- C’era una volta in una terra lontana
molto fredda, dove l’acqua faceva presto a trasformarsi in
ghiaccio, un giovane principe di nome Arvin che viveva in un
grande castello.
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- Un giorno questi, stanco di sentirsi
tanto solo e spinto dalla voglia di conoscere il mondo, decise di
mettersi in viaggio e raggiungere una regione molto lontana di cui
aveva sentito parlare. Riunì la servitù e le comunicò la
decisione di partire, sellò il suo bellissimo destriero e partì.
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- Cavalcò per molti giorni e molte notti
finché raggiunse il mare. Colpito dalla immensità di quella
distesa di acqua, che non aveva mai visto prima, si sedette sulla
riva del mare e cominciò a pensare.
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- Era così assorto che non udì i passi di
una giovane donna che, passando per caso accanto a lui, rimase
stupita per la sua bellezza, si fermò a guardarlo incantata per
qualche istante e poi gli sfiorò le spalle per richiamare la sua
attenzione e chiedergli se avesse bisogno di qualcosa.
Nell’udire quella voce improvvisa, il principe sobbalzò, ma si
tranquillizzò non appena vide che si trattava di una ragazza
dallo sguardo dolce. Mettendosi in piedi le chiese: «Come si
chiama questo paese? Come mai sei qui sulla spiaggia in una
giornata così fredda?».
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- Dopo avergli dato delle informazioni sul
paese nel quale si trovavano, la donna aggiunse: «Io vivo in una
casupola con la mia figlioletta e un cane e, da quando è morto
mio marito, sono costretta a percorrere ogni giorno alcune miglia
per raggiungere questa spiaggia dove raccolgo le conchiglie più
belle. Con queste costruisco oggetti che poi rivendo al mercato
per guadagnare da vivere alla mia famiglia». Poi asciugandosi gli
occhi umidi per la commozione, aggiunse: «Quando sono qui, è il
mio cane, Briciola, a badare alla bambina. Adesso devo andare, si
è fatto tardi!».
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- Il principe, allora, si offrì di
accompagnarla a casa e la fece salire in groppa al suo cavallo.
Quando giunsero presso la povera abitazione della giovane donna,
che si chiamava Luna, questa lo invitò ad entrarvi e corse a
riabbracciare la figlioletta. Anche il principe si avvicinò alla
bambina che gli sorrise, ma quando cercò di accarezzarla il cane
Briciola ringhiò. Arvin e Luna scoppiarono a ridere e la giovane
mamma si affrettò a dire: «Sta tranquillo, Briciola, la nostra
Betty è in buone mani!».
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- Poi la ragazza, preparò da mangiare e
mentre consumavano un frugale pasto parlarono di tante cose e Luna
ebbe modo di raccontare come suo marito, che era un abile
cavaliere, fosse rimasto ucciso in un duello con un re malvagio
che angariava il loro popolo.
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- Dopo essersi riposato, il principe si
accomiatò: «Adesso devo ripartire, bisogna proprio che io
riprenda il viaggio. Grazie per la tua calorosa ospitalità. Ti
ricorderò sempre!».
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- Il principe cavalcò instancabilmente
percorrendo la costa finché giunse in uno strano paese che suscitò
tutta la sua curiosità. Era un villaggio dove regnava un silenzio
totale. Scorse un pescatore che armeggiava sulla riva, gli si
avvicinò e lo chiamò. Questi, impaurito, tentò di scappare, ma
il principe scese dal cavallo e lo trattenne chiedendogli: «Perché
fuggi via, come mai sei così impaurito?». Il pescatore rispose
con grande affanno che se le guardie del re si fossero accorte che
parlava con un forestiero l’avrebbero sicuramente incatenato e
trascinato in prigione e aggiunse terrorizzato: «Devo scappare,
non devono vedermi!» - e corse a nascondersi dietro alcuni
scogli.
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- Il giovane principe, esterrefatto, guardò
il castello che sovrastava il villaggio e pensò di raggiungerlo
per conoscere questo terribile sovrano. Il suo pensiero andò alla
dolce Luna e a ciò che gli aveva riferito circa il re crudele che
abitava in quella fortezza.
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- In lontananza scorse due guardie, ma non
ebbe paura e proseguì verso il castello. Queste però impugnarono
le loro armi e, raggiuntolo, riuscirono a farlo cadere da cavallo.
Con grande destrezza per un po’ il principe riuscì a sottrarsi
alle spade, poi si ricordò della fionda che suo padre, il re,
anni addietro gli aveva regalato raccomandandogli di portarla
sempre con sé. Così raccolse una pietra e colpì una guardia.
Questa lanciò un urlo di dolore, i cavalli si imbizzarrirono e
scapparono via con i loro cavalieri.
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- Il principe rimontò a cavallo, oltrepassò
le mura di cinta del castello e bussò al portale. Due soldati dal
volto cattivo aprendo sbraitarono: « Che vuoi? Chi sei? Non puoi
entrare, non facciamo entrare sconosciuti nel castello». «Fatemi
entrare sono un principe! Desidero conoscere il vostro re» -
rispose Arvin con tono risoluto. I due guerrieri si consultarono e
poi decisero di farlo entrare.
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- Quando fu al cospetto del re, il principe
cominciò a presentarsi, ma d’un tratto si interruppe poiché si
udirono urla e lamenti. Il re prese la parola e disse: «Cosa ha
fatto? Perché grida tanto?» - indicando l’uomo che nel
frattempo gli era stato condotto dinanzi. Arvin notò che si
trattava del pescatore che aveva incontrato poc’anzi.
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- «Sire, quest’uomo è un traditore!» -
affermarono le guardie. Il sovrano allora, prima ancora che il
pover’uomo potesse parlare per difendersi, comandò: «Imprigionatelo
nei sotterranei!». Il principe, a quel punto, indignato indirizzò
aspre parole di rimprovero al terribile re: «Cosa vi ha fatto di
male il vostro popolo da meritare un trattamento tanto crudele?
Comportandovi in questo modo dimostrate di essere molto più
simile a una bestia feroce che ad un uomo!». Come osava? Come
osava uno stupido giovane principe rispondere al re e offenderlo
in quel modo? Come poteva sfidarlo con tanta fermezza? Erano ormai
tanti anni che nessuno si permetteva di contrariarlo e tutti al
suo cospetto tremavano. Questi e tanti altri furono i pensieri che
affollarono la mente del sovrano, il quale se ne stette parecchio
tempo seduto sul trono a rimuginare estranian-dosi da tutto il
resto.
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- Tutti lo guardarono sbigottiti e in
assoluto silenzio.
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- Improvvisamente la chiara luce lunare
illuminò il volto del re che pian piano abbandonò la durezza che
aveva assunto negli ultimi anni, divenne sempre più dolce e lasciò
trasparire una grande tristezza. «Ero ancora bambino quando dei
predoni giunsero in questo paese e, con l’aiuto di alcuni del
popolo, devastarono e incendiarono tutto uccidendo mia madre sotto
i miei occhi; da quel momento la mia rabbia e il mio dolore si
sono trasformati in crudeltà, non posso fare a meno di essere così
violento» - soggiunse a voce bassa il sovrano.
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- In quel momento entrarono nella sala la
moglie e la giovane figlia del re che rimasero stupite nel vederlo
insolitamente calmo e sereno. Il re allora comandò alle guardie
di rimettere in libertà il povero pescatore e si impegnò dinanzi
ai presenti a guidare, da allora in avanti, il popolo con
giustizia e lealtà: poi chiamò un servo e gli ordinò di
preparare un banchetto in onore del principe ospite.
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- Tutti si rallegrarono e gioirono per
quell’improv-viso e inaspettato cambiamento.
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- Il principe Arvin rimase molto volentieri
anche a dormire al castello e trascorse finalmente una notte su un
comodo materasso di piume. Nonostante la soddisfazione per tutto
quello che gli era accaduto nelle ultime ore, il giovane Arvin non
riuscì a chiudere occhio perché c’era un pensiero che non gli
dava tregua, quello della bella e coraggiosa Luna e della sua
figlioletta.
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- Accanto a quella donna si era sentito
insolitamente sereno e felice. Così sul far dell’alba, dopo una
notte insonne, prese una decisione: doveva ritornare da Luna e
chiederle di sposarlo perché era questo ciò che il suo cuore
desiderava più di tutto.
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- Quando
si alzò e raggiunse il re, rifiutò cordialmente l’invito
insistente a rimanere ancora presso la sua corte, poi senza
perdere tempo si mise in viaggio verso quella donna che aveva
illuminato la sua vita come la luna rischiara una notte
particolarmente buia.