Proprio sullo sviluppo del commercio equo e
solidale all'interno della grande distribuzione è intervenuto,
all'inaugurazione di "tutta un'altra cosa" la fiera nazionale del
commercio equo e solidale che si è svolta a Modena, al Parco Novi Sad, dal 12
al 15 giugno scorso, Alex Zanotelli, sottolineando il rischio di
depotenziamento del commercio alternativo "come strumento politico di
cambiamento della società". Le Botteghe del Mondo, ha affermato,
"svolgono il ruolo fondamentale di informare, riunire, sensibilizzare,
attivare centinaia di migliaia di cittadini sui temi delle ingiustizie e dei
diritti. È anche al loro interno che la società civile si organizza per
contrastare le politiche del Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, che
si riunirà a settembre a Cancun, ma anche per agire nel locale o per
confrontarsi su come costruire le alternative possibili per una società
migliore". In questo quadro, "se chi fa commercio equo e solidale
dedica tutte le energie a vendere nella grande distribuzione, sicuramente i
fatturati aumenteranno a dismisura, ma altrettanto sicuramente impoveriremmo il
tessuto politico di resistenza" attivato dal commercio alternativo. E
proprio il ruolo politico del commercio equo è al primo punto dell'ordine del
giorno delle Botteghe.
32061. ROMA-ADISTA.
Il commercio equo e solidale vola, in fatturato e in diffusione. I dati relativi
ai risultati economici del 2003 infatti parlano chiaro: il consorzio
Ctm-Altromercato, la più grande delle sei centrali italiane di importazione, ha
totalizzato un +90% sul fatturato del 2002 e anche altre centrali più piccole,
come Equoland e Libero Mondo, registrano fatturati quasi raddoppiati rispetto
all'anno scorso. Ottimi risultati, dovuti soprattutto, nell'ultimo periodo, al
grosso incremento delle vendite di "prodotti equi" nella grande
distribuzione (supermercati e centri commerciali): Ctm-Altromercato ha
totalizzato nel 2003 un buon 50% in più di vendite solo nei supermercati, e le
sue banane "eque" hanno reso circa 10 milioni di euro. Risultati che
fanno pensare, perché se è vero che il tradizionale circuito delle
"Botteghe del mondo" non sembra sia stato danneggiato dalla
concorrenza dei supermercati (anzi, si sta espandendo e professionalizzando,
trasformandosi da realtà di soli volontari a vero e proprio settore
lavorativo), rischia di andarci di mezzo il messaggio alternativo contenuto nel
commercio equo. L'allarme era già stato lanciato da padre Alex Zanotelli
nel maggio scorso, paventando il pericolo che la maggior parte delle energie e
delle aspettative si spostasse sugli sforzi di espansione commerciale, e non sul
potenziale formativo-informativo delle botteghe (v. Adista n. 49/03).
I dubbi sono in parte confermati anche da Francesco Gesualdi, presidente
del Centro nuovo modello di sviluppo, che ha da poco pubblicato, per i tipi
della Emi di Bologna, l'edizione 2003 della Guida al consumo critico. In
un'intervista comparsa sul numero di ottobre di "Mondo e missione" (la
rivista del Pontificio istituto missioni estere), Gesualdi esprime un giudizio
positivo per l'"apertura" di supermercati ed imprese al movimento del
commercio equo: pur ritenendo "certo" che le imprese cerchino il
massimo risultato di immagine con il minimo sforzo, ritiene che "spetta a
noi non accontentarci, andare avanti nel proporre un cambiamento nelle logiche
di commercializzazione e di mercato". È vero che "una più ampia
diffusione, anche attraverso i supermercati, ha permesso di avvicinare un
pubblico che le botteghe non riuscivano a raggiungere", ma "quanto
questa corsa potrà andare avanti è difficile dirlo". Per quanto riguarda
i rapporti con il mondo della grande distribuzione, e di fronte al rischio che
un'azienda possa presentarsi come "etica" per il solo fatto di
commercializzare un prodotto con il marchio del commercio equo, Gesualdi
sostiene la necessità di selezionare le realtà con le quali si collabora,
soprattutto nei confronti di quelle aziende (come la Esselunga) che "in
quanto a politiche del lavoro fa acqua da tutte le parti". L'obiettivo più
generale per Gesualdi è quello del cambiamento degli stili di vita: di fronte
ad un inasprimento delle logiche del mercato, "ormai è chiaro che un mondo
più equo, in cui i bisogni fondamentali di tutti siano garantiti, è possibile
solo ridimensionando il nostro tenore di vita".
Sulla questione, stessi dubbi e stesse conferme vengono dal neoeletto presidente
dell'Agices, la neonata Associazione assemblea generale italiana del commercio
equo e solidale (che raggruppa 150 botteghe e tutte le centrali italiane del
commercio equo), Paolo Chiavaroli, per il quale va evitato il rischio che
"una qualsiasi azienda che inserisce una linea di prodotti equosolidali
venga di riflesso 'certificata' come organizzazione di commercio equo"; ed
inoltre va impedito che i supermercati pratichino prezzi più bassi delle
Botteghe del mondo, per non creare concorrenza Per quanto riguarda i rischi,
Chiavaroli si dice d'accordo con Zanotelli: "l'aspetto commerciale non deve
offuscare altre componenti, come quella relazionale, di pressione politica, di
slancio verso un cambiamento sociale. Si tratta davvero di trovare un punto
d'equilibrio, e non è detto che debba essere lo stesso per tutti".
da ADISTA N° 77 - 1.11.2003