L'HERAION DELLA FOCE DEL SELE

di Sabino Manganelli

Lungo la riva sinistra del fiume Sele (Silaro), fra i silenzi e le amenità suggestive della campagna dell'omonima piana, dopo il ponte che scavalca il fiume, da una stradina laterale, fra campi coltivati, canali d'irrigazione e canneti, si incontra l'area archeologica dei resti del santuario dell'Heraion.

Questo importante santuario della Magna Grecia, e la relativa area temenos (zona recintata e consacrata, sito del tempio), era dedicato alla dea Heft Argiva, protettrice della maternità (come da ex voto della dea in trono con un bimbo sul braccio sinistro ed una melagrana nella mano destra) e dél mondo aristocratico maschile e guerriero (come da ex voto della dea con un cavallino stretto al petto).

Il santuario risale all'inizio del VI sec. a.C quando i Sibariti fondarono Poseidonia (Paestum). Esso delimitava il territorio della "polis" (città) ed era zona di confine fra il dominio greco e quello etrusco al di là del fiume. Sotto la protezione della divinità tutelare era zona neutrale che garantiva tranquillità di scambi commerciali.

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L'Heraion fu scoperto nell'aprile 1934 dagli archeologi Paola Zancari Montuoro e Umberto Zanotti Bianco sulle testimonianze delle fonti storiche di Strabone ("Geografia. L'Italia"- libro VI) e di Plinio (Naturalis Historia"-libro III) che menzionavano il santuario di Nera Argiva presso la foce del Sele e ne attribuivano la fondazione al mitico Giasone durante le peregrinazioni in Occidente degli Argonauti.

La sua edificazione fu contemporanea alla fondazione della città intorno al 600 aC. Nel corso del VI sec.a.C furono eretti vari edifici fra i quali: la "stoà" a sud, uno degli esempi più antichi di portici in Magna Grecia, e la "stoà' a nord-ovest. L'Heraion (510 a.C. circa) che fu edificato in legno e mattoni crudi e ravvivato da parti dipinte; ed indi costruito in tempio periptero d'ordine dorico con 8 colonne sui fronti e 17 sui lati, e all'interno da un "naos" (cella), sito della dea, da un vano chiuso e da un "pronao" (ingresso) preceduto da due colonne ioniche. Classico impianto architettonico dei templi arcaici greci. Di esso si conservano al Museo di Paestum la grondaia a teste leonine ed il fregio a metope scolpite raffigurante fanciulle danzanti. Elementi architettonici che, come da studi archeologici, erano dipinti, come quelli dei templi di Paestum, con prevalenza di colori ocra, rosso, nero e bianco.

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E del "Thesauros" (570 a.C. circa), tempietto "in antis" di m 9x18, ove erano custoditi gli oggetti votivi e preziosi donati alla divinità. Il fregio della trabeazione era decorato da una teoria di bellissime metope scolpite a vari temi figurativi derivati dal ciclo troiano (Ulisse, Ettore,Achille, Oreste, ecc.) e delle fatiche di Ercole. Tali metope, il più importante ritrovamento di decorazione architettonico n Magna Grecia, sono cgnservate e visibili nel Museo di Paestum.

Questi edifici furono distrutti alla fine del V. sec. a.C. a causa dell'occupazione di Paestum da parte dei Lucani. Nel IV sec. a.C. furono costruiti nuovi edifici, ancbe con residui di quelli antichi, fra cui le citate metope del "Thesauros". Quindi nel periodo arcaico, quello del suo massirnti splendore, quest' area sacra era formata da due templi (l'Heraion ed il Thesauros) Con due "are" (altari) e "bothros" (sacri pozzi contenenti ex voto) e le due "stoà". Nel IV sec. fu aggiunto un altro edificio a pianta quadrata d'influenza lucana.

Dopo il 273 a.C. il santuario fu ancora frequentato fino al IV sec. d.C. quando, invaso dalle paludi e non più usato per i riti e le feste alla dea, cadde nel totale oblio. I resti di questo sito, oggi non ancora recintati e ancora sconosciuti al turista, sebbene vi sia l'indicazione, sono irriconoscibili o vertono in stato d'abbandono, lasciati all'incuria del tempo e della vegetazione. Solo il conoscitore di cose antiche potirà rilevare i resti del basamento dell'Heraion, del perimetro del thesauros, delle stoà o dell'edificio lucano.

Nella foto in alto: l'area su cui insistono i ruderi dell'Heraion e a fianco, la metopa delle fanciulle danzanti.