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Una delle esperienze più importanti della mia vita è aver vissuto alcuni anni nel cuore delle Ande, svolgendo un lavoro di promozione umana in una comunità campesina tradizionale, aggrappata a 3600 m. sul livello del mare su un declivio andino", racconta Vittoria Savio, insegnante in pensione. Una comunitá quechua, priva di tutto, che si poteva raggiungere dopo 11 ore di cammino dalla più vicina strada carrozzabile.
In quell'ambiente geografico così difficile, dove si potevano coltivare solo patate, gli uomini ricorrevano all'emigrazione stagionale, nelle miniere o in cittá, per sostenere la famiglia, ma, come scoprii poi, c'erano anche altri membri della comunitá che si allontanavano per motivo di lavoro, e poi diventavano invisibili...le bambine.
...il problema
Molte volte le donne mi raccontavano di aver affidato, anni prima, una delle loro bambine a una "madrina" o un "padrino"
(in genere una persona che credevano "perbene" e istruita, come una maestra, un infermiere, un poliziotto, un
ingegnere), con la promessa che l'avrebbe fatta studiare in città, a cambio di un leggero aiuto domestico.
Quante volte avevano sentito dire da bianchi e meticci che loro, gli indios di cultura e lingua
quechua, non erano "gente" (persone), ma solo bestie da soma. Soprattutto le donne, che oltre a lavorare nei campi come gli uomini dovevano caricare sulle spalle anche i figli piccoli.
Andarsene in cittá con una madrina era quindi una buona occasione, pensavano le mamme, perché la loro bambina riuscisse a sfuggire al destino di fatiche che l'attendeva, diventando una "persona" che sapeva leggere e scrivere lo spagnolo, benvestita e rispettata.
Tutti si aspettavano che, dopo qualche anno, la ragazzina sarebbe tornata in visita nella comunità carica di regali, invece spesso svaniva nel nulla.
In realtà le "madrine" e i "padrini", invece di mandare le "figliocce" a scuola, in molti casi le rinchiudevano in casa propria o in casa di parenti e conoscenti, obbligandole a cucinare e lavare lenzuola per famiglie numerose, (di scuola non se ne parlava proprio), facendo sparire i loro documenti e spesso le loro tracce.
Purtroppo, quando venni a Cusco, l'orgogliosa capitale dell'antico impero
incaico, mi resi conto che il problema delle bambine andine che avevano perso i contatti con la famiglia e vivevano in condizioni
infraumane, soggette a ogni tipo di abuso, non si limitava a pochi casi isolati, ma era un fenomeno di parecchie centinaia di casi all'anno.
Com'era possibile che le bambine si perdessero nel nulla? mi chiedevo. Com'era possibile che non potessero parlare con
qualche persona di buon cuore dei maltrattamenti a cui erano sottoposte, perché con l'aiuto delle autoritá ritrovassero la loro famiglia?
Di fatto, le bambine avevano spesso solo una vaga cognizione della zona in cui erano cresciute, e non si azzardavano a parlare con sconosciuti. Si ricordavano magari solo il nome di una provincia estesa migliaia di
chilometri, e anche se il loro caso riusciva ad arrivare a qualche ufficio pubblico, i funzionari non potevano assumere i costi della ricerca in uno spazio cosí grande e quindi preferivano munirle di un nuovo documento d'identitá, magari dando loro il nome di un'attrice famosa come segno di buon augurio. E quindi le Marylin o Sofia andine se ne andavano con le loro trecce nere e un vestito sdrucito a cercare fortuna come pastorelle, in mezzo agli altopiani sconfinati, o come domestiche nella prima cittá della valle: in entrambi i casi, definitivamente tagliate fuori dalla loro famiglia d'origine.
D'altro lato, purtroppo alcuni settori urbani della societá non hanno ancora sufficientemente assimilato i Diritti delle Bambine e dei Bambini, affermati nella Convenzione ratificata dallo Stato peruviano nel 1991.
Gli organismi internazionali, insieme ai settori piú sensibili delle istituzioni e della societá civile si trovano a dover combattere, con scarsi mezzi, contro una mentalitá diffusa tra i meticci delle cittá
andine, per molti dei quali é "normale" utilizzare le
bambine indie come lavoratrici domestiche a tempo pieno, privandole della libertá, della famiglia e della possibilitá
di istruirsi e di giocare, a volte maltrattandole, violandole, abbandonandole alla fine in mezzo alla strada con un bambino in braccio e un futuro difficile, obligandole a restare " invisibili".
Rosa: Una storia emblematica
E' stato un fratello maggiore a cedere Rosa a un proprietario terriero come domestica, quando aveva 5-6 anni, senza piú curarsi di lei.
Nello stesso modo si é disfatto di altre tre sorelle, a cambio di un gruzzoletto di denaro, o forse di un animale.
Nella piantagione di caffé vicina a Quillabamba dov'é stata confinata, Rosa é cresciuta in condizioni di semischiavitú, mangiando per terra in un angolo della cucina, cucinando in pentoloni piú grandi di lei per i
peones, finché, a partire dai sette anni, ha cominciato
a subire ogni sorte di violenza fisica e psicologica da parte del padrone e dei
peones.
Poi una mattina (aveva ormai circa diciotto anni) si rese conto che poco lontano passava una strada, e aspettó con ansia la notte per scappare su un camion che trasportava frutta.
Tra i sacchi di ananas del camion la ragazza incontró una persona che, dopo mille peripezie, la mise in contatto con il CAITH.
Nella Casa-Famiglia del CAITH, Rosa ha lavorato per un anno, debitamente retribuita, imparando a gestire una piccola comunitá.
Il CAITH ha aiutato anche lei, come altre ragazzine, a ritrovare la madre, ma purtroppo non si é trattato di un incontro affettuoso come in altri casi: la mamma di Rosa é una povera donna distrutta dalla miseria e dall'alcool. La sua famiglia non c'é piú.
La vera famiglia di Rosa, suo principale punto di riferimento affettivo e sociale, adesso é il CAITH. Qui Rosa ha imparato a
sorridere, ma ha ancora un nodo di rancori da sciogliere.
Una terapia psicologica, oltre all'affetto delle educatrici del CAITH, potrebbe aiutarla a rimarginare, un po'per volta, le sue ferite ancora sanguinanti.
Che fare? La proposta del CAITH
In questi anni di lavoro sociale con la gente delle Ande e, a Lima, a contatto con i problemi delle adolescenti andine emigrate in cittá per lavorare come domestiche, ho potuto conoscere a fondo le loro aspettative e problemi, continua Vittoria Savio. Anzitutto
Il CAITH, ha sede in una Casa-Famiglia situata a 5 minuti dal centro storico del Cusco a 10 minuti dal centro archeologico
di Sacsayhuaman e a mezz'ora da Pisac dove inizia il "Valle Sagrado de los Incas".
Il suo lavoro si svolge in due aree:
1.- FORMAZIONE E SERVIZI
Corsi di cucina, cucito, igiene della casa e della persona.
2.- FORMAZIONE ALLA CITTADINANZA
Il CAITH collabora con il Tribunale dei Minori del Cusco, che dovrebbe garantire a queste bambine, spesso segnate da traumi indelebili, condizioni di vita più umane. In realtà, per mancanza di fondi, non può offrire loro le cure psicologiche e mediche di cui hanno bisogno e le affida ad istituzioni religiose, al riformatorio locale o ad associazioni private come il CAITH.
I problemi peró continuano una volta che, uscite dagli istituti pubblici, le ragazze si ritrovano di nuovo ad affrontare da sole la vita, senza una formazione specifica al lavoro. Per questo il CAITH realisticamente si propone, dopo aver dato le basi di un lavoro professionale, di seguirle nel loro inserimento, con assistenza legale e umana, e di appoggiarle a terminare la scuola dell'obbligo e a proseguire gli studi.
In questa maniera si vuole diffondere in cittá la pratica di condizioni piú umane di lavoro, rispettando il diritto delle giovani
quechua, che fanno le domestiche, a realizzarsi come persone.
"Quali consideri come segni di speranza nel vostro lavoro cosí difficile e impegnativo?" abbiamo chiesto a Vittoria.
Come sostenersi?
Sono presenti in questo momento nella casa-famiglia 22 bambine o
adolescenti, segnalate dal Tribunale dei Minori, resteranno al CAITH per periodi
variabili da un minimo di 20 giorni a un massimo di un anno, prima di incontrare
per loro un dignitoso reinserimento sociale.
L' Equipe
Il CAITH conta con un gruppo di persone che prestano il loro servizio professionale e offrono il loro appoggio umano. L' equipe é composta da:
Turismo intelligente
L'
equipe del CAITH offre ospitalitá
ad amici di passaggio e a turisti sensibili. Inoltre mette a disposizione
contatti , relazioni e informazioni non solo per un turismo intelligente ma
anche per un
approfondimento della realtá della cultura quechua andina e dei progetti
sociali di cooperazione nella Sierra, Costa e Selva del
Perú. Il ricavato di questa attivitá é destinato
a coprire parte delle spese
sanitarie che affrontano le giovani domestiche,
come parti cesarei, cure per neonati con problemi ecc.Come
si é visto, il Tribunale dei Minori non ha i mezzi
per dare assistenza psicologica o sanitaria alle ragazzine
quechua né un incentivo economico alle istituzioni che vogliano
prendersi cura di loro.
Per questo la solidarietá italiana
continua ad essere molto importante, per dare dignitá, formazione e affetto
alle "bambine invisibili".
NECESSITÁ URGENTI:
Punto di riferimento in Lima
Tel. e fax dall' Italia (0051) 1- 4426829 - E.Mail
terranova@terra.com.pe
Informazioni per l'Italia
AUSILIA GALOTTI tel. 0118995365 -
E.mail agalotti@tiscalinet.it
"PUNTI DI RACCOLTA FONDI" A
CHIERI:
GALOTTI MADDALENA
tel. 0119423469
BAJOTTI LUCIA
tel. 0119471368
ASPETTIAMO LA VOSTRA VISITA NEL CUSCO PER CONDIVIDERE UNA RESPONSABILITÁ E UN IMPEGNO.
Si puó inoltre contribuire con apporti professionali anche per brevi periodi (di medici, terapeuti
psico-corporali, educatrici);
con aiuti economici da inviare a: Terra Nuova, su c/c postale
n.28257004 intestato a :Terra Nuova Centro per il Volontariato, via Urbana 156, 00184 Roma, indicando come causale del versamento "Sottoscrizione Progetto CAITH" ; o su
conto corrente bancario n.32627130170 , intestato a Terra Nuova Centro per il Volontariato ONLUS, presso Banca Commerciale Italiana - Agenzia n.19, Roma, codice CAB: 03219, codice
ABI 02002
Ratu Kama, Hasta Pronto, Arrivederci!
COMITATO PERU' - Gruppo di appoggio al CAITH (Centro de Apoyo Integral a las Trabajadoras de Hogar)