Segreteria Città di Milano

Notizie della settimana 

A cura di Roberto Pasolini

 

Domenica 27 Aprile 2003, 17:05

La Lega minaccia: c'è un rischio crisi

ROMA - L'annuncio è chiaro, senza troppi complimenti e rischia di pesare come un macigno anche sulla campagna elettorale che il Polo sta predisponendo per maggio: la Lega non voterà il ddl La Loggia, rinviando comunque ogni decisione definitiva a Pontida, dove domenica prossima si terrà il tradizionale raduno del popolo leghista .Non è da oggi che il Carroccio manifesta serie perplessità sulla proposta di modifica del titolo V della Costituzione sottoposta dal governo al vaglio della conferenza Stato-Regioni. Per criticarla Bossi ha ripescato lo vecchio slogan di "Roma ladrona": un modo pittoresco per dire che non accetterà né la reintroduzione del concetto di interesse nazionale, né la norma Roma capitale che la legge D'Onofrio-La Loggia contiene.
Il timore lumbard è che sia tutto un trucco per scardinare il concetto stesso di devoluzione. "Non voteremo mai quella controriforma centralista": ribadisce oggi in un' intervista alla Padania il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, Roberto Calderoli, confermando la linea già espressa ieri in una nota. Calderoli riassume le principali obiezioni al testo La Loggia e ad una domanda su quello che potrebbe succedere in caso di un loro mancato accoglimento afferma: "La Lega potrebbe anche uscire dal governo. Ma la domanda dovrebbe essere un'altra: visto che quello di cui stiamo parlando non era previsto dai patti di governo, ha ancora senso che la Lega stia al governo?". C'é il rischio che si arrivi ad una crisi di governo? "Non lo so. Ma è certo - risponde Calderoli - che non sarà la Lega ad aprirla. Mi sembra che sia qualcun altro a cercare la crisi tradendo il patto elettorale su cui è nata la Casa delle Libertà".

Parole che inquietano e non poco gli alleati della Casa delle libertà. Anche se il ministro per gli Affari Regionali, Enrico La Loggia, prova a gettare secchiate d'acqua sul fuoco delle polemiche. "E' evidente che il clima preelettorale può indurre a valutazioni non serene - dice rispondendo alle accuse mosse alla riforma federalista del titolo V della Costituzione - Diamo tempo al tempo, dunque, e ragioniamo con calma senza fare nessun passo indietro sul federalismo ma anche senza estremismi che non sono utili al sistema Italia".

Che il clima però nel Polo, a ridosso dell'appuntamento elettorale, non sia proprio idilliaco lo prova anche la cinica durezza con cui Marco Follini commenta le impuntature di Bossi per andare da soli al primo turno in diverse città del Nord. "Chi è solo oggi davanti agli elettori - insinua il segretario dell'Udc - sarà più solo domani nella coalizione". E Altero Matteoli, che per An ha coordinato le liste per la prossima consultazione elettorale, lo dice chiaramente di non essere soddisfatto per come sono andate le cose: ''In troppe parti la coalizione è andata divisa'', osserva il ministro citando, tra gli altri, i casi limite dove la Casa delle libertà si presenta con ''addirittura tre candidati''.

Martedì 29 Aprile 2003, 10:35
Art.18: Follini, Cdl Promuova i Comitati Per Il 'No'

Di (Pao/Zn/Adnkronos)

Roma, 29 apr. (Adnkronos) - ''La Casa delle liberta' si batta contro il referendum sull'estensione dell'articolo 18, dando vita a 'comitati per il no'''. E' questa la richiesta del leader dell'Udc, Marco Follini, al premier Silvio Berlusconi e agli alleati, con riferimento al referendum sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. In un'intervista a ''Il Mattino'', Follini spiega che ''il referendum colpisce le piccole imprese, l'artigianato, il commercio: insomma -sottolinea- una base sociale vitale per la nostra economia ed importantissima per il centrodestra''.

Martedì 29 Aprile 2003, 16:16

Sicurezza Stradale: Tassone, Deve Essere Emergenza Come Sars

Roma, 29 apr. (Adnkronos) - Dopo l'ennesima strage sulle strade con 131 morti, quella della sicurezza stradale deve essere considerata ''un'emergenza proprio come quella legata alla Sars''. E' il viceministro delle Infrastrutture e Trasporti, Mario Tassone, a lanciare, ancora una volta, l'allarme sulle tragedie che puntualmente si verificano sulle strade e autostrade italiane. ''Siamo in una grandissima emergenza. Vorrei che se ne parlasse come la Sars'', ha dichiarato Tassone che oggi ha affrontato il tema in occasione della presentazione del progetto ''Stradapolis'', il progetto itinerante per la sicurezza stradale promosso dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti e dall'Osservatorio per la prevenzione e sicurezza stradale di Taranto in collaborazione con il ministero dell'Interno.
By (Mcc/Pe/Adnkronos)

Martedì 29 Aprile 2003, 16:36
Art 18:Franceschini su posizione Ds

(ANSA)-ROMA, 29 APR-L'orientamento assunto dalla segreteria dei Ds sul referendum sull'art.18 costituisce 'un buon passo avanti'che puo' 'avvicinare le nostre posizioni utilmente'.Cosi'Franceschini (Margherita) ha commentato l'esito della riunione della segreteria dei Ds. E anche Follini (Udc) ha rilasciato un commento:'La posizione dei Ds sull'art. 18 mi sembra cerchiobottista. Solo che il colpo dato al cerchio riformista risulta molto, molto piu'forte del colpo dato alla botte massimalista. Insomma e' piu' la botte che il cerchio'.

Martedì 29 Aprile 2003, 17:40
Bce: Magri, Sorprende Strumentalizzazione di. Letta

Di (Ver/Rs/Adnkronos)

PIU' OBIETTIVITA' FAREBBE NOTARE CHE MOODY'S DA' VALUTAZIONE STABILE Roma, 29 apr. - (Adnkronos) - ''Sono sorpreso dalla strumentalizzazione fatta da Enrico Letta del rapporto annuale della Bce''. Cosi' il sottosegretario all'Economia, Gianluigi Magri (Udc) ha commentato le dichiarazioni rilasciate dal responsabile economico della Margherita sulle previsioni della banca centrale europea. ''Tutti sanno e spero anche Letta -osserva l'esponente del governo- che il rapporto annuale della Bce valuta gli andamenti complessivi senza entrare nei dettagli piu' attuali. Non stupisce quindi -rileva Magri- che tale rapporto accomuni l'Italia ad altri Paesi in un giudizio di risanamento difficile mentre il vero atto d'accusa e' quello espresso sul mancato contenimento del deficit di Germania, Francia e Portogallo''.

Mercoledì 30 Aprile 2003, 12:08
Su Cuba Cdl decisa e centrosinistra balbettante

Di Franco Chirico

ROMA - La Camera approva una mozione di maggioranza che chiede di condannare le violazioni dei diritti civili a Cuba. E respinge tre mozioni di minoranza che cercano di distinguersi faticosamente l'una dall'altra. Ma che nella sostanza privilegiano tutte la censura nei confronti dell'embargo economico che Fidel Castro subisce dagli Usa, rispetto alla stigmatizzazione delle fucilazioni e le carcerazioni dei dissidenti compiute sistematicamente dal "leader maximo".La singolarità dell'odierno dibattito parlamentare sulla situazione politica nel baluardo comunista caraibico sta dunque più nella variegata gamma di posizioni del centrosinistra che negli esiti del voto.
E se scontato infatti che a passare sia stato solo il documento della Casa delle libertà; è meno scontato che in questa circostanza e su questo tema l'assemblea di Montecitorio non sia riuscita ad raggiungere un consenso bipartisan. Del resto mentre la mozione del centrodestra arriva ad esigere dal governo la sospensione di tutti i programmi di aiuti verso Cuba "qualora persistano le carcerazioni e le esecuzioni sommarie", i tre testi del centrosinistra si muovono con più ambiguità. Tanto che forse a renderli diversi l'uno dall'altro è paradossalmente l'ordine con cui vengono esposti nei documenti la questione dell'embargo statunitense e quella delle talvolta cruente negazioni dei diritti politici e civili in quel Paese.
Così ecco che la mozione dell'Ulivo (esclusi i Comunisti italiani) parte dalla condanna "per gli arresti e le pene inflitte ai rappresentanti dell'opposizione cubana", ma non dimentica di concludersi con una forte critica agli Usa. Per il grosso della coalizione di centrosinistra infatti l'embargo economico sarebbe una delle cause dell'embargo democratico attuato dal governo cubano verso i suoi cittadini. Ma non solo. Il testo arriva infatti a sottolineare che ''l'ondata di repressione sta avvenendo nel momento in cui Cuba si sente minacciata dagli Usa, quale obiettivo della guerra contro il terrorismo''.
Ma se questa sorta di corresponsabilità di Washington nella repressione di Castro viene messa in coda alle considerazioni di Ds Margherita, Sdi, Verdi e Uduer; il PCd'I la ritiene invece un elemento prioritario. Tanto è vero che chiede subito l'immediata revoca dell'embargo Usa, e che inserisce la condanna delle esecuzioni capitali avvenute all'Avana nella più generale richiesta di una moratoria della pena di morte in ogni Paese.
Nella mozione di Rifondazione comunista poi la censura alle violazioni cubane viene quasi annegata in un testo che si preoccupa innanzitutto di condannare un sistema economico globale iniquo e neoliberista, guidato da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Sarebbe questo sistema infatti, per Rc, la matrice di certi eccessi antidemocratici dei popoli che da esso sarebbero oppressi. Naturale quindi che la richiesta di fermare carcerazioni ingiuste ed esecuzioni capitali in quel di Cuba venga affiancata a quella di chiudere contemporaneamente il carcere-lager della base Usa di Guntanamo, scampolo di territorio statunitense sull'isola caraibica.
In ogni caso il voto di oggi ha visto prevalere le tesi della maggioranza. Ed ha visto anche un'esplicita presa di posizione del governo sulla questione. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, parlando oggi in Aula a nome dell'esecutivo, ha infatti preannunciato che "le prossime scadenze nei rapporti tra i Quindici e Cuba, che cadranno sotto la presidenza di turno dell'Italia, saranno esaminate con la massima attenzione". Ma anche che il governo ''intende prendere una pausa di riflessione sull'attività dell'istituto italiano di cultura che da anni lavora a Cuba''; e che "lascia aperta la possibilità, se le politiche castriste continuassero nella strada della repressione, di poter anche cercare di arrivare ad una sorta di embargo europeo".

Mercoledì 30 Aprile 2003, 14:48
Previti: Maggioranza Solidale, No a Dimissioni

(AGI) - Roma, 30 apr. - La maggioranza fa quadrato intorno a Cesare Previti, il deputato azzurro condannato a 11 anni nel processo Imi-Sir/Lodo Mondadori, e lo difende dagli attacchi dell'opposizione, sottolineando l'urgenza di una riforma del sistema giustizia. Giancarlo Pittelli (Fi) sostiene: "Ho l'impressione che piu' di un processo si sia trattato di un giudizio. Il processo, per sua definizione, e' aperto a qualsiasi conclusione. La condanna di Previti, invece, era scontata. Purtroppo". Pittelli ricorda che fino alla sentenza definitiva vige la presunzione di innocenza e percio' reputa "gravi le dichiarazioni di Anna Finocchiaro che - osserva - ha usato toni e parole fuori luogo. Cosi' come considero del tutto pretestuose e irricevibili le 'sparate' di Di Pietro". Per questo per Pittelli c'e' la "necessita' inderogabile di un'opera riformatrice del processo penale e del sistema giustizia". Anche il senatore dell'Udc, Maurizio Ronconi, considera "gravissima" la richiesta della responsabile giustizia Ds sulla "presunta incompatibilita' con la carica parlamentare di Previti. Non entrando nel merito della questione giudiziaria - dice Ronconi - e' evidente che la richiesta da una parte sottende un chiaro intendimento giustizialista e perfino il tentativo di strumentalizzare a fini politici la vicenda giudiziaria, e dall'altra parte un chiaro tentativo intimidatorio alla libera iniziativa, anche di denuncia, che e' un diritto e un segno di liberta' per tutti i parlamentari". Per Ronconi con le parole della Finocchiaro "i Ds calano la maschera dal loro vero volto". Il collega centrista Gianfranco Rotondi esprime solidarieta' a Previti e difende Silvio Berlusconi che, secondo Rotondi, ha espresso "liberamente l'amarezza di un cittadino e di un premier che vede trionfare il pregiudizio sulla verita'".

Mercoledì 30 Aprile 2003, 20:40
L'Ulivo non può rifiutare l'aiuto di Bertinotti

LE INTENZIONI DI VOTO - APRILE 2003
ROMA - Ai blocchi delle elezioni amministrative del 25 maggio, centrodestra e centrosinistra si presentano con un immutato equilibrio. Con un'unica sorpresa: quella di Rifondazione comunista che si conferma al 6%, consolida il dato di marzo e mantiene quindi l'incremento di un punto percentuale rispetto alle politiche del 13 maggio 2001.
Segno evidente che la speranza dei moderati e dei riformisti dell'Ulivo di riuscire a vincere tagliando le ali più radicali e massimaliste della sinistra è destinata a infrangersi contro il muro del sistema elettorale. In sostanza, senza Rifondazione non solo l'Ulivo tornerebbe a perdere clamorosamente le elezioni, ma non riuscirebbe neppure a portarsi a ridosso del centrodestra.
Le intenzioni di voto degli italiani nell'aprile 2003, sondate da CIRM-ilNuovo, se da un lato infatti confermano che ad aprile nessuno scossone è venuto a turbare il sostanziale equilibrio che vede centrosinistra e centrodestra ancora distaccati di oltre sette punti percentuali, dall'altro dimostra che nelle coalizioni c'è davvero bisogno di tutte le forze disponibili. Vediamo perché.
Evidentemente tetragono alle polemiche interne che hanno portato la Lega a decidere di correre sola in molti comuni del Nord, il centrodestra continua a navigare intorno al 48,5 per cento, con un lieve incremento dello 0,5 dovuto a una positiva performance del Nuovo Psi che ad aprile tocca l'1,5% contro l'1% fatto registrare a marzo. Per tutte le altre forze della coalizione, percentuali invariate rispetto alla rilevazione del mese precedente.
I centristi dell'UDC continuano a navigare intorno al 5%, e dimostrano di aver definitivamente superato la crisi d'inizio anno attraverso una maggiore visibilità politica e grazie anche al ruolo forte giocato in questi mesi dal Presidente della Camera Pierferdinando Casini. Anche la Lega si conferma al 4%, e resta quindi in area quorum. Forza Italia si conferma al 25%, in calo rispetto al 29,5 delle politiche, e idem dicasi per An, che resta al 13%.
Anche nel centrosinistra, poche sorprese. I Comunisti Italiani restano all'1%, i Ds salgono al 18,5% contro il 18% di marzo (alle politiche avevano fatto registrare il 16%), incremento che avviene a scapito dei Verdi che ad aprile scendono al 2,5% contro il 3% delle precedente rilevazione, mentre lo Sdi continua a navigare intorno all'1%. La Margherita resta al 14%, l'Italia dei Valori di Di Pietro è intatta al 3%, l'Udeur di Mastella all'1%.
Il peso specifico dell'Ulivo resta quindi intatto al 41% del totale dell'elettorato. Con Rifondazione, il centrosinistra "allargato" si porterebbe al 47%, cioé a poco più di un punto dalla Casa delle libertà. L'Ulivo non può quindi permettersi di perdere Bertinotti per strada. Una valutazione che certamente infiammerà nuovamente il confronto dentro i Ds, fra i moderati della coalizione e la sinistra, e che peserà anche nel sindacato a poco più di un mese dal referendum sull'estensione dell'articolo 18.

L'Arena di Verona

Giovedì 1 Maggio 2003

La Casa delle libertà fa quadrato Ulivo contro le parole del premier
Gargani (Fi): dovevamo agire a inizio legislatura Il centrosinistra pronto a chiedere un referendum
Roma . La maggioranza infatti, come spiega Carlo Taormina, sente di non avere più le mani legate. Previti ormai è stato condannato e la C asa delle Libertà "ha di nuovo recuperato la legittimazione ad operare a tutto campo" in materia di giustizia. L'opposizione non può più accusarla di voler fare leggi ad personam . Tutta la Casa delle Libertà fa quadrato intorno a Cesare Previti. Gli conferma la piena solidarietà per una sentenza ritenuta politica, e dice no alle sue dimissioni da deputato chieste dalla responsabile Giustizia dei Ds Anna Finocchiaro. Da Forza Italia ad An, dall'Udc alla Lega , i partiti del c entrodestra sono concordi : a Milano è stato fatto uso politico della giustizia. Ed ora si guarda al futuro per evitare che accadano altri episodi del genere. Forza Italia annuncia che quanto prima presenterà un disegno di legge per ripristinare l'immunità parlamentare abolita dopo l'esplosione di Tangentopoli.
Avremmo dovuto già farlo all'inizio della legislatura, il 14 maggio 2001, afferma il responsabile G iustizia Giuseppe Gargani. La riforma che va fatta al più presto, per Gargani, è quella che recepisce il progetto di Antonio Maccanico (Margherita) di sospendere l'azione penale nei confronti delle più alte cariche dello Stato. E poi, ha aggiunto, va presentato un emendamento alla proposta Boato per sospendere i processi a carico dei parlamentari.
Del pacchetto giustizia messo a punto dalla Cdl sono anche la riforma dell'ordinamento giudiziario e quella del codice di procedura penale alla luce delle norme sul giusto processo. Ma sull'immunità il capogruppo dei deputati di An Ignazio La Russa frena facendo presente che per ora non c'è nessun testo né alc una data fissata. E poi, ha affermato, una legge non può certamente nascere da una sentenza. An, comunque, ha precisato, è a favore dell'im m unità per le alte cariche dello Stato ma contraria a quella per i parlamentari , che invece vuole l a Lega. Ma, ha avvertito Roberto Caldero l i, ogni iniziativa legislativa non può essere legata ai processi in corso. Per il capogruppo dell'Udc Luca Volontè "serve un clima più sereno".
E c'è chi, come il ministro per le P olitiche agricole Gianni Alemanno, invita a non costruire "teoremi politici" sulla condanna di Previti , perch é a suo parere la sentenza di Milano dimostra che "nonostante tutti i gridi d'allarme, la giustizia italiana fa il suo corso senza guardare in faccia a nessuno" .
L'Ulivo intanto già pensa a come contrastare i progetti della Cdl. Se la maggioranza vuole far passare l'immunità, ha dichiarato il segretario del Pdci Oliviero Diliberto, noi siamo pronti a fare un referendum. La sentenza Previti avrà co sì il suo peso nella vita politica. .
Ma in generale il centrosinistra ha deciso di non commentare la condanna di Previti , attacca ndo invece pesantemente Silvio Berlusconi per le sue pesanti dichiarazioni a caldo sulla sentenza e le critiche espresse ai giudici. Le parole del presidente del C onsiglio "sono eversive", ha sostenuto Diliberto. Per Antonio Di Pietro le dichiarazioni sono "di stampo paramafioso".

ILNUOVO

Immunità, si comincia dal Senato

Dopo l'accelerazione di Berlusconi, la sospensione del'azione penale nei confronti di ministri e parlamentari torna nell'agenda politica. Si pensa a un emendamento alla legge attuativa dell'articolo 68 della Carta.

ROMA - E dopo le parole di Berlusconi, che richiama la necessità di tornare (nell'ambito di un'invocata "restaurazione dello stato di diritto") all'immunità per i parlamentari come vollero "i padri della Repubblica", appare sempre più evidente che il tema della possibilità per i parlamentari e le alte cariche dello Stato di essere poste al riparo dalle sentenze nel corso del mandato è ormai al centro dell'agenda politica.
Come si ricorderà, il 9 aprile i quattro saggi della Casa delle libertà (il ministro della Giustizia Castelli, il sottosegretario Michele Vietti, il responsabile giustizia di FI Gargani e il capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa) avevano stabilito che il Polo avrebbe proceduto senza indugi lungo questa strada. E non solo, dissero allora, limitando l'immunità ai vertici dello Stato per la durata dell'incarico (il cosiddetto lodo Meccanico, ufficialmente tramontato ma che in realtà fa ancora capolino di quando in quando nel dibattito), ma allargandola a tutti i membri del Parlamento.
E Gargani stesso annunciò che si sarebbe proceduto attraverso un disegno di legge ad hoc, evitando le procedure di revisione costituzionale che richiedono quattro letture d'aula. Un ddl che dovrebbe essere presentato direttamente dai capigruppo della Cdl alla Camera o al Senato oppure da un gruppo di senatori.
Insomma, il tema è quello di rendere il percorso parlamentare "molto inferiore", per usare le parole di Gargani, a quello di un disegno di legge costituzionale. E lo stesso Gaetano Pecorella (FI), presidente della commissione giustizia della Camera, assicura che per esentare un parlamentare dal "fumus persecutionis", è sufficiente una norma di legge ordinaria. Per esempio attraverso un emendamento alla legge di attuazione dell'articolo 68 della Costituzione da presentare in Senato, quando il provvedimento arriverà proveniente dalla Camera.
Se FI è ormai lanciata, An e Udc ancora devono schierarsi apertamente. E' vero che un importante esponente centrista come il ministro per i Rapporti col Parlamento, Carlo Giovanardi, fu il primo a ricominciare a parlare della necessità di una norma di salvaguardia per i parlamentari (il ministro è solito presentare la lista dei deputati della Dc travolti da Tangentopoli e poi assolti con formula piena dai Tribunali), ma ora l'Udc pretende che la norma non abbia quel sapore - che gli attribuisce l'Ulivo - di legge salva-Previti e Berlusconi.
Così anche An che per bocca del suo responsabile giustizia, Landi di Chiavenna, si augura che "le proposte siano lontane dai problemi contingenti di questo o quell'esponente". Ma ormai la strada l'ha tracciata lo stesso leader della coalizione. Saranno possibili aggiustamenti, dibattiti o modifiche, ma il traguardo è fissato.
Il percorso lo delinea il capogruppo di Forza Italia al Senato, Renato Schifani. Sul tema della immunità il Parlamento si deve impegnare a lavorare per una "reale separazione dei poteri", dice: "Crediamo sia giunto ormai il momento che il Parlamento faccia la propria parte per rendere effettiva la separazione dei poteri dello Stato e il loro riequilibrio, evitando che qualcuno privo di legittimazione democratica possa mettere in discussione le Istituzioni volute liberamente dai cittadini". "Occorre che le Camere riflettano al più presto - aggiunge Schifani - esaminando con attenzione ed altrettanto rigore, l'introduzione di meccanismi che tutelino le scelte democratiche dai rischi di interferenze esterne. Attendere ancora significherebbe dare vita ad un'imperdonabile mancanza di sensibilità e rispetto nei confronti di una democrazia che va difesa ad ogni costo e che è patrimonio di tutte le forze politiche e di tutti gli italiani. In un sistema politico maturo, basato sulla democrazia dell'alternanza, l'eliminazione di questi pericoli dovrebbe essere condivisa da tutti gli schieramenti".
Nell'Ulivo non mancano i possibilisti. Ai socialisti di Boselli, per esempio, piace il lodo Maccanico. In un clima di dialogo, perché no alla sospensione dei processi che riguardino i vertici istituzionali. "Io non credo - afferma Boselli - che si possa reintrodurre l'autorizzazione a procedere. E' stata abolita dieci anni fa. Il presidente del Consiglio ha forse un vuoto di memoria e non ricorda che fra i maggiori sostenitori dell'abolizione delle immunità parlamentari c'erano l'onorevole Fini e l'onorevole Bossi: oggi entrambi sono nel Polo". "Però - prosegue l'esponente socialista - io penso che si possa introdurre nel nostro Paese quella legge, che è già in vigore in altri paesi europei, e che prevede per le più alte autorità istituzionali, per il capo del governo, la sospensione di tutti i processi per tutta la durata del loro mandato. I processi vengono dunque sospesi per poi riprendere a mandato scaduto. E' il cosiddetto Lodo Maccanico". E, conclude, "io penso che l'Ulivo farebbe bene a riproporre in Parlamento quella legge".
Un possibilismo che viene seccamente bocciato dalla sinistra Ds. Pietro Folena prende spunto dalla battuta di Berlusconi sulla "criminalità giudiziaria" per bollarla come "eversiva" ed entrare poi nel merito: "Berlusconi vorrebbe ripristinare la vecchia immunità parlamentare per mettere al riparo se stesso e i suoi accoliti, mentre i problemi veri della giustizia si aggravano ogni giorno di più. Provo una profonda vergogna per chi ci governa siamo arrivati ad un livello non più tollerabile".
(2 MAGGIO 2003; ORE 10:50, ultimo aggiornamento ore 17:10)


Venerdì 2 Maggio 2003, 19:27
Andreotti: Follini, Assoluzione Gli Rende Giustizia

(ASCA) - Roma, 2 mag - ''L'assoluzione di Andreotti gli rende giustizia. Era ovvio, ma purtroppo non sempre i percorsi processuali sono cosi' lineari''. E' quanto afferma in una nota il segretario dell'Udc Marco Follini.

Venerdì 2 Maggio 2003, 19:50
Andreotti: Buttiglione, Dimostrazione Che Dc Non Era Mafiosa

(ASCA) - Roma, 2 mag - ''Molte congratulazioni al sen. Giulio Andreotti per questa sentenza che conferma il precedente procedimento e che ci ridice una verita' fondamentale: la mafia non era guidata da Andreotti, la Democrazia Cristiana non era una associazione mafiosa, molti democristiani hanno votato contro la mafia con grande rischio personale e diversi hanno anche perso la loro vita nella lotta contro la mafia''. Lo afferma il ministro per le Politiche comunitaria, Rocco Buttiglione. ''Li ricordiamo in questo momento - continua - in cui la sentenza conferma non solo un dato giudiziario, ma anche una verita' storica e morale''. ''Non possiamo tuttavia dimenticare - dice ancora Buttiglione - che per un lungo periodo gli elettori hanno votato nella convinzione, ingiustamente propalata e difesa, che la Democrazia Cristiana fosse una associazione a delinquere e questo ha dato un grande contributo a destabilizzare gli equilibri politici del nostro Paese ed a fare entrare la nostra democrazia in una situazione di appesantimento e quasi di sospensione, da cui non si e' ancora interamente ripresa. Regolare in modo corretto i rapporti tra politica e magistratura e' un tema che rimane certamemente aperto''. Per il ministro ''la decisione, difatti, mostrando che esistono giudici che hanno in Italia pieno sentimento della loro missione e la capacita' di fare il loro lavoro con equilibrio e imparzialita' da' un contributo a rasserenare il clima complessivo''.

Venerdì 2 Maggio 2003, 21:13
"L'immunità per guarire la politica"

Di Simone Navarra

ROMA - "L'immunità parlamentare serve per uscire dal guado in cui siamo costretti da almeno 10 anni. Con la vita politica di fatto paralizzata e in cui non si vede la fine di questa patologia". Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi rilancia la sua proposta e con l'occasione replica al presidente dell'Associazione nazionale magistrati che a "Porta a Porta" aveva detto che se si reintroduce la tutela per deputati e senatori, i giudici rischiano di rimanere disoccupati. "La verità è che quando l'immunità era in vigore é stata pressoché sempre concessa l'autorizzazione a procedere quando si trattava di reati comuni. Inoltre la maggiore beneficiaria storicamente di questo istituto è stata l'opposizione di sinistra che ha potuto svolgere la sua funzione in questo paese al riparo da aggressioni giudiziarie".
Subito dopo la condanna di Cesare Previti è scattata la voglia di immunità. Per molti non è un caso.
Sbaglia chi pensa questo. Certo è invece che con questa situazione di continua tensione non si va molto avanti. La magistratura ha di fatto ucciso la Prima Repubblica con gli avvisi di garanzia e adesso vuole tenere al guinzaglio la Seconda attraverso processi complicati e al contempo farraginosi dalle condanne esemplari.
Ma l'immunità non darebbe la sensazione di essere una legge fatta per proteggere i potenti? Il caso Andreotti non è l'esempio di come un politico affronta i processi a suo carico?
Non bisogna usare punti di vista distorti. L'immunità è necessaria per tutelare il voto dei cittadini che sono gli unici autorizzati a mandare a casa i parlamentari. Andreotti comunque è di fatto stato estromesso dalla vita politica, chiamato a rispondere quasi 24 ore su 24 a delle accuse terribili. Se non fosse stato un senatore a vita e uomo di grande spessore il tritacarne della giustizia lo avrebbe distrutto. E siccome in Italia i processi durano decenni io spero che lui possa arrivare a vedere riconosciuta la sua innocenza.
Che significa?
Per un politico è il processo stesso, l'accusa, il sospetto a finirlo. Non serve altro.
In termini pratici la Casa delle Libertà come cambierà le cose?
Il momento è delicato e non vanno legate le riforme in tema di giustizia con quello che accade fuori dall'aula. Sui tempi bisona fare attenzione.
Si conferma il fatto che Udc e An sono più attenti alle ragioni dei magistrati, mentre Forza Italia e Lega Nord spingono per interventi urgenti.
Bisogna fare attenzione. Decideremo tutti insieme quale strada intraprendere, ma tutti sappiamo che quello di fronte ai nostri occhi è un problema.
Lei è ministro per i rapporti con il Parlamento. Non pensa che soluzioni come quella dell'immunità debbano avere una maggioranza più larga di quella del Governo?
Sono un uomo di dialogo, ma non voglio far dimenticare a nessuno che quando l'immunità era in vigore, per quanto riguarda i due principali partiti di maggioranza e opposizione, l'autorizzazione a procedere fu concessa dalla Camera 139 volte per i democristiani e 120 volte per i comunisti. E rispetto a quel che si può pensare, le richieste di autorizzazione nei riguardi dei comunisti sono state ben maggiori di quelle nei confronti dei democristiani, 512 contro 313, malgrado la consistenza dei gruppi parlamentari democristiani sia stata molto più rilevante rispetto a quella del partito comunista. Aggiungo poi che i moderati sono anche dall'altra parte e certi caroselli in favore dei Pm hanno scocciato anche loro.
Il Foglio in questi giorni ha ricordato il 29/30 Aprile del '93 con il triste episodio di fronte all'hotel Raphael, il lancio di monetine contro Craxi dovuto alla mancata concessione dell'autorizzazione a procedere. Cosa ricorda di quei giorni?
E' un passato che non deve tornare. Perché sono tanti, troppi, gli innocenti sacrificati in nome del giustizialismo. Oggi bisogna tornare a parlare di economia, di pensioni, di potere d'acquisto, di disoccupazione. Prima però bisogna smontare la ghigliottina e dire che lo spettacolo è finito.

Il Giornale di Calabria - 3maggio 2003

Andreotti non era mafioso

La Corte d'Appello di Palermo ha confermato la sentenza di assoluzione del primo grado

PALERMO. Seconda assoluzione per Giulio Andreotti. Dopo la sentenza di primo grado, anche la Corte d'Appello di Palermo ha assolto il senatore a vita dall'accusa di associazione mafiosa. La Corte, presieduta da Salvatore Scaduti, ha emesso la sentenza con cui conferma quella di primo grado (che aveva dato ragione ad Andreotti con la formula "perchè il fatto non sussiste), dopo poco più di otto ore di camera di consiglio: i giudici si erano ritirati per decidere questa mattina alle 9.45. La Corte ha ritenuto "di non doversi procedere" per il reato di associazione a delinquere relativo ai fatti precedenti al 1982 a causa della prescrizione e ha invece confermato l'assoluzione pronunciata dal Tribunale tre anni fa per l'associazione mafiosa. I pm Daniela Giglio e Annamaria Leone avevano chiesto la condanna dell'ex presidente del Consiglio a 10 anni di reclusione. Lapidario il loro commento: "Leggeremo la sentenza". Euforici i difensori di Andreotti. "Assolto, assolto, assolto" grida Giulia Bongiorno, uno dei legali del senatore a vita. Sempre lei telefona ad Andreotti per dargli la buona notizia. "Presidente ce l'abbiamo fatta". E lui di rimando: "Giulia te l'avevo detto io".Andreotti non era presente in aula, per evitare eccessivo clamore, come aveva spiegato in una lettera inviata ieri mattina alla Corte per scusarsi della sua assenza. Il processo di secondo grado si era aperto il 19 aprile del 2001. La sentenza di ieri è il punto di arrivo di una vicenda giudiziaria iniziata dieci anni fa, il 27 marzo del 1993, quando la Procura della Repubblica di Palermo, allora diretta da Giancarlo Caselli, invia al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere. "E' stata riscattata la storia di Andreotti e della Dc" dice Luca Volontè, capogruppo alla Camera dell'Udc. Mentre per il presidente della Camera dei deputati Pier Ferdinando Casini l'assoluzione ripaga Andreotti "di tante ingiuste amarezze e, nello stesso tempo, restituisce il giusto onore politico alla storia della Democrazia Cristiana". Felice della assoluzione di Andreotti si è detto anche il presidente del Consiglio, Berlusconi.

Libertà di Piacenza

Le reazioni - Giulio: "Il tempo è galantuomo"
Berlusconi: liquidato il secondo grande teorema giustizialista

ROMA "Il tempo è galantuomo, magari se andasse un po' più veloce sarebbe meglio". Il senatore Giulio Andreotti ha appena appreso da Palermo la notizia che attendeva da dieci anni: l'assoluzione dall'infamante accusa di essere un mafioso. E mentre l'intero mondo politico esprime conforto e soddisfazione per la notizia, con molta instenza da parte dell'opposizione ma anche degli ex democristiani dell'Udc sul comportamento esemplare tenuto in questi anni dal senatore a vita, Andreotti ritrova, ammesso che lo abbia mai perso, il buonumore. "Certo, vedermi accusato di essere associato alla mafia... devo dire che, scusatemi se ricorro al romanesco, c'ho sempre sformato" dichiara ai giornalisti che non gli lasciano tregua e assediano il suo studio. "All'inizio ricordo che qualcuno disse: forse Andreotti toglierà il disturbo prima della conclusione del processo. Avevo 74 anni, ne sono passati dieci e il disturbo non l'ho ancora tolto", premette. Poi aggiunge: "Non ho mai fatto polemiche sapendo che nelle vicende giudiziarie bisogna avere ragione, saperla esporre e avere chi te la riconosce". Il senatore a vita non risparmia però una frecciata al procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli. "Mi spiace che Caselli abbia scritto un libro mentre la Corte d'Appello stava decidendo e che sia andato a presentarlo li". "Però - aggiunge - il libro di Caselli ha avuto un effetto contrario e non è stato utile per lui. Evidentemente i giudici di Palermo hanno dato prova di grande autonomia".. Inevitabile il paragone con il caso Previti. Andreotti però lo rifiuta. "Non dò giudizi sui fatti degli altri, io mi occupo degli affari miei", premette. Qualcosa tuttavia si lascia sfuggire: "Certo, io ho il mio temperamento, la pressione bassa e dunque sono meno emotivo di altri..." "In ogni caso bisogna avere fiducia nella magistratura altrimenti si torna alla giustizia privata". La notizia dell'assoluzione arriva alle 17 e 57. E' la fine di un incubo per il senatore e per l'intero mondo politico. Pier Ferdinando Casini è tra i primi a congratularsi, telefonicamente, con l'anziano leader. Il presidente della Camera si complimenta "vivamente per l'assoluzione che lo ripaga di tante ingiuste amarezze e, nello stesso tempo, restituisce il giusto onore politico alla storia della Democrazia cristiana". Stesso motivo ma diverso tenore nella dichiarazione di Marcello Pera. "Sono lieto per lei e per tutto il paese che ora ha la conferma anche giudiziaria di non essere stato guidato da un mafioso", recita il telegramma del presidente del Senato. Felicitazioni arrivano da maggioranza e da opposizione. "Felice" per l'assoluzione si dichiara subito il premier. "L'assoluzione in appello liquida il secondo dei grandi teoremi giustizialisti che furono imbastiti nella primavera del 1993 per condizionare e deformare la nostra democrazia", scrive la nota firmata da Silvio Berlusconi. "Le democrazie devono avere la forza di cambiare per decisione del popolo e nell'alternanza democratica decisa dagli elettori non da magistrati politicizzati alleati e politici forcaioli", rincara il capo del Governo. Il centrosinistra sottolinea l'atteggiamento esemplare tenuto nel corso di tutta la vicenda giudiziaria dal senatore. "I magistrati non sono né buoni né cattivi", commenta il portavoce di Piero Fassino, Cuillo. "Se vuole essere uno statista e non un capofazione consiglio a Berlusconi di ispirarsi a Giulio Andreotti, non a Previti", aggiunge Enrico Boselli dello Sdi. m. b.

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