Segreteria Città di Milano

Notizie della settimana 

A cura di Roberto Pasolini

 

COMITATO POLITICO SCOLASTICO Non statale

NORMATIVA DELLA SETTIMANA

decreto 14 gennaio 2003, n. 4 Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. Numero dei componenti le commissioni d'esame. Anno scolastico 2002/2003

decreto 13 gennaio 2003, n. 3 Decreto ministeriale concernente le certificazioni ed i relativi modelli da rilasciare in esito al superamento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore

decreto 13 gennaio 2003, n. 2 Individuazione delle materie oggetto della seconda prova scritta negli Esami di Stato conclusivi dei corsi di studio ordinari e sperimentali di istruzione secondaria superiore

nota 13 gennaio 2003, Prot. n.409 Iscrizione alle scuole dell'infanzia e alle classi delle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2003/2004 - Domande di ammissione agli esami per l'anno scolastico 2002/2003. Lettera circolare 20 dicembre 2002, prot. n.3462. Chiarimenti

COMUNICATO STAMPA

REFERENDUM

Milano - 15 gennaio 2003. Il Comitato Politico Scolastico esprime grande soddisfazione per la decisione della Corte Costituzionale di dichiarare inammissibile il Referendum per l'abrogazione delle norme relative ai contributi statali previsti dalla legge di parità.

Considera tale decisone un importante passo avanti verso l'acquisizione di una cultura che, lasciate le ideologie, punta alla ricerca di un servizio pubblico di qualità gestito in pari dignità da istituzioni statali e non statali.

Auspica che tale decisione faccia rivedere le posizioni anche recentemente assunte dall'opposizione nell'assemblea di Bologna sabato scorso.

Si augura che da questa sentenza nasca la volontà comune delle diverse parti politiche di lavorare alla ricerca di un accordo che porti alla costruzione di un sistema scolastico moderno, pluralista che sappia dare ai giovani tutti gli strumenti necessari alla preparazione richiesta dalla società in cui vivono.

Chiede al Governo di prendere atto della decisione della Consulta e di trarne una forte sollecitazione per interventi normativi che garantiscano al più presto la libertà di scelta educativa eliminando ogni discriminazione economica.

Roberto Pasolini

da La Stampa - Domenica, 12 Gennaio 2003

IL PIANO PRESENTATO A BOLOGNA: "SEPARAZIONE NETTISSIMA TRA FORMAZIONE E ISTRUZIONE" Scuola, la controriforma dell´Ulivo inviato a BOLOGNA

I tre delegati, una prof di liceo e due insegnanti impegnati nel sindacato, discutono animatamente in un corridoio del Teatro Testoni. I due uomini si segnalano per fervore, ma in realtà sono d´accordo: "La Moratti non sta facendo del bene alla scuola italiana, i dirigenti dell´Ulivo hanno ragione a criticarla, anzi, dovrebbero attaccarla". La donna, saggiamente, annota: "Se la attaccassero poi diremmo che non fanno opposizione costruttiva". Sono le sei e trenta e un pubblico di ulivisti appassionatissimi (innanzitutto: alla scuola) comincia a defluire dalla sala stracolma dopo una tre ore di dibattito all´antica su come dev´essere la scuola con la "c", contro la scuola con la "q" voluta-sostenuta-diffusa da quegli ignorantoni del Polo. In realtà, a parte la battuta impressa sui volantini dell´iniziativa, l´Ulivo si è dato appuntamento in questo teatro di Bologna per proporre esattamente "la scuola che vogliamo". Ci sono i principali leader, arriva Marco Rizzo, arriva Piero Fassino, ecco Enrico Boselli, ecco anche Francesco Rutelli sicuro che "se anche siamo minoranza nel Parlamento, assieme alle famiglie, agli studenti, agli insegnanti e a tutti coloro che questi valori condividono, noi siamo maggioranza nel Paese e per questo fermeremo la Moratti". C´è anche Di Pietro, che ieri ha mandato una lettera per dire "cari amici buon anno" a quelli del Palasport di Firenze e oggi si fa vedere "agli amici ulivisti". Sfilano lungo il corridoio e si vanno a sedere in prima fila. Soprattutto per ascoltare. Dicono poche parole, riassumibili con quelle di Francesco Rutelli: "La scuola dev´essere messa con forza al centro del programma del nuovo Ulivo". Ognuno, più o meno, ci tornerà sopra. E starà a sentire con attenzione le analisi e richieste di professori, sindacalisti, addetti ai lavori. Sono loro a snocciolare le cinque proposte dell´Ulivo: loro per bocca innanzitutto di Albertina Soliani, relatrice ulivista della proposta di legge di minoranza, che è esattamente come ti immagineresti la professoressa di italiano del classico, con la faccia seria e l´aria anche un po´ austera. E´ lei che ricorda cosa chiede la coalizione: la continuità del percorso formativo dalla nascita fino a sei anni; il consolidamento dell´obbligo scolastico, e anzi la sua estensione nei casi in cui oggi è di fatto negato; uno straordinario investimento sugli insegnanti, che non esclude la possibilità di corsi di formazione e fondi per l´incentivazione per chi dovesse meritarlo; la separazione "nettissima", dicono praticamente tutti gli intervenuti, tra "percorsi della formazione e percorsi dell´istruzione". In pratica, un altolà alla Moratti: la scuola non è una fabbrica di futuri lavoratori. Naturale che tutto questo, alla fine, rischi di essere una chimera se non ci saranno più soldi, che questo stato maggiore ulivista puntualmente chiede, magari con il lessico impersonale del documento: "Occorre uno straordinario investimento di risorse finanziarie". Tutta la discussione di ieri non poteva non contenere critiche pungenti all´impianto polista e al ministro Moratti che l´ha escogitato. "Stanno colpendo la libertà, l´autonomia, la qualità della scuola". "La Moratti-Tremonti-Bossi riduce di un terzo le risorse attraverso leggi finanziarie, misure urgenti, tagli". Non mancano frasi come "viene diffusa una concezione mercantile dell´istruzione". La Soliani spiega: "Adesso ci sembra tutto difficile, ma verrà il tempo in cui saremo maggioranza...". Parole che non suonano minacciose ma accendono la sala. I leader, in prima fila, parlottano, prendono appunti e sanno che anche da cose così ripartirà l´Ulivo. Jacopo Iacoboni

Da newsletter settimanale di Tuttoscuola N. 85, 13 gennaio 2003

1. Iscrizioni e anticipi: e' cominciato il tormentone

Iscrizioni anticipate negate, accolte con riserva o addirittura accettate a tutti gli effetti. Se ne stanno vedendo di tutti i colori in questi giorni nelle scuole italiane. Per i bambini che compiranno l'eta' entro il 28 febbraio 2004 si registrano sul territorio soluzioni disomogenee riguardo all'iscrizione alla scuola materna o alla prima elementare. Ma facciamo il punto della situazione. Da diversi giorni le segreterie delle scuole hanno aperto le iscrizioni (fino al 25 gennaio) per il prossimo anno scolastico e quasi due milioni di famiglie sono impegnate in questo adempimento che l'amministrazione scolastica ha cercato di semplificare al massimo con modulistica gia' predisposta e compilabile anche on line per gli studenti delle superiori ( http://www.istruzione.it/iscrizionionline/default.htm ). Spetta alle singole istituzioni facilitare adempimenti e scelte dei genitori, rendendo trasparente l'offerta di servizio scolastico e le eventuali opzioni. Da due anni a questa parte le istituzioni scolastiche al momento dell'iscrizione hanno l'obbligo di fornire anche il POF (Piano dell'Offerta Formativa) alle famiglie. Un'agile guida alle iscrizioni e' consultabile su http://www.tuttoscuola.com . Ma il tormentone del mese, per chi iscrive figli alle scuole dell'infanzia statali e soprattutto alla prima elementare, e' la questione degli anticipi. C'e' disorientamento da parte delle famiglie (cosa fare) e da parte delle scuole (cosa rispondere). Vediamo di capire che sta succedendo.

2. Ma sara' l'anno degli anticipi?

La circolare ministeriale sulle iscrizioni si e' attenuta alle norme vigenti, facendo riserva di fornire disposizioni sugli anticipi dopo l'approvazione della legge di riforma. Questo rinvio ha creato un po' di smarrimento nelle scuole e nelle famiglie. Anci (Associazione dei Comuni) e Fism (Federazione delle scuole materne non statali) in un documento congiunto affermano, al contrario di altri, che "l'anticipo della frequenza alla scuola dell'infanzia e alla scuola elementare, non potra', quasi sicuramente, decorrere dal prossimo anno scolastico". Ciononostante, sono molte le istituzioni scolastiche che accolgono pre-iscrizioni di bambini che compiranno l'eta' entro il 28 febbraio 2004, predisponendo liste di attesa in vista del via libera (dato come probabile). E a quanto ci risulta, ci sono anche scuole, soprattutto nei grossi centri urbani dove si teme la concorrenza, che iscrivono a tutti gli effetti i bambini in anticipo, dando per certa l'approvazione della riforma in tempo. Dal no al si' totale: anticipi… cosi' e' se vi pare. Ad ogni modo, la probabilita' che le iscrizioni vengano riaperte dopo l'approvazione definitiva della riforma Moratti in Parlamento e' abbastanza elevata. Ricordiamo che per la sperimentazione nell'anno in corso sono state riaperte a settembre inoltrato. Difficilmente il ministro rinuncera' a quest'obiettivo. Dovremmo quindi avere a settembre prossimo, verosimilmente, bambini piu' giovani a scuola e anche piu' classi prime di elementare e sezioni di materna per accoglierli. Quanti potranno essere i "precoci"? Tutta da verificare la stima ministeriale sulla quantita' possibile di anticipi (ottimisticamente individuata nell'80% dei nati nel bimestre interessato). Precedenti in materia non ce ne sono. Unico punto di riferimento sono le statistiche delle primine che consentono di registrare nelle classi successive alla prima elementare, come dato costante negli anni, la quantita' di alunni in anticipo di un anno: il 2,5% nelle scuole statali e il 20% in quelle paritarie. La Campania fa registrare il record di anticipi (il 9% nelle statali e ben il 50% nelle paritarie).

4. L'Ulivo e' contro la legge Moratti: "in Parlamento e nelle piazze"

L'opposizione politica, lacerata al suo interno su molti terreni (dalla politica estera a quella istituzionale, per non parlare dei problemi di leadership) sembra recuperare una sua compattezza nel settore della scuola. Nell'assemblea di Bologna di sabato 11 gennaio, svoltasi alla presenza di quasi tutti i piu' importanti leader delle forze politiche d'opposizione (Fassino, Rutelli, Parisi, Di Pietro, Boselli, Pecoraro Scanio, ecc.), aleggiava l'ombra di Romano Prodi, che nel 1996 aveva avuto successo nell'impresa di costruire una proposta unitaria sull'istruzione, ponendola al centro del programma elettorale dell'Ulivo. Ma l'intesa sembra che sia stata trovata questa volta piu' in negativo che in positivo. Piu' contro la Moratti e il disegno di legge all'esame del Parlamento (questa settimana riprendono i lavori in Commissione Cultura alla Camera) che nella ricerca di proposte di emendamento, che comporterebbero un dialogo con la maggioranza che i presenti sembravano escludere. Lo stesso Fassino, accusato da molti di eccessivo moderatismo, ha individuato nella scuola "uno dei terreni piu' fecondi nei quali costruire il rapporto tra partiti e movimenti". Rutelli ha accusato il governo di "smontare, definanziare, demotivare, distruggere il mondo della scuola, che considera nemico". La senatrice Soliani, manifestando evidente scetticismo verso le ipotesi di mediazione, ha proposto di utilizzare gli spazi di autonomia delle scuole e degli enti locali per "cominciare a cambiare le cose da subito". Infatti, ha sostenuto riproponendo uno slogan che fu di Tristano Codignola nei primi anni settanta, "fare scuola e' fare politica". Lo storico Nicola Tranfaglia ha cosi' sintetizzato: "l'Ulivo deve respingere la legge Moratti in Parlamento e nelle piazze". A questo punto, con le ipotesi di mediazione ancora piu' lontane, c'e' da pensare che l'approvazione della riforma Moratti sia piu' vicina?

5. Quando i tagli di destra sono piu' cattivi di quelli di sinistra

Da almeno cinque anni la scuola e' sottoposta, con le Finanziarie di turno, a tagli di organico. Si puo' dire, con il senno di poi, che alla fine le cose sono andate meglio di quanto temuto, se e' vero, come dimostrano i dati ufficiali, che comunque, tagli o non tagli, i posti di insegnante dal 1997 al 2001 hanno continuato ad aumentare (e quelli degli alunni a diminuire). Il rapporto alunni/insegnanti e' passato da 9,35 ('97) a 9,08 (2001), collocando l'Italia all'ultimo posto (o al primo, se si preferisce) nella graduatoria europea dei Paesi a maggiore intensita' di occupazione nella scuola ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_85-3.doc ). I tagli di posti ( http://www.tuttoscuola.com/ts_news_85-4.doc ) negli organici degli insegnanti sono cominciati con le leggi Finanziarie del quinquennio di Governo dell'Ulivo, anche se va detto che erano accompagnati da maggiori reinvestimenti nel sistema (piano per le nuove tecnologie, fondi per la valorizzazione professionale in vista dell'autonomia, etc.). Nelle sue prime Finanziarie la Casa delle Liberta' ha previsto nuovi tagli. Ripercorriamo le ultime manovre. Con la Finanziaria 1998 venne disposto un taglio dei posti di insegnante, compresi i supplenti annui e temporanei, pari al 3% in due anni, l'equivalente di circa 23 mila posti da tagliare entro il '99. La Finanziaria 2000 disponeva un'ulteriore riduzione dei posti di docente entro il 2001 per una quota pari all'1%, equivalente a ulteriori 11.500 posti circa. Il taglio ulivista era quindi di circa 34.500 insegnanti in quattro anni (virtuale perche' i posti alla fine sono risultati piu' di quelli registrati prima dei tagli). Nessuno pero' in quel periodo, dentro il sindacato e nelle forze politiche parlo' di attacco alla scuola pubblica. Le Finanziarie 2002 e 2003 approvate dal Parlamento a maggioranza di destra hanno riproposto i tagli degli organici dei docenti (8.500 nel 2002, 12.500 nel 2003 e previsione di altrettanti nel 2004, per un totale virtuale di 33.500 posti). Eppure oggi, parlando di tagli, si accusa il Governo di attacco alla scuola pubblica. Vuoi vedere che i tagli di destra fanno male alla scuola pubblica di piu' di quelli di sinistra?

9. Valutazione sotto la lente di ingrandimento

Le prospettive del nuovo sistema di valutazione che sara' definito insieme alle riforma del sistema scolastico preoccupano. I primi elementi di questa riforma traspaiono gia' dal testo del disegno di legge delega approvato dal Senato e dalle stesse indicazioni nazionali per la scuola primaria e per la scuola secondaria di I grado pubblicati dal Miur ( www.istruzione.it ). Contro l'ipotesi del biennio valutativo, secondo cui la bocciatura dovrebbe avvenire ad anni alterni, si schierano alcune associazioni (AND e altri) in un documento unitario, paventando il rischio che gli studenti meno impegnati vedano nel biennio una specie di "garanzia di un'immunita' totale lungo tutto il corso del primo anno, la garanzia che non c'e' nessuna ragione per studiare… perche' bastera' darsi un po' piu' da fare nel secondo anno per superare due anni in un colpo solo, e cio' senza aver studiato effettivamente per due, bensi' soltanto per un anno, grazie alla consapevolezza che l'anno iniziale non dovra' mai essere ripetuto da nessuno". La Spagna, unico Paese europeo ad aver tentato la soluzione del biennio valutativo, secondo il documento, starebbe correndo ai ripari per l'insuccesso della scelta operata. Sul fronte della valutazione, intanto, c'e' da registrare l'iniziativa del Cidi ( www.cidi.it ), insieme all'Universita' di Roma 3 per Studi Roma Tre, per un seminario di aggiornamento che si terra' il 17 gennaio a Roma, presso l'Aula Magna del Rettorato, via Ostiense 161, su "Tendenze nella valutazione dei sistemi scolastici" e che vedra' l'intervento, tra gli altri, di Benedetto Vertecchi, ex-presidente del Cede, diventato Invalsi, l'istituto nazionale di valutazione del sistema scolastico.

Da INFORMAZIONI CNOS/Scuola n. 2/2003 - 13 gennaio 2003

18/02 La Corte Costituzionale sulla fornitura gratuita dei libri di testo

Corte Costituzionale, Sentenza 21 dicembre 2001, n. 419

Non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, escludere le Province autonome di Trento e di Bolzano dalla ripartizione dei fondi destinati a garantire la gratuità totale o parziale dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico e a provvedere alla fornitura anche in comodato di libri di testo in favore degli studenti della scuola secondaria superiore, effettuata con il DPCM 5 agosto 1999, n. 320 e con il DPCM 4 luglio 2000, n. 226, in applicazione dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e, rispettivamente, dell'articolo 53 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2000).

CORTE COSTITUZIONALE - Sentenza 21 dicembre 2001 n. 419 - Presisente RUPERTO, Redattore ONIDA - (giudizi promossi con ricorsi per conflitto di attribuzioni delle Province autonome di Trento e Bolzano notificati il 12 e il 15 novembre 1999 e il 13 ottobre 2000 e depositati in cancelleria il 19 e il 23 novembre 1999 e il 18 ottobre 2000, giudizi sorti a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 1999, n. 320 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sulla fornitura gratuita o semigratuita di libri di testo), in particolare art. 3 e tabelle A (1) e A (2), e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 luglio 2000, n. 226, (Regolamento recante conferma con modificazioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 1999, n. 320, concernente disposizioni di attuazione dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sulla fornitura gratuita o semigratuita di libri di testo), ed iscritti, rispettivamente ai nn. 38 e 40 del registro conflitti 1999 ed al n. 46 del registro conflitti 2000). Istruzione scolastica - Libri di testo - Ripartizione dei fondi destinati a garantire la gratuità totale o parziale dei libri di testo - Esclusione delle Province autonome di Trento e di Bolzano - Questione di legittimità costituzionale - Fondatezza in parte qua. Non spetta allo Stato, e per esso al Presidente del Consiglio dei ministri, escludere le Province autonome di Trento e di Bolzano dalla ripartizione dei fondi destinati a garantire la gratuità totale o parziale dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico e a provvedere alla fornitura anche in comodato di libri di testo in favore degli studenti della scuola secondaria superiore, effettuata con il DPCM 5 agosto 1999, n. 320 e con il DPCM 4 luglio 2000, n. 226, in applicazione dell'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e, rispettivamente, dell'articolo 53 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2000). Va conseguentemente annullato, per quanto di ragione, l'articolo 3, comma 1, del predetto DPCM. n. 320 del 1999 e le tabelle ad esso allegate, nonché l'art. 1, commi 1 e 2, del predetto d.P.C.m. n. 226 del 2000 (1). -------------------- (1) Ha premesso in proposito la Corte che l'articolo 5 della legge n. 386 del 1989 - contenente norme che, in quanto approvate con la speciale procedura prevista dall'articolo 104 dello statuto speciale per le modifiche statutarie in materia finanziaria, non sono derogabili da leggi ordinarie se non precedute da accordo con le Province autonome (cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 116 del 1991, n. 382, n. 356, n. 366 e n. 427 del 1992, n. 165 del 1994, n. 458 del 1995, n. 520 del 2000) - stabilisce che le Province autonome partecipano alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio nazionale (comma 1), nonché ai finanziamenti recati da altre disposizioni di legge statale, in cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle Regioni (comma 2). Onde, alla stregua di tali disposizioni, non è possibile escludere le Province autonome di Trento e di Bolzano dalla ripartizione dei fondi destinati a garantire la gratuità totale o parziale dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico. La Corte costituzionale ha aggiunto di non ignorare i problemi che sorgono per effetto delle differenze esistenti fra i sistemi di finanziamento delle Regioni a statuto speciale e le Province autonome, da un lato, e quello relativo alle Regioni ordinarie, dall'altro lato. Ma - fermo restando il potere del legislatore statale, in attuazione del novellato articolo 119 della Costituzione, di provvedere alla armonizzazione del sistema complessivo - sta di fatto che le garanzie finanziarie previste nei confronti delle Province autonome dalla disciplina statutaria e di attuazione in vigore, ed in specie dall'articolo 5 della legge n. 386 del 1989, non possono essere disattese nella applicazione di disposizioni legislative, che non introducono alcuna discriminazione fra le diverse Regioni. Né può dubitarsi della legittimità costituzionale di detto articolo 5, o del suo secondo comma. La partecipazione delle Province autonome alla ripartizione di finanziamenti statali aggiuntivi non può, di per sé, dirsi in contrasto con il vigente sistema statutario di riparto delle competenze e del gettito tributario, restando affidato al legislatore statale il compito di stabilire i "principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario" (articolo 119 novellato, secondo comma, della Costituzione) e di stabilire gli ulteriori interventi a fini di rimozione degli squilibri e di promozione dello sviluppo, della coesione e della solidarietà sociale (articolo 119, quinto comma, della Costituzione).

19/02 Le supplenze durante la SSIS sono tirocinio

Consiglio di Stato, Sentenza n. 8252/2002

Il Consiglio di Stato stabilisce: § Il punteggio fisso aggiuntivo previsto dall'articolo 8 del decreto ministeriale 4 giugno 2001, n. 268, [30 punti] costituisce il doveroso riconoscimento dell'impegno dedicato alla formazione e all'elevato livello di preparazione che è raggiunto con la frequenza delle scuole SSIS, oltre a rappresentare un adeguato compenso per il servizio di insegnamento prestato nel biennio, col quale evidentemente non può essere cumulato. § Sulla base di detta considerazioni il Tribunale ha concluso nel senso della riqualificazione dell'attività di insegnamento espletata nel periodo di svolgimento delle scuole di specializzazione alla stregua di tirocinio già considerato ed apprezzato nell'attribuzione del punteggio di trenta punti per la frequenza delle scuole di specializzazione. § Si è soggiunto, ad ulteriore conforto dell'assunto, che il punteggio fisso di trenta punti è nella sostanza dato dalla risultante dei 24 punti spettanti ordinariamente per l'insegnamento biennale (cfr. tabella di valutazione dei titoli approvata con decreto ministeriale 29 marzo 1993 e modificata con decreto 2 gennaio 1994) e di 6 punti, pari questi ultimi al doppio del punteggio normalmente riconosciuto per titoli di studio di portata equivalente ovvero per il superamento di un concorso per titoli ed esami anche ai soli fini abilitativi. § Deve in definitiva reputarsi, in omaggio ad un principio di conservazione che impone la preferenza per l'approccio interpretativo capace di salvaguardare la legittimità degli atti gravati, che il servizio di insegnamento eventualmente prestato nello stesso tempo va accreditato all'attività obbligatoria di tirocinio inerente ai corsi. § E' quindi concettualmente chiaro che il principio di diritto, dato dalla non duplicabilità di periodi di insegnamento e di frequenza del corso che cadano nello stesso periodo legale, pur se riferito ai casi di insegnamento successivo alla fine del corso, non può che riferirsi anche al periodo precedente all'inizio del corso. § Pertanto, ove pure il corso SSIS durasse in concreto meno di due anni, il servizio di insegnamento eventualmente prestato durante il biennio di durata curricolare del corso (una parte del quale coincidente con esso; l'altra collocato al di fuori del corso), in ogni caso deve ritenersi improduttivo di punteggio utile ai fini del bagaglio in dotazione del docente. Si tratta, infatti, di servizio di insegnamento sostitutivo o comunque integrativo del tirocinio e, come tale, già compensato (in termini di punteggio) con il riconoscimenti di trenta punti.

Tuttavia Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la possibilità dell'alternanza lavoro-univeristà: "Si deve osservare che le pronunce alle quali la circolare afferma di volere dare esecuzione non hanno asserito l'illegittimità (rectius, la illiceità) del servizio di insegnamento prestato durante la frequenza della scuola di specializzazione (né ha affermata la illegittimità della sua valutazione), così come non hanno opinato nel senso dell'incompatibilità, di diritto o sul versante puramente fattuale, tra le due attività" (5.1). Pertanto è lecita l'alternanza lavoro-università. Infatti noi riteniamo illogico il comportamento del Parlamento nei riguardi della formazione degli insegnanti, quando ammette l'alternanza scuola-lavoro nel periodo della secondaria superiore e dell'istruzione e formazione professionale (articolo 4, del disegno di legge-delega) e la proibisce nel periodo di formazione accademica, istituendo il tirocinio solamente dopo l'esame di abitazione, cioè dopo la laurea specialistica: "coloro che hanno conseguito la laurea specialistica di cui alla lettera a), ai fini dell'accesso nei ruoli organici del personale docente delle istituzioni scolastiche, svolgono, previa stipula di appositi contratti di formazione lavoro, specifiche attività di tirocinio" (articolo 5, comma 1, lettera e). I pedagogisti dovrebbero comprendere che tra il sapere e l'insegnare c'è di mezzo il mare!

20/02 Per i docenti di scuole "riconosciute" il punteggio è dimezzato

TAR per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, Sentenza 3 aprile 2002, n. 1660

Una giustizi puramente formale: § "Il DM 29marzo 1993 espressamente prevede che per il servizio prestato nelle scuole o istituti non statali il punteggio è ridotto alla metà … § Segue da ciò che legittimamente l'Amministrazione resistente ha riconosciuto al servizio prestato presso scuole non statali un punteggio dimezzato rispetto al servizio prestato presso scuole statali". § "Ritiene pertanto il Collegio che l'operato dell'Amministrazione sia perfettamente in linea con i principi normativi tanto di rango costituzionale quanto di rango primario applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, trattandosi di sessione riservata di esami indetta con OM n. 153/1999, prima dell'entrata in vigore tanto della legge n. 62/2000, quanto del DL n. 255/2001, convertito in legge n. 333/2001".

Nessuna considerazione di ordine sostanziale, in contrasto, quindi: § con quanto riconosciuto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 424/1992: "Devono pert5anto essere pienamente condivise le decisioni impugnate laddove dichiarano incomprensibile la discriminazione essrfcitata dall'Amministrazione, escludendo dalla valutazione una tipica attività didattica svolta in istituti che perseguono le stesse finalità delle scuole statali e, come tali, sono sottoposti alla vigilanza del Provveditore agli studi, rilasciando titoli di studio di valore legale, e svolgono programmi corrispondenti a quelli statali, etc."; § e con il riconoscimento della selezione per l'assunzione nelle scuole non statali, fatto dal TAR per il Lazio, Sezione III-bis, con la Sentenza 2-4 aprile 2001, n. 2837: "La clausola limitativa risponde, infatti, alla sostanziale diversità della posizione degli insegnanti privati rispetto a quelli pubblici: posizione segnata dal differente sistema di reclutamento, che è libero nella scuola privata, dove è procedimentato in quella pubblica". Mentre censuriamo l'uso dei termini "privato" e pubblico", se nella scuola non statale, per prestare servizio, sono necessari i medesimi requisiti e il servizio deve essere valutato ugualmente, resta unicamente, a documentazione di diversità, l'obbligo dello Stato di assumere i docenti secondo i posti in graduatoria, mentre tale obbligo non esiste per la scuola non statale. Questa diversità, tuttavia, non tocca la professionalità docente, ma semplicemente una procedura che si è data il gestore, cioè lo Stato; e, ciò che più conta, non assicura, a giudizio del TAR del Lazio, il merito. Infatti al contrario, l'interresse del gestore privato di offrire un servizio che non pregiudichi il prestigio dell'Istituto, che attiri nuovi docenti e che costituisca una soddisfacente remunerazione del capitale investito, induce l'arruolamento del personale migliore reperibile sul mercato (quali i giovani brillantemente laureati, che non hanno possibilità di trovare occupazione immediata nella scuola pubblica). Altrettanto non può dirsi per la scuola pubblica nella quale, fino alla svolta impressa dalla legge 124 del 1999, abbondavano più docenti sanati che quelli veramente meritevoli"

Lunedì 13 Gennaio 2003, 17:06

Scuola: sciopero per 23-24 gennaio

(ANSA)- ROMA, 13 GEN - L'Unicobas Scuola ha proclamato lo sciopero della prima ora per il personale docente e tecnico amministrativo Ata del comparto scuola per il 23 e 24 gennaio. Lo ha reso noto il ministero dell'Istruzione precisando che lo sciopero e' riferito al personale del comparto, di ruolo e non.

Da Educazionee Scuola

11 - 14 gennaio Riforme e Controriforme

Dal 14 gennaio riprende in 7a Commissione alla Camera l'esame del DdL AC 3387, concernente la delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, già approvato dal Senato e, dei DdL AC 23, 353, 354, 661, 735, 749, 771, 779, 967, 1014, 1042, 1043, 1044, 1481, 1734, 1749, 2277, sulla Definizione delle norme generali sull'istruzione. L'11 gennaio presso il Teatro Testoni di Bologna, l'Ulivo nel corso dell' "Assemblea Nazionale sulla Scuola e la Formazione" presenta il suo "patto per la scuola".

da Il Corriere della Sera - Martedì, 14 Gennaio 2003

W32.LIRA Attenti al virus, attacca anche le chat

Nome di battesimo: "W32.Lira", alias "Naith". È l'ultimo dei virus che stanno "infettando" Internet e, in particolare, gli utenti Windows di tutto il mondo. Si tratta di quello che in gergo informatico si chiama "worm", cioè un virus che assorbe risorse al sistema senza necessariamente comprometterlo e, novità per questo tipo di infezioni, si diffonde non solo via posta elettronica (anche soltanto aprendo il messaggio senza lanciare l'allegato), ma - come spiega Andrea Faenza, ispettore di sicurezza informatica - "anche attraverso le chat Irc e Icq, il network "pari alla pari" di Kazaa e tutte le reti delle quali faccia parte un computer infettato". Il file con il virus trasmesso come allegato di solito porta il nome della pop star Avril Lavigne e, oltre a disabilitare i sistemi antivirus, invia la password d'accesso del computer colpito ad Internet.

da Il Corriere della Sera Martedì, 14 Gennaio 2003 

Mentre Berlinguer volle che un anno intero fosse dedicato al secolo scorso, ora su richiesta di An si dovrà dar più spazio al Risorgimento

Scuola, se l'Ottocento è di destra e il Novecento di sinistra Studiare il '900 sarebbe "di sinistra" e studiare l'800 sarebbe, invece, "di destra"? Per quanto assurdo in termini obiettivi, un interrogativo del genere rischia di avere un fondamento se dobbiamo giudicare da qualche commento che ha accompagnato le modifiche all'insegnamento della storia nelle medie inferiori, elaborate dal ministero dell'Istruzione nell'ambito della riforma dei cicli scolastici (riforma che attende ora, dopo il voto favorevole del Senato, quello della Camera). I nuovi programmi - resi noti in questi giorni nel sito del ministero - prevedono di togliere spazio allo studio del '900 nella terza media (ma lo stesso avverrà probabilmente nell'ultimo anno delle superiori) per fare posto all'800, in particolare al Risorgimento, accogliendo così - a quel che si è letto sulla stampa - una richiesta di Alleanza nazionale. Dall'opposizione si è invece gridato al pericolo che il XX secolo possa addirittura "scomparire dai libri di storia". Come tutti ricordano, nella passata legislatura il centrosinistra attribuì un grande rilievo alla storia del '900: il ministro Berlinguer dispose che lo si insegnasse nell'intero ultimo anno delle medie sia inferiori sia superiori. Eppure non è così ovvio che la forte proiezione sulla contemporaneità sia sempre e comunque positiva. Uno storico autorevole come Gaetano Salvemini, mezzo secolo fa, metteva in guardia dai rischi insiti nell'insegnamento della storia troppo recente, che avrebbe fatto entrare nella scuola "le passioni della giornata". Non a caso, del resto, le dittature del '900 hanno sempre attribuito un grande rilievo alla storia recentissima: i programmi in vigore nell'Italia di fine anni '30 disponevano che lo studio giungesse al 1936, cioè alla "proclamazione dell'impero". Nell'Unione Sovietica degli anni '30 e '40 il testo di storia più importante era quello che narrava le vicende del partito e della rivoluzione. Di per sé non vi sarebbe dunque nulla di scandaloso nel modificare lo spazio riservato al '900 nei programmi scolastici. Potrebbe anzi servire a ridimensionare quell'eccesso di contemporaneità che caratterizza ormai il nostro modo di guardare al passato: attualmente in terza media, secondo i programmi ancora in vigore varati dal centrosinistra, è previsto si studi il solo '900, ciò che appare davvero sproporzionato in un ciclo scolastico che deve "coprire" in soli tre anni l'intera vicenda umana dalla preistoria a oggi. Vi sono manuali per i licei che, nell'ultimo volume, giungono fino all'anno immediatamente precedente la loro stampa, a fatti cioè per i quali è difficile quella trattazione distaccata che fa intrinsecamente parte della comprensione storica. In realtà non è affatto detto che per capire tanti aspetti dell'Italia di oggi l'età dei Comuni, ad esempio, sia meno importante del ventennio fascista. Pochi anni fa un politologo americano, Robert Putnam, ha cercato appunto di mostrare come le zone della penisola in cui attualmente è più riscontrabile una cultura civica siano le stesse che videro il fiorire della civiltà comunale. Insomma, vi potrebbe essere più di un motivo valido per limitare lo spazio che i programmi di storia delle nostre scuole concedono alla storia recentissima. Proprio per questo colpisce che l'unica motivazione resa nota, sia pure ufficiosamente, sia quella citata all'inizio: la richiesta in tal senso di Alleanza nazionale, quasi che al '900 "di Berlinguer" si voglia ora sostituire l'800 "di Fini".

Giovanni Belardelli

SCUOLA: SCELTE LE MATERIE DELLA SECONDA PROVA SCRITTA ALL'ESAME DI STATO 2003

(Roma, 14 gennaio 2003) Il Ministro Letizia Moratti ha scelto oggi le materie che saranno oggetto della seconda prova scritta all'esame di Stato 2003.

La seconda prova scritta verte su una delle materie caratterizzanti il corso di studio per le quali l'ordinamento vigente prevede verifiche scritte.

Gli indirizzi di studio, sia di ordinamento che sperimentali, comprendono una o più materie caratterizzanti tra le quali il Ministro ha operato la scelta.

Per la prossima sessione di esame è stata scelta la lingua straniera non soltanto per gli indirizzi linguistici, ma anche per tutti gli altri indirizzi per i quali il piano di studio lo consente. La presenza più diffusa di questa materia tra le prove scritte d'esame intende sottolineare l'importante ruolo delle lingue straniere nella scuola riformata, anche nella prospettiva di un allineamento ai sistemi educativi europei.

Le materie saranno disponibili dalle ore 16.00 di oggi sul sito del Ministero www.istruzione.it

Tutte le seconde prove (motore di ricerca)

(14/01/2003) Esame di Stato Rese note le materie oggetto della seconda prova (Decreto Ministeriale n.2 del 13 gennaio 2003)

UNA SCUOLA PER CRESCERE: DIBATTITO SULLA RIFORMA

Attività parlamentare

CAMERA DEI DEPUTATI Resoconti della VII^ Commissione permanente Cultura, scienza e istruzione

Dal 13 al 19 gennaio 2003 martedì 14 gennaio resoconto della seduta mercoledì 15 gennaio resoconto della seduta giovedì 16 gennaio resoconto della seduta

Comunicato stampa

Lontano dalla realtà, fuori dal tempo

"Non si conoscono ancora le motivazioni, ma la decisione della Consulta costituisce indubbiamente un segno di ragionevolezza e una certezza" ha detto l'On. Mario Mauro, responsabile del Dipartimento scuola e università di Forza Italia, commentando la notizia secondo la quale la Corte Costituzionale avrebbe dichiarato illegittimo il quesito referendario relativo ai contributi statali alle scuole private. "Quello proposto dall'estrema sinistra era un referendum lontano dalla realtà e fuori dal tempo, -ha proseguito l'On. Mauro- voluto per riportare indietro l'orologio della libertà di scelta educativa nel nostro Paese, portandolo definitivamente fuori dall'Europa in questo terreno". "I giudici della Consulta -ha concluso l'On. Mauro- con la loro decisione, chiariscono una volta di più che la Costituzione italiana non pone vincoli alla libertà di educazione, né il "senza oneri per lo Stato" costituisce impedimento sostenibile per negare ai cittadini il ruolo sussidiario dello Stato in un campo fondamentale com'è quello della libertà di scelta educativa".

Roma, 15 gennaio 2003

On. Mario Mauro Responsabile Nazionale Dipartimento Scuola e Università FI

Comunicato stampa

"La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum contro la scuola non statale. Non possiamo che rallegrarcene" ha detto Franco Nembrini, responsabile dell'Ufficio scuola della Compagnia delle Opere "Il referendum avrebbe spaccato il Paese, facendolo tornare indietro di anni, a una contrapposizione scuola statale/scuola non statale che negli altri Stati europei non è mai esistita o è sepolta da tempo, e anche da noi è ormai superata, sia da una legge (voluta dall'Ulivo) che riconosce il ruolo pubblico della scuola non statale, sia dalla mentalità di tanti settori anche della sinistra, ormai disposti a riconoscere il beneficio che un reale pluralismo porta all'intero sistema nazionale di istruzione. Ci auguriamo che anche il governo tiri le debite conseguenze, e doti il sistema scolastico delle risorse necessarie perché l'accesso a tale sistema pluralista sia garantito a tutte le famiglie, senza vincoli economici"

Franco Nembrini Presidente FOE

Comunicato stampa

Dalla inappuntabile decisione della Consulta sull'inammissibilità del Referendum per l'abolizione della parità scolastica un positivo passo verso un traguardo di civiltà democratica

La Presidenza nazionale della FIDAE, interprete delle migliaia di scuole cattoliche di tutto il territorio nazionale, esprime soddisfazione per la decisione espressa dalla Consulta, che oltre ad evitare un antistorico contrasto tra le realtà socio-culturali del nostro Paese, apre l'ultimo tratto di strada che porta al traguardo finale della piena ed effettiva libertà di educazione, già raggiunto dalla quasi totalità dei Paesi dell'Unione Europea

Riconfermando quanto giù più volte ribadito sulla legge paritaria (62/2000), in questa circostanza si sottolinea che:

¨ la parità non è la richiesta di un privilegio, ma il riconoscimento di un diritto civile; ¨ la piena parità scolastica non è solo una conquista di civiltà giuridica, ma un contributo a migliorare il sistema scolastico complessivo, stabilendo tra le varie scuole un confronto e una collaborazione per offrire agli studenti, alle comunità familiari e sociali un servizio di qualità; ¨ l'attuale legge deve essere integrata, partendo con chiarezza dal principio dei diritti soggettivi degli allievi e delle famiglie, a cui corrisponde l'offerta formativa di tutte le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione a parità di condizioni sia giuridiche che economiche.

La decisione della Consulta va proprio in questa direzione. Spetta ora alle forze politiche trarne le debite conseguenze con iniziative concrete che portino a quanto più volte dichiarato da parte della maggioranza governativa e di non poche espressioni dell'opposizione. La "scuola" è un bene comune, a cui tutti devono contribuire.

LA PRESIDENZA NAZIONALE FIDAE

Comunicato stampa

VINCE IL BUON SENSO Respinti dalla Consulta i quesiti referendari contro la libertà di scelta educativa

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i referendum proposti da Rifondazione Comunista per l'abolizione o la sostanziale modifica della legge 62/2000 - la legge che riconosce il servizio pubblico svolto dalle scuole paritarie - motivati dalla necessità di "non dare soldi alle scuole private". Si tratta di un passaggio estremamente positivo: 1 - perché evita una spaccatura del tessuto sociale su un tema particolarmente delicato, quello della libertà di educazione; 2 - perché consente all'Esecutivo ed al Parlamento di dare attuazione alla legge 62/2000, che a parole afferma la pari dignità fra scuola statale e paritaria ed al contempo non consente alle famiglie di accedervi a pari condizioni economiche. Il Presidente dell'Associazione genitori scuole cattoliche, Enzo Meloni, ha dichiarato: "dopo il passaggio in Finanziaria, da noi sostenuto, un altra tappa significativa. Il tema della libertà di scelta educativa non è più relegato nei meandri della coscienza e diventa oggetto di riconoscimento della Suprema Corte. Al Parlamento spetta ora dare seguito a questo pronunciamento, con una adeguata azione legislativa che permetta a tutte le famiglie di scegliere senza condizionamenti la scuola, statale o paritaria, ritenuta più idonea per i propri figli."

Associazione Genitori Scuole Cattoliche

Comunicato stampa

UNA VITTORIA DELLA LIBERTA' CONTRO LA DISCRIMINAZIONE: LA CORTE COSTITUZIONALE RESPINGE I REFERENDUM CONTRO LE FAMIGLIE

La Corte Costituzionale, respingendo i referendum proposti da Rifondazione Comunista contro la legge paritaria della scuola (L.62/200), ha affermato nei fatti: · che le scuole paritarie hanno il diritto di vedere riconosciuta la pubblicità del proprio servizio scolastico · che le famiglie hanno il diritto di potere scegliere, senza discriminazioni economiche, la scuola statale o paritaria che ritengono più adeguata al proprio progetto educativo. Sono fondamentali diritti civili, che tuttavia faticano a trovare riconoscimento. Questa sentenza, riaffermandoli, li rafforza nei fatti. Ora però bisogna andare avanti, perché i principi rimangono astrazione se non sostenuti da una adeguata legislazione e da altrettanto adeguati sostegni economici. Il Governo è chiamato a breve a dare un primo segnale, con i decreti attuativi dell'articolo della Finanziaria che prevede sgravi fiscali per le spese sostenute nelle scuole paritarie: ci auguriamo che il credito d'imposta sia presto realtà. Stefano Versari Presidente Comitato per la scuola della società civile

Avvenire - 16 gennaio 2003 -

CHIAMATI ALLE URNE Scoppia anche lo scontro tra i sindacati:la Uil attacca la Cgil. La Cisl sceglie una linea di cautela. Via libera Anche per il quesito ambientale sull'abolizione della servitù di elettrodotto Referendum, solo due passano l'esame Si voterà sull'articolo 18 da estendere anche alle aziende con meno di 15 dipendenti No della Consulta al quesito sulla richiesta di abrogazione dei contributi statali alle scuole private Da Roma Paola Coppo

Ammissibile il referendum sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Inammissibile quello per l'abrogazione di norme relative ai contributi statali per le scuole private e di norme agevolatrici in materia di personale docente. L'altro via libera è per il quesito ambientale sull'abolizione della servitù di elettrodotto. Queste le decisioni prese ieri dalla Corte Costituzionale. Le motivazioni della Consulta, su questi e sugli altri quattro referendum esaminati, saranno rese note probabilmente entro fine mese, ma subito sono iniziate le prese di posizione. Il previsto via libero al referendum sull'articolo 18 riapre lo scontro politico e sindacale. Per la Uil, Luigi Angeletti sottolinea che il referendum "non è né efficace né utile" mentre "serve una nuova legge". Guglielmo Epifani della Cgil dice a chiare lettere che il problema di estendere la tutela sindacale ai lavoratori delle piccole aziende si può affrontare solo con una nuova legge e preannuncia una proposta. Savino Pezzo tta della Cisl invece preferisce la cautela: nessun commento prima di aver riunito la segreteria. Il governo e i partiti di maggioranza si schierano, insieme ai radicali, decisamente per il no. "Se vincesse il sì, questo allontanerebbe l'Italia dall'Europa e renderebbe ancora più arduo l'obiettivo di aumentare il tasso di occupazione" dice il ministro del Welfare Roberto Maroni. Un no comment arriva da Gianfranco Fini in veste da vicepremier. Però da leader di Alleanza nazionale e "cittadino che va a votare" Fini inviterà i suoi "a riflettere sulla assoluta necessità di fare in modo che quel referendum non passi". E se Renato Brunetta annuncia l'organizzazione dei comitati per il no che i radicali hanno già costituito, come annuncia Roberto Capezzone, Roberto Calderoli della Lega vuole invece favorire il nulla di fatto con un invito agli elettori a restare a casa. Ma soprattutto la maggioranza è convinta dell'effetto disastroso che il referendum avrebbe in caso di vittoria dei sì. "Il r eferendum rischia di essere una trappola mortale per la nostra economia" dice Renato Schifani. Un'estensione dell'articolo 18, argomenta Adolfo Urso, "rappresenta un colpo durissimo al nostro sistema industriale". Le famiglie che mandano i figli in scuole non statali si rallegrano intanto della decisione che, dice Luisa Santolini del Forum delle associazioni familiari, lascia libertà nella scelta educativa e chiedono che ora il governo si muova per garantire la libertà di scelta senza discriminazioni economiche. Franco Nembrini, responsabile dell'Ufficio scuola della Compagnia delle Opere sostiene che "il referendum avrebbe spaccato il Paese, facendolo tornare indietro di anni, a una contrapposizione scuola statale/scuola non statale che negli altri Stati europei non è mai esistita o è sepolta da tempo. E che anche da noi è ormai superata, sia da una legge voluta dall'Ulivo, sia dalla mentalità di tanti settori anche della sinistra, ormai disposti a riconoscere il beneficio che un reale pluralismo porta all'intero sistema". Luigi Morgano, presidente della Fism che riunisce 8000 scuole materne per un totale di 550mila alunni, esprime "soddisfazione" e riconferma il proprio impegno riassunto nello slogan "parità un diritto, qualità un dovere" sottolineando come la legge 62 sia stata "un passo importante verso la parità", ma in futuro occorre "garantire una vera libertà di scelta". Per il Comitato politico non statale la decisione è "un importante passo avanti verso l'acquisizione di una cultura che punta alla ricerca di un servizio pubblico di qualità gestito in pari dignità da istituzioni statali e non statali". Invece Piero Bernocchi dei Cobas definisce la decisione "gravissima, intollerabile, inaudita, ma soprattutto repressiva".

LA PROVINCIA PAVESE

Sui soldi alle private non si vota - e nelle scuole torna la polemica Esulta Forza Italia, mentre Cobas e Verdi attaccano la Consulta

ROMA. Si riaccendono i riflettori sulla polemica tra scuole pubbliche e private dopo la dichiarazione di inammissibilità del referendum per l'abrogazione delle norme relative ai contributi statali per le scuole private da parte della Corte Costituzionale. Un dibattito in realtà mai sopito e che ha visto contrapposti, in mesi di scontri, diversi schieramenti. Contributi sì o no? La decisione della Consulta ha suscitato critiche e, sul fronte opposto, qualche apprezzamento. Dura è la replica del leader dei Cobas Piero Bernocchi, tra i promotori dei referendum dichiarati inammissibili, che giudica la decisione della Corte "gravissima, intollerabile e soprattutto repressiva", ma annuncia che essa "non bloccherà la lotta contro la privatizzazione della scuola, né la campagna a favore della partecipazione al voto e al sì per i soli referendum rimasti". Critico anche il deputato Verde Mauro Bulgarelli, mentre il segretario generale della Uil Scuola Massimo Di Menna ha sottolineato che "prescindendo dalla bocciatura del referendum, rimane netta la contrarietà al buono scuola e al finanziamento da parte dello Stato delle scuole non statali, così come sancisce la costituzione". Di parere opposto il responsabile Scuola di Forza Italia Mario Mauro, che ha invece definito la decisione della Consulta "un segno di ragionevolezza e una certezza": "Quello proposto dall'estrema sinistra - ha detto - era un referendum lontano dalla realtà e fuori dal tempo, voluto per riportare indietro l'orologio della libertà di scelta educativa nel nostro Paese". Sulla stessa linea il Forum delle associazioni familiari, che ha espresso la "più viva soddisfazione". Il referendum abrogativo della legge sulla parità scolastica è stato lanciato lo scorso maggio, con una campagna di raccolta firme organizzata da Cobas, Rifondazione, Cub, Verdi e da correnti della Cgil.

Da Scuologgi

Primi commenti alla decisione della Consulta

Il referendum contro la legge sulla scuola paritaria è stato bocciato: un chiarimento che piace alle forze politiche che hanno sostenuto la legge. Mario Mauro, coordinatore nazionale del dipartimento scuole e università di Forza Italia, Roberto Pasolini, segretario generale del Comitato politico scolastico, Franco Nembrini, responsabile dell'ufficio scuola della Compagnia delle opere ci hanno mandato i loro primi commenti. "I giudici della Consulta - scrive Mauro - con la loro decisione chiariscono una volta di più che la Costituzione italiana non pone vincoli alla libertà di educazione, né il "senza oneri per lo Stato" costituisce impedimento sostenibile per negare ai cittadini il ruolo sussidiario dello Stato in un campo fondamentale com'è quello della libertà della scelta educativa". Aggiunge Nembrini: "Il referendum avrebbe spaccato il Paese, facendo tornare indietro di anni, a una contrapposizione scuola statale-scuola non statale che negli altri stati europei non è mai esistita o è sepolta da tempo e anche da noi è superata, sia da una legge (voluta dall'Ulivo) sia dalla mentalità di tanti settori della sinistra ormai disposti a riconoscere il beneficio che un reale pluralismo porta all'interno del sistema nazionale di istruzione". "Una decisione - ha commentato dal canto suo Pasolini - che segna un importante passo avanti verso l'acquisizione di una cultura che, lasciate le ideologie, punta alla ricerca di un servizio pubblico di qualità gestito in pari dignità da istituzioni statali e non statali. Speriamo che da questa sentenza nasca la volontà comune delle diverse parti politiche di lavorare alla ricerca di un accordo che porti alla costruzione di un sistema scolastico moderno, pluralista, che sappia dare ai giovani tutti gli strumenti necessari alla preparazione richiesta della società in cui vivono". Per Stefano Versari " la Consulta ha affermato nei fatti che le scuole paritarie hanno il diritto di vedere riconosciuta la pubblicità del proprio servizio e che le famiglie hanno il diritto di poter scegliere senza discriminazioni economiche la scuola statale o paritaria che ritengono più adeguata al proprio progetto educativo". Enzo Meloni ha quindi aggiunto: "Siamo di fronte a un passaggio estremamente positivo, perchè evita una spaccatura del tessuto sociale su un tema particolarmente delicato, quello della libertà di educazione. La sentenza consente inoltre al governo ed al parlamento di dare attuazione alla legge 62 del 2000 che a parole afferma la pari dignità fra scuola statale e paritaria, ma allo stesso tempo non consente alle famiglie di accedervi a pari condizioni ecnomiche"

da Il Sole 24 ore - 16 gennaio 2002

Arriva il codice deontologico per gli insegnanti

ROMA - Per i docenti è in vista un codice deontologico. Ieri, infatti, sono stati ufficialmente chiusi i lavori della commissione nominata da Letizia Moratti nel novembre 2001. Non è stato scritto il codice, ma sono state date le prime direttive sull'operazione. Così la questione ora si apre ufficialmente e, nelle intenzioni del ministro, dovrà essere definita dopo il confronto con il mondo della scuola. Il gruppo di lavoro ministeriale - presidente onorario è il cardinale Ersilio Tonini, presidente operativo l'avvocato generale dello Stato Plinio Sacchetto ha fornito una serie di indicazioni di principio. A cominciare dalla tanto discussa libertà di insegnamento che, nelle intenzioni della commissione, dovrebbe essere concepita non più come libertà a tutela dell'interesse del docente, ma come difesa di un interesse pubblico. In altre parole, si parla di libertà della "funzione" docente, non di quella del singolo insegnante. C'è da star certi sul fatto che questa novità scatenerà moltissime polemiche (ma anche consensi). Un altro punto delicato riguarda la definizione di un nuovo stato giuridico dei docenti: un elenco di diritti e doveri che dovrebbe essere sancito con norme di legge, escludendo la contrattazione con i sindacati. Anche questo passaggio è molto rischioso. In generale, infatti, scelte come quella del codice dentologico e dello stato giuridico non sono viste di buon occhio dai sindacati, che devono nella miglio re delle ipotesi - tollerare il fatto che interlocutori riconosciuti diventano anche le associazioni professionali. Proprio queste ultime, da tempo, spingono per l'istituzione di codici deontologici per la categoria. L'obiettivo generale, condiviso e portato avanti anche dal ministro dell'Istruzione, è quello di riconoscere il lavoro docente come quello di un'autentica professione: l'insegnante, insomma, è un professionista. In questo senso, però, è stata esclusa l'ipotesi fatta inizialmente da alcuni tecnici - di istituire l'ordine professionale dei docenti. come quelli già esistenti delle libere professioni. Concepire il docente come una 'figura professionale' nelle intenzioni del ministero dell'Istruzione significa anche sviluppare un'articolazione diversa, una possibilità di carriera, di riconoscimento del merito, di nuove responsabilità e di possibili incentivi. Occorrerà vedere, in questo senso, cosa dirà il nuovo quadro normativo del contratto della scuola che sta per essere firmato (si veda l'articolo a fianco). Altro problema: c'è il rischio che il codice deontologico si trasformi in un codice di disciplina? In teoria no, soprattutto se la discussione è davvero aperta a tutti e se il dibattito con le associazioni del mondo della scuola eviterà, come è probabile, una scelta in questo senso. Un fatto è certo: il "codice deontologico' sarà fonte di discussioni diffusissime. Del resto, se ne parla da anni. E un'ulteriore spinta al dibattito sarà causata dal fatto che si discute se questo codice debba riguardare anche i dirigenti scolastici. Anche se c'è già qualche associazione professionale che lo sta mettendo a punto. M.LUD.

INSEGNAMENTO E LIBERTA' Intervista al prof. Carlo Marzuoli

In questa intervista, il professor Carlo Marzuoli*, docente di Diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza di Firenze, chiarisce i termini costituzionali della libertà di insegnamento. Ringraziamo il Professore per il sapiente e prezioso contributo, che ci ha fornito con generosa e disinteressata disponibilità. 1) Professor Marzuoli, alcune improvvide (e purtroppo ricorrenti) iniziative di certi politici, in merito ad un auspicato controllo del Governo sui libri di testo - in particolare sui testi di Storia del ? - ripropongono, all' attenzione di tutti, il problema della "libertà di insegnamento". A Suo parere, può essere messa in discussione, oggi, la libertà d' insegnamento? La libertà di insegnamento è un diritto di libertà riconosciuto e garantito dalla Costituzione. Dal punto di vista giuridico non può essere messo in discussione né oggi né domani. L'idea che la Costituzione sia tutta rivedibile è (giuridicamente) sbagliata. Può essere cambiata, ma solo in certe parti, ed entro certi limiti. Ad esempio, si possono rideterminare le disposizioni riguardanti la ripartizione di funzioni e di compiti fra i pubblici poteri, come appunto è avvenuto con il nuovo Titolo V; non si possono invece alterare i diritti fondamentali di libertà. La libertà di insegnamento rientra fra questi diritti. Un qualsiasi nuovo testo che dovesse sopprimere o inquinare la libertà di insegnamento (o altri valori giuridici come la libertà di coscienza; la libertà di manifestazione del pensiero; l'eguaglianza senza distinzione di sesso, di razza, di lingua ecc.; l'indipendenza dei giudici; ecc.), in alcun modo potrebbe essere ricondotto all'identità della Costituzione vigente e dunque in alcun modo potrebbe costituirne una legittima variazione. Sarebbe un'altra cosa, anzi una cosa del tutto contraria. E come si può immaginare che la Costituzione legittimi proprio ciò che essa ha voluto cancellare una volta per tutte dal nostro futuro? Peraltro, anche la libertà di insegnamento, come tutte le altre libertà, incontra dei limiti. Si tratta però di questioni da esaminare non alla luce di un principio di autorità, ma in base al principio della coesistenza delle libertà. E' un discorso completamente diverso per i presupposti e - ovviamente - per le conclusioni. Converrebbe impegnare l'attenzione, le energie e le risorse su questo piano, che coinvolge i rapporti fra singolo docente, istituto scolastico, collegio dei docenti, dirigente scolastico, e che implica delicati problemi di pesi e contrappesi, di equilibrii, da affrontare e risolvere in modo meditato, articolato, puntuale e concreto. 2) Perché Lei ritiene che questa libertà sia la chiave dell'intero sistema dell' Istruzione Pubblica? L'istruzione pubblica si caratterizza unicamente perché deve essere un'istruzione "neutra" dal punto di vista ideologico, religioso, ecc.. Deve infatti essere l'istruzione di tutti e per tutti. Fino ad oggi, per quanto sappia (ma sono pronto a far mie ricette migliori), il solo strumento (dal punto di vista giuridico) capace di garantire questo risultato è la libertà di insegnamento. L'istruzione pubblica non è altra entità rispetto alla libertà di insegnamento: è la libertà di insegnamento. L'immedesimazione è totale. Di conseguenza, ad esempio, vi sono gravi sospetti (per me, in realtà, certezze) di illegittimità costituzionale della legge n. 62/2000 (sulla parità) proprio perché lo statuto giuridico della libertà di insegnamento nelle scuole private, anche se paritarie, è nettamente meno garantista di quello vigente nelle scuole pubbliche (fino ad oggi) statali. 3) Iniziative recenti, come quella della Commissione Cultura della Camera, che intenderebbe impegnare il Governo in un controllo sui libri di testo , come si pongono rispetto al dettato costituzionale dell' art. 33 ? In evidente contrasto. 4) Che cosa e chi tutela la libertà d' insegnamento? Direi, guardando ad una grande dimensione (ma la quotidianità, specie quella di chi è in situazioni meno fortunate, spesso vive con intensità questa dimensione), che tutela le nostre speranze: la libertà di insegnamento è la costruzione di un futuro possibilmente sempre migliore per l'umanità. In una dimensione più circoscritta direi che tutela il cittadino. L'indipendenza del giudice è a garanzia della libertà del cittadino, la libertà di insegnamento è a tutela - anch'essa - della libertà del cittadino. Lo strumento, come accade per il giudice, è uno statuto giuridico particolarmente garantito. Coloro che attraverso selezioni pubbliche, imparziali e trasparenti, hanno dimostrato di essere tecnicamente idonei ad assumere la funzione (o a continuare ad esercitarla) debbono essere titolari di una tale condizione giuridica. 5) Come si concilia questa libertà con le pretese dei genitori di decidere insieme con i docenti i libri di testo? Se ciò dovesse accadere non saremmo di fronte ad una privatizzazione del sistema pubblico di istruzione, forse più preoccupante del finanziamento alle scuole private? Non si concilia. Ho già ricordato che la libertà di insegnamento, come tutte le libertà, ha dei limiti. Ad esempio: il limite della disciplina, oppure quelli derivanti dagli obiettivi finali, dai livelli di quantità e di qualità dell'apprendimento, che sono determinati, nelle linee fondamentali, dal potere politico. Ma la scelta dei libri di testo è una valutazione puramente tecnica, interna all'ambito tecnico specifico del singolo insegnamento, o del gruppo di insegnamenti, e dunque rientra nelle prerogative di libertà e nell'assunzione di responsabilità del docente. Questo non significa, ancora una volta, che non possono aversi dei "limiti" o dei criteri da osservare. Però gli eventuali limiti e criteri sono ammissibili all'interno di un quadro di vincoli molto stretti: debbono essere giustificati da essenziali esigenze concernenti l'organizzazione e l'economicità del servizio (costo dei libri, ecc.), debbono contenere standard di tipo "quantitativo" (senza entrare nel merito del contenuto dei testi), debbono essere adottati sulla base delle valutazioni dei tecnici dell'insegnamento (cioè in primo luogo dei docenti), debbono comunque rispettare il potere di scelta in concreto degli insegnanti, debbono essere determinati dagli organi pubblici responsabili del servizio, composti in modo coerente e congruo rispetto alla funzione da esercitare. Ebbene, a parte ogni considerazione sulla regolamentazione attualmente esistente, è certo che non vi è spazio per un potere di co-decisione dei genitori. Essi, in quanto genitori, non hanno alcuna competenza tecnica, né hanno la responsabilità del servizio, il quale servizio, d'altra parte, è finanziato dai cittadini, non dai genitori. Gli insegnanti sono responsabili del servizio reso innanzitutto nei confronti dei cittadini (e non dei genitori). Ella ha perfettamente ragione. Non vedo dunque come si possano avanzare pretese del genere. Un simile potere viene a condizionare in modo determinante la libertà di insegnamento. Di conseguenza, per un verso, non è ammissibile (giuridicamente), e, per un altro, rappresenta una forma di privatizzazione dell'istruzione, alla pari del finanziamento alle scuole private (ancorché paritarie) di tendenza. Per evitare fraintendimenti, vorrei aggiungere che le conclusioni sono diverse se il problema è posto non in termini di un potere di co-decisione, ma in termini di un intervento dei genitori nel corso della procedura per esprimere il loro punto di vista e le esigenze da loro rilevate. Questa ipotesi (in parte riferibile all'art. 7 D. Lgs. n. 297/1994) costituisce una forma corretta di partecipazione, può mettere a disposizione dei tecnici (dei docenti) ulteriori elementi meritevoli di attenzione nel quadro della complessità del rapporto fra servizio e utenti, e, in definitiva, può essere utile per il miglior esercizio della stessa libertà di insegnamento. La decisione, però, deve rimanere - senza equivoci o veli - nell'esclusiva spettanza e responsabilità dei docenti. a cura di Renza Bertuzzi

AVVISO

Si comunica che dal 31 dicembre 2002 il numero di centralino telefonico delle sedi del Ministero di Viale Trastevere 76/a e Piazzale Kennedy 20 (ex Ministero Università Ricerca Scientifica e Tecnologica) sarà unificato in 06-5849.1

La numerazione interna delle sedi ex Ministero della Pubblica Istruzione resterà invariata.

La numerazione interna della sede di Piazzale Kennedy (ex Ministero Università Ricerca Scientifica e Tecnologica) varierà nel seguente modo:

il n.2 iniziale prenderà il n. 7 il n.3 iniziale prenderà il n. 6 il n. 40 iniziale di palazzo italia prenderà il n. 64

da il Giornale -17 gennaio 2003

I docenti avranno un codice e un "Csm" per governarsi FRANCESCA ANGELI da Roma

Non sarà un codice disciplinare per infliggere censure e sanzioni ma neppure un elenco di belle intenzioni privo di effetti concreti. E in arrivo un codice deontologico per gli insegnanti. Una novità assoluta nel mondo della scuola di cui si è parlato per la prima volta nel novembre del 2001, quando il ministro della Pubblica istruzione, Letizia Moratti, istituì una commissione ministeriale ad hoc per mettere a punto una sorta di Carta dei diritti e dei doveri indirizzata ai professori. Un'iniziativa che suscitò subito feroci polemiche, soprattutto per la scelta del cardinale Ersiio Tonini come presidente onorario. Presidente effettivo è l'avvocato generale dello Stato, Plinio Sacchetto, che ha curato l'aspetto normativo e i riferimenti alla Carta costituzionale. Tra gli altri componenti il consigliere del ministro Rosario Drago, docenti universitari come Giuliano Piazzi e Carla Xodo, insegnanti come Alessandra Cenerini ed Emilio Brogi. Un anno di lavori non ha prodotto un codice deontologico definito come quello posseduto da medici e giornalisti. La commissione invece ha prodotto una serie di documenti che diverranno oggetto di discussione e confronto nel Forum che si aprirà la prossima settimana sul sito del ministero. L'idea è quella di ascoltare gli insegnanti per poi raccogliere tutti i suggerimenti e affidare a un organismo creato appositamente il compito di stilare il codice. Si tratterà di un organo autonomo e svincolato dal ministero composto da insegnanti e intellettuali che potrebbero essere scelti per elezione. Non avrà nulla a che vedere come struttura con gli ordini professionali ma piuttosto si ispirerà al modello del Consiglio superiore della magistratura come organo di autogoverno. Una parte della commissione poi ha comunque stilato un documento che elenca una serie di principi di carattere generale al quali i docenti dovrebbero attenersi. Documento che sarà lo spunto per la discussione nel Forum della Pubblica istruzione. La professoressa Carla Xodo, docente di Pedagogia all'Università di Padova ed esperta di Scienza dell'Educazione, spiega prima di tutto perché si sia sentita la necessità di un codice deontologico anche per i docenti. "Si va verso una cultura sempre più incline al tecnicismo perdendo completamente di vista la dimensione umana e personale - dice la Xodo -. E allora il richiamo a una dimensione etica dell'insegnamento, ricordando che non si può esaurire nel tecnicismo, è oggi inevitabile anche perché è in corso una necessaria ridefinizione della professionalità dei docenti soprattutto dopo la conquista dell'autonomia". Occorre rifondare, rivedere dalle fondamenta, il senso della professione docente? No, non occorre rifondare, dice la Xoda, ma precisare sì. Anche perché il raggio di azione degli insegnanti si è allargato e si son fatti più ampi gli spazi di discrezionalità. Per questo occorre tenere conto della dimensione etica duplice del ruolo del professore. Quella di un mandato sociale che deriva direttamente dalla Costituzione che impone alla scuola e dunque al docente di garantire il diritto all'istruzione. E quella che deriva dalla sua personale etica che ogni buon insegnante mette in gioco nel proprio lavoro. Dunque la professionalità docente non è libera perché legata a precisi vincoli costituzionali che assegnano al docente la piena libertà nell?esercizio di un servizio pubblico. In questo senso la Xoda ritiene che occorre una presa di coscienza da parte dei professori della propria identità professionale che oggi è ancora troppo debole. Soprattutto tra i professori delle superiori, precisa la Xoda, che sono disciplinaristi, ovvero esperti della propria materia, ma non hanno preparazione pedagogica specifica. E non è inutile ricordare loro in una carta deontologica il principio della responsabilità, quello del rispetto della dignità umana, l'obbligo di aggiornamento, la disponibilità alla relazione e alla comunicazione, il principio di cooperazione e collegialità. I sindacati scuola guardano con scarsa simpatia all'iniziativa del ministero. In effetti non è strano che i docenti possano nutrire diffidenza di fronte a un codice che contiene principi scontati e che sicuramente ogni insegnante ritiene già di rispettare. La Xoda replica che il codice de ve essere letto anche come uno strumento di garanzia e di tutela per la categoria. Pronte nuove regole deontologiche per "precisare" il ruolo degli insegnanti. Un Forum sul sito del ministero raccoglierà suggerimenti. Alcuni principi del codice etico degli insegnanti.

USA Doveri verso lo studente. Il docente: Non deve contrastare le azioni che uno studente compie autonomamente per apprendere. Non deve negare allo studente la possibilità di accedere ai diversi punti di vista su temi trattati. Deve sforzarsi d proteggere lo studente da situazioni dannose per l'apprendimento, la salute, la sicurezza. Non deve esporre deliberatamente lo studente all'imbarazzo o a disprezzo. Doveri verso la professione. Il docente: Non deve fare dichiarazioni false nelle domande per posti di insegnamento. Non deve fare dichiarazioni false o malevole sui colleghi. Non deve accettare nessun regalo o favore che potrebbero influenzare o condizionare decisioni professionali.

SVIZZERA L'insegnate rispetta i diritti fondamentali del bambino. Agisce in quanto professionista dell'istruzione. Contribuisce a creare uno spirito di collegialità nell'istituzione Collabora il più strettamente possibile con i genitori Difende la scuola pubblica in quanto istituzione democratica da La Stampa 18/1/2003

DECRETO DEL GOVERNO SULL´ORARIO DI LAVORO "La domenica resta festiva" Il Consiglio dei Ministri ha deciso che la domenica resterà giorno festivo "di regola". Lo prevede il provvedimento del governo che recepisce la direttiva dell'Unione europea sull'orario di lavoro presentato ieri al Consiglio dei ministri. La direttiva di Bruxelles infatti non indica espressamente la domenica come giorno di riposo settimanale, ma lascia discrezionalità agli stati membri. La settimana scorsa il governo, preso atto del mancato accordo con le parti sociali, ha avviato il percorso per arrivare alla definizione del testo del provvedimento. L'atto è fedele alla direttiva Ue e rimanderà ogni volta che sia possibile alla contrattazione collettiva. Ora il decreto legislativo licenziato da Palazzo Chigi inizierà il percorso di rito: esame della conferenza Stato-regioni e dei presidenti delle commissioni lavoro di Camera e Senato per avere il via libera definitivo del Consiglio dei ministri. I tempi massimi previsti sono per la conclusione dell´iter prima dell´estate. da Il Sole 24 Ore 18 gennaio 2003 Il nuovo stato giuridico dovrebbe essere inserito nel disegno di legge di riforma, in discussione da martedì alla Camera Alla ricerca di insegnanti in carriera In vista per il progetto Moratti una decisa accelerazione: ma dall'opposizione si preannuncia il ricorso all'ostruzionismo ROMA - Nella riforma Moratti entra in scena la 'carriera dei docenti'. E il disegno di legge di riforma della scuola, che la prossima settimana avrà una forte accelerata alla Carnera, potrebbe arricchirsi di una novità clamorosa. Il relatore al Ddl, Angela Napoli (An), proporrà infatti un emendamento per affidare al Governo l'elaborazione del nuovo stato giuridico dei docenti. "Significa riscrivere la disciplina dei diritti e dei doveri degli insegnanti. Ma vuol dire, soprattutto, dare al lavoro in classe una vera dimensione professionale - spiega la Napoli - con un nuovo stato giuridico si può stabilire una reale progressione di carriera, un riconoscimento dei meriti professionali, magari diversi livelli di inquadramento come nel caso dei docenti universitari". Secondo la parlamentare di An "oggi i docenti sono appiattiti in una condizione che risente della disciplina definita tutta in sede di contrattazione con i sindacati". Proprio in questi giorni si sta tentando di chiudere il contratto dei professori dove invece - escluse sorprese dell'ultimo minuto di carriere e riconoscimenti professionali non c'è traccia significativa. La proposta Napoli metterà tutti in fibrillazione e non potrà non essere discussa a fondo. Non manca, infatti, chi sostiene che il Parlamento debba fare il nuovo stato giuridico dei docenti, a cominciare dal ministro Letizia Moratti che ne ha fatto uno dei punti del suo programma. Arriverà però anche la levata dell'opposizione e, soprattutto, quella durissima dei sindacati. Il ministro, dunque, sarà costretto a fare una scelta molto difficile. Accogliere, cioè, la proposta di An, che in fondo viene incontro a un importante punto programmatico, ribadito peraltro tre giorni fa dalla conclusione dei lavori della commissione sul codice deontologico degli insegnanti; oppure Letizia Moratti dovrà cedere alle pressioni dei sindacati, tenuto conto che c'è in vista la firma di un contratto che sarebbe anche il 'suo' contratto. Certo è che il Governo vuole accelerare sul progetto Moratti, che potrebbe diventare un'altra riforma realizzata dall'Esecutivo Berlusconi. Martedì prossimo l'intervento del ministro dell'Istruzione chiude la prima parte dei lavori della commissione Cultura. Poi sarà fissato il termine degli emendamenti e il testo dovrebbe andare alla discussione in aula forse già a metà febbraio. Lo scenario politico che si presenta a Montecitorio ricalca quello visto al Senato, dove il Ddl ha già avuto il primo sì. La Moratti cerca di evitare lo scontro con l'opposizione e intende sottolineare il fatto che la riforma, a suo avviso, non ha un'impronta ideologica, ma vuole portare gli studenti a essere buoni cittadini e a entrare più facilmente nel mondo del lavoro. Per l'opposizione non se ne parla neanche, e l'Ulivo sparerà a raffica con tutte le armi a disposizione, compreso l'ostruzionismo. "Alla Camera non si può discutere contemporaneamente di riforma della scuola e di devolution, che si basano su architetture ordinamentali diverse dice Giovanna Grignaffini (Ds) - inoltre la riforma Moratti è senza copertura finanziaria e ha una delega incostituzionale". Aggiunge Enzo Carra (Margherita): "Spingeremo al massimo per fare emendamenti di tutto l'Ulivo e contrapporre una piattaforma unitaria alla politica scolastica di Berlusconi, che si può riassumere in "più tagli, meno idee". Sul fronte della maggioranza, invece, c'è perfino chi scommette sulla possibilità di un ok senza modifiche al testo del Senato, che trasformerebbe in legge il provvedimento in discussione. "Se non ci sono novità significative, si può approvare il Ddl così com'è" dice il presidente della commissione Cultura, Ferdinando Adornato (Fi). Non mancano i primi segnali di ostilità sindacali. Unicobas ha proclamato lo sciopero della prima ora di lezione il 23 e il 24 gennaio prossimo. La prossima settimana i giochi saranno ufficialmente aperti. MARCO LUDOVICO

 

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