Filippo Secondo Zito:percorso
poetico da Favignana ad Agira
- Filippo Secondo Zito è
nato nel 1955ad Agira, in provincia di Enna, cittadina che ha dato i
natali allo storico della classicità, Diodoro Siculo, nel I sec. a.C.;
egli è autore della raccolta di poesie “Fiori di ginestra”. Ad inizio
volume viene presentato come ‘ex ragazzo di strada, non scolarizzato,
lunghissimi anni in carcere… separazione dei genitori… ospedali
psichiatrici… la poesia fu il suo ideale’. Le sue poesie c’insegnano
come risorgere e ritrovare momenti di speranza… sempre alla ricerca di
una verità intuitiva». La silloge procede, in un certo senso, secondo
una sequenzialità: apre con le rievocazioni della vita trascorsa in
carcere (Favignana, isoletta in provincia di Trapani) e, attraverso le
sue riflessioni si sofferma sugli affetti volatilizzati. Si guarda
intorno e non perde la speranza di un fuori, guarda dentro se stesso
trasferendosi in un ‘tu’ colloquiale (negli altri); così guarda nel
proprio intimo, riflette sul sogno, emerge nel suo Io e sente che
vuole rinascere per ricominciare: raggiunge e mantiene momenti di alta
intensità lirica. L’alta intensità lirica è raggiunta in versi
epigrafici, frutto, probabilmente, dell’animo ancora sognante di uno
che ha dovuto rinunciare alla sua fanciullezza, forse un po’ rustico
come i ‘fiori di ginestra’ che crescono per i sentieri delle campagne:
«Le storie incompiute… / ed il cuore fa male, eppur non vuol morire.
// Indugio a lungo, / sulla guancia una lacrima; // Il fuoco è la mia
anima… / Il vento è il turbine dei miei pensieri».
-
Tito Cauchi
- «Una
pioggia insistente batte sui vetri e su tutte le cose…». Questi versi
che aprono il componimento, “I Pugni in tasca”, su un breve ma intenso
‘ritmo ostinato’, non ci introducono in un ‘cantabile’ dai toni
romantici proiettati in una dimensionalità sospesa e dilatata; il
Poeta ha lasciato dietro le sue spalle la «processualità romantica»
fatta di immagini e di ricordi struggenti, a volte, trasfigurati in
«banalità esistenziali dal loro mellifluo» o in illusioni che non
trovano alcuna coerenza e consapevolezza dei tempi che stiamo vivendo,
e della drammaticità della esistenza umana votata al dolore e alla
sofferenza, che lascia poco spazio alla felicità. Il Poeta si scopre
ancora una volta solo di fronte ad una realtà dove i «linguaggi vivono
come svuotati» e dove ogni giorno, al sorgere del sole, «t’illudi di
nuovo» e «ricominci a sperare».
-
Adriano Angelo Genai
Nella poesia di Zito
si coglie la materia grezza, ma viva, del dolore, della tragedia
umana; il grido umile di chi ha bisogno d’affetto. Sì, perché l’uomo
non vive di solo pane, ma anche della carezza di una parola. Gli anni
della sofferenza hanno portato via tutto al poeta. Ciò si evince dal
suo stato psicologico, dal suo modo di fare, sempre disponibile con
gli altri. Non chiede nulla, se non un cenno di amicizia che lo faccia
sentire figlio adottivo della vita e non ultima parte di qualcuno.
Così, lacrima dopo lacrima, pagina dopo pagina, in una terra dove
l’Etna erutta il sole e indora i cedri e le coste, dal cuore spaccato
della roccia Zito estrae e ci offre le gemme del proprio dolore nei
suoi “Fiori di ginestre”(Maria Teresa Liuzzo).
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