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IL ROTORGON

Che cosa rivela questo strumento

Il rotorgon ( rotore + orgone ) è un semplice dispositivo che consente di rivelare l’esistenza di un campo di energia vitale,sia quella emessa dal corpo umano, sia quella presente nell’ambiente in cui viviamo, proveniente dagli spazi cosmici e circolante intorno al pianeta.
Tutto fa ritenere che questo tipo di energia sia di natura orgonica, sia perché parte integrante dello strumento è un accumulatore orgonico, sia perché esso mette in luce alcune proprietà che sono peculiari di questo tipo di energia.
Noi qui non possiamo entrare nel merito della vera natura di questa energia, d’altra parte per certi aspetti ancora controversa, ma ci sembra di poter affermare fin da ora che il rotorgon non sia altro che un mezzo attraverso il quale la suddetta energia vitale subisca dapprima una degradazione ad energia di tipo elettrostatico e che questa venga successivamente convertita in energia cinetica. Infatti va detto subito che l’elemento sensibile di questo strumento è un organo rotante il quale, col suo moto spontaneo e senza l’ausilio di alcuna forma di energia supplementare convenzionale, dimostra l’esistenza di una forma di energia sconosciuta e inesauribile.
Gli studi e le ricerche circa le possibili applicazioni di questo tipo di energia sono tuttora in corso e le sue utilizzazioni si annunciano tanto promettenti quanto imprevedibili, potendo andare da una nuova forma di forza motrice ad energia libera (cioè dalla disponibilità illimitata) fino alla possibile realizzazione di un nuovo mezzo di comunicazione a distanza.
Questo nostro lavoro ha tuttavia solo un carattere divulgativo, senza alcuna pretesa di affrontare il problema sulla base di una trattazione scientifica. Esso si rivolge soprattutto a quei lettori dotati di spiccate attitudini al “fai da te“, o bricolage, e fornisce tutte le notizie e i dati tecnici per poter realizzare la costruzione dell’apparecchio, anche con l’aiuto di schemi, disegni e fotografie.
Il rotorgon può, infatti, essere costruito con poca spesa, utilizzando i modesti mezzi di cui può disporre uno sperimentatore dilettante, con l’impiego di materiale che è alla portata di tutti.

Come si costruisce

 

Il rotorgon si compone essenzialmente di due parti :

1) una parte fissa, o statore;

2) una parte mobile, o rotore ( girante).

Lo statore si ricava da una scatola cilindrica (diametro : 12 –14 cm; altezza : 10 – 12 cm) di cartone pressato (o di legno).Detta scatola dovrà essere sezionata lungo due generatrici diametralmente opposte e una mezza circonferenza, situata a circa 2 cm dal fondo. Ne risulta una scatola che ha conservato il fondo, dalla quale però è stata asportata una fascia semicilindrica(vedi Tav5).Abbiamo ottenuto in realtà una mezza scatola, la cui parete riveste una particolare importanza perché farà parte di un accumulatore orgonico del tutto particolare. Infatti, detta parete dovrà essere rivestita da uno o più strati di cotone e di ferro. Procedendo dal dorso della parete semicilindrica verso l’interno della scatola incontreremo i seguenti strati : cartone(o legno) > cotone(ovatta) > lamiera di ferro (latta). Al centro della scatola verrà fissata una colonnina, preferibilmente di ottone (potrebbe andar bene anche una vite di ottone da 5 MA, lunga 6 – 7 cm ).Sulla sua sommità verrà praticato un foro cieco, di 0,2 – 0,3 mm di profondità, destinato ad ospitare il perno conico del rotore (perno a spillo)(v. Tav. 1 ) Anche sul fondo della scatola verrà collocato uno strato di cotone e, su questo, un disco di lamiera di ferro.
Lo statore deve poter essere orientato secondo i 4 punti cardinali e, a questo scopo, è munito di una apposita bussola, fissata all’estremità di una barretta di ottone avvitata al fondo della scatola e sporgente da questo di 6 – 7 cm.( Tav.3 – 4 - 5 )E’ evidente che sarà possibile orientare lo statore solo se questo sarà montato, tramite un perno, su di un supporto verticale, a sua volta munito di base ( v. Tav. 1 ). E’ così che, per l’orientamento del rotorgon, possiamo fare ruotare l’intero strumento attorno al suo perno, ferma restando la base sul suo appoggio. All’altra estremità della barretta di ottone(alidada), nei modelli in cui il bordo della scatola è così alto da occultare la girante, sarà necessario montare uno specchio, fissato al telaio tramite una cerniera che consente di aggiustarne l’inclinazione.(Tav. 3 – 5)

Il rotore(o girante) si compone di 4 parti : 1) un perno a spillo- 2) un dischetto collettore – 3) una raggiera –4) un anello.(v.Tav. 2)
Il perno a spillo lo si può ricavare dall’estremità di un ago. Il collettore è un dischetto di cartone( diametro 16 – 18 mm) con un foro al centro, nel quale viene fissato il perno mediante una goccia di adesivo. La raggiera ha tre o quattro bracci, ripiegati verso il basso allo scopo di abbassare il baricentro dell’intero corpo mobile, rispetto al punto di appoggio del perno. Questi bracci si possono ottenere utilizzando fili di rame o di acciaio armonico (spessore 0,3 mm )opportunamente sagomati e saldati al dischetto collettore per mezzo di adesivo istantaneo. In luogo di fili di metallo possono essere utilizzate striscette di carta, col vantaggio di ridurre sensibilmente il peso dell’equipaggio mobile.(v. Tav.2A).Infine l’anello lo si ottiene disegnando e ritagliando da un foglio di carta ( quella utilizzata per la stampante può andar bene ) un doppio anello avente diametro esterno di 80 – 90 mm e interno di 60 – 70 mm. L’anello verrà collegato ai bracci della raggiera sempre tramite una goccia di adesivo.
A questo punto è opportuno chiarire quale è la posizione che viene ad assumere la girante, una volta montata sul suo cuscinetto conico(foro cieco), rispetto alla semi-scatola. Essa viene a trovarsi per metà protetta dalla mezza scatola e per metà esposta all’aria circostante. E’ questa la condizione che deve essere rispettata ai fini del funzionamento dell’apparecchio. A questo proposito c’è da dire che sono state sperimentate con successo anche altre soluzioni costruttive, con qualche variante rispetto a quella sopra descritta, ma tutte nel rispetto della condizione già accennata. Per esempio, si è visto che altrettanti buoni risultati si possono ottenere se la porzione di scatola asportata è un po’ inferiore alla metà, così da restringere lo spazio libero a vantaggio di quello occupato dall’accumulatore orgonico. In questo caso non avremo più un piano di sezione diametrale, ma due piani angolati fra loro, per esempio, di 120°( anziché di 180°).
La parete della mezza scatola, che avvolge metà girante, è rivestita, come si è detto, con lamiera di ferro, che viene a trovarsi ad una distanza di 1 – 2 cm dal bordo della girante. Non è opportuno ridurre tale distanza se si vuole evitare che la girante rimanga bloccata, per attrazione esercitata dalla parete.

Impiego del Rotorgon

La carica

Se carichiamo lo strumento applicando le mani anche solo a pochi millimetri dalla parete della scatola e/o dal fondo,notiamo che il rotore entra presto in rotazione. La velocità di rotazione dipende dalla durata della carica e dall’intensità dell’energia trasmessa. In buone condizioni si sono raggiunti i 18 – 20 giri/min.
Il senso di rotazione dipende dall’orientamento dello strumento rispetto ai punti cardinali. Si è constatato che se la direttrice E – W passa per la mezzeria della scatola (o asse di simmetria della scatola, traccia del piano normale a quello secondo il quale la scatola è stata sezionata), in modo che la parte concava della scatola è orientata a W, il senso di rotazione è quasi sempre antiorario. Solo in corrispondenza di perturbazioni atmosferiche tale senso di rotazione tende ad invertirsi, come meglio vedremo in seguito.
Se s’inverte l’orientamento dello strumento, con la parte concava della semiscatola rivolta ad E, anche il senso di rotazione della girante s’inverte prontamente e diventa orario.
Questo farebbe pensare all’esistenza di una corrente energetica che investe lo strumento da W verso E, così come prevede la teoria della propagazione dell’onda orgonica cosmica. Le cariche indotte dalle mani non avrebbero altra funzione se non quella di potenziare la debole energia convogliata dall’onda orgonica. Quindi, secondo questa ipotesi, lo strumento si troverebbe soggetto all’azione combinata di un’onda portante amplificata e, per così dire, modulata da una sorgente locale di energia vitale. Da questo punto di vista il rotorgon non sarebbe sempre in grado di fornire una misura attendibile dell’intensità dell’energia che s’irradia dalle mani, non essendo in grado di selezionare questa da quella dell’onda orgonica che lo investe. E questo sarebbe confermato dal fatto che , a parità di altre condizioni, non basta apporre le mani allo strumento per indurre nel rotore sempre la stessa velocità di rotazione. Al contrario, si è visto che questa cambia, a parità di condizioni psico-fisiche dell’operatore, in funzione di altre variabili, prime fra tutte le condizioni meteorologiche.
C’è chi vede il moto rotatorio spontaneo del rotore in qualche modo correlato con la natura dinamica dell’energia orgonica che, come sappiamo, avrebbe la caratteristica di propagarsi per onde e a spirale.In determinate condizioni si verrebbe a creare un vortice che trascinerebbe in rotazione, per una sorta d’induzione elettrostatica, l’anello di carta (la girante) immerso in questo campo rotante.E’ un fatto che la somministrazione di cariche elettrostatiche al rivestimento esterno dello statore potenzia le prestazioni del rotorgon, il che si manifesta con una brusca accelerazione del rotore (elettrizzazione per strofinìo del rivestimento di cellofan della scatola e/o impiego di uno ionizzatore quale mezzo ausiliario).
La carica dello strumento può essere effettuata anche per mezzo di una lampada ad incandescenza (60 – 80w), posta ad una distanza di 50 – 60 cm. Se poi s’investe lo strumento con un lampo di luce intermittente,la girante, che prima era ferma, si mette in moto e accelera a mano a mano che la frequenza del lampeggiatore aumenta. E’ molto difficile, tuttavia, stabilire un sincronismo tra la frequenza del lampo e la velocità di rotazione della girante la quale dapprima accelera, ma poi esce fuori fase, rallenta e può fermarsi. Qui entrano in giuoco elementi ancora poco noti, come il ruolo dell’accumulatore che in parte trattiene l’energia che riceve dall’esterno, in parte la cede e in parte, forse, la trasforma.
In generale, prima di fermarsi definitivamente, la girante assume un moto intermittente : si ferma, resta immobile per qualche secondo (il tempo della ricarica) e poi riparte, riprende a girare per qualche minuto ancora e si ferma di nuovo. L’arresto definitivo è preceduto da soste che si vanno facendo sempre più lunghe.Si è notato che in questo caso, di solito, l’apparecchio continua a funzionare anche con pessime condizioni meteorologiche (cielo coperto e pioggia). Se però il maltempo dura da qualche giorno, poco dopo la carica la girante si arresta. Giova tenere presente, a.questo proposito, che il rotorgon è messo in azione, una volta caricato, dal flusso dell’onda orgonica che lo attraversa, onda che è pulsante e convoglia un’energia che dipende da vari parametri tra cui, soprattutto, come si è detto, le condizioni del tempo.
Si è accennato agli impedimenti che possono essere causa di precoce arresto della girante.Tra questi dobbiamo includere la presenza dell’operatore al momento in cui questi entra nella stanza ove è in atto l’esperimento. Sappiamo che, per il principio della sintropia (o entropia negativa),valido per tutti i sistemi viventi, un sistema a più alto potenziale orgonico sottrae energia a quello che trovasi ad un livello energetico più basso. In questo caso si avrebbe un travaso d’energia dallo strumento all’operatore che trovasi presso di esso. Se però lo strumento è del tutto scarico, si è notato che può avvenire il contrario. E’ quindi consigliabile disporre le cose in modo da poter controllare il funzionamento dello strumento a distanza, onde evitare di pregiudicare l’esito della prova.
Un fenomeno analogo a quello ora descritto lo possiamo osservare anche solo accostando una pianta ( un vaso di fiori ) al rotorgon in funzione : la girante si arresta in modo definitivo.

 

Durata della scarica

La durata della scarica dello strumento è funzione del potenziale orgonico dell’ambiente : quanto più è piccola la differenza di potenziale tra strumento e ambiente, tanto più è lungo il tempo di scarica. Quando, tuttavia, quest’ultimo si estende oltre le ventiquattro ore, non sembra che si possa parlare più di scarica dello strumento. In questo caso, infatti, viene fatto di pensare ad una sorta di alimentazione dello strumento da parte della corrente orgonica locale. E’ un punto, questo, di estremo interesse che meriterebbe di essere approfondito mediante una sistematica sperimentazione. Quando si assiste ad una rotazione del rotore che si protrae così a lungo, in modo autonomo, con moto continuo e regolare, di giorno e di notte, non si può non pensare ad una somministrazione d’energia orgonica da parte dell’ambiente.
Con gli ultimi perfezionamenti apportati allo strumento abbiamo notato che il moto sponteneo della girante è praticamente perenne, di giorno e di notte, anche se interrotto, di tanto in tanto, da brevi pause necessarie per la ricarica.

Il potenziale critico

Per potenziale critico del rotorgon (Pcr) s’intende il più basso livello d’energia utile per vincere l’inerzia dell’equipaggio mobile e il modesto attrito del perno a spillo sul suo cuscinetto. Esso è una caratteristica costruttiva dell’apparecchio e rappresenta la soglia al di sopra della quale il rotorgon entra in funzione.
Se l’apparecchio trovasi in un ambiente il cui potenziale energetico non è tale da riuscire a mantenere in rotazione la girante con continuità (atmosfera povera di carica vitale ) ma è ad un livello energetico al quale lo strumento è sul punto di entrare in funzione, se cioè il potenziale dell’ambiente nel quale operiamo coincide quasi col Pcr,anche una modesta corrente orgonica può essere rivelata dallo strumento.Infatti, l’energia convogliata da detta corrente orgonica, pur trovandosi ad un potenziale.inferiore a Pcr, è accumulata nello statore che, come abbiamo visto, è dotato di un piccolo accumulatore orgonico.
Dopo un certo tempo, l’accumulo di detta energia determina l’aumento del suo potenziale (così come un accumulo di calore provoca un innalzamento della temperatura) fino a superare il Pcr.A questo punto la girante si mette in moto e resta in rotazione per un tempo che dipende dalla quantità di energia accumulata.
Durante questa fase, che chiameremo fase attiva, l’apparecchio scarica, sotto forma di energia cinetica, l’energia potenziale accumulata nella precedente fase di carica (fase passiva).
Se lo strumento trovasi in un ambiente il cui potenziale è assai inferiore al Pcr (clima insalubre e/o carico di umidità e agenti inquinanti), se vogliamo che riveli la presenza della corrente orgonica dobbiamo in qualche modo fornire energia allo strumento (uso di una lampada, esposizione in ambiente solare, irradiazione con le mani, ecc.). In alternativa, non resta che attendere che le condizioni climatiche e stagionali favoriscano le cose con la presenza di un flusso orgonico sufficientemente attivo.
Se, da ultimo, siamo favoriti da condizioni climatiche e ambientali ottimali, con un potenziale energetico locale maggiore del Pcr, lo strumento ci sorprenderà per le sue prestazioni assolutamente imprevedibili. Il rotore allora rivela,col suo moto spontaneo, vivace e costante, tutta la potenza convogliata dall’onda orgonica e noi, presi da stupore per questo insolito moto rotatorio perenne di un anello di carta, movimento che ha in sé qualcosa di vivo, ci sorprenderemo a osservare questo fenomeno del tutto nuovo nelle varie ore del giorno e della notte.

L’onda orgonica

Si può anche pensare ad un’onda orgonica che investe lo strumento con le sue semi-onde positive (creste) e negative (ventri). La cresta, con un potenziale maggiore di Pcr, imprime il moto alla girante; la semi-onda negativa, di potenziale inferiore a Pcr, non è in grado di mantenerla in rotazione.
La presenza di un’onda orgonica è messa in evidenza dal rotorgon anche quando, in condizioni favorevoli, lo strumento funziona con continuità. Infatti, il moto della girante non è quasi mai un moto rotatorio uniforme, cioè a velocità costante, ma vario e la girante è soggetta a continue accelerazioni e decelerazioni. E’ ciò che fa pensare alla presenza di un flusso d’energia variabile nel tempo. Immerso in un campo di energia che lo attraversa, lo strumento, come abbiamo avuto più volte occasione di accennare, può funzionare da solo, senza apporto di energia dall’esterno, purchè il potenziale dell’ambiente lo aiuti.
E’ un po’ quello che accade in una radio a galena. In questo caso, infatti, la sola energia convogliata dall’onda elettromagnetica è in grado di far vibrare la membrana dell’auricolare della cuffia. L’onda modulata viene raddrizzata dal cristallo e resa udibile, ma non viene amplificata. Se vogliamo captare stazioni lontane e, quindi, rivelare onde che convogliano minore energia, dobbiamo ricorrere ad una fonte locale d’energia, che amplifica l’onda in arrivo e ci consente di alimentare l’altoparlante. In modo analogo si comporta il rotorgon
Quando l’onda orgonica è particolarmente intensa e/o le condizioni ambientali lo consentono, lo strumento la rivela senza l’ausilio di un’energia aggiuntiva. Se l’onda è flebile e lo strumento lavora in condizioni sfavorevoli, è necessario “alimentarlo“ mediante la somministrazione di un’energia supplementare, che ne innesca il funzionamento. La funzione della lampada (o di qualunque altro mezzo ausiliario) si può paragonare a quella della corrente che alimenta un apparecchio radio.


La lunghezza dell’onda orgonica

Abbiamo visto che il moto della girante si compone di un moto accelerato seguito da uno ritardato. Raramente quest’ultimo rallenta fino a fermarsi : è la pausa necessaria per la carica. Ma di solito è tutto un susseguirsi di creste e di ventri, di massimi e di minimi di velocità di rotazione. In questo regime di moto ondulato, non è difficile misurare il tempo che intercorre tra due minimi successivi e questo tempo non è altro che il periodo T, cioè la durata di un’oscillazione. E’ un valore che si ripete sempre uguale e assume il significato di una costante, associato spesso ai suoi multipli ( le armoniche ). Ma per poter calcolare la lunghezza l dell’onda orgonica dobbiamo conoscere la sua velocità V di propagazione. Abbiamo al riguardo le osservazioni fatte da W. Reich, secondo il quale si tratterrebbe di una velocità di poco superiore a quella V’ di rotazione della Terra nel punto considerato.
Assumendo per tale maggiorazione un valore compreso tra il 10 e il 20% e per una località situata al 42° di latitudine N(Roma) otteniamo : V = V’ x 1,15 = 405 m/sec (di poco superiore alla velocità del suono nell’aria).
A seguito di ripetute misure si è trovato che T può variare da 18 a 28 sec, ma il dato più ricorrente è quello di 25 sec.(50 e 75 per le armoniche), dato confermato anche, come vedremo in seguito, da misure effettuate con l’Orgonometro.
Per la lunghezza d’onda otteniamo allora: λ = V x T = 405 x 25 = 10.125 m
Se fosse un’onda elettromagnetica (ma non lo è) apparterrebbe al campo delle onde lunghissime.
La frequenza è data da : f = 1/T = 0,04 cicli/sec.
La massima velocità della girante può variare sia in funzione dell’ampiezza dell’onda(intensità dell’energia convogliata), sia della sua frequenza. A questo punto viene fatto di pensare che le varie velocità della girante siano prodotte da onde orgoniche di varia frequenza e che quindi l’onda orgonica in realtà non sia che la risultante di un fascio di onde, di volta in volta selezionate dallo strumento.


Il Rotogon e le onde lunghissime


Sappiamo che un’onda sonora, quando vibra ad una frequenza molto bassa, comincia a far sentire la sua azione diretta sui corpi. Quest’azione si può manifestare in vari modi e dipende, oltre che dalla frequenza del suono, anche dalla sua intensità e dal tipo di vincolo cui è soggetto il corpo su cui agisce.

Anche per le onde elettromagnetiche vale questa correlazione diretta tra fenomeni fisici e onde a frequenza bassissima(onde lunghissime), ma in senso inverso in quanto a relazione tra causa ed effetto. In questo caso, infatti, sono i fenomeni naturali a generare tali onde. L’assestamento della crosta terrestre(terremoti),le eruzioni vulcaniche, i temporali, le aurore boreali,ecc., danno origine ad onde radio a frequenza audio(100 – 10.000 Hz ) con lunghezze d’onda comprese tra i 3 km e i 30 m.Si tratta delle onde ELF che possiamo ascoltare mediante appositi ricevitori.

Ora, c’è da supporre che il fascio di onde orgoniche rivelato dal Rotorgon sia all’origine del moto della girante. Questo fascio di onde darebbe origine non tanto ad un’azione meccanica diretta sulla girante, quanto piuttosto ad un campo di cariche elettrostatiche polarizzato, il quale a sua volta genererebbe, per mutua attrazione e repulsione di dette cariche, il moto rotatorio della girante. L’effetto cinetico sarebbe quindi un effetto secondario.

Se così fosse, non dovrebbe essere difficile innalzare la frequenza del fascio d’onde fino a portarla a livelli audio, e così rendere udibile un’armonica di detto fascio originario. E’ quanto ci proponiamo di sperimentare.

Il rotorgon e la meteorologia

I mutamenti delle condizioni del tempo influiscono sulle prestazioni dello strumento. Questo fatto non ci deve meravigliare se pensiamo che ogni perturbazione è sempre accompagnata da variazioni più o meno imponenti dei parametri fisici dell’atmosfera ( pressione, temperatura, umidità dell’aria) e, in particolare, da mutamenti anche repentini del potenziale elettrico e del suo tipo e grado di ionizzazione.
Per esempio, si è potuto constatare che la condizione di bel tempo (sole che splende in un cielo terso ) corrisponde alla rotazione della girante sempre nello stesso senso, che è a sua volta in relazione con l’orientamento dello strumento. Così, se questo è orientato ad W e noi siamo seduti di fronte allo strumento con la fronte a N, il senso di rotazione sarà sempre quello antiorario. La girante tende ad assumere il caratteristico andamento ondulato della velocità : ruota con velocità che aumenta e diminuisce con regolarità, senza mai arrestarsi.
Ma, se a W è in atto una perturbazione, sappiamo che la direzione della corrente orgonica s’inverte e, anziché propagarsi da W ad E, sarà diretta da E ad W. Questo lo rileviamo dapprima con un’incertezza da parte della girante circa il suo senso di rotazione, che diventerà alternato, successivamente con l’inversione permanente del senso di rotazione.
In occasione di forti raffiche di vento, che di solito precedono il temporale provocato dall’avanzamento di un fronte freddo, l’energia che si libera dall’incontro di masse d’aria a diverso potenziale elettrico è tale che la rotazione della girante si fa pronta e vivace, come non era mai stata prima. Essa si mette a girare da sola, senza l’aiuto di nessun mezzo esterno, con velocità costante e con continuità, in senso orario, se lo strumento è orientato ad W o a N.
Quando poi ci veniamo a trovare tra due perturbazioni, anche lontane alcune centinaia di chilometri, l’una ad E e l’altra ad W, la girante ci rivela questa condizione con la sua immobilità quasi assoluta. Non è in grado di rispondere ad alcuna sollecitazione esterna se non dopo molto tempo e finisce con l’assumere una posizione di stallo.
Un fenomeno analogo possiamo constatare se la zona in cui operiamo è interessata da una depressione che si estende anche ad una vasta area limitrofa. : lo rotazione diventa lentissima, anche sotto l’azione della lampada (1 – 2 giri / min) e il suo senso è ora a destra, ora a sinistra(alternato), con entrambi gli orientamenti (a N o ad W).Sembra quasi di assistere ad un arresto della propagazione dell’onda, il cui effetto sarebbe quello di creare un campo pulsante.
Abbiamo visto che la velocità media di rotazione della girante è un elemento ricorrente ed uno tra i più significativi poiché essa ci fornisce un’indicazione utile circa l’intensità dell’energia rivelata dallo strumento, anche se una più precisa valutazione di detta intensità sarà possibile ottenere mediante l’orgonometro, di cui parleremo in seguito. La velocità della girante può essere classificata così : -bassissima( 1 – 2 giri/min ); - bassa ( 2 – 3 giri/min ) ; - media( 5 – 6 giri/ min ) ; - medio-alta ( 7 – 8 giri/min ) ; - alta ( 9 – 12 giri min ) ; altissima ( 13 – 14 giri/ min ) ; - ultra rapida( 15 – 20 giri/ min ) che si può ottenere, per esempio, caricando lo strumento con le mani per un congruo lasso di tempo e in particolari condizioni ambientali favorevoli. Le velocità più alte si possono misurare agevolmente mediante un apposito dispositivo stroboscopico.
Si è potuto inoltre constatare che l’approssimarsi di una consistente variazione del tempo può essere annunciata con qualche ora di anticipo e questo perché l’inversione del senso di propagazione dell’onda ne è un segnale precoce.
E’ evidente che l’optimum delle prestazioni del rotorgon si ottiene in ambiente soleggiato, anche se lo strumento viene schermato in modo da sottrarlo ai raggi diretti del sole. In queste condizioni si sono registrati quei valori della velocità media di rotazione che abbiamo classificato come altissima. La girante, attraverso il tipo di moto che la anima, ci comunica dei messaggi. E’ come se avesse un suo linguaggio, che dobbiamo imparare a decifrare con un’attenta e assidua osservazione e con prove ripetute.
Questo suo linguaggio si esprime con:
1) –il senso di rotazione, che può essere orario e/o antiorario;

2) –il tipo di moto, che può essere:

a) uniforme (velocità costante)
b) vario (accelerato o ritardato, in modo disordinato)
c) continuo, cioè senza soste (la velocità può diminuire, ma non si annulla)
d) pulsante, ad andamento ondulante;
e) intermittente, con fasi alterne di carica(soste) e scarica (moto)
f) alternato, il cui senso di rotazione s’inverte con periodicità.

Ma la girante è azionata dal flusso dell’energia orgonica che l’investe quindi, il modo con cui essa si muove è in funzione delle caratteristiche di propagazione dell’onda orgonica. Queste, a loro volta, sono in relazione con le condizioni climatiche locali e con quelle meteorologiche.
Un cenno a parte meritano gli eventi di origine astronomica(fasi lunari, solstizi, equinozi, macchie solari, eclissi, ecc.).Di recente, in occasione di un aumento dell’attività del sole, con incremento delle macchie solari, conseguente intensificazione delle correnti in seno al campo magnetico interplanetario e la comparsa di aurore in più regioni settentrionali della Terra, lo strumento ha subito un blackout che lo ha mantenuto immobile per circa due giorni, insensibile a qualsiasi stimolo esterno.

Ipotesi sul principio che è alla base della rotazione della girante

Le prove elettriche effettuate sul Rotorgon hanno messo in luce(come si vedrà meglio in seguito a proposito del Magnetorgon) una polarizzazione dell'accumulatore orgonico.
Si è cioè potuto constatare che i due stipiti della semi-scatola presentano cariche elettriche di segno opposto.Per stipiti intendiamo qui i bordi estremi verticali della fascia interna della scatola.
La differenza di potenziale misurata tra gli stipiti dello statore, opportunamente schermato, è dell'ordine di alcuni decimi di millivolts(0,1 - 0,8 mV ) come meglio si vedrà più avanti(vedi figg.4, 6 e 7 ).
Supponiamo ora che lo stipite di sinistra della mezza scatola ( per chi la guarda frontalmente )sia di segno + e quello di destra sia negativo. L'anello di carta è per metà immerso nell'aria in cui, com'è noto, sono sempre presenti ioni positivi e negativi. Ora, a seconda del prevalere dell'uno o dell'altro segno della carica ionica dell'aria, l'anello di carta si andrà caricando ora di ioni positivi, ora di quelli negativi. Nel primo caso l'anello sarà respinto dalla carica + presente sullo stipite sinistro e attratto da quello - dello stipite destro.
L'anello allora assumerà un moto rotatorio antiorario.(vedi 1) in fig .1A ) Se nell'ambiente in cui operiamo si vengono invece a stabilire condizioni che favoriscono il prevalere degli ioni negativi, l'anello di carta, se l'aria è sufficientemente secca, si carica con segno - e viene respinto dallo stesso segno dello stipite destro e attratto da quello + dello stipite sinistro, assumendo così un moto rotatorio orario, o destrorso.(v. 2) in figura 1A).
All'interno del semi-cilindro l'anello dovrebbe risultare scarico poiché le cariche, di cui era portatore, sono state neutralizzate da quelle dei rispettivi stipiti.
Questa ipotesi sul principio che è alla base della rotazione della girante è suffragata dai seguenti fatti:
1) quando la girante è situata tutta all'interno di un accumulatore orgonico chiuso,del tipo tradizionale e, quindi,isolata dall'ambiente esterno, non gira affatto;
2) quando s'inverte l'orientamento del rotorgon , per esempio da W > E ad E>W, anche il senso di rotazione della girante s'inverte, a parità del segno delle cariche ioniche dell'aria. Infatti, la polarizzazione degli stipiti varia al variare della posizione che essi occupano.
3) Si può passare dall'orientamento W>E a quello E>W facendo ruotare lo statore sul suo perno. Così facendo la posizione degli stipiti s'inverte: A si porta nella posizione che aveva B, e viceversa., ma il segno rimane nella stessa posizione: adesso è B che è diventato positivo, e A negativo.(v. 3) in fig.) Per chi guarda la semi-scatola frontalmente lo stipite di sinistra, che prima era positivo, ora è diventato negativo e anche il moto della girante s'inverte e passa da anti-orario ad orario.
Se ne deduce che il segno degli stipiti dipende dalla loro posizione nello spazio e, quindi, dal loro orientamento e, cioè,dall'angolazione con cui la corrente orgonica investe l'accumulatore.