CHIUSO.
il carro funebre attraversa tutta la stanza col suo carico
di decapitati, scomparsi, pazzi ancora
in vita.
le mosche sono una colla di pasta appiccicosa
hanno le ali che non si alzano.
guardo una vecchia che picchia il suo gatto
con la scopa.
il caldo è insopportabile
un tiro mancino
di Dio.
l'acqua è evaporata dal vaso
del gabinetto
il telefono squilla
senza un suono
col fiacco braccino che si sfinisce contro
il campanello.
vedo un ragazzo sulla sua
bicicletta
i raggi cedono
le gomme si trasformano
in serpenti
e svaniscono.
il giornale è caldo come un forno
la gente s'ammazza per la strada
senza motivo.
gli uomini peggiori hanno i posti migliori
gli uomini migliori hanno i posti peggiori o sono
disoccupati o chiusi
in manicomio.
mi restano 4 scatolette.
truppe con l'aria condizionata vanno di casa
in casa
di stanza in stanza
catturando, sparando, infilzando la gente
con la baionetta.
ci siamo fatti questo,
ce lo meritiamo
siamo come rose che non si sono mai curate
di sbocciare quando avrebbero dovuto
ed è come se
il sole si fosse disgustato
dell'attesa
come se il sole fosse uno spirito che
ci ha dato per spacciati.
esco sulla veranda posteriore
e guardo il mare di piante morte
spini e stecchi che fremono in un cielo
senza vento.
chissà perché, ma sono contento che sia finita,
chiuso -
le opere d'Arte
le guerre
gli amori putrefatti
ciò che facciamo nella vita di ogni giorno.
quando le truppe verranno quassù
me ne infischio di quello che faranno
perché ci siamo già tolti la vita
ogni volta che siamo scesi dal letto.
ritorno in cucina
prendo un po' di spezzatino da una
pentola, è quasi cotto
ormai
e mi siedo
a mangiare, guardandomi
le unghie.
il sudore mi cola dietro
le orecchie e sento
gli spari per strada
e mastico e attendo
senza meraviglia.