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Fabio Rizza
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Suite
op. 133
- I. Preludio
- quasi un improvisazione (sic). Molto sostenuto
- II. Ballata
Scozzese. Molto moderato - Espressivo e malinconico (al modo dei Canti
Scozzesi)
- III. Capriccio.
Furioso
Data
di composizione: 1947
Dedica: Andrés Segovia
Editore: Schott, London 1954
Organico: chitarra
Discografia:
- JORGE ORAISON, Mario Castelnuovo-Tedesco, Concertgebouw
Chamber Orchestra, Haarlem, Adam Gatehouse
direttore, Etcetera ETC 1001
NB: il disco contiene soltanto il "Capriccio" della Suite op.
133
-
CLAUDIO PIASTRA, CD Mondo Musica MM96034
Opera "minore"
fra quelle dedicate da Castelnuovo-Tedesco alla chitarra, la Suite
op. 133 si segnala comunque per una certa nobiltà espressiva e per la
bellezza di alcuni episodi. Come sottolineato da Gilardino, nell'immediato
dopoguerra, forse anche in ragione dello choc provocato dall'esilio in
una terra a lui aliena, Castelnuovo-Tedesco si concentra sull'esplorazione
delle strutture formali più canoniche:
[...] Castelnuovo-Tedesco
non trova stimolo alcuno nel nuovo ambiente, il quale si interessa a
lui soltanto per la facilità con cui egli compone genericamente musiche
da film, e l'isolamento per lui che era sempre stato attivamente
partecipe dei fatti della musica e della cultura porta quale
conseguenza una sorta di cristallizzazione stilistica. Non che, ripetendosi,
egli svuoti la sua arte, ma le evoluzioni che stanno trasformando in
Europa la musica, non trovano nella sua produzione eco alcuna, e anzi
egli sembra decisamente arretrare, vincolandosi in modo sempre più stretto
e rigoroso ad una tradizione della quale sia spiritualmente che
per il suo magistero tecnico pare gli piaccia dimostrarsi erede
titolato. Con questo atteggiamento, Castelnuovo-Tedesco dichiara la
sua fede nell'umanesimo in cui è stato educato e prende ironicamente
le distanze dall'ambigua volgarità del mondo del cinema, ma proclama
anche la sua estraneità nei confronti delle speculazioni dell'avanguardia
europea, rifiutandone il benché minimo riflesso nella sua musica. Noi
crediamo che ciò sia dovuto più alla sua condizione di esule non rientrato
in patria (se non per trascorrervi le vacanze) che ad una meditata sfiducia
nei confronti di un tentativo di rinnovamento dall'interno del suo stile,
e siamo convinti che, risiedendo in Italia, il maestro avrebbe operato
una scelta meno rigida. I titoli delle sue composizioni chitarristiche
post-belliche danno prova di tale autodifensiva "oggettività": Rondò
(1946), Suite (1947), Quintetto
(per chitarra e archi - 1950), Fantasia
(per chitarra e pianoforte - 1950), musiche nelle quali il compositore
denota sempre più chiaramente la propria inclinazione ad affidare alla
chitarra sola brani minori, ed alla chitarra concertante opere di maggior
impegno formale e di più alta espressività (come il Quintetto).
(1)
La Suite
consta di tre soli movimenti il primo dei quali un preludio in
re minore ha una struttura complessa e articolata e ricca di idee
che si susseguono in varie combinazioni. Ad esso segue una "Ballata Scozzese"
in re maggiore dove l'elemento folclorico si colora di una vena malinconica
inconfondibilmente tipica dell'autore. La composizione si chiude con un
"Capriccio" in re minore dal carattere vivace ed energico ("furioso",
secondo l'indicazione dello stesso autore); da notare che l'incipit del
brano nell'alternarsi di battute in 6/8 con battute in 3/4
deve aver fornito a Castelnuovo-Tedesco lo spunto per "Crótalo", brano
conclusivo del Romancero gitano.
(1) ANGELO
GILARDINO, Manuale di storia della chitarra, volume 2°: la chitarra
moderna e contemporanea, Bérben, Ancona, 2ª ed. 1992, p. 50.
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