Jacques Prèvert: l’uomo che cantava gli uccelli
di Monica Balestrero

Gli uccelli, simbolo della libertà, della leggerezza del pensiero, delle forme soavi della fantasia, ma anche della fragilità dell’uomo e delle sue aspettative, dei suoi sogni. Jacques Prèvert, forse il più famoso poeta francese del XX secolo, cantava nelle sue poesie proprio questo mondo dolce ed effimero, abitato da figure di uccelli che di volta in volta, di verso in verso, si fanno portavoce della ricerca della libertà, del bisogno di tenerezza, della fugacità del tempo, della gioia fuggevole.

Prèvert ha cantato i sogni dell’uomo; ha denunciato gli orrori della guerra, che separa le persone e che divide l’uomo dai suoi sogni; ha descritto le passioni e le aspirazioni umane; ha parlato di ricordi d’infanzia… tutto con uno stile pittorico, ricco d’immagini scioccanti, contrastanti, spesso azzardate, che ricordano i quadri dei pittori surrealisti, con un linguaggio semplice ed un vocabolario poco ricercato, tratto dalla vita quotidiana. Il poeta sviluppa questo suo anticonformismo nella poesia, ma anche nelle canzoni e nel cinema, scrivendo colonne sonore e dialoghi per diversi film.

Prèvert inserisce immagini fantastiche, irreali, nelle descrizioni di una realtà triste e cupa, creando, in questo modo, una sensazione di meraviglia nel lettore, che non può far altro che lasciarsi andare nell’atmosfera del sogno, cercando di coglierne le sfumature e le interpretazioni. Prévert ha fatto dunque in poesia ciò che i surrealisti hanno fatto nella pittura: ha fuso realtà e sogno, creando un nuovo piano della realtà, diverso, ma comunque vero, a cui si accede solo attraverso lo stupore e la conseguente voglia di approfondire, di conoscere, di sapere. Le parole acquistano nuovi significati, creano nuove sensazioni che sono le chiavi per accedere a quel piano onirico in cui l’uomo si sente libero, potente e, soprattutto, meno solo.