Gruppo Pace

Comunità S.Angelo



Gennaio, primo sabato dei "saldi". Dovevo tornare a casa dall'ufficio e quindi attraversare Corso Buenos Aires. Con Grazia sono rimasto bloccato in un traffico che non fluiva più. La congestione era dovuta a tutti coloro che anche dalla provincia si precipitavano a comprare, in quella strada e nei suoi negozi, cose che tre giorni prima "valevano" 100 e che quel sabato erano offerte a 80, a 60, perfino a 40. Già questo meccanismo lascia, diciamo, "perplessi". Ma molte di quelle merci erano prodotte in "paesi in via di sviluppo", ad un costo certamente non superiore a 10. E la perplessità aumenta. Pochi giorni prima i giornali riportavano che in Indonesia il monte paghe annuale per diverse migliaia di operai delle aziende che producono articoli sportivi per la Nike non supera il costo del contratto di sponsorizzazione che Nike ha col tennista che ha fatto da testimonial nel circuito del tennis per 1997. Giornali economici autorevoli potranno darci tutte le spiegazioni che vogliono, potranno angolare il problema in modo diverso: resta il fatto che migliaia di operai sono sottopagati, che i paesi in via di sviluppo aiutano lo sviluppo e l'uso del non necessario in paesi altamente sviluppati. Ci si domanda: ma è giusto tutto ciò? Ai primi di Dicembre il Papa ha pubblicato il messaggio per la giornata della pace, 1 Gennaio 1998. Si intitola "Dalla giustizia di ciascuno nasce la pace per tutti". E il tema della giustizia è il filo conduttore del messaggio che termina con questi versetti di Isaia, 32, 15-17 Allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto, una perenne sicurezza. Certo che questo messaggio diventa sogno se presentato a chi ha il potere. Chi vuole rinunciare anche solo in parte ai benefici che esso comporta? Chi vuole riconoscere che troppo spesso il potere che detiene va contro i diritti dell'uomo? Il Papa mette in giusto risalto la dichiarazione dei diritti dell'uomo, la cui carta è stata promulgata dalle Nazioni Unite giusto 50 anni fa'. Una formulazione cui hanno contribuito uomini di fedi diverse, laici di rigorosa integrità, e che oggi il Papa prende come testo per una esortazione alla giustizia basata sul Vangelo. E quindi il messaggio si sposta ai piccoli, da coloro che hanno il potere, che sono soggetti a tutte le tentazioni per fermare l'avverarsi della giustizia. C'è un forte richiamo alla dignità dell'uomo: certo è più facile essere suddito che cittadino. Battersi per i propri diritti, assumendosi i propri doveri, è compito faticoso, talvolta quasi impossibile. Abdicare a parte o a tutti i propri diritti per assicurasi i favori del potente o di colui che comanda, accedendo quindi al privilegio, è sicuramente più facile e redditizio. Bisogna avere una certa capacità a non accorgersi se per questo privilegio si sconvolgono vite altrui: ma il privilegio dà sicurezza, mette al riparo dalle intemperie di qualsiasi genere. Ed è sul privilegio che si basa questa nostra società, specialmente nel nostro paese. La raccomandazione, per esempio. Il potere delle relazioni giuste, la protezione del potente cui si assicura plauso, e voti, se necessario. Per cui la corruzione non è più una cosa da combattere, ma una pratica necessaria a tutti i livelli. La restituzione del debito pubblico viene invocata come atto di generosità: "molto potranno fare i paesi più ricchi". Questi debiti pubblici di paesi poveri o in via di sviluppo, come si sono formati? Va da sè, con prestiti ad un certo interesse, attraverso le organizzazioni bancarie mondiali. Ma questi soldi dove sono andati? Molti crediti sono stati fatti per il finanziamento di progetti di lavori cosiddetti pubblici, destinati a favorire produzioni che interessavano più i paesi che prestavano i soldi che coloro che li ricevevano. Molti in aiuti militari, e si sa che le armi non sono proprio investimenti produttivi, se non per coloro che le armi forniscono. E i costi di queste forniture erano senz'altro gonfiati per poter dare ai governanti locali, che negoziavano, percentuali altissime, e mai nei loro propri paesi. Le "commissioni" o "tangenti" venivano dirottate in paesi in cui il segreto bancario è più ferreo. Non solo nelle isole Caiman. Ed ora i cittadini di questi paesi, derubati dai loro governanti in accordo con coloro che "prestavano" i denari, oppressi dalle armi vendute per "difendere" lo stato, che hanno impoverito le loro economie per favorire quelli dei paesi del primo mondo devono restituire debito ed interessi a chi? A coloro che hanno approfittato della fragilità delle loro istituzioni per arricchirsi maggiormente? E la giustizia, dove la cerchiamo? Il Papa cita un ammonimento del Concilio Vaticano II: "Siano anzitutto soddisfatti gli obblighi di giustizia, perché non si offra come dono di carità ciò che già è dovuto a titolo di giustizia". Sono parole certamente rivoluzionarie. E' bello sentirle proclamare in giorni in cui sembra che solo il "mercato" abbia ragione e tutto debba essere sacrificato a questo nuovo Moloc. Bisogna che i poveri riprendano in mano i propri destini. Noi, abitanti di paesi ricchi che al loro interno hanno comunque contraddizioni incredibili, dobbiamo imparare ed accettare che siano i poveri ad indicarci la via. La via alla giustizia, e poi la pace sarà inevitabile e il canto di Isaia non sarà l'utopia del povero, ma la realtà di tutti.