Prof. Carlo Pafumi

Le Gestosi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

      

 

 

 

 

 

                                 

 

 

     

 

 

Questa condizione patologica é caratterizzata dall'inserzione parziale o totale della placenta nel segmento inferiore dell'utero, e viene qui trattata perché deriva da un'anomalia di annidamento dell'uovo o della placentazione. Infatti, nei casi in cui 1'uovo si annida non già nella cavità del corpo dell'utero ma nell'istmo, 1'area di inserzione placentare verrà inevitabilmente a trovarsi, dal II° trimestre di gestazione, sul segmento inferiore, e darà luogo così ai disturbi che qui vengono descritti.  Le cause della placenta previa sono perciò molteplici, dipendendo oltre che dall'annidamento istmico dell'uovo (placenta istmica primitiva) anche da altri fattori. Numerosi lavori in letteratura hanno messo in correlazione la placenta previa con anamnesi ostetrica di pregressi tagli cesarei, di aborti spontanei ed indotti ed età materna > a 35 anni. Si è visto che donne che avevano avuto una parità Ê a 3 e pregresso T.C. hanno maggiore rischio di sviluppare placenta previa. Tale rischio cresce con l'aumentare del numero dei T.C. perché è ipotizzabile una inserzione placentare anteriore sulla precedente breccia uterina, questo è spiegabile poiché si viene a modificare ed alterare la normale e regolare configurazione della superficie della parete interna uterina. Le donne con una elevata parità presentano un maggiore rischio di avere gravidanze complicate da placenta praevia, di circa 1,7 volte maggiore. ( Range 0,28% - 2%). In queste donne la placenta previa può presentare anche aree di placenta accreta. Anche la presenza di pregressi aborti spontanei o provocati hanno un R.R. del 1.6 di placenta praevia. Nei due tipi di aborto, spontaneo ed indotto, il RR non è uguale ma presenta una lieve differenza non statisticamente significativa. Riguardo l'età materna molti studi suggeriscono che è un fattore importante nella correlazione con placenta praevia, mentre sono solo pochi gli studi che non reputano importante l'età materna > a 35 anni nelle gravidanze complicate da placenta previa. Altri fattori minori evidenziati nelle gravidanze con placenta praevia sono il fumo e l'uso voluttuario di sostanze stupefacenti. Inoltre quando l'uovo si inserisce nel corpo dell'utero ma trova una mucosa piuttosto sottile e scarsamente vascolarizzata a causa di flogosi o di altre alterazioni pregresse, il corion frondoso, che non può sufficientemente svilupparsi in profondità, si estende notevolmente in superficie, raggiungendo cosi anche l'istmo (placenta istmica secondaria). Tale tipo di placenta è sottile ma molto ampia: prende anche il nome di placenta diffusa. In altri casi, al momento della differenziazione del corion in frondoso e liscio, i villi del tratto di decidua capsulare prossima all'istmo non regrediscono; anche tale zona viene così compresa nella placenta, che prende il nome di placenta riflessa. Sono annoverati anche, tra i fattori causali della placenta previa, la gravidanza gemellare e la presenza di nodi fibromiomatosi nel corpo dell'utero. La placenta previa costituisce un'evenienza abbastanza frequente, riscontrandosene 1 caso ogni 130 -200 parti approssimativamente; nel 75% dei casi si tratta di pluripare con anamnesi di pregressi T.C. ed aborti, tanto più frequente essendo l'inserzione bassa della placenta quanto maggiore é il numero delle gravidanze. Uno studio di meta analisi ha selezionato i lavori sulla placenta praevia dal 1950 al 1996 sulla base di una estesa ricerca bibliografica ha confrontato i dati sull'incidenza di placenta praevia e la sua associazione con precedenti T.C. ed aborti. L'incidenza riscontrata di placenta praevia aveva un range tra 0,28% ed il 2% ed approssimativamente 1 su 200 parti. Le donne con pregressi T.C. erano esposte al rischio di 2,6 volte maggiore per lo sviluppo di placenta praevia nella successiva gravidanza. Per questo aspetto i dati mostrano un forte rischio relativo (RR 3.8) negli studi caso controllo, rispetto ai valori su coorte (RR 2.4). Nello stesso studio furono valutati l'incidenza del RR rispetto al numero dei T.C. subiti dalla donna, questo era quantizzabile rispettivamente con un RR di 4,5 per 1 pregresso T.C., di 7,4 per 2 T.C., di 6,5 per 3 T.C.. Fu valutata, inoltre l'incidenza di placenta praevia associata ad aborti spontanei od indotti che risultarono rispettivamente RR di 1,6 e di 1,7. Arrivando alle conclusioni che esiste una stretta associazione tra precedenti T.C., precedenti aborti spontanei ed indotti ed il successivo sviluppo di placenta praevia. Il rischio è maggiore per pregressi T.C. ripetuti (Ananth). In 1/3 dei casi di placenta previa si riscontrano anomalie di situazione o di presentazione del feto. Demissie ha evidenziato in uno studio di coorte che esiste una associazione tra la presenza di placenta praevia e feto di sesso maschile, alla nascita. L'autore in questo studio riscontra un eccesso del 14% di placenta praevia nelle donne con un feto maschile vivo e vitale rispetto alle donne con feti femminili. Il meccanismo di tale associazione rimane ancora da determinare. La placenta previa può recidivare in due o più gravidanze nella stessa donna. La sede di inserzione placentare non é la medesima in ogni caso, e si distinguono diverse varietà di placenta previa o, più precisamente, diversi gradi di previetà placentare. Così quando il margine inferiore della placenta non raggiunge il contorno dell'orifizio uterino interno ma si trova a meno di 5 cm di distanza da esso, per cui l'inserzione sul segmento inferiore è soltanto parziale, si parla di placenta previa laterale (vedi fig. 196); quando il margine placentare si confronta col contorno dell'orifizio interno, si ha la placenta previa marginale (vedi fig. 197); quando invece l'orificio interno é ricoperto dalla placenta, si ha la placenta previa centrale. In quest'ultima varietà poi, in travaglio di parto o allorché esiste un certo grado di dilatazione del collo, è possibile differenziare la placenta previa parziale, quando l'orifizio interno è occupato solo parzialmente da un lembo periferico di placenta (a semiluna) (vedi fig. 198) mentre nel resto dell'area sono raggiungibili le membrane ovulari, e la placenta previa totale quando l'orificio interno é completamente occluso dalla placenta (vedi fig. 199). Nell'80% dei casi di placenta previa si tratta delle varietà laterale e marginale, mentre nel 20% dei casi si riscontrano le varietà parziale e totale. Dal punto di vista clinico, la placenta previa si compendia in un unico sintomo: l’emorragia. Questa compare nella maggior parte dei casi intorno alla 32a settimana, ma talora anche dalla 20a settimana in poi. In genere 1'emorragia è più precoce nei casi di placenta previa centrale, mentre é più tardiva nelle varietà marginale e laterale, nelle quali può apparire anche solo all'inizio del travaglio di parto. L'emorragia in gravidanza è caratterizzata dalla comparsa senza causa apprezzabile, dall'assenza di dolore, dalla cessazione anche spontanea e dalla sua recidiva a varia distanza di tempo. L'emorragia é stata definita inevitabile da Rigby fin dal 1776: essa é legata al fatto che nel terzo trimestre di gestazione la zona istmica dell'utero su cui la placenta é inserita si sviluppa in superficie, dando luogo al segmento inferiore e per conseguenza si distende progressivamente. Viceversa la placenta alla fine del sesto mese ha già completato virtualmente il suo sviluppo e, per mancanza di muscolatura e di tessuto elastico, è inestensibile. La distensione dell'area di inserzione placentare e l’inestensibilità della placenta dà luogo a lacerazione di setti intervillosi, con apertura delle lacune utero-placentari ed emorragia dal circolo materno. Il sangue si fa strada tra placenta e parete uterina e fluisce all'esterno; l'emorragia si arresta allorquando gli spazi intervillosi, che si erano aperti, vengono occlusi da trombi. Anche nei casi di placenta previa in cui in gravidanza non si sia verificata emorragia, questa si produce inevitabilmente in travaglio di parto. Infatti, fin dall'inizio delle contrazioni uterine, mentre la parete del segmento inferiore viene sottoposta a trazioni verso l'alto ed in senso radiale, il sacco ovulare viene invece sospinto gradualmente verso il basso. Per conseguenza, nell'area di inserzione placentare, la contrazione uterina sollecita lo spostamento in senso opposto della placenta e del segmento inferiore: si verificano così sempre maggiori distacchi in corrispondenza dello strato spongioso della decidua, con conseguente emorragia sempre più copiosa. In tale periodo possono verificarsi anche lacerazioni del tessuto placentare con fuoriuscita di sangue del circolo fetale dai vasi coriali e, non raramente, la rottura del seno marginale della placenta. Pertanto, l'emorragia in travaglio di parto, si verifica, ed in grado cospicuo, in tutti i casi di placenta previa senza eccezioni. Nei casi in cui allo scollamento del lembo inferiore, in rapporto con la bocca uterina, si associa anche il distacco del resto della placenta inserita nel segmento inferiore, può verificarsi il prolasso della placenta, con conseguente espulsione di essa prima ancora del feto; tale evenienza é però eccezionale. La diagnosi clinica di placenta previa non sempre é agevole in gravidanza, oggi l'utilizzo della tecnica ecografica viene in notevole aiuto all'ostetrico. allorché il collo è completamente chiuso, mentre è più facile in travaglio di parto. In gravidanza il segno obiettivo di maggior valore é la difficoltà di raggiungere con 1'esplorazione vaginale la parte presentata, a causa dell'interposizione di una specie di cuscinetto soffice e spugnoso; questo può essere ben apprezzato con l'esplorazione dei fornici vaginali, dalla parte in cui la placenta é inserita, Allorché il reperto é evidente da un solo lato, è significativo il confronto col fornice dal lato opposto che risulta libero. Ai fini della diagnosi é importante precisare la localizzazione della placenta. Per raggiungere questo obiettivo vengono utilizzati gli ultrasuoni. Accanto all'ecografia addominale, oggi ci si avvale anche dell'ecografia transvaginale ampliata dal color doppler, utile nel management della gravidanza con placenta praevia. L'uso della metodica transvaginale a 18-23 settimane di gestazione è da alcuni autori raccomandato in abbinamento a quella addominale per una più accurata misurazione della distanza dal margine placentare all'orifizio uterino interno, ed è altresì raccomandato un ulteriore ricontrollo tra 26 e 30 settimane per una più attenta valutazione (Taipale). Altri autori suggeriscono che l'uso di color doppler per via transvaginale è in grado di evidenziare maggiormente la placenta praevia ed il suo grado di vascolarizzazione. Qualche altro autore ha utilizzato la risonanza magnetica nella valutazione di placenta praevia percreta nel I° trimestre di gravidanza. Quest'ultimo caso a noi sembra un po’ eccessivo. Sicuramente il color doppler per via transvaginale permette un facile controllo per assicurare minore morbilità per la madre ed il feto. Nella 16a settimana la placenta occupa metà della superficie interna dell'utero mentre successivamente, per effetto del progressivo sviluppo uterino, l'area di inserzione placentare viene ad occupare 1/3, ed a termine solo ¼ della superficie cavitaria. Dalla 25a settimana é possibile riconoscere la sede bassa della placenta, i suoi rapporti col segmento inferiore e la distanza dall'orifizio uterino interno, orientando così alla diagnosi di previetà placentare. In travaglio di parto é assai più agevole la diagnosi non solo generica di placenta previa, ma anche della particolare varietà. Infatti, se il collo dell'utero presenta una dilatazione di almeno 4 cm, é possibile apprezzare col dito esploratore sia il lembo placentare previo, sia l'estensione dell'area della bocca uterina da esso occupata. In caso di placenta previa laterale, il dito esploratore non ne raggiunge il margine, ma apprezza però la particolare ruvidezza propria delle membrane in prossimità del margine placentare. L'accertamento é necessario in travaglio di parto, poiché da esso dipende l'indirizzo terapeutico da seguire. La diagnosi differenziale va posta con le altre principali condizioni patologiche capaci di indurre emorragia nei mesi alti di gravidanza. E’ necessario anzitutto accertare se la perdita ematica sia di provenienza uterina o vescicale (ematuria), rettale (emorroidi) o semplicemente vaginale (colporragia): questa può dipendere da rottura di nodi varicosi, da lacerazioni da coito, da traumi. Sono ugualmente da tener distinti i casi di emorragie provenienti dal collo dell'utero e causate da polipi cervicali o da carcinomi. Tutte queste condizioni possono essere riconosciute con l'esplorazione vaginale e mediante un accurato esame speculare. Nei casi in cui il sangue proviene dalla cavità uterina, é necessario differenziare il distacco intempestivo di placenta normalmente inserita; in questo caso però l'emorragia é prevalentemente interna (tra placenta e parete uterina), la palpazione addominale mette in evidenza aumento di volume e di consistenza dell'utero e dolorabilità dell'organo. Il battito cardiaco fetale inoltre é assente. La rottura di grossi vasi del funicolo nell'inserzione velamentosa (vedi alterazioni della placenta), che pure può entrare in discussione, é un'emorragia di pertinenza esclusivamente fetale, si verifica di regola solo in travaglio di parto e malgrado la sua imponenza non determina alcun disturbo nella madre, il cui polso é normale. La placenta previa costituisce una delle più temibili complicazioni della gravidanza e del parto. Non di rado la sintomatologia ha inizio prima della fine del sesto mese, ma in tal caso si confonde con quella dell'aborto nel quale spesso si risolve; in altri casi che vengono all'osservazione nel terzo trimestre, figurano all’anamnesi perdite ematiche anche nei primi mesi, classificate come « minacce di aborto ». Le perdite ematiche ripetute portano alla progressiva anemizzazione della donna, con conseguente diminuzione dei suoi poteri di difesa, dopo un certo tempo dall'inizio della sintomatologia, anche alla morte intra-uterina del feto, a causa del diminuito apporto di O2 per il progressivo distacco del lembo previo della placenta, e dell'anemia materna. Non esiste alcun modo di prevedere quando 1'emorragia si presenterà. La placenta previa di solito abbrevia la durata della gravidanza: infatti non di rado inizia spontaneamente il travaglio di parto pre-termine o se ne rende necessaria la provocazione per il ripetersi dell'emorragia. Gli interventi ostetrici comportano anch'essi pericoli, a causa dell'intensa vascolarizzazione del segmento inferiore su cui la placenta é inserita, e la facile lacerabilità, durante le manualità operatorie, della sua parete, che é di consistenza assai molle e spugnosa. Inoltre, i seni venosi dell'area placentare divengono beanti dopo il distacco della placenta, e può quindi penetrarvi aria che può causare così embolia gassosa con esito letale. La placenta praevia con la sua intensa vascolarizzazione, si associa ad una riduzione di ipertensione indotta dalla gravidanza. Ananth ha dimostrato che il rischio di ipertensione indotta dalla gravidanza fu ridotto della metà fra le gravide con placenta praevia. L'analisi del suo studio mostrò rischi ridotti per l'ipertensione gravidica nelle donne con placenta praevia. Subito dopo il parto, il segmento inferiore rimane spesso ipotonico, con conseguente emorragia post-partum. In puerperio poi sono facili le infezioni dato che l'area dove era inserita la placenta si trova assai vicina al collo dell’utero ed alla vagina ricchi di germi. I pericoli per il feto sono ugualmente gravi nella vita intrauterina, sia per lo stato di anemia della madre che ne compromette 1'ulteriore sviluppo, sia per la possibilità di emorragie dirette dal circolo fetale in seguito a lacerazioni di villi coriali. Inoltre, 1'interruzione prematura della gravidanza e gli interventi operativi aggravano la prognosi fetale, ed anche quando il feto viene alla luce vivo, corre i pericoli inerenti alla prematuranza. L'indirizzo terapeutico nella placenta previa è risolto al raggiungimento del fondamentale obiettivo di risolvere il « conflitto » tra segmento inferiore e placenta, impedendo cosi ulteriori emorragie. Occorre però distinguere nettamente la terapia da adottare in gravidanza da quella da impiegare in travaglio di parto. In gravidanza, la donna portatrice di placenta previa, anche se abbia avuto perdite ematiche insignificanti o se esse siano completamente cessate, necessita di immediata ospedalizzazione: il provvedimento si impone ancor più in caso di emorragia in atto. Il ricovero va fatto in reparto attrezzato adeguatamente per un intervento laparotomico di urgenza. La gestante che abbia superato un periodo emorragico viene tenuta in ininterrotta osservazione, e sottoposta nel frattempo a tutte le cure mediche atte a migliorare la crasi ematica (eventualmente anche ad emotrasfusioni) ed a raggiungere almeno il compimento della 36a settimana, epoca in cui si hanno le maggiori possibilità di buon esito fetale. Al ripetersi dell'emorragia il trattamento di attesa non dà più alcuno affidamento per cui dovrà essere adottata la terapia ostetrica risolutiva sotto indicata. In travaglio di parto, prematuro o a termine, i provvedimenti terapeutici a disposizione del medico sono: 1) la rottura delle membrane; 2) il taglio cesareo. L'amnioressi o rottura delle membrane (metodo di Puzos) è il procedimento di elezione nei casi di placenta previa laterale o marginale, purché la dilatazione sia almeno di 4 cm, la presentazione sia normale e non esistano altre cause di distocia. Le membrane dovranno essere ampiamente squarciate per tutta 1'area della bocca uterina, e dovrà essere accuratamente controllato l'impegno della parte presentata. In tal modo, progredendo la testa fetale nello scavo pelvico, la placenta viene compressa contro la parete uterina, mentre d'altro canto, a sacco rotto, segmento inferiore e placenta non sono più sollecitati a dispiegarsi e dislocarsi in direzioni opposte: per conseguenza, l'emorragia cessa, e si può lasciare che il travaglio evolva spontaneamente. Sono queste le condizioni nelle quali la prognosi é favorevole sia per la madre che per il feto. Qualora la durata del periodo espulsivo si prolunghi eccessivamente con sofferenza fetale ed esistano le condizioni permettenti, é indicata la rapida estrazione del feto mediante ventosa o col forcipe. Il taglio cesareo, preconizzato nella terapia della placenta previa da Sellheim (1908) e da Kronig (1916), e propugnato in Italia specialmente dal Miranda (1931), trova la sua indicazione assoluta nei casi di placenta previa centrale tanto con feto vitale quanto in tutti i casi di emorragia di notevole entità, recidivante in gravidanza a collo chiuso od a dilatazione insufficiente per qualsiasi manovra per via vaginale. I progressi ormai conseguiti nella tecnica operativa, nella tecnica dell'anestesia e nel trattamento pre- e post-operatorio, hanno ridotto al minimo i pericoli di tale intervento. L'incisione dell'utero viene praticata sul segmento inferiore; anche se il taglio cade sulla sede di inserzione placentare (la placenta è inserita nel 50% circa dei casi sulla parete anteriore), non costituisce un serio inconveniente perché il campo è facilmente dominabile, con il rapido distacco della placenta e la sutura della parete sanguinante. E’ sempre necessario eseguire contemporaneamente, anche dopo 1'intervento, una trasfusione di sangue; la somministrazione di ossitocina all'inizio dell'operazione riduce la perdita ematica e rende più pronta la retrazione e contrazione dell'utero subito dopo lo svuotamento. Nel periodo post-operatorio sono indicate frequenti fleboclisi glucosate e la copertura antibiotica nei primi tre giorni, a scopo preventivo delle complicanze infettive. L'assistenza alla gestante portatrice di placenta previa deve essere pronta e decisa: quanto più presto si procede alla sua ospedalizzazione, tanto maggiori sono le probabilità di una favorevole risoluzione. La prognosi della placenta previa é riservata, sia per la madre che per il feto. Essa è legata essenzialmente al grado di previetà placentare, alla entità ed al numero degli episodi emorragici, alla durata di essi, ed in modo particolare al genere di intervento subito. Le cause di morte materna sono l'anemia, lo shock, l'embolia gassosa, mentre minore importanza ha l'infezione secondaria. L'estensione delle indicazioni del taglio cesareo ha prodotto una sensibile riduzione della mortalità materna la quale oggigiorno globalmente considerata non supera 1'1%o. La mortalità feto-neonatale è piuttosto alta (circa il 15%) a causa della prematuranza e dell'anemia: l'emotrasfusione eseguita attraverso la vena ombelicale subito dopo la nascita (ml 20 di sangue per ogni chilo di peso del neonato) dà in molti casi buoni risultati.

La placenta accreta complica con una certa frequenza (2-39%) la placenta previa. Tale rischio è maggiore nelle donne con pregressi T.C. per la possibilità della placenta di inserirsi sulla "cicatrice isterotomica".

Sono stati anche correlati i valori di aFP e FbHCG nelle donne con placenta praevia. Se c'è un aumento di questi valori maggiore di 2,5 multipli della mediana si è di fronte al rischio di placenta praevia accreta. Nelle gravidanze con placenta praevia e segni ecografici di placenta abnormemente aderente, il riscontro di elevati livelli di creatin-kinasi sierica materna orienta il clinico verso la possibile presenza di placenta increta o percreta, con conseguernte maggiore probabilità di morbillità materna.

 

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Universita' di Catania

Dipartimento di

Scienze Microbiologiche e Ginecologiche

                                                               Docente Universitario

                                                                                                 Ostetrico ginecologo

Ricercatore