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Temi attuali e inquietanti nella poesia di Giuseppe Malerba (Frammenti d’immenso, ed. Fruska, 1992)

Una vocazione poetica precoce, quella di Giuseppe Malerba, che, nato a Terlizi (BA) nel 1957, ha cominciato a scrivere versi all’età di dodici anni, ma esternata soltanto da pochi anni, quando «si è deciso a tirar fuori le sue poesie dal cassetto per farle conoscere al pubblico», e da allora non sono mancati successi e riconoscimenti, quale la recente affermazione al XII Trofeo del Po, dove si è classificato primo.

Quella di Malerba non è poesia d’evasione, avulsa dalla realtà, ma strettamente agganciata alla vita quotidiana, diventando all’occorrenza anche poesia di denuncia, come in “Chernobyl”: «A distanza di anni il parto della nostra / lercia coscienza ancora speranze infrange: / Chernobyl ha nomi diversi, addobba / l’atmosfera di un arazzo che misura anni-luce. Sorpreso, ammiro l’ennesimo corteo / pacifista che sfila per il centro cittadino. / Una manciata di eroi dalle rare intenzioni, crede / ancora d’indurre i potenti del mondo alla ragione. / Accecata da idioti interessi, è l’Idra dalle cento / teste in agguato e ogni barlume calpesta di civiltà». Leggiamo nell’introduzione alla raccolta: «Il poeta, con un senso distaccato proprio della vera arte, ci racconta, ci suggerisce gli scenari dei nostri tribolati giorni… La Poesia ancora una volta compie il miracolo di rendere il dolore un sentimento che migliora l’Uomo e che, cantato in poesia, viene purificato, dimenticato, innalzato a momento di crescita». Emergono temi attuali o inquietanti, la nube tossica, la naia, l’inquinamento, le contraddizioni del progresso, soprattutto quelle dove l’uomo, come l’apprendista stregone, rischia di diventare vittima, di soggiacere a quelle forze incontrollabili che egli stesso ha evocate. Ma c’è anche la fiducia e la volontà del riscatto: «A tante calamità superstite, la mia gente, ha / dentro la rabbia dell’infelice Sud, da secoli / oltraggiato d’ingiustizia e rinunce, che / pur non valgono a prostrarla» (da “La mia gente”), e la rivendicazione, forte, del ruolo di protagonista dell’uomo, come in “Attore, non comparsa”: «Sei attore, non comparsa di questo / dramma; forse ancora puoi evitare / che la fine del percorso, anche sia la tua». Ancora motivi di bruciante, sconvolgente attualità: la guerra, inutile dispendiosa, «un irragionevole espediente», che frena, rallenta il procedere dell’uomo verso il progresso e la pace, la ‘febbre del sabato sera’ col suo tragico bilancio di giovani vite stroncate, l’anelito alla pace, particolarmente vivo, sentito visceralmente, l’insofferenza verso ogni forma di dittatura e di repressione, una profonda aspirazione alla libertà, una grande voglia, seppure mortificata dai fatti contingenti, d’un mondo senza confini…

E c’è poi un ripiegarsi nell’intimismo, in un desiderio di sentimenti autentici, privati di amore, di pace vera, come nella poesia “La fortuna”, in cui Malerba rivendica la sua autonomia di pensiero e di azione, lungi dalla frenetica e alienante corsa al benessere o ancora in “La malinconia”. “L’alba”, componimento a sfondo sicuramente autobiografico, dove il soggetto, giunto all’alba, l’ultimo giorno della naia, con sentimenti ambivalenti s’interroga sull’utilità o meno dell’esperienza vissuta, di quell’anno strappato ad una vita già progettata, con rimpianto per tutto ciò che è stato interrotto, per quei legami ch’è ansioso di riannodare, volgendosi però indietro alle amicizie acquisite, alle conoscenze, ai ricordi, ai momenti trascorsi con i commilitoni: «La naia ha spento anche un po’ della mia / età più bella, senza tanto serie questioni. / Tra le altre cose, l’abnegazione ho appreso, il vivere / insieme; ora, non ho più tempo per volgermi / indietro».

Maristella Dilettoso