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Anuska, la ragazza di Kaposvár, un romanzo di Giovanni Di Girolamo tra amore, avventura e politica, sullo sfondo di un’Ungheria tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 (Casa Editrice Menna, Pescara 2001) 

Emblematicamente il romanzo, pubblicato dalla casa editrice Menna, si apre con alcune epigrafi, tratte da Machiavelli, Bibó, Dilas, Evtusenko, il cui tema fondamentale è la politica. Se per Machiavelli il fine giustifica i mezzi (l’espressione però non è sua), per Bibó il mezzo immorale disonora anche il fine giusto.  Evtusenko invece dà quasi un ultimo saluto alla bandiera rossa dopo il crollo del comunismo nell’est europeo. Già nel suo precedente romanzo, “Sotto il cielo di Prussia”, Giovanni Di Girolamo aveva utilizzato uno sfondo politico (vedi il numero 6 del Convivio, p. 39), ma lì si trattava solo di memorie, mentre qui si passa alla narrazione vera e propria, alla inventio basata sulla fantasia che trova appiglio però nella realtà storica a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90, quando cioè si è verificato il crollo del comunismo. Ma si può definire un romanzo ‘a tesi’, quello del Di Girolamo? A mio avviso assolutamente no, anche se egli stesso nella presentazione afferma che pur dopo il crollo del comunismo egli, impegnato attivamente nella vita politica e amministrativa, è rimasto «sempre comunque un uomo di sinistra, con tutto quello che questo termine significa». Ma l’arte è un fenomeno universale che fortunatamente sa prescindere dai colori politici. Il romanzo è comunque un ampio affresco (si tratta di un volume di 510 pagine), in cui attraverso una descrizione lineare, puntuale, appropriata vengono presentati numerosi personaggi, sia attraverso una introspezione psicologica sia attraverso un realismo e una ‘veridicità’ davvero esemplari, pur non cedendo ad un eccessivo ‘neorealismo’. Il personaggio è presentato così com’è, tanto che alla fine l’autore precisa, come di consueto, che ogni riferimento alla realtà è puramente casuale. La descrizione dell’ambiente non è pesante né noiosa anzi è penetrante e fresca. Nel romanzo vengono presentati anche personaggi reali (Horty, Rákosi, Nagy, Kádár…) insieme a personaggi inventati, con una fusione perfetta tra realismo e invenzione. La stessa protagonista è inventata, ma nello stesso tempo quanta realtà in lei! I personaggi storici invece assumono spesso valore simbolico «servono per inquadrare il pensiero e la realtà storica in cui i protagonisti si muovono e gli ideali cui ci si riferisce». Il romanzo fa spesso riferimento alla situazione sociale e politica dell’est europeo, con i suoi problemi, con le sue sofferenze, con i suoi ideali. L’idea fondamentale di Giovanni Di Girolamo è che se il comunismo è caduto, se un certo tipo di comunismo si è mostrato falso e deleterio, non per questo l’ideale è distrutto. E gli ideali sono quei concetti che l’umanità di oggi deve recuperare. «Infatti, il comunismo è morto e non risorgerà più – scrive l’autore -, ma il problema non è questo: sono i valori che quell’idea recava con sé che sono praticamente morti anch’essi: i valori di giustizia, di uguaglianza, di libertà». Si tratta degli ideali mancati che minano la società di oggi, anche la nostra, la occidentale. La società è quindi snaturata? Ci sarà un nuovo feudalesimo poggiato su basi economiche? «Riparlare ancora di progresso civile, di uguaglianza, di giustizia sociale, è come essere fuori tempo; non c’è più spazio neppure per la pietà e la solidarietà, se non nei discorsi velleitari di qualche personaggio» si legge nella nota introduttiva dell’autore.  «Tra le righe del libro va letto anche il progressivo svuotamento del valore della “famiglia”, intesa questa come equilibrio di sentimenti e base di maturazione psico-fisica dell’individuo: la protagonista Anuska, proprio in conseguenza di questa carenza, e dell’ipocrisia con cui viene educata, muove tutti i suoi atti per consumare una sua personale ‘vendetta’». Se in qualche passo la narrazione potrebbe sembrare spinta, se molto spesso sembra che il male prevalga, si scopre alla fine che l’uomo ha delle grandi risorse entro di sé, cui attingere nei momenti decisivi per riprendere coscienza del suo essere. Certo per tutti questi motivi sono convinto che il romanzo di Giovanni Di Girolamo avrà una sua storia letteraria e critica.

Angelo Manitta