Santa Caterina da Siena: prima rappresentante
della scrittura femmi-nile nella letteratura italiana
di Bruna Tamburrini 
 
La donna, nel Medioevo, è soltanto la destinataria di una letteratura dedicata a lei, e per questo diventa in particolar modo un simbolo. Nessuna donna italiana, quindi, nei secoli XIII e XIV, riesce ad affermarsi come portatrice di iniziative proprie in campo letterario. Solo Caterina Benincasa, più nota come santa Caterina da Siena, riesce ad imporsi soprattutto con il suo “Epistolario”, ma la letterarietà delle sue opere viene riconosciuta solo nel 1941 dal linguista Giacomo Devoto.
Nel Medioevo la scrittura femminile non riesce ad emergere, poiché le donne della piccola e media borghesia non hanno accesso alla scrittura e solo qualcuna sa leggere. Caterina è figlia di un tessitore senese ed entra a far parte dell’ordine terziario delle Mantellate Domenicane, questo le permette di entrare a contatto con persone colte: può così imparare a leggere e scrivere.
In questo periodo è difficile per le donne emergere in quanto la Chiesa proibisce loro non solo l’insegnamento della dottrina cristiana, ma anche le facoltà di “conoscere” e “riconoscersi”, per questo motivo la santità femminile sconfina facilmente nella stregoneria e, quindi, la Chiesa deve controllare ogni forma di elevazione spirituale femminile. Come fa allora Caterina da Siena ad affermarsi?
Si afferma (e con lei anche qualche altra) perché tra il Duecento e il Trecento la donna assume un ruolo particolare nella Chiesa con l’avvento delle Mistiche. Attraverso l’esperienza mistica, infatti, anche la donna può raggiungere la perfezione. Ricordiamo per esempio Angela da Foligno nella seconda metà del XIII secolo.  Caterina appartiene a questo movimento, grazie al quale la donna acquista il diritto di accedere alla santità.
In realtà Caterina parla, non scrive, poiché la Chiesa controllerà sempre la sua attività e per questo motivo viene messo al suo fianco un frate: Raimondo da Capua che ha la funzione di padre spirituale, ma anche di segretario in quanto egli scriverà le lettere dettate dalla stessa Caterina alla quale non sarà “lecito” scrivere. “L’Epistolario” è composto da 381 lettere ed i destinatari sono papi e principi. Caterina in queste sue lettere auspica una unificazione della Chiesa ed una unità cristiana, quindi il suo impegno è principalmente rivolto alla riforma morale della Chiesa e naturalmente il suo desiderio è il ritorno del Papato a Roma, dopo lo scisma di Avignone.
Le lettere seguono uno schema ben preciso: c’è anzitutto una parte iniziale in cui Caterina si definisce una “serva e schiava dei servi di Dio”, poi viene una parte centrale  che contiene il messaggio vero e proprio ed infine c’è la parte finale con l’invocazione a Gesù.
Volendo trovare delle tematiche fisse bisogna constatare che le più ricorrenti sono: l’unità del divino e dell’umano con l’incarnazione di Cristo, l’identificazione di Dio con l’immagine materna ed infine ciò che si nota è l’assenza di ogni insistenza sull’aldilà, in quanto il discorso si concentra  essenzialmente sulla condizione dell’uomo e sulla necessità di conoscersi.
L’amore è senza dubbio il tema centrale ed è un amore attivo, costruttivo, un amore capace di impegnarsi in grandi cose. Esso si sublima in una unione mistica venata a volte di sensualità e di un fortissimo amore materno. Non a caso in una lettera al suo direttore spirituale Raimondo da Capua, Caterina racconta le vicende relative all’assistenza ad un condannato a morte e tutto il discorso si costruisce su di una metafora, che identifica la morte con il congiungimento a Dio e quindi con le nozze con il divino: l’amore verso Dio è quindi sublimato ed unico. Nella lettera citata, come anche nelle altre, il misticismo si nota nel riportare la spiritualità nella concretezza  corporale, l’anima diventa “cibo” e Cristo diventa  “ bottega aperta” e così via. Da ciò si può comprendere come la metafora sia parte essenziale della scrittura di Caterina. Vi sono però anche le similitudini e, sempre in questa lettera, che prendiamo come punto di riferimento, è molto significativa la similitudine che descrive la disposizione interiore di Niccolò di Toldo  nel momento della sua morte: «…volsesi come la sposa quando è giunta all’uscio dello sposo suo, che volge l’occhio e lo capo a dietro, inchinando chi l’ha accompagnata, e con l’atto dimostra segni di ringrazia-mento» (Lettere, p. 273). Le similitudini sono legate al mondo e particolarmente significativa è l’immagine del fuoco. Infatti nella parte conclusiva, sempre della lettera citata come esempio, vi è un’esortazione rivolta ai discepoli «al fine di moltiplicare il fuoco caritatevole, fortificato dal sangue del sacrificio»(p. 208). E ancora: «…Parmi che la prima pietra sia già posta e però non vi meravigliate se io non v’impongo che il desiderio di vedervi altro che annegato nel sangue e nel fuoco che verrà al costato del Figliuolo di Dio».
Altro elemento importante nel linguaggio mistico di Caterina è l’allegoria che, come scrive il Devoto, «non innesca mai nella struttura del periodo elementi superflui di complicazione e di preziosità… trasporta tutta l’argomen-tazione nella riposante contemplazione del mondo esterno, sottraendola alla tradizionale faticosa e tesa interiorità». L’immagine allegorica, inoltre, investe tutta la struttura della lettera facendo diventare la stessa lettera quasi  una parabola.
In conclusione Caterina da Siena, con il suo modo di fare scrittura, infrange, senza dubbio, le regole della società del tempo, regole che vedono la donna portavoce soprattutto di oralità e semmai di composizioni come il diario, l’autobiografia, semplici lettere, regole che vedono la donna come “guidata” e non “guida”, come invece diventa la scrittura di Caterina. Le sue lettere hanno un’anima e una forza interiore, non sono semplici sfoghi, e per questo danno alla scrittura stessa non solo letterarietà, ma anche e soprattutto una solida e audace autorevolezza.
 
Riferimenti bibliografici:
     - G. DEVOTO, Studio su Caterina da Siena, in “LETTERATURA” V, 1941, ora in “STUDI DI STILISTICA”, Le Monnier, Firenze, 1950.
     - LUPERINI, CATALDI, MARCHIANI, MARCHESE, Le Lettere devote: L’Epistolario di Santa Caterina da Siena” in LA SCRITTURA E L’INTERPRETAZIONE, Palumbo Ed., 2000.