Damiana…il destino nel nome?
(secondo premio sezione Racconto)
di Lino Giuliani

              

Sfogliando il dizionario di botanica utilizzato per la preparazione dell’esame di scienze, alla voce “piante officinali”, scoprì casualmente l’omonimia che la riguardava: “Damiana o turnera aphrodisiaca: pianta cespugliosa originaria del Sudamerica con funzione di stimolo e di eccitazione sessuale”.

Dopo aver riletto, incuriosita, la definizione, la ragazza non poté fare a meno di sorridere.
 
Senza alcun dubbio, i suoi genitori, cristiani ortodossi, fervidi osservanti, al momento di sceglierle il nome, avevano posto mente alla Santa vissuta alcuni secoli addietro. Qualsiasi riferimento al… mondo vegetale era sicuramente da escludere.
 
E poi, Damiana, proprio non si vedeva nei panni di una… seduttrice. Compiuti da poco i diciotto anni, non riscuoteva grande successo tra i ragazzi, …appena qualche apprezzamento benevolo …nulla di più. D’altro canto, l’ambiente chiuso in cui era vissuta sino ad allora e l’educazione rigida impartita dalla famiglia, non avevano certo sollecitato la conferma della sua femminilità. Famiglia patriarcale, la sua, appartenente alla minoranza greca. Insediata da generazioni ad Ersekè, centro montano albanese, vicino al confine con la Grecia. Nonostante le discriminazioni da parte musulmana e la repressione del regime comunista, erano riusciti a coltivare, clandestina-mente, ma con grande rigore, la propria fede ortodossa. Col tempo la sua famiglia aveva saputo meritare il rispetto di tutta la comunità e, grazie al duro lavoro ed alla abilità negli affari, avevano conseguito una certa autonomia economica che sfiorava quasi l’agiatezza, …se rapportata alle disastrose condizioni economiche del Paese. Grazie a questa condizione privilegiata tutti i suoi fratelli avevano potuto seguire gli studi e lei stessa si era da poco iscritta al corso di laurea in veterinaria presso l’Università di Tirana.
 
A Tirana aveva dovuto confrontarsi  con una dimensione di vita completamente diversa che, gradualmente, cercava di assimilare. Con gradualità si andava compiendo, anche, senza che lei se ne avvedesse, la sua completa metamorfosi. Il caratteristico profilo greco degli avi e la sinuosa figura mediterranea cominciavano a venire fuori, assumendo forme di rara perfezione. Prima che si concludesse l’anno accademico la trasformazione era compiuta.
 
Damiana era diventata una donna dalla bellezza straordinaria,… una bellezza che destava preoccupazione a lei per prima, non essendovi affatto abituata.
 
Questo la poneva in una situazione di difensiva tutte le volte che le capitava di incontrare dei ragazzi che, intanto, si facevano sempre più insistenti.
 
Fu a quel punto che comparve nella sua vita Enver.
 
Enver riuscì ad arrivare dove tutti gli altri non avevano osato neppure sperare.
 
Molto più grande di lei, fuori corso della facoltà di medicina, si faceva notare nell’ambiente universitario soprattutto per l’estrema cura riservata all’abbigliamento e per le auto di grossa cilindrata, tedesche ed italiane, che cambiava ed esibiva con incredibile frequenza. Circolava voce che fosse figlio di un importante esponente governativo.
 
La circostanza della sua appartenenza alla  comunità musulmana, alla lunga, non costituì un ostacolo insormontabile per fare breccia nel cuore della ragazza.
 
La consumata esperienza, l’indubbio fascino del giovane ebbero ragione delle prime resistenze opposte da Damiana che, in ogni caso, era oramai matura per affrontare le vicende di cuore.
 
Come spesso capita, quando la capitolazione interviene dopo un lungo assedio, la resa della ragazza fu completa ed assoluta. La scoperta travolgente del sesso, la sensazione unica di sentirsi desiderata, cercata in ogni momento, ebbero la meglio su qualsivoglia indugio o residuo ritegno che ancora potevano condizionare la giovane.
 
Damiana finì così con il trovarsi chiusa all’interno di un rapporto passionale intenso ed esclusivo.
 
A risvegliarla bruscamente, interrompendo il bellissimo sogno, fu la polizia che irruppe nottetempo portando via in manette Enver. Sul capo del giovane pendevano accuse molto gravi: traffico di armi e stupefacenti.
 
Damiana apprese, poi, che l’uomo era sposato, aveva due figli e pesanti precedenti penali.
 
La vita, si sa, a volte espone a delle prove che si riescono a superare solo se dotati di una grande forza d’animo. La ragazza dovette così ricercare dentro di sé i motivi per una nuova esistenza, per ritornare a vivere e a lottare, aiutata in questo anche da un ritrovato rapporto con la fede.
 
Dopo un breve periodo di permanenza ad Ersekè, nel tepore della famiglia, con la protezione degli affetti e dell’ambiente amico, riprese gli studi di veterinaria con rinnovato entusiasmo. Al termine del corso regolare degli studi conseguì la laurea con una buona votazione. Si mise così alla ricerca di una possibile occupazione.
 
Erano oramai trascorsi quasi cinque anni e di Enver non aveva avuto più notizie. Ma, a dire il vero, l’uomo, di fatto, era scomparso dalla sua  vita e dalla sua mente.
 
Come si usa dire in tali evenienze… aveva metabolizzato il lutto. Avendo ricevuto alcune offerte di lavoro, intanto, era ritornata ad Ersekè. Niente di importante per carità. Qualche incarico da parte di alcuni piccoli allevatori della zona, attività di profilassi richiesta dalle comunità locali, di tanto in tanto una qualche supplenza per l’insegnamento di materie scientifiche all’istituto scolastico.
 
La vita scorreva serenamente, senza grandi stravolgimenti, e a parte le occasioni di incontro con gli amici e con i parenti che vivevano in paese e nei dintorni, per matrimoni, nascite, lutti e festività ricorrenti, la sua esistenza era completamente assorbita dalla cura degli animali. Un giorno, al rientro in casa dopo il lavoro, trovò sul comodino una lettera.
 
Sopraffatta dalla stanchezza decise, come prima esigenza, di rinviare a dopo la lettura; ma la provenienza, …il francobollo era italiano, e la sigla del mittente, …E. V., la incuriosirono a tal punto da vincere qualsiasi indugio.
 
Enver si riaffacciava prepotentemente, uscendo dalle tenebre, …dai ricordi, e la ragguagliava dettagliatamente sulle sue vicissitudini. Era riuscito a discolparsi da tutte le accuse infamanti. Si era completa-mente riabilitato. Nel frattempo aveva divorziato ed aveva tentato la fortuna in Italia. Viveva a Roma. Aveva avuto successo. Era ricco e godeva di amicizie influenti ed altolocate. Se lei avesse voluto, poteva raggiungerlo. Era in condizione di offrirle un lavoro interessante. Non l’aveva mai dimenticata e il suo grande sogno era di poterla rivedere e, magari, tornare insieme. Due suoi incaricati si sarebbero presentati dopo alcuni giorni e, se lei avesse accettato, l’avrebbero aiutata ad entrare in Italia. Poi tutto si sarebbe sistemato.
 
L’emozione procurata dalla lettura e la stanchezza per la giornata trascorsa ebbero l’effetto di far crollare Damiana sul letto, ancora vestita. Cadde in un sonno profondo ma disturbato da incubi.
 
Si risvegliò con un senso di angoscia… Si sarebbe concessa un po’ di tempo per riflettere. Ma negli affari di cuore, come tutti sanno, sono presenti delle forze imponderabili che rispondono a regole diverse da quelle ispirate alla logica comune. Il ricordo del rapporto passionale che si era interrotto proprio quando la carica propulsiva iniziava a sprigionarsi, gradualmente affievolì le forti resistenze psicologiche. Oltretutto cominciavano a vacillare anche le certezze legate alle sue prospettive professionali.
 
Il Paese di recente era stato invaso letteralmente da centinaia di migliaia di profughi di origine albanese, proveniente dal Kosovo, in fuga a causa delle pulizie etniche, per cui si preannunciava un nuovo tracollo economico dalle conseguenze imprevedibili.
Quando i due emissari si presentarono per avere notizie, lei era già pronta per seguirli. Dopo alcune ore di auto giunsero al porto di Orikum sul mare Adriatico.
 
Appena arrivati uno dei due si accomiatò e Damiana rimase con Rexhep, un omone tarchiato, in attesa della nave che avrebbe dovuto traghettarli in Italia.
 
I primi dubbi cominciarono ad affiorare nella mente della donna proprio quando il mezzo attraccò nel porto. Si trattava di una autentica… carretta del mare di cui, negli ultimi tempi, riferivano spesso i telegiornali in lingua italiana. Intanto, da ogni parte, sbucavano decine e decine di persone, vestite in modo approssimativo e cariche di bagagli, che cominciavano a fare ressa sulla banchina per salire a bordo. Alcuni uomini con la tuta blu dirigevano con modi bruschi le operazioni di imbarco.
Rexhep, quando venne il momento, ordinò a Damiana di salire. Oramai era troppo tardi per possibili ripensamenti. La donna, pertanto, si fece animo ed ubbidì.
 
La maggioranza dei passeggeri fu fatta sistemare nella stiva, mentre la ragazza ed il suo accompagnatore vennero alloggiati in una cabina. Anche se sporca e puzzolente, era sempre meglio della promiscuità che erano costretti a sopportare gli altri.
 
Quando sopraggiunse la notte furono accesi i motori e lentamente la nave prese il largo.
 
Ad un certo punto Rexhep si allontanò dalla cabina, facendovi ritorno più tardi,… completamente ubriaco. L’uomo cominciò dapprima a molestarla verbalmente, poi divenne sempre più insistente e manesco. Damiana si difese, chiamò inutilmente aiuto, si mise a piangere, ad implorare. La forza fisica e l’istinto animalesco dell’uomo ebbero il sopravvento, costringen-dola a subire ripetute violenze. Più tardi entrarono nella cabina il capo dei marinai vestiti con la tuta blu ed il suo aiutante. Trovarono l’uomo che dormiva sul lettino, scomposto e ronfante, mentre la donna, raggomitolata su se stessa, con le vesti lacerate, piangeva in silenzio. Tutt’altro che mossi a compassione, abbrutiti dal loro turpe ed infame mestiere, presero anche loro ad abusare della povera ragazza, derubandola, alla fine, di tutti i suoi averi.
 
Quando all’alba giunsero in prossimità delle coste italiane Damiana era ancora priva di sensi. Qualcuno le rovesciò addosso un recipiente di acqua gelida. Si alzò dolorante, in stato confusionale. Nessuna traccia di Rexhep e degli altri individui che probabilmente si erano mescolati in mezzo agli altri passeggeri.
 
Il travaglio dello sbarco, la presa in consegna da parte della polizia italiana, il trasferimento presso il centro di accoglienza, costituirono le fasi successive della terribile avventura.
 
Alcuni giorni dopo, due persone incaricate da Enver, un uomo ed una donna, sbrigate alcune formalità, la prelevarono per portarla a destinazione.
 
Enver la ricevette in un appartamento che possedeva alla periferia di Roma. Quando Damiana prese a raccontare i fatti capitati durante il viaggio e il calvario che ne era seguito, lui sulle prime cercò di rincuorarla, poi provò a spiegarle che, a causa della sua straordinaria avvenenza, era naturale che avesse corso certi rischi. Ora, finalmente, si trovava in Italia, continuò, e qui la bellezza aveva un grande valore. Aveva il dovere di capitalizzare un tale patrimonio e diventare ricca. Lui l’avrebbe aiutata, l’avrebbe introdotta negli ambienti giusti. Damiana non comprese subito bene il senso del discorso di Enver. Ma questi, tornando sull’argomento, fu molto più esplicito. Gestiva un certo numero di ragazze che si accompagnavano con gli uomini, le proteggeva, e se lei avesse voluto far parte della squadra era la benvenuta.La ragazza ebbe così la cruda sensazione di essere caduta in un tremendo inganno, dal quale difficilmente sarebbe uscita. Provò un fortissimo senso di impotenza… Aveva tagliato i ponti con la famiglia, non le rimanevano che pochi spiccioli, ma, soprattutto, sentiva di non possedere più quella forza interiore che, in altre circostanze, l’avevano aiutata ad affrontare le difficoltà della vita.Intanto era ricomparso Rexhep con il compito di occuparsi della sua collocazione. Le violenze e le umiliazioni fisiche e morali subite durante il viaggio e, dopo, la scoperta del tradimento dell’uomo che amava, avevano annientato ogni capacità di resistenza. Era sopraffatta, infine, dalla sensazione che ogni passaggio della sua esistenza fosse marcato da un segno di ineluttabilità, da un destino già scritto.
 
Si ritrovò, così, a prostituirsi di notte per strada, in balia di clienti volgari, esposta al degrado, in compagnia della sua solitudine e dei tanti pericoli nascosti in ogni dove.
Enver, oltretutto, l’aveva messa in guardia sui rischi della guerra in corso, contro altre bande rivali, per il controllo del territorio di rispettiva influenza.
Una notte la ragazza vide un potenziale cliente sbucare all’improvviso da dietro un albero, e avvicinarsi ad andatura sostenuta. Non ebbe neppure il tempo di voltarsi. Dopo il primo, un secondo colpo di coltello le fu inferto con brutale violenza all’altezza del torace. Un colpo mortale… destinato a spegnere per sempre la sua giovane vita.
 
Damiana ne fu subito consapevole… ripiegando su se stessa, …le mani comprese sulle ferite. Se ne era reso conto il suo aggressore, che aveva ritenuto, di conseguenza, come non fosse il caso di colpire ancora, con il rischio di perdere tempo prezioso a coprire la fuga. Con perfetto sincronismo, quindi, aveva estratto la lama dal corpo della donna e, dopo aver nascosto il coltello nella tasca, si era diretto verso l’auto che attendeva poco distante.
 
Prima di essere definitivamente inghiottito dalla notte, l’uomo non aveva potuto fare a meno di lanciare un ultimo sguardo all’indietro.
 
In quella frazione temporale, gli era parso di scorgere sul viso della giovane, uno strano sorriso, un sorriso che pareva espressione di serenità… come di una persona che si sente finalmente affrancata da tremende inquietudini. Quindi scomparve definitivamente nel buio.
 
Mentre si accasciava lentamente a terra, Damiana fu sfiorata da un ultimo pensiero. I quotidiani del giorno dopo avrebbero riportato la notizia nelle pagine interne destinate alla cronaca: “Giovane donna albanese uccisa a Fregene vicino Roma. Gli inquirenti ricercano i responsabili tra i clan dei connazionali dediti allo sfruttamento della prostituzione”.
 
La notizia, dai giornali italiani, sarebbe rimbalzata sin nei luoghi di origine, …tra la sua gente. Il sorriso che le attraversava lo sguardo a quel punto divenne triste e malinconico. Tornò con la mente, per l’ultima volta, verso cose e persone lontane.
 
Chiese perdono e se ne andò per sempre.