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La coppa della 90ª tappa: di Vincenzo Vecchio

Chi conosce l’autore intuisce subito di che tappa si tratta; l’ignaro lettore che si ferma al titolo e al disegno in copertina, un lungo corso cittadino, può forse pensare ad un volumetto a tema ciclistico, o comunque di tipo sportivo. Niente di tutto questo. Diciamo subito che la “coppa” è il premio che i «nipoti» avevano simpaticamente donato al «nonno» in occasione di un suo compleanno particolare; una coppa con su scritto: «90ª tappa / vincitore / nonno Vincenzo / 30 luglio 1990». Da questa dicitura è scaturito il titolo del libro cui ci riferiamo, che, dopo oltre un anno di gestazione, è giunto adesso in edicola fresco di stampa. Il «nonno», che ne è l’autore, è nato a Francavilla di Sicilia nel lontano 1909 ed oggi ha quasi raggiunto, quindi, la ragguardevole età di novantadue anni. «Si tratta di un traguardo, quello della novantesima tappa, che un tempo neppure prendevo in considerazione, per vari motivi, tra cui, statistiche alla mano, per la sua improbabilità» dice Vecchio da noi raggiunto telefonicamente a Roma, dove vive con la moglie Rosetta Forgione, originaria di Messina.

«Un altro evento insperato era per me arrivare all’inizio del nuovo millennio e invece sto adesso per tagliare anche il traguardo della novantaduesima tappa» aggiunge Vecchio con voce chiara e sicura.

Vincenzo Vecchio e la moglie, anche lei novantenne, vantano pure un altro invidiabile primato: sessantacinque anni di matrimonio. A Roma vi risiedono da oltre sessanta. Funzionario del Ministero dell’Industria, era andato in pensione nel 1973, dopo quaranta anni di onorato servizio, con la qualifica di dirigente generale. Sino a circa dieci anni fa, di tanto in tanto, lasciava la residenza romana e si recava al suo paese d’origine, Francavilla, ove lo richiamano ancora affetti familiari e ricordi dell’infanzia e della prima giovinezza. Diceva però di non trovarsi più a suo agio, lamentandone le devastazioni paesaggistiche e la rumorosità. «Oggi molto è cambiato» aveva scritto in un suo precedente libro, «il paese appare quasi completamente rinnovato, sotto la spinta di un ostentato benessere e il patrocinio dell’insensibilità estetica».

Questa da lui lamentata è stata, purtroppo, la sorte toccata alla stragrande maggioranza dei centri cittadini della Sicilia nella seconda metà del secolo appena trascorso. E a tal proposito, frugando nella coppa, Vecchio riprende l’argomento e, nel suo nuovo libro, scrive che i brevi ritorni a Francavilla gli hanno consentito di notare «i radicali cambiamenti intervenuti dalla fine dell’ultima guerra, e di criticarli se produttori di guasti alle sane tradizioni o impedimento a godere le bellezze naturali, prezioso patrimonio del paese». Francavilla, però, resta per lui il luogo privilegiato di quei numerosi ricordi e di quelle tante storie di paese che i nipoti, a Roma, dopo averne gustato il racconto nell’intimità del focolare domestico, anche con incitamenti del tipo «dài nonno» e «forza nonno», hanno spesso sollecitato a trascrivere e a dare alle stampe.

Sono così nati, nell’arco di una dozzina d’anni, quattro volumetti contenenti parte di una vasta raccolta di “amenità”, tra cui poesiole e detti proverbiali, racconti e aneddoti, storie di guerre e storie di piccoli personaggi della quotidianità paesana, da lui tanto amate e che, da lui descritte, diventano piacevoli da leggere e simpatiche da raccontare. “La coppa della 90ª tappa”, edito a Roma dalla Nuova Impronta di Filippo Chillemi, è il quarto libro della suddetta collana che Vincenzo Vecchio aveva iniziato a pubblicare a Roma sin dal 1988. Il primo era stato “Schizzi e stramberie – nel vernacolo di un paese della Sicilia / resi anche in Italiano” (1988). Ad esso avevano fatto seguito “Spigolature siciliane” (1991) e “Zagare, arance e lapilli” (1994), preziosi volumetti passati quasi inosservati ma che sicuramente meritano di essere valutati con maggiore attenzione, specie a Francavilla, e giustamente inseriti in una più ampia dimensione.

Salvatore Ferruccio Puglisi