Nella foto: l'ing. Carlo De Benedetti a colloquio con Mauro Nemesio Rossi quale direttore del periodico
"Il Corso" in occasione dell'inaugurazione
dello stabilimento di Pozzuoli Olivetti-Sanyo.
L'iniziativa durerà quattro anni con un costo per lo
Stato di 40 miliardi e dopo, tanta disoccupazione.
|
|
Proposta
di legge per la costituzione di una Commissione di
inchiesta parlamentare su come sono stati spesi i
contributi statali all'Olivetti nell'Italia meridionale
La
proposta è stata presentata dall'on. Nicolò Cuscunà
componente della X commissione della Camera dei deputati
- Attività produttive
Onorevoli Colleghi! - La
grave crisi della Olivetti e del gruppo De Benedetti
riporta alla ribalta una situazione di grande attualità
politica e un tema di largo interesse sociale: quello
dell'etica dell'impresa in un corretto ordinamento
economico.
Il più illuminato predecessore dell'ingegner De
Benedetti, Adriano Olivetti, si poneva la domanda: quale
fossero i fini di una impresa. Immerso com'era in certi
capitalismi senza regole e senza morale, non aveva dubbi
nell'affermare che il fine ultimo dell'impresa era il
benessere dei suoi lavoratori.
Il principio fondamentale che è stato il principale
artefice del successo dell'Olivetti dalla sua nascita
fino a quando l'ingegner Carlo De Benedetti nel 1978 ne
assunse la guida. Questa data coincise anche con il
ribaltamento delle linee ispiratrici della famiglia
Olivetti ed il lucro da reinvestire in imprese
finanziarie o speculative e che non genera occupazione e
benessere diffuso, diventò il motore propulsore della
nuova Olivetti.
Geno Pampaloni, con l'avvento di De Benedetti nella
Olivetti, in un articolo apparso su Il Giornale del 31
maggio 1978 dal titolo "La saga degli Olivetti"
scriveva: "è il fallimento di un tentativo
orgoglioso di porsi come modello alternativo nel mondo
industriale (il modello di una società fondata non
soltanto sull'etica del profitto), gli Olivetti rimangono
un esempio (da rimpiangere) da un lato della indipendenza
dal sottogoverno, dallo statalismo parassitario, dalla
sottomissione pavida e furbesca alla classe politica (i
mali che stanno uccidendo la nostra economia e la nostra
libertà); dall'altro lato di una visione lungimirante,
non difensiva, del ruolo dell'industria nella
società".
Ed è stato così. La Olivetti è in crisi perché
annientata da una politica industriale frutto della
dipendenza dai sottogoverni, dallo statalismo
parassitario e dalla sottomissione pavida e furbesca ad
una classe politica.
E' in questa errata filosofia industriale che bisogna
scavare per fare luce su anni di consociativismo De
Benedetti - politica - sindacalismo al fine di indagare
in un fenomeno che ha sottratto risorse alla
collettività per l'arricchimento di pochi a danno di
molti. Quello che è più grave è che i lavoratori sono
stati strumenti e ignari mediatori di uno pseudo
socialismo messo in atto da una perversa politica da
compromesso storico.
L'ingresso del finanziere De Benedetti coincide con
l'inizio delle perenni ristrutturazioni aziendali della
Olivetti e con il licenziamento delle maestranze.
L'attività produttiva è subordinata al successo delle
lobby parlamentari che condizionando governi e
parlamentari, riuscivano a far approvare leggi che
prevedevano finanziamenti ed agevolazioni sia al nord che
al sud, mentre l'azienda non sviluppava la ricerca e le
nuove tecnologie.
Una delle prime operazioni poco chiare fatte al sud fu
rappresentata, nel 1979, dal trasferimento della Olivetti
Controllo Numerico da S. Bernardo di Ivrea a Marcianise,
operazione che costò allo Stato italiano oltre 750
miliardi. Fu sponsorizzata dall'allora partito comunista
italiano che se ne assunse la paternità proponendo la
nascita di un polo elettromeccanico abortito prima del
concepimento.
Alla Olivetti Controllo Numerico si aggiunse la OSAI
(Olivetti sistemi per l'automazione industriale),
un'azienda di circa 150 addetti che aveva il compito di
sviluppare la robotica ed applicare unità di controllo
numerico a piccole elettroeroditrici provenienti
dall'interscambio economico con l'URSS.
Le macchine a controllo numerico erano per oltre il 30
per cento commercializzate nei paesi dell'est tramite
l'intermediazione di società cooperativistiche italiane
legate al PCI.
Dubbia anche la destinazione di alcuni componenti
elettromeccanici molto sofisticati, gli
"indactusil", che se da una parte avevano il
compito di far girar torrette di posizionamento di piani
di lavoro che dovevano sostenere scocche di motori
meccanici, dall'altro potevano essere utilizzati per
posizionare torrette di armi, cosa che in piena guerra
fredda poteva anche destare sospetti per un loro utilizzo
su armi di offesa.
Sia la Olivetti Controllo Numerico che la OSAI durarono
ben poco e nel giro di qualche anno l'attività scomparve
con l'esaurirsi dei finanziamenti dello Stato. La
meccanica strumentale non ricadeva più negli interessi
strategici del gruppo Olivetti. In sostituzione furono
create, nel 1985, due aziende, la ALITEC e la MODINFORM,
con il mandato di produrre alimentatori elettronici per
computer e moduli per tastiere. Contemporaneamente fu
firmato un accordo capestro con i sindacati che prevedeva
il licenziamento degli addetti e la loro riassunzione
nelle due società con decurtazione della paga e la
dequalificazione professionale.
Costo complessivo per lo Stato oltre 14 miliardi per
ciascuna azienda. Nell'ALITEC fu inglobata anche la AROS
di Milano, ma una volta ricevuti i finanziamenti ed anche
una ispezione da parte della Guardia di finanza, fu
assorbita dalla MODINFORM.
Nella MODINFORM è stata inglobata nel 1994 la OLIFAX di
Pozzuoli, "reduce" della OLIVETTI SANYO
INDUSTRIALE nata sempre a Pozzuoli dall'accordo di
programma del 1988 fatto con il Ministero del bilancio e
della programmazione economica e che prevedeva un esborso
da parte del Governo di oltre 650 miliardi. La OLIVETTI
SANYO durò solo un anno e mezzo.
A queste osservazioni di carattere produttivo vanno
aggiunte quelle commerciali.
Che le forniture dei prodotti Olivetti alla pubblica
amministrazione siano state viziate non da una mancata
qualità intrinseca, ma dal fatto di essere residui di
magazzino, è cosa nota a tutti.
Cose queste acquisite agli atti e le dichiarazioni di
illustri responsabili di Governo, vecchi e nuovi,
confermano questa realtà.
Per quanto riguarda le telecomunicazioni le cose non
cambiano. La OMNITEL nasce viziata in origine dagli
stessi insani princìpi. Con l'aiuto di forze oscure
partitiche e di lobby vince la concessione governativa
per la gestione di un servizio pubblico, quello dei
telefonini cellulari GSM.
La OMNITEL ottiene la possibilità di usare impianti del
concorrente TIM e del gestore pubblico TELECOM con
l'impegno di raggiungere la copertura territoriale del 40
per cento in tempi prestabiliti, cosa che di fatto
risulta ancora tutta da verificare.
Sta di fatto che intere province come quelle di Taranto,
Caserta, Pescara venivano dichiarate coperte dal
servizio, ma che nel mese di marzo 1996 erano del tutto
sprovviste di segnale e, ancora oggi, gli impianti
previsti non sono ancora funzionanti.
Difformità nelle gare di appalto dei lavori e nelle
installazioni degli impianti, disservizi agli utenti,
costo eccessivo della telefonata fatta passare negli spot
pubblicitari come estremamente favorevole (basti pensare
che i primi 45 secondi del servizio OMNITEL nella fascia
economica costano 346,25 lire contro le 127 di TIM) sono
solo alcuni elementi oggetti di approfondimento.
Per questi motivi e per altri ancora vi sottoponiamo la
seguente proposta di legge.
PROGETTO
DI LEGGE - N. 2433
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. E' istituita una Commissione parlamentare di inchiesta
sulle attività svolte dalle aziende del gruppo Olivetti
finanziate con fondi pubblici.
Art. 2.
1. La Commissione ha i seguenti compiti:
a) ricognizione di tutti i provvedimenti legislativi ed
amministrativi a favore del gruppo Olivetti riguardanti i
settori: elettromeccanico, elettronico, informatico e di
ricerca dal 1977 in poi;
b) acquisizione dei dati relativi alle somme stanziate a
favore delle aziende del gruppo Olivetti, a quelle
effettivamente spese ed a quelle rimaste inutilizzate a
partire dal 1975;
c) analisi delle attività di produzione e di ricerca
svolte negli stabilimenti di Pozzuoli, Marcianise, San
Bernardo di Ivrea, Agliè, Crema Bitritto, Cosenza, Massa
Carrara, al fine di stabilire se le somme stanziate a
favore del gruppo siano state effettivamente spese
secondo le direttive e le finalità previste e, in
particolare, se siano state finalizzate al mantenimento
dei livelli occupazionali specie nelle aziende del
meridione;
d) accertamento del rispetto dei diversi accordi
stipulati tra il gruppo Olivetti e le organizzazioni
sindacali con la partecipazione del Governo aventi la
finalità di riequilibrare ed attivare le risorse
necessarie per il rilancio occupazionale nel meridione;
e) accertare che le forniture ad uffici amministrativi
dello Stato di apparati elettronici, macchine per
ufficio, telescriventi, personal computer per scopi
militari protetti con "sistema tempest", non
siano avvenute a trattativa privata, che siano state
effettuate con gare di appalto regolari e che le
apparecchiature siano state fornite a prezzi equi e non
aumentati in modo eccessivo rispetto alle prestazioni
richieste;
f) verificare se le leggi riguardanti l'introduzione dei
registratori di cassa, in fasi successive, siano state
finalizzate più alla necessità di incrementare le
attività economiche del gruppo Olivetti che a quella di
realizzare un reale recupero delle imposte evase;
g) verificare l'accordo di programma stipulato con il
Ministero del bilancio e della programmazione economica
nel 1988;
h) compiere un'accurata analisi delle cause per cui si è
proceduto alla costituzione, scioglimento e fusione di
aziende, all'interno del gruppo, in rapporto alle diverse
disposizioni legislative riguardanti benefìci finanziari
di vario tipo concessi in relazione alle dimensioni
aziendali.
Art. 3.
1. La Commissione procede alle indagini ed agli esami con
i poteri e le limitazioni previsti dal secondo comma
dell'articolo 82 della Costituzione.
Art. 4.
1. La Commissione è composta da dodici senatori e da
dodici deputati nominati rispettivamente dal Presidente
del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera
dei deputati.
2. I Presidenti delle due Camere d'intesa tra loro
nominano il Presidente della Commissione al di fuori dei
componenti la Commissione stessa, tra i parlamentari
dell'una o dell'altra Camera.
3. La Commissione elegge nel suo seno due vicepresidenti
e due segretari.
Art. 5.
1. La Commissione può avvalersi di persone a conoscenza
dei fatti che abbiano svolto mansioni o attività nelle
aziende del gruppo Olivetti.
2. I membri della Commissione, i funzionari addetti al
suo ufficio di segreteria ed ogni altra persona che
compia o concorra a compiere atti di inchiesta o ne abbia
conoscenza per ragioni di ufficio o servizio sono
obbligati al segreto per tutto ciò che riguarda gli atti
medesimi ed i documenti acquisiti al procedimento
d'inchiesta.
Art. 6.
1. La Commissione termina i suoi lavori entro un anno
dalla data del suo insediamento.
2. Entro la data di cui al comma 1, la Commissione
presenta alle Camere la relazione conclusiva
sull'attività svolta.
Art. 7.
1. Il Presidente della Camera dei deputati ed il
Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa tra
loro, destinano locali e personale ai servizi di
segreteria della Commissione.
Art. 8.
1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono
ripartite in parti eguali tra la Camera dei deputati ed
il Senato della Repubblica e sono poste a carico dei
rispettivi bilanci.
Art. 9.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo
a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
|
|