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Dal negativo al positivo nella poesia di José Luis García Herrera (Los caballos de la mar no tienen alas, Devenir, Madrid 2000)

La poesia di José Luis García Herrera, nel panorama letterario spagnolo ed oserei dire europeo, è nuova non solo per i contenuti, ma soprattutto per l’espressività. Infatti l’autore esce fuori dagli schemi comuni della poesia del Novecento, certo di elevata liricità, ma scarsamente innovativa negli ultimi anni, tanto da dare l’impressione di essersi stereotipizzata. La poesia di Herrera è lirica ed epica insieme, con i suoi versi lunghi e piani. La silloge è divisa in tre parti: Aprendiz de náufrago, Pasajeros en la niebla, Los fuegos de la guerra. Si parte da un naufragio per giungere attraverso la nebbia alla guerra. La nascita e il tempo sono espressione dell’esile esistenza umana attraverso il ricordo: «Per nascere ho attraversato mari di morte. Per nascere sono stato testimone del mio parto. I cavalli marini galoppavano sulla spuma rossa, portando sulla loro groppa il mio cuore dai confini di un faro senza memoria» dice l’autore. Il tema del viaggio mistico e lirico indica il percorso metaforico dell’uomo che, nella sua eterna solitudine, non smette mai di andare alla ricerca di se stesso e di una verità. Ma la verità è quasi un pugno di sabbia tra le mani, proprio come il tempo che la Sibilla vuole afferrare, ma di cui scopre la fugacità. La memoria funge da legame tra i vari elementi temporali che riportano alla concretezza. Il tempo è l’eterno che si realizza. La coscienza, intesa in senso freudiano, conduce ad un inestricabile labirinto di luce e di tenebra, da cui emerge la nostalgia e la desolazione. Non a caso nella poesia di Herrera si ha una prevalenza di termini negativi. Negatività che sfocia nel nulla, quasi in termini baudelairiani: «Todo es nada. Nada es real. Quizá Baudelaire me comprenda». L’espressione non è altro che un’equazione: Tutto=Nulla=Reale. L’uomo quindi si scopre cenere. Cenere sono i suoi affetti, i suoi sentimenti, le sue emozioni. Tutto è passeggero, quasi un “Grido di Munch”: l’uomo per affermare la sua personalità grida la sua condizione di disagio, la parola gridata è sillaba sparsa nell’universo. Tutto è passeggero, eterna è solo la parola che conserva e trasmette l’emozione. «No es el tiempo quien huye. Eres tú. / Eres tú quien corre más veloz que el viento / en los atardeceres invernales, quien aprieta las nubes / hasta arancarles un llanto áspero y ronco». L’uomo si tramuta in ombra, quasi ‘nekuia’ (anima) omerica. Le parole chiave della silloge sono: ceniza, crepúscolo, tarda, noche, tristeza, negra, sombra, grisácea, oscura, solitario, soledad, muerte, sacrificio, lagrima, miedo, oscuro, desolación. Tutte parole cupe che comunque danno un effetto positivo di grazia, piacevolezza e liricità. In una delle ultime poesie, “La fuga”, i colori si fanno cruenti, il rosso assume valore simbolico, ma scaturisce un orrore per la morte, causa prima dell’infelicità umana. Dal negativo emerge il positivo. Il negativo e la tenebra mettono in risal-to la luce e la pace. «Siempre la luz de la luna se refleja en las pupilas (occhi) del miedo (paura)». In questo consiste la bellezza e il fascino della poesia di Luis Herrera. Emblema-tica è l’ultima poesia dal titolo francese “Ici repose un soldat français mort pour la patrie 1914-1918”, quasi come se sotto una pietra tombale insieme al corpo del soldato morto venisse posta la guerra per far fiorire la pace: «Por ti he desgranado mazorcas de agua en noches sin retorno».

Angelo Manitta