Dove volano i gabbiani
silloge di Anna Maria Catanese protesa alla conquista della
libertà (MAGI ed., Patti-ME 2001)
- «E come posso parlar /
di fiori e di farfalle / di chia-re albe / di porpori tramonti / se il
mio sangue / scorre nelle strade / se i lamenti / riempiono le
valli?». Inizia così il lavoro di Anna Maria Catanese. E già dal
prologo è possibile intravedere i luoghi dove volano i suoi gabbiani.
Sono terre, cieli e mari troppo spesso afflitti dal dolore: «China la
testa sulle calde piume / quando lontano / s’accende il rosso far... /
nel suo cantare... / mi pare di sentir: / - Mio Dio, aiuto!». Eppure,
ci soccorre ancora il preludio, la Poetessa non si smarrisce, non
disillude le sue aspettative. E canta, “scalpita”, sorretta dalla
poesia: «Voglio svegliar chi dorme / o ambiguamente tace». Il senso di
ribellione, il bisogno d’autenticità, tratti peculiari dell’animo
incline alla moralità, conferiscono corposità ai versi della Catanese,
«creatura sempre protesa alla conquista della libertà» sottolinea
puntualmente Luigi Ruggeri nella Presentazione, anche laddove il
dettato sembrerebbe cedere ad una forse eccessiva contabilità. Ne “La
fede di Caino”, poi, la condanna dell’ipocrisia, di una fede spenta e
consuetudinaria conferma e consolida la compostezza etica
dell’Autrice. Condanna reiterata, che suona come una sentenza nelle
parole messe in bocca al Cristo morto dalla sua creatività poetica. Ma
dove non sarà mai sola, dove potrà pregare davvero nella sua dignità
di donna, ne “La pace del cuore”, sarà sempre lì, nello spazio e nel
tempo di un “io senza piaghe”, un “io senza guerra”.
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Sandro Angelucci
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