla scorreria degli Agareni, che distrussero pure Marrapòdi.

In quel castello prima vi erano i rimedi di sanare diverse forti infermità avendo fatto scaturire i bagni di acqua calda. Ivi fu fondato l'Ordine dei Conventuali e fu stanza di molti re al tempo della guerra del regno; furono celebrati molti atti di carità, furono riformati i capitoli da Carlo II per timore del papa Onorio. Fu fatto ivi lo statuto.

Domenico Taccone Gallucci, trattando di San Martino, ricorda che il 30 marzo 1285 fu stabilita nel castello una Convenzione fra il pontefice Onorio IV e Carlo II d'Angiò contro la Repubblica di Venezia e altri nemici e tenne un nazionale Parlamento.

Capialbi riporta i diversi pareri degli scrittori sulla Pianura di San Martino: "San Martino, terra in Calabria ultra, la chiama il Summonte" (libr. IV c. I, tom. II pag. 125) e di questa opinione è seguito dal De Santis (Istoria del Regno, par. II, cap. XI).

Il marchese Nicola Vivenzio, che era stato in Calabria, e poteva più di ogni altro conoscerlo (Istoria del Regno di Napoli, tom. I, pag. 218) asserisce: "Nel Parlamento, che nell'anno 1283 si tenne nei piani di San Martino nella Calabria ulteriore da Carlo II, come vicario del Regno, donde il padre era lontano per la guerra di Sicilia; nel quale Parlamento furono pubblicate molte leggi per il Governo del Regno, ch'era allora turbato, e sconvolto, v'intervennero i prelati, conti, baroni, cittadini ed uomini di probità".

Mariano Ayala (Memorie storiche militari dal 1734 al 1815, pag. 243) parla dell'assedio di Amantea: "Questo sito di San Martino, scrive, più conosciuto dall'universale sotto il nome di Campo Tenese, circondato dai Monti Apollinei, ricchi di olezzanti e pregiate pasture, è notevole nelle nostre istorie, perché era qui solito convenire il general Parlamento delle vicine province ai tempi che l'Angioino e lo Svevo si avevano regno tra noi".

Matteo d'Afflitto, Giovanni De Nigris e Gregorio Grimaldi dicono che questo Parlamento del 1283 fu convocato nel piano di San Martino in Calabria.

Il Piano di San Martino era la cosiddetta Piana che di San Martino tuttavia si nomina e in mezzo di essa sorgeva altra fiata una grossa terra di simil nome, or piccolo villaggio prossimo a Casalnuovo (che sarà surto dalle ruine di San Martino). Dessa era posta all'estremità della valle delle Saline.

Goffredo Malaterra ricorda: "Castrum, quod S. Martinum dicitur oppugnatum vadunt anno Dominicae Incarnationis 1059" e aggiunge che il conte Ruggero sia venuto con Delicia nella valle Salinarum presso San Martino.

Nicola Jamsilla narra la spedizione dei capitani di Manfredi, Gervasio di Martina e Corrado Tuich: "Stabat ergo exercitus principis planitia S. Martini cum pro reprimenda rebellione praedicti Fulconis".

Folco Ruffo, nipote del celebre Pietro Ruffo, possedeva fra gli altri beni in Calabria, le signorie di Varapodi e Radicena nel piano di San Martino. Nicola Speciale nei Rerum Sicularum descrive le fazioni belliche di quella stagione "in planitie S. Martini castra metatus est, asserens aestu secedere si posset regem Petrum in bellum fugarum simulans pro-vocare". Liberti informa i lettori che San Martino aveva una sede diversa dall'attuale e si trovava nella località detta Amella, che i superstiti del terremoto del 1783 disertarono.

Da registri parrocchiali si rileva che la nuova costruzione si ebbe nella contrada "L'Abbadia". Domenico Valensise asserisce che "i mandriani delle campagne di Taureana, per la loro sicurezza, si stabilirono di là dal fiume Mètauro, in una pianura ferace e vi costruirono un casale, a cui diedero il nome di San Martino".

 (*) Documentazione edita.

Questa pagina è stata aggiornata il 09/03/01