La sirena scopareccia


Il bar aveva chiuso e loro due s'accingevano a tornare alla pensione, quand'ecco là: il furgone mortuario era fermo davanti all'Ospedale, al di là della strada.
"Questa è la notte buona," disse Tony, "me lo sento. Qualcosa me lo dice."
"Buona per cosa?" gli domandò Bill.
"senti," disse Tony, "ormai li conosciamo, i loro movimenti. Freghiamocene uno. Che cazzo! Ci hai fifa?"
"Ma che dici! Mi prendi pe'n vigliacco perché le ho buscate da quel marinaio? Da quella mezzasega?"
"Non ho detto questo, Bill."
"Sei tu il vigliacco. Tu ci buschi da me, facile..."
"Sì, lo so. Ma non parlo di questo. Dico, freghiamo un morto e via, tanto per ridere."
"Ma va' là. Freghiamocene DIECI di morti."
"Aspetta. Ora sei sbronzo. Aspettiamo. Li conosciamo, i loro movimenti. Sappiamo come effettuano l'operazione, Li abbiamo già spiati tante volte."
"E te non sei ubriaco, eh? Sennò' non ci avresti il coraggio."
"Zitto. Guarda. Eccoli che arrivano. Ci hanno un morto. Qualche pôro disgraziato. Ci ha la testa coperta dal lenzuolo. Che tristezza."
"È triste sì..."
"Insomma, ormai sappiamo come va la cosa: se di morti ce n'hanno uno solo, lo càricano a bordo, s'accendono da fumare, e partono. Ma se ce n'hanno due, di morti, non si danno la briga di aprire e chiudere due volte il furgone. Ormai ci hanno fatto il callo. Per loro un morto è solo un morto. Insomma, se ci hanno due cadaveri, il primo lo lasciano lì, sulla barella, e poi tornano dentro a pigliare il secondo, e poi li caricano tutt'e due insieme. Quante volte li abbiamo spiati, di'?"
"Non lo so," disse Bill, "una sessantina."
"Bene. Adesso, là c'è un morto. Se tornano dentro per pigliarne un altro, quel morto lì è nostro. Ci stai a farlo fuori se lo lasciano lì incustodito?"
"Ci stò. Ci ho due volte il coraggio che ci hai te."
"D'accordo. Allora, occhio. Fra un momento lo sappiamo... Oplà! Tornano dentro. Vanno a pigliarne un altro," disse Tony. "Sei pronto?"
"Pronto, " disse Bill.
Corsero là di volata e agguantarono il cadavere per la testa e per i piedi. Tony l'afferrò per la testa, avvolta tristemente nel lenzuolo, e Bill per i piedi.
Riattraversarono di corsa la strada - il candido lenzuolo della salma fluttuava, negli sballottamenti, un lembo sollevandosi lasciava apparire un caviglia, un gomito, una coscia, carne ignuda - e poi corsero fino alla pensione, salirono i gradini esterni, e davanti al portone Bill disse: "La chiave! Chi ce l'ha? Cristo, ci ho fifa."
"Non abbiamo tanto tempo. Quei bastardi stanno poco a tornare col secondo morto. Mettiamolo sull'amaca. Presto! Bisogna trovare quella cazzo di chiave!"
Gettarono la salma sull'amaca, che si mise ad oscillare lentamente, a cullare il morto sotto il chiardiluna.
"Non lo potremmo riportare indietro?" domandò Bill. "Oh Dio Madre Onnipotente, riportiamolo dov'era."
"Troppo tardi. Non c'è tempo. Ci vedrebbero. EHI, ASPETTA!" gridò Tony. "Ho trovato la chiave.!
"Ringraziamo Gesù.!"
Aprirono il portone, poi agguantarono il coso sull'amaca e corsero con esso sulle scale. La stanza di Tony era al secondo piano. Salendo i gradini, a due a due, il cadavere urtava da tutte le parti, contro il muro, contro la balaustra.
Davanti alla porta di Tony lo posarono per terra, mentre Tony cercava la chiave della stanza. Entrarono. Scaraventarono il morto sul letto. Poi Tony tirò fuori dal frigo un bottiglione di moscatello. Ne bevvero un bicchiere. Ne versarono un altro. Tornarono di là in camera. Si sedettero. Guardavano il cadavere.
"Ci avrà visto nessuno?" chiese Bill.
"A quest'ora sarebbero qui, la polizia." "Perquisiranno tutto il quartiere, che dici?"
"E come fanno? Mica possono andar a bussare porta-porta a quest'ora di notte: Che ci avete un cadavere per caso?"
"Sì, mi sa che hai ragione."
"Sicuro che ho ragione," disse Tony. "Ma te la immagini la faccia di quei due, quando sono tornati e non hanno più trovato il primo morto?" Dev'essere stato buffo."
"Sì," disse Bill, "buffissimo."
"Buffo o no, ci abbiamo il morto. Eccolo là, su quel letto."
Guardarono quella forma avvolta nel lenzuolo. Bevvero un altro gotto.
"Chissà da quanto è crepato."
" Non da molto, mi sa." "Chissà quando cominciano a indurirsi. E quand'è che incominciano a puzzare?"
"Credo che ci vuole un po' di tempo, pel rigor mortis, come si chiama," disse Tony, "ma a puzzare cominciano presto. Come la mondezza, lasciata a giro. Se più non gli hanno già cavato il sangue, ma non credo."
I due ubriachi, seguitavano a bere il moscatello. Ogni tanto si scordavano perfino del cadavere, e parlavano di altre cose, vaghe e confuse, ma importanti per loro chissà perché. Poi tornarono alla salma.
Che giaceva sempre là.
"Che ne facciamo?" domandò Bill.
"Lo mettiamo all'impiedi nell'armadio, appena s'indurisce. Era ancora bello sciolto, quando lo carreggiavamo. Capace era morto solo da una mezz'oretta sì e no."
"Va bene, lo mettiamo all'impiedi nell'armadio. Poi, quando comincia a puzzare?"
"Non ci ho mica pensato," disse Tony.
"Pensaci allora," disse Bill, mescendo.
Tony cercò di pensarci. "Sai, ci possono mettere in galera. Se ci beccano."
"Altroché. Allora?"
"Mi sa tanto che abbiam fatto uno sbaglio. Ma è tardi."
"Tardi," ripeté Bill.
"Dato che ce l'abbiam tra le mani," disse Tony, mescendo, "diamogli un'occhiata, al morto."
"Un'occhiata?"
"Sì, un'occhiata."
"Ci hai il coraggio?" domandò Bill.
"No'l so."
"Ci hai fifa?"
"Sicuro. Non ci sono abituato, a 'ste robe," disse Tony.
"Bene. Allora lo tiri via tu, quel lenzolo, disse Bill.
"Solo prima riémpimi il bicchiere. Dopo lo tiri via."
"Okay," disse Tony.
Riempì il bicchiere di Bill. Poi s'accostò al letto.
"Va bene. Uno due TRE."
Tony tirò via il lenzuolo di colpo. Teneva gli occhi chiusi.
"Dio bono!" esclamò Bill. "Ma è 'na donna. E pure giovane!"
Tony riaprì gli occhi. "Sì. Era giovane. Cristo, guarda che capelli! Lunghi fino a mezzavita. Però è morta. Morta per sempre, irrimediabilmente. Che peccato! Non capisco mica."
"Quanti anni gli daresti?"
"Hm. Mah!"
"A me manco mi pare morta," disse Bill.
"Invece sì."
"Ma guarda a quelle zinne! Guarda che cosce! Guarda la sorca. Quella sorca pare viva, ancora viva."
"Eh già," disse Tony. "Dicono che la fica è la prima a formarsi e l'ultima a guastarsi."
E in così dire, Tony la tastò. Poi accarezzò una tetta, baciò quella dannata cosa morta. "Che tristezza. È triste, per davvero... che campiamo tutti quanti come idioti, e alla fine moriamo."
"Non dovresti toccarla," disse Bill.
"È bella," disse Tony. "Morta e tutto, è bellissima."
"Sì, ma se fosse viva manco ti degnerebbe, a un disgraziato come te. Lo sai, sì?"
"Sicuro. E qui sta 'l punto. Adesso non può mica dir di NO."
"Cosa diavolo dici?"
"Che mi s'è armato il cazzo, ecco quanto," disse Tony. "Ce l'ho duro da matti."
"Andò là e s'attaccò al bottiglione. Ne diede una lunga sorsata.
Poi tornò presso il letto e si mise a baciare quel seno, a passare le dita tra quei lunghi capelli, poi baciò quella bocca morta, le diede un bacio, lui vivo lei morta. Poi la montò.
Era bello.
Tony glielo ficcò su, stantuffava su e giù. Non s'era mai fatto una chiavata così in vita sua. Se ne venne. Rotolò giù. Si pulì col lenzuolo.
Bill era stato a guardare, dando ogni tanto una sorsata al boccione.
"Orco boia, Bill, è una pacchia, è stupendo."
"Tu sei matto. Hai chiavato una morta!"
"Ma se tu non hai fatto altro che chiavare donne morte, tutta la vitaccia tua - donne morte con l'anima morta e con la fica morta - solo che non lo sapevi! Scusa Bill, mi son fatto una scopata coi fiocchi. Mica mi vergogno."
"Proprio coi controfiocchi?" domandò Bill.
"Da non crederci, Bill."
Tony andò al cesso a pisciare.
Quando tornò Bill aveva montato la morta. E ci stava dando dentro. Emetteva qualche gemito e lamento. Poi ebbe un fremito, la baciò sulla bocca, e godette.
Rotolò giù, si pulì con un lembo del lenzuolo.
"Avevi ragione. La più bella scopata della vita mia."
"Si sedettero entrambi, su due sedie. La guardavano.
"Chissà come si chiamava," disse Tony. "Io ci ho preso una scuffia."
Bill scoppiò a ridere. "Adesso lo so che sei sbronzo! Solo un fesso si innamora di una donna viva. E tu vai a pigliarti una cotta per una ch'è morta."
"Appunto, una cotta," disse Tony.
"E va bene, sei cotto," disse Bill. "Adesso che facciamo?"
"La portiamo via da qui," disse Tony.
"Come?"
"Come ce l'abbiamo portata: dalle scale."
"Poi?"
"La carichiamo sulla tua macchina. La portiamo sulla spiaggia, a Venice, la buttiamo in mare."
"L'acqua è fredda."
"Manco se n'accorgerà, come non s'è accorta del tuo cazzo."
"E perché, del tuo sì?" fece Bill.
"Manco del mio s'è accorta," rispose Tony.
Eccola là, sul letto, due volte scopata, fottuta anche dopo morta.
"Sbrighiamoci! Esclamò Tony.
L'abbrancò per i piedi e attese. Bill la prese per la testa. La portarono fuori della stanza. Tony chiuse la porta con un piede, uscendo. Si diressero verso le scale. Il lenzuolo non l'avvolgeva più come un sudario. La copriva alla meglio, sbilenco. Come uno strofinaccio appeso a una cannella. E di nuovo il corpo morto sbatté diverse volte, con la testa, con le grandi natiche, con le cosce, contro il muro, con la balaustra delle scale.
La sistemarono didietro, nella macchina di Bill.
"Aspetta un po', bellezza," disse Tony.
"E che?"
"Il moscatello, stronzo!"
"Oh, già!"
Bill attese, con la ficamorta sul sedile di dietro.
Tony era un uomo di parola. Tornò di corsa con il bottiglione.
SI immisero sulla statale. Si passavano il boccione, ne davano lunghe sorsate. La notte era serena, tiepida, di luna piena. Ma oramai non era neanche più notte. Si erano fatte le 4 e un quarto. Comunque era l'ora buona.
Parcheggiarono. Tracannarono un altro po' di quel buon moscatello. Poi tirarono fuori la salma e la portarono in riva al mare, affondando coi piedi nella soffice sabbia. La deposero sulla battigia, dove la rena era bagnata, piena di granchiolini, tutta porosa quando l'onda si ritirava. Deposta la salma, s'attaccarono ancora alla bottiglia. Ogni tanto un'onda più grossa delle altre li veniva a lambire, tutti e tre: Bill, Tony e l a Fica Morta.
A Bill gli scappò da pisciare, siccome gli avevano insegnato il galateo del diciannovesimo secolo, si allontanò di qualche passo. Mentre l'amico suo pisciava, Tony sollevò il lenzuolo e guardò quel viso morto, fra le alghe e la spuma del mare, nell'aria salmastra del primo mattino. Tony rimirò quel volto mentre Bill pisciava in mare. Un grazioso musetto, forse il naso un tantino prominente, ma la bocca carnosa molto bella. Il corpo si andava irrigidendo. Tony si chinò su di lei, la baciò leggermente sulle labbra, mormorò: "Ti amo, puttana morta."
Poi la ricoprì col lenzuolo.
Bill finì di pisciare, tornò. "Mi va di bere, dà qua."
"Toh, bevi. Poi ripassamela."
Dopo un po' Tony disse: "La porto al largo."
"Sai nuotare bene?"
"Così così."
"Io nuoto bene. La porto io."
"No! NO!" gridò Tony.
"E smettila, mannaggia, di urlare!"
"La porto al largo io."
"E va bene, va bene!"
Tony diede un'altra sorsata, tirò via il lenzuolo, sollevò la fanciulla tra le braccia, s'inoltrò con lei, verso dove le onde si rompevano. Era più ubriaco di quanto pensasse. Diverse volte i cavalloni lo fecero cadere, gliela strapparono di mano. Gli toccava rialzarsi, nuotare, annaspare per ritrovarla. Poi la vedeva galleggiare con quei lunghi, lunghissimi capelli... Pareva proprio una sirena. Forse era una sirena. Alla fine Tony la trascinò tra i flutti schiumosi. Regnava la calma. Fra il tramonto della luna e il levare del sole. Restò qualche momento a fare il morto accanto a lei. Una quiete assoluta. Come fuori dal tempo...
Alla fine diede una piccola spinta alla salma. Questa si allontanò da lui, un po' sotto il pelo dell'acqua. Le lunghe ciocche dei capelli fluttuavano intorno al corpo ignudo. Era ancora molto bella, morta e tutto o quel che fosse.
Seguitò ad allontanarsi, in balia di qualche corrente marina. Il mare se la prendeva.
Poi d'un tratto egli si volse, si mise a nuotare verso la riva. Sembrava lontanissima. Riuscì a raggiungerla allo stremo delle forze, con l'aiuto delle onde che lo spingevano. Si tirò su, cadde, si rialzò, guadò l'ultimo tratto d'acqua bassa, si sedette accanto a Bill.
"Così, è andata," disse Bill.
"Sì. In pasto ai pescecani."
"Pensi che ci beccheranno?"
"No. Passami da bere."
"Vacci piano. È bell'e finita."
"Sì."
Tornarono all'automobile. Bill si mise al volante. Sulla via del ritorno litigarono per le ultime sorsate di vino. Poi Tony ripensò alla sirena. Chinò la testa e pianse.
"Sei sempre stato un fregnone, tu," disse Bill. "Un fregnone, sempre stato."
Tornarono alla pensione.
Bill andò in camera sua. Tony nella sua. Il sole stava sorgendo. Il mondo si destava. Certuni si svegliavano coi postumi della sbornia.
Certi altri, con pensieri di chiesa. Perlopiù però dormivano ancora. Era domenica. E la sirena - la sirena dal bel culo, dalla dolce fregna morta - era ormai in alto mare. Dove ogni tanto un pellicano si tuffa e torna su con un pesce nel becco, a forma di chitarra, scintillante.




Henry Charles Bukowski