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Galilei Galileo   (Pisa 1564  -  Arcetri, Firenze 1642)
 

 
 

Lettera al Padre C. Grienberger in materia delle Montuosità della Luna, con incisioni su legno e diagrammi, (I edizione) Bologna, Dozza, 1655.

Galileo Galilei osservò che le macchie lunari erano delle ombre delle montagne proiettate dalla luce del Sole, e che lo stesso Sole presentava macchie oscure che si formavano e sparivano, attestando quindi un processo di trasformazione in atto che confutava la dottrina aristotelica.

Artigiani olandesi e italiani avevano approntato diversi tipi di cannocchiale e Galilei dal 1609 perfezionò lo strumento e lo utilizzò per precise osservazioni astronomiche che culminarono nella scoperta di montagne e crateri sulla Luna, della Via Lattea come ammasso di stelle e dei quattro maggiori satelliti di Giove. Pubblicò le sue scoperte nel marzo 1610 nel Sidereus Nuncius.

 
 
 
 

Gli anagrammi di Galileo

Dal libro di Carlo Frabetti "I giardini cifrati", traduzione di Marina Minicuci, ediz. Diabasis, 2001.

Nell'agosto del 1610, Galileo inviò un messaggio segreto all'ambasciatore toscano a Praga, Giuliano de' Medici. Il testo, un'incomprensibile sequenza di trentasette lettere (ancorché dalla tredicesima alla diciassettesima di esse si legga la parola "poeta"), anagramma della frase che annunciava la sua ultima scoperta astronomica, era il seguente:

SMAISMRMILMEPOETALEUMIBUNENUGTTAURIAS

Con quest'espediente, Galileo salvaguardava la paternità della sua scoperta senza rivelarla apertamente, cosa che fece solo dopo tre mesi. Il significato occulto del messaggio era:

ALTISSIMUM PLANETAM TERGEMINUM OBSERVAVI
(Ho osservato il pianeta più alto in triplice forma)

Il pianeta più alto era Saturno (Urano, Nettuno e Plutone non erano ancora stati scoperti) e Galileo, a causa dell'insufficiente potenza del suo telescopio, aveva scambiato gli estremi del suo anello per un paio di satelliti.
Intanto, Keplero aveva tentato di decifrare l'anagramma arrivando a una soluzione che egli stesso definì "barbaro verso latino":

SALVE UMBISTINEUM GEMINATUM MARTIA PROLES
(Salve, furiosi gemelli, prole di Marte)

Così Keplero giunse alla conclusione che Galileo avesse scoperto un paio di satelliti di Marte. Lo stupefacente del caso è che, come oggi sappiamo, Marte ha in effetti, due piccole lune, della cui esistenza però ne Keplero ne Galileo potevano avere la minima idea. Per distinguerle avrebbero avuto bisogno di un telescopio assai più potente di quelli esistenti all'epoca (di fatto non furono scoperte fino al 1877). Ma questa è solo la metà della storia.
Nel dicembre di quel medesimo anno, Galileo mandò un altro anagramma a Giuliano de' Medici. Questa volta si trattava di una frase intelligibile:

HAEC IMMATURA A ME IAM FRUSTRA LEGUNTUROY

Dopo un mese, Galileo rivelò all'ambasciatore la soluzione dell'anagramma:
CYNTHIAE FIGURAS AEMULATUR MATER AMORUM
(La madre dell'amore emula le forme di Cynthia)

La mater amorum era, naturalmente, Venere, e Cynthia, la Luna. Galileo aveva scoperto che il secondo pianeta mostrava delle fasi cicliche analoghe a quelle lunari (ciò costituiva una prova che girava attorno al Sole).
Anche in questo caso Keplero aveva tentato di decifrare l'anagramma, e di nuovo aveva trovato una soluzione differente:

MACULA RUFA IN IOVE EST GYRATUR MATHEM ECC.
(C'è una macchia rossa in Giove che gira matematicamente)

E, di nuovo, la "falsa" soluzione di Keplero risultava essere vera! Giove ha, in effetti, una gran macchia rossa che gira in modo regolare, "matematico", e che non sarebbe stata scoperta fino al 1885 - quasi tre secoli dopo - quando fu perfezionato il telescopio riflettore di Newton.

Come spiegare questa doppia coincidenza? La probabilità che un anagramma di più di trenta lettere ammetta per puro caso un secondo riordinamento significativo, e che tale significato intruso corrisponda a un fatto reale sconosciuto nel momento in cui fu redatto e decifrato il messaggio, è tanto esigua che obbliga a pensare ad una spiegazione occulta. E che questo succeda due volte di seguito è quasi miracoloso.

 

 

Carlo Frabetti nasce a Bologna ne11945. È narratore e matematico, membro dell'Accademia delle Scienze di New York. Vive in Spagna, e scrive in castigliano. Si dedica assiduamente alla letteratura infantile e alla divulgazione scientifica e ha pubblicato più di quaranta libri. Ha creato, scritto e diretto numerosi programmi televisivi e scritto pièces teatrali di successo. Ha tradotto in spagnolo Verne, Montale, Quasimodo, Asimov, Morowitz, Gardner. Fra i suoi libri, La reflexión y el mito (1990), La magia más poderosa (1994) con oltre 100.000 copie vendute, El tablero mágico (1995), El gran juego (1998) vincitore del Premio Jaén per la Letteratura infantile, Los jardines cifrados (1998), La ciudad rosa y roja (1999), El ángel terrible (2000), Maltidas matemáticas (2000). Alcuni dei testi citati sono stati tradotti in varie lingue. l Giardini cifrati è il primo romanzo di Frabetti tradotto in italiano.

Matematico, divulgatore scientifico, pifferaio magico attraverso la letteratura come il miglior mezzo, Carlo Frabetti è uno scrittore italiano che "ritorna a casa" con Diabasis. Unico scrittore bolognese di lingua spagnola.

Un libro leggero e profondo, misterioso e ironico, corrosivo e appassionato nella geometrica narrazione: le introduzioni, in cui l'autore smonta, svela, rimonta paradossi, sillogismi, sofismi di alcune verità filosofiche, scientifiche, religiose; una storia di investigazione deduttiva, alla Sherlock Holmes, della quale le introduzioni sono gli antefatti concettuali, i principi applicativi.

 

 

Galilei Galileo  (Pisa 1564 - Arcetri, Firenze 1642)

Note biografiche a cura di Maria Agostinelli

Galileo Galilei nacque a Pisa il 15 febbraio 1564 da Giulia Ammannati e Vincenzio Galilei, entrambi appartenenti alla media borghesia. Vincenzio, nato a Firenze nel 1520, ex liutista ed ex insegnante di musica, in passato era entrato in conflitto con la tradizione classica che attribuiva la consonanza tra tutti i suoni al controllo delle proporzioni numeriche ed aveva proposto idee proprie al riguardo.

Era quindi ferrato in matematica, ma, intuendo le difficoltà pratiche che la professione di matematico presentava, spinse il figlio a studiare medicina proprio come un loro avo, quel Galileo Bonaiuti che nel XV secolo si era distinto nell'esercizio dell'arte medica ed in onore del quale un ramo della famiglia aveva preso il nome di Galilei. Galileo compì i primi studi di retorica, grammatica e logica nel monastero camaldolese di Vallombrosa ed entrò a far parte dell'ordine come novizio.

La decisione non poté che contrariare Vincenzio, il quale, nutrendo appunto ben altri progetti per il figlio, lo fece tornare a Pisa e lo fece iscrivere a Medicina. I corsi della facoltà vertevano su Galeno e sui libri di scienza naturale di Aristotele, che costituirono i principali oggetti di critica da parte del giovane Galileo, sempre più attratto dalla matematica e dalla filosofia e sempre meno produttivo in veste di studente di medicina. Nel 1583 vi fu il suo incontro con Ostilio Ricci, un matematico probabile allievo di Tartaglia. Ricci era aggregato alla corte di Toscana e teneva le sue lezioni in volgare, come in volgare era scritto il testo di Euclide su cui basava i suoi corsi.

Si trattava infatti della traduzione che ne aveva fatta lo stesso Niccolò Tartaglia, il quale, a differenza delle versioni latine, aveva chiarito la discrepanza esistente tra la teoria delle proporzioni di Eudosso e quella dell'aritmetica medievale, un chiarimento che si rivelò fondamentale per la formazione di Galileo. Le sue prime indagini nel campo della fisica lo portarono, tra l'83 e l'86, a determinare il peso specifico dei corpi tramite un congegno chiamato ‘bilancetta', simile ad un utensile già in uso presso i mercanti orafi. Nell'88 diede anche una prova della propria erudizione letteraria con delle lezioni su Dante tenute presso l'Accademia fiorentina.

Nell'89, nonostante non si fosse laureato, grazie alla stima ed alla fama che si era guadagnato presso certe frange del mondo accademico ottenne la cattedra di Matematica all'Università di Pisa, un lavoro che gli assicurò l'indipendenza economica dal padre. A Pisa Galileo rimase 3 anni, durante i quali scoprì la legge di caduta dei gravi. Ma il periodo più sereno e fruttuoso della sua vita lo passò come insegnante di matematica presso l'Università di Padova, dove si trasferì nel 1592 e dove rimase per 18 anni. Qui continuò i suoi studi di meccanica e di astronomia, nell'ambito della quale abbracciò la teoria copernicana.

Dal 1609 cominciò a perfezionare ed usare il cannocchiale come strumento per le osservazioni astronomiche. Il cannocchiale non era un'invenzione di Galileo (artigiani olandesi e italiani ne avevano già approntati diversi tipi) ma i miglioramenti che lo scienziato vi apportò inaugurarono l'epoca delle grandi scoperte astronomiche, di cui lo stesso Galilei diede annuncio nel Sidereus Nuncius (Ragguaglio astronomico) del 1610. I 4 maggiori satelliti di Giove, le montagne ed i crateri della Luna, le macchie solari, furono fenomeni fino ad allora sconosciuti che destarono meraviglia ed ammirazione tanto nel mondo accademico (Keplero riconobbe e confermò l'importanza delle scoperte di Galilei), quanto in certo ambiente politico (Cosimo dé Medici lo nominò matematico dello studio di Pisa), ma anche ostruzionismo ed astio da parte delle gerarchie ecclesiastiche (in particolare del cardinale Bellarmino) e degli aristotelici.

Nel 1616 il Sant'Uffizio mise all'indice sia la cosmologia copernicana, sia le opere di Galileo, il quale venne convocato a Roma per giustificare le sue opinioni. Qui il suo tentativo di difendere le concezioni astronomiche copernicane (e le proprie) in quanto inoffensive nei confronti della Bibbia, venne respinto e lo scienziato fu intimato a non professarle più. Galileo continuò tuttavia ad approfondire ed ampliare i suoi studi e, nel 1623, compose in volgare il Saggiatore, nel quale polemizzava con il padre gesuita Orazio Grassi riguardo alla natura delle comete e a problemi di ordine metodologico. Sempre nel '23 salì al soglio pontificio Urbano VIII, un Barberini che si era dimostrato disponibile nei suoi confronti, tanto che proprio all'ex cardinale, spirito illuminato ed aperto ai discorsi scientifici, Galileo aveva dedicato il Saggiatore.

Nel 1632 pubblicò il Dialogo sopra i 2 massimi sistemi del mondo, un testo fondamentale per la scienza moderna in cui Galileo, sotto un'apparente neutralità, dava risalto all'astronomia copernicana a discapito di quella tolemaica. A causa dell'influenza di alcuni padri gesuiti, Urbano VIII ebbe allora un'involuzione e, nel 1633, Galileo venne processato a condannato al carcere a vita dal Sant'Uffizio, una pena da cui poté salvarsi solo abiurando le sue teorie. Il carcere a vita fu così commutato in isolamento, che Galileo scontò prima nel palazzo dell'Arcivescovado di Siena e poi nella sua villa di Arcetri.

Morì a Firenze l'8 gennaio 1642, circondato da pochi allievi e nella quasi totale cecità. Galileo Galilei è stato formalmente assolto dall'accusa di eresia solo nel 1992, trecentocinquanta anni dopo la sua morte.

 
 

 

  Il sottofondo musicale è tratto dalla canzone "L'ombra della luce" di Franco Battiato

 

 

 

 
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