Ricerca

 

 

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                                                                                                 Ostetrico ginecologo

Ricercatore

Universita' di Catania

Dipartimento di

Scienze Microbiologiche e Ginecologiche


Raccolta del Sangue Placentare per la Terapia delle Patologie Congenite D’organo

 

INTRODUZIONE

           

Un notevole interesse scientifico e clinico, non disgiunto da un ampio dibattito pubblico sulle sue implicazioni etiche, sociali e giuridiche, continua a circondare lo studio delle cellule staminali. Queste cellule, capaci di autorinnovarsi in coltura e non specializzate per svolgere un’unica e definitiva funzione all’interno dell’organismo, rappresentano la naturale sorgente citologica dalla quale si formano tutti i tessuti del corpo durante lo sviluppo e attraverso la quale gli stessi tessuti possono rinnovarsi ove richiesto in alcune condizioni fisiologiche o patologiche, sostituendo le cellule non più funzionali. Il processo ematopoietico è sostenuto da due componenti cellulari principali: le cellule staminali ematopoietiche (HSCs) e i progenitori delle cellule mesenchimali (MPCs). Quest’ultime sono diverse dalle tipiche cellule stromali ematopoietiche, sono multipotenti e fungono da precursori per le cellule stromali del midollo osseo, dell’osso, della cartilagine, dei muscoli e del tessuto connettivo (Pittenger et Al. 1999). Numerosi studi sulle cellule staminali mostrano con sempre maggiore ricchezza di evidenze sperimentali la straordinaria plasticità intra-germinale di queste cellule (pluripotenzialità differenziativa verso linee cellulari dello stesso foglietto germinale), la loro insospettata capacità di transdifferenziazione inter-germinale (derivazione di linee cellulari appartenenti a foglietti germinali diversi), la possibilità di coltivarle in vitro e in vivo, espanderle ed anche modificarle geneticamente (inserimento di un gene mediante vettore virale) e, infine, la loro disposizione ad innestarsi nei tessuti danneggiati di un organo. Potranno qui trovare spazio solo alcuni di questi recentissimi risultati che confermano la competitività epigenetica delle cellule staminali da tessuti di adulto (ASC) rispetto a quelle embrionali (ES) e la loro valida candidatura per la terapia cellulare (trapianti autologhi ed eterologhi) e la terapia genica somatica. Kenneth W. Liechty et al. (Nature Medicine, novembre 2000, 6: 1282-1286) hanno mostrato in un modello xenogenico (pecora) che le cellule staminali mesenchimali umane (HMSC), isolate dal midollo osseo di adulti e già caratterizzate come capaci di differenziarsi in vitro e in vivo a dare vari tessuti, sono in grado di innestarsi in diverse sedi dell’organismo e di andare incontro a differenziazioni sito-specifiche che includono condrociti, adipociti, miociti e cardiomiociti. Secondo i ricercatori statunitensi, “la cellula staminale ematopoietica è più pluripotente di quanto sinora abbiamo pensato”, e il loro studio documenta “la potenzialità di queste cellule per i trapianti, la terapia genica e le applicazioni dell’ingegneria tissutale” (p. 1285). In un lavoro apparso nello stesso fascicolo di Nature Medicine (pp. 1229-1234), Eric Lagasse et al. mostrano come le cellule staminali ematopoietiche (HSCs) del midollo osseo siano in grado di generare epatociti nel roditore, e possano anche essere usate per correggere una grave malattia del fegato, la tirosinemia ereditaria di tipo 1. Commentando questi e altri risultati, Stuart H. Orkin (Cancer Institute, Harvard Medical School, Boston) osserva che “i ricercatori si accorgono ora che la plasticità di sviluppo non è limitata all’ambiente embrionale” (Nature Medicine, novembre 2000, 6: 1212-1213, p. 1212), e che, “sebbene il completo potenziale di sviluppo delle cellule staminali tissutali deve essere ancora scoperto, possiamo essere certi di una cosa: ulteriori sorprese attendono senza dubbio i ricercatori delle cellule staminali” tissutali (ivi, p. 1213). A questi risultati si aggiungono la scoperta – da parte di un gruppo di ricercatori italiani – che cellule staminali neurali di topo e umane, sinora ritenute capaci di differenziarsi solo in neuroni, cellule gliali e cellule ematiche, sono in grado, se esposte ad appropriati segnali epigenetici, di produrre miotubi scheletrici in vitro e anche in vivo, qualora innestate in animali adulti (R. Galli et al., Nature Neuroscience, ottobre 2000, 3: 986-991); E. Mezey  (Science, dicembre 2000, 290: 1779-1782) ha dimostrato, in un modello animale, la capacità delle cellule staminali (midollari) di migrare nel cervello e differenziarsi in cellule che esprimono antigeni specifici dei neuroni.   Uno degli aspetti più rilevanti dell’indagine scientifica e della pratica clinica degli innesti di tessuto e dei trapianti d’organo riguarda poi il noto fenomeno immunitario del cosiddetto “rigetto” di questi da parte dell’organismo del paziente che non li riconosce come “propri” a motivo di una eterogeneità citologica che ha la sua origine in una differenza genomica tra le cellule del donatore e quelle del ricevente. In ragione di questa difficoltà spesso documentata dalla esperienza dei trapianti “classici”, l’interesse di una parte dei ricercatori che lavorano sulle cellule staminali si è concentrata sulla possibilità di ottenere colture di cellule staminali autologhe (cioè riconoscibili come “proprie” da parte dei tessuti del paziente) dalle quali far derivare, per differenziazione in vitro o in vivo, le cellule destinate a riparare le lesioni tissutali. Poiché la questione della compatibilità immunologica riguarda sia le cellule staminali da tessuti di adulto o fetali sia quelle di origine embrionale, i ricercatori in entrambi i settori hanno disegnato possibili percorsi procedurali per giungere a cellule autologhe. Nel primo caso, quello di cellule staminali di origine non embrionale, le più accreditate e meno complesse possibilità al presente sembrano essere due: (1) la raccolta e la crioconservazione di cellule multipotenti provenienti dal cordone ombelicale all’atto della nascita (S.J. Fasouliotis and J.G. Schenker, European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology 2000, 90: 13-25), da tenere a disposizione per un’eventuale terapia cellulare di patologie insorte nell’individuo in età pediatrica o anche adulta (ad esempio, alcune forme di leucemia); (2) il prelievo di cellule staminali tissutali dal paziente che necessita di trapianto, la loro coltura in vitro e differenziazione o transdifferenziazione (intra- e inter-germinale), e il loro reinnesto nel corpo dello stesso paziente, come avviene, nel caso più semplice e già sperimentato da un decennio, dell’autotrapianto di cellule del sistema ematopoietico (N. Saba, R. Abraham e A. Keating, Critical Reviews in Oncology/Hematology 2000, 36: 27-48).Per quanto riguarda invece il trapianto allogenico di cellule staminali, questa tecnologia salvavita ha ancora due limiti fondamentali che ne precludono l’estensione alla maggior parte dei pazienti che potrebbero beneficiarne. Questi limiti sono rappresentati dalla scarsità di donatori (Ogni anno in Sicilia almeno 100 pazienti sono candidati al trapianto e di questi solo il 30% ha un donatore consanguineo compatibile) e dalla necessità di immunosoppressione cronica per prevenirne il rigetto dell’organo. Il successo terapeutico quindi dipende in larga misura dalla compatibilità tra donatore e ricevente. La situazione più favorevole si realizza quando il paziente dispone di un donatore identico per un particolare sistema genetico, denominato HLA, generalmente reperito fra i fratelli del paziente. Sfortunatamente, meno della metà dei pazienti dispone di un donatore HLA identico (In questo momento  i donatori siciliani iscritti nel Registro dei Donatori di Midollo Osseo sono circa 6.000). Sono stati pertanto costituiti nel mondo registri di donatori di midollo osseo tipizzati per il sistema HLA che, pur consentendo ottimi risultati terapeutici,  comportano alcuni svantaggi. Fra questi vi è la necessità di prelevare il midollo dalla cresta iliaca del donatore in anestesia totale, o di somministrare al donatore un farmaco per favorire la migrazione delle cellule staminali dal midollo al sangue, da cui queste cellule possono essere prelevate  e concentrate con particolari apparecchiature.Le caratteristiche del sangue placentare costituiscono una promettente premessa per superare queste ed altre difficoltà. Esso è ottenibile infatti con una facile metodica di prelievo dopo il taglio del cordone ombelicale, senza alcun rischio per la madre e il neonato, e comporta minori rischi rispetto al sangue dei soggetti adulti di trasmettere malattie infettive o di causare gravi reazioni immunologiche. Inoltre è disponibile in grandi quantità e può essere conservato congelato per molti anni, risultando quindi disponibile in tempi brevi. Quanto sopra ricordato mostra che la realistica previsione della percorribilità e fecondità della ricerca sulle cellule staminali non risulta contraddetta dai risultati più recenti e scientificamente accreditati su prestigiose riviste internazionali, ma, semmai, ne esce rafforzata nella prospettiva che un giorno, ormai non lontano, si potranno vedere le prime applicazioni cliniche di questi studi a vantaggio di innumerevoli pazienti affetti da errori congeniti del metabolismo (Es. Tirosinemia Ereditaria di Tipo I, Fibrosi Cistica), anomalie di sviluppo del tubo neurale (Spina bifida), alcune Emoglobinopatie (Talassemia, Anemia Falciforme), disordini congeniti a carico del processo emocoagulativo (Emofilia), processi degenerativi di tipo neoplastico associati a note alterazioni a livello cromosomico (Leucemia Mieloide Cronica).    La grande quantità di dati disponibili sulle cellule staminali ha quindi finora prodotto molte risposte a quesiti importanti ed ha aperto nuove prospettive terapeutiche inimmaginabili fino a pochi anni orsono. In realtà, questo ha generato molte più domande che risposte, indicando l’opportunità, se non la necessità, di ampliare i programmi di lavoro sull’argomento e costituire a Catania un centro di riferimento regionale al fine di promuovere la Raccolta del Sangue Placentare per la Terapia delle Patologie Congenite D’organo.

 DISCUSSIONE

     E’ possibile stimare, sebbene in via del tutto preliminare, che all’incirca il 60% di tutte le patologie congenite sono idiopatiche, si verificano cioè senza alcun nesso causale finora noto, il 20% riconoscono alla base un etiologia multifattoriale (sono cioè legate a fattori genetici ed ambientali), il 6% è legato alla presenza di una patologia materna (infettiva, traumatica, tossicologica ecc.), il 14% è causato da disordini a livello genetico.  La raccolta delle cellule staminali provenienti dal sangue placentare, utilizzate sia per effettuare trapianti allogenici che come vettori cellulari per la terapia genica,    rappresenta oggi uno strumento concreto che condurrà allo sviluppo di metodiche cliniche per il trattamento di numerose patologie congenite. Da qui  si evince come le conseguenze sulla qualità della vita sono talmente forti da influenzare pesantemente le attuali scelte strategiche di finanziamento pubblico della ricerca nella nostra regione. Allo stato attuale, ad esempio, l’unica possibilità terapeutica curativa per i pazienti affetti da Talassemia Maior, una emoglobinopatia caratterizzata da un grave deficit di sintesi a carico di una o più catene emoglobiniche, è rappresentata dal trapianto di midollo osseo che però è una soluzione attuabile in meno del 30% dei pazienti a causa della carenza di donatori HLA compatibili. Una possibile fonte alternativa di cellule staminali è rappresentata quindi dal sangue placentare, già utilizzato in numerose patologie emato-oncologiche dopo chemioterapia ablativa (vedi Tabella con relative proiezioni previste per l’anno 2002 in Italia).

 

 

Linfoma di Hodgkin

190

Leucemia linfatica cronica

30

Leucemia linfatica acuta

70

Leucemia mieloide cronica

40

Leucemia mieloide acuta

300

Sindromi mielodisplastiche

20

Mieloma multiplo

500

Linfoma non Hodgkin

650

Tabella 1: Proiezioni dell’incidenza prevista nell’anno 2002 in Italia delle principali malattie emato-oncologiche che si avvalgono del trapianto di cellule staminali.

 

 

 

    Già nel dicembre dell’anno 1995 su Stem Cells (Pag.71-75) veniva pubblicato un articolo in cui la raccolta del cordone ombelicale di fratelli sani di soggetti affetti da Talassemia Maior aveva reso possibile con successo l’effettuazione di un trapianto allogenico. Da allora questa nuova strategia terapeutica si è diffusa ampliamente (Veys P. Pediatr Hematol Oncol 2000 Jun;17(4):281-3) e con essa è cresciuta l’importanza delle cellule staminali del cordone ombelicale. L’istituzione di un centro di riferimento regionale presso i locali dell’Ospedale S. Bambino permetterebbe di informare adeguatamente le donne gravide che hanno già un figlio affetto da talassemia sulla possibilità di donare il cordone ombelicale del nascituro sano al fine di curare il fratello malato e, tramite una stretta collaborazione con altri centri qualificati (Azienda Ospedali Riuniti di Sciacca, Banca del sangue cordonale; Azienda Universitaria Policlinico di Catania, centro di “Ematologia e Oncologia pediatrica con trapianto”; Azienda Ospedaliera Cervello di Palermo, Diagnosi e terapia fetale delle emoglobinopatie) consentirebbe di dare una nuova e concreta speranza al centinaio circa di neonati talassemici che purtroppo ogni anno nascono in Sicilia. La possibilità di raccogliere, tipizzare e conservare cellule staminali provenienti dal sangue placentare apre orizzonti terapeutici di notevole portata per il trattamento di alcune patologie congenite che prima sembravano incurabili: l’osteogenesi imperfetta, ad esempio, una malattia genetica caratterizzata, dal punto di vista etiopatogenetico, dalla produzione da parte degli osteoblasti di un collagene di tipo I patologico e, dal punto di vista clinico, da bassa statura, deformità ossee, fratture patologiche può essere con successo curata tramite il trapianto allogenico di cellule staminali mesenchimali (Horwitz EM, Nat Med. 1999 Mar;5(3):309-13 ) isolabili facilmente dal cordone ombelicale (Erices et Al, Br J Haematol. 2000 Apr;109(1):235-42). Mackenzie TC et Al al Children’s Hospital di Philadelphia hanno inoltre dimostrato in un modello animale che le cellule staminali mesenchimali trovano nel feto un ricevente ideale che consentirebbe alle cellule stesse di differenziarsi in vari istotipi consentendo la cura di alcune patologie diagnosticabili in utero quali osteogenesi imperfetta, distrofia muscolare, rene policistico, difetti di chiusura del tubo neurale (Cytotherapy 2001;3(5):403-5). La distruzione dell’architettura tissutale del midollo osseo, legata alla morte o comunque ad alterazioni patologiche delle cellule che lo costituiscono, è alla base di numerose patologie a carico del sistema ematopoietico che oggi trovano nel trapianto l’unica soluzione terapeutica curativa. In tabella (vedi sopra) possiamo già osservare l’elenco delle neoplasie emato-oncologiche che traggono giovamento dalla terapia cellulare sostitutiva, qui invece ci soffermeremo su una particolare forma di Leucemia, quella Mieloide Cronica (all’incirca il 20% di tutte le forme di Leucemia), che compare con un incidenza di 1/1000000 per anno e che può essere a giusto titolo considerata tra le patologie congenite in quanto, a differenza delle altre forme leucemiche, riconosce una ben precisa anomalia genetica di base che è appunto la presenza del cromosoma Philadelphia, nel quale il braccio lungo del cromosoma 22 è traslocato sul braccio lungo del cromosoma 9  determinando la formazione del gene Bcr-Abl, essenziale per la trasformazione in senso neoplastico. Il trapianto allogenico di midollo è effettuabile solo in un ristretto numero di pazienti provvisti di donatore compatibile, quello autologo non sempre è efficace  (Gopcsa L, Acta Haematol 2001;106(3):100-5) e presenta costi e rischi elevati. Le caratteristiche del sangue placentare costituiscono una promettente premessa per superare queste ed altre difficoltà.  Sono considerati eleggibili per un trapianto allogenico di cellule cordonali i pazienti, che abbiano dato il consenso informato, di età < 45 anni, privi di donatore familiare di midollo HLA identico o incompatibile per un locus di 1ª classe ed affetti dalle seguenti patologie:

 

     Tabella 2:  Patologie congenite d’organo che possono avvalersi del trapianto di cellule staminali.                                                                                                     

                                                                                                                    

           

Un capitolo importante nell’ambito delle patologie congenite è rappresentato dai Difetti congeniti del metabolismo, un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate dalla presenza di un blocco a livello di una determinata via metabolica che comporta, da un lato, incapacità da parte dell’individuo a formare il prodotto finale della via metabolica stessa, dall’altro, accumulo patologico nell’organismo di prodotti intermedi possibilmente tossici. Il trattamento di queste patologie (glicogenosi, difetti del ciclo dell’urea, aminoacidopatie, dislipidoprotidemie) è stato fino a oggi di tipo sintomatico, essendo il trapianto di fegato una soluzione spesso non attuabile per carenza di donatori. Eric Lagasse et al. dimostrarono per primi su Nature Medicine del Novembre 2000 (pp. 1229-1234),  come le cellule staminali ematopoietiche (HSCs) del midollo osseo siano in grado di generare epatociti nel roditore, e possano anche essere usate per correggere una grave malattia del fegato, la tirosinemia ereditaria di tipo 1. Nel 2002 invece Schwartz RE et Al sono riusciti a isolare in vitro dal midollo osseo umano e di ratti cellule (MAPCs) capaci di differenziarsi in cellule che sono simili morfologicamente e funzionalmente ad epatociti, possiedono il cit450, sono in grado di produrre urea, possono internalizzare le LDL ed immagazzinare glicogeno. Questa scoperta rappresenta la premessa e giustifica la realizzazione di terapie cellulari in vivo per il trattamento degli errori congeniti del metabolismo e, sebbene si ci trovi ancora in una fase preliminare per questo tipo di applicazioni, deve essere considerata un ulteriore motivo per appoggiare la formazione di un centro che potrebbe sicuramente contribuire allo sviluppo di queste innovative e determinanti strategie terapeutiche. La maggiore applicazione delle cellule staminali è quindi quella di sostituire cellule o tessuti danneggiati o non funzionanti e quindi di essere potenzialmente efficaci in un contesto di terapia cellulare/tissutale sostituendo così il trapianto di organo da cadavere. Questo, come discusso esaustivamente, viene attualmente effettuato per il trattamento di numerose neoplasie emato-oncologiche ma è fortemente auspicabile in futuro l’utilizzo delle cellule staminali per il trattamento di numerose altre patologie congenite d’organo: la cura del Diabete, ad esempio, costa al sistema sanitario americano più di 5 miliardi di Usd all'anno. Il numero di persone che ne soffrono e' stimato attualmente in 2,4 milioni e si ritiene che salirà a 5 milioni nel 2010, soprattutto per l'aumento dei casi di diabete di tipo 2, causato in gran parte da un errato stile di vita. Secondo il dottor Joel Habener, del Massachusetts General Hospital, ci sono buone speranze di riuscire ad ottenere una terapia risolutiva con il trapianto di cellule staminali. Il gruppo da lui guidato sembra aver trovato un modo per differenziare efficacemente le cellule staminali adulte, prelevate dallo stesso paziente, in cellule producenti insulina. Il metodo si basa sulla cultura delle cellule in presenza di un ormone chiamato glucagonlike peptide-1 (GLP-1) ed e' descritto in un articolo che sarà pubblicato sul numero di agosto 2002 della rivista Endocrinology. Importanti novità riguardano poi un'altra patologia congenita, la Fibrosi Cistica, che in Italia è in assoluto la malattia genetica di più frequente riscontro e per cui, fra l’altro è obbligatorio lo screening neonatale di massa. Si tratta di una patologia multisistemica caratterizzata da un alterazione della funzione ghiandolare esocrina legata, nella maggior parte dei casi, alla delezione della fenilalanina in posizione 508 sul braccio lungo del cromosoma 7. I ricercatori dell'Imperial College's Tissue Engineering and Regenerative Medicine Centre di Londra, sono riusciti a far differenziare le cellule staminali embrionali di topo in cellule dell'epitelio polmonare. I risultati di questi esperimenti sono stati pubblicati sulla rivista Tissue Engineering Journal. Simili esperimenti sono ora in fase di attuazione a partire da staminali embrionali umane. La speranza e' quella di riuscire a rigenerare il tessuto polmonare nei pazienti adulti con danni al polmone, come appunto i malati di fibrosi cistica, o nei bambini nati prematuri, il cui tessuto polmonare e' spesso immaturo. Un'altra possibile strategia terapeutica risiederebbe invece nella capacità delle cellule staminali di accettare e tollerare, molto meglio di cellule mature, geni introdotti dall’esterno con tecniche d'ingegneria genetica, mirate a correggere l’effetto patologico di geni difettosi o mutati mediante trasferimento genico; proprio per la loro capacità di trattenere stabilmente tali geni esogeni nel tempo, costituirebbero il substrato ideale per fungere da vettori cellulari per la terapia genica, consentendo quindi il superamento di alcune difficoltà tecniche, attualmente insormontabili, dovute alla perdita progressiva di espressione di geni esogeni inseriti a scopo terapeutico in tessuti di cellule adulte mature. Le cellule staminali isolate dal midollo osseo sono in grado, una volta trapiantate nel fegato o nel rene, di differenziarsi in cellule epiteliali, endoteliali e miofibroblasti (Gene Ther 2002 May;9(10):625-30). Questa loro capacità di transdifferenziarsi all’interno del fegato e/o del rene le rende bersaglio ideale per la terapia genica: potrebbero infatti essere utilizzate ad esempio per la cura di alcune malattie genetiche come il deficit di α1 antitripsina, alcune forme di glicogenosi (ad esempio quella di tipo Ia, causata dal deficit di glucosio 6 fosfatasi), diabete insipido nefrogeno ecc.

 

 METODOLOGIA

La raccolta di sangue placentare viene effettuata dalle ostetriche o dal personale sanitario del nostro Centro di raccolta in occasione di parti fisiologici a termine o parti per taglio cesareo, in un sistema chiuso. Nel caso di parto fisiologico la raccolta viene effettuata quando la placenta è ancora 'in situ' per trarre vantaggio dalle contrazioni uterine. Nel caso di parto per taglio cesareo la raccolta viene effettuata dopo aver posizionato la placenta su un ripiano, con il cordone ombelicale pendente verso il basso. Gli operatori devono eseguire la raccolta così come descritto nella procedura elaborata dalla Banca. La procedura deve essere aggiornata ogni qual volta si renda necessario e comunque rivista almeno una volta all'anno.Le unità raccolte vengono conservate in frigorifero fino al momento del trasporto alla Banca di Sciacca. Un operatore della Banca o un operatore del Centro di Raccolta provvede a ritirare le unità e trasportarle alla Banca. L'unità viene trasportata a temperatura controllata. Con le unità o successivamente devono essere consegnati alla Banca:

Le unità con volume minore di 60 ml (volume netto) e le unità con volume maggiore di 60 ml e numero di leucociti totali inferiore a 800 x 106 vengono scartate, o utilizzate per esperimento, o consegnate a laboratori che ne abbiano fatto richiesta scritta da utilizzare per esperimento. Le unità con volume maggiore di 60 ml e con numero di leucociti totali maggiore di 800 x 106 vengono processate.  Il numero di 800 x 106 permette di garantire un numero di leucociti totali non inferiore a 10 x 106 a pazienti che pesano fino a 80 kg (protocollo GRACE/GITMO). Se la gestante che accede al nostro centro di raccolta ha un figlio affetto da patologia congenita curabile con trapianto di cellule staminali viene attivata una procedura speciale per cui alla banca di Sciacca viene consegnato anche un fascicolo contenente i dati clinici ed ematologici del paziente cui potrebbe giovare la donazione  e vengono così effettuate le prove di compatibilità e l’insieme di procedure atte a rendere il campione idoneo al trapianto.

 

 

PRECEDENTI ESPERIENZE

            In diversi casi l’equipe per il prelievo del sangue del cordone ombelicale dell’Ospedale Santo Bambino, guidata dal Prof. Carlo Pafumi, ha eseguito prelievi mirati del sangue del cordone ombelicale:

  1. Bronte: paziente con una bambina di tre anni affetta da Talassemia Maior.
  2. Augusta: paziente con bambina affetta da Talassemia.
  3. Ospedale Garibaldi di Catania: paziente affetta da Talassemia.
  4. Ospedale Santo Bambino: paziente con figlio affetto da Leucemia.

L’Ospedale Santo Bambino è stato individuato come sede di un progetto di ricerca per la raccolta del sangue del cordone ombelicale. Responsabile Scientifico Prof. Carlo Pafumi (Ass. Regionale Sanità, anni 2003-2005).

           

 

 

 

CONCLUSIONI

            Le cellule staminali sono capaci di riparare i tessuti dell'organismo e potranno presto rappresentare la "Terra Promessa" della Medicina. Nel corpo le cellule staminali adulte mantengono costanti le funzioni di un tessuto (omeostasi) garantendo il fisiologico ricambio cellulare ed in alcuni casi sostituendo anche le cellule che muoiono a causa di traumi o malattie. I tessuti adulti nei quali è stata dimostrata la presenza di cellule staminali comprendono il midollo osseo, il sangue periferico, il cervello, il midollo spinale, la polpa dentale, i vasi sanguigni, i muscoli dello scheletro, gli epiteli dell’epidermide e dell’apparato digestivo, la cornea, la retina, il fegato ed il pancreas. Il sangue placentare  contiene cellule staminali emopoietiche multipotenti in grado di determinare un completo ripopolamento midollare dopo impiego di terapia mieloablativa (Broxmeyer et al, 1989; 1991; Hows et al, 19. 92; Nicol et al, 1994) e una significativa quota di cellule staminali mesenchimali (Erices et Al, Br J Haematol. 2000 Apr;109(1):235-42 ) ossia cellule del compartimento mesenchimale in grado di differenziarsi in diversi tipi cellulari dei tessuti connettivi tra cui osso, cartilagine, tendini, tessuto adiposo, muscolo, fegato, epitelio renale. Istituire a Catania un centro di riferimento per la “Raccolta del Sangue Placentare per la Terapia delle Patologie Congenite D’organo” significa dare inizio a un progetto di ricerca che inserirebbe prepotentemente la nostra regione in una nuova frontiera della sperimentazione in medicina che offre prospettive inimmaginabili alle possibilità terapeutiche di gravi patologie congenite. I nostri obiettivi immediati sono:

 

  1. Sensibilizzare la popolazione, contribuendo alla diffusione delle informazioni riguardo la possibilità concreta di donare il cordone ombelicale al fine di ampliare le possibilità terapeutiche nei confronti di determinate patologie congenite.
  2. Elaborazione di procedure che consentano di migliorare qualitativamente e quantitativamente le unità raccolte.
  3. Realizzare una stretta ed efficace collaborazione con altri centri di riferimento al fine sia di offrire al paziente una sinergica azione terapeutica e diagnostica, sia di acquisire maggiori conoscenze scientifiche in questo settore di ricerca in maniera tale da contribuire significativamente a un utilizzo terapeutico sempre maggiore delle cellule staminali provenienti dal cordone ombelicale.
  4. Collaborazioni con i centri di riferimento già esistenti.

 

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Gran Bretagna. Primo caso di leucemia dell'adulto curato con le cellule staminali cordonali

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ADUC, Notiziario Cellule Staminali Anno I - Numero 15 del 9 Agosto 2002

Italia. Sicilia: finanziamenti regionali per la ricerca

 

  Approvati e finanziati dall'assessorato alla Sanita' (Dipartimento regionale Fondo sanitario; Assistenza sanitaria e ospedaliera Igiene pubblica) 33 progetti obiettivi strategici previsti dal Piano sanitario regionale 2000-2002. Assegnati complessivamente 6.750.349,90 euro. Tra questi sono stati finanziati, con circa 415,747 euro, due progetti all'azienda Vittorio Emanuele di Catania per la raccolta sangue fetale dal cordone ombelicale e lo studio della biologia delle cellule staminali.

 

 

 

 

 

                             

 

Prof. Carlo Pafumi

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Docente Universitario 

                                                                                                 Ostetrico ginecologo

Ricercatore

 

 

Universita' di Catania

Dipartimento di

Scienze Microbiologiche e Ginecologiche