Antonia Izzi Rufo.
(Saffo la decima musa. Edizioni Eva. Venafro (IS). Aprile 2002.
Pp. 52)
Era inevitabile che Antonia Izzi
Rufo, con il suo bagaglio d’umanità e di luminosa serenità,
incontrasse l’opera e la figura della poetessa greca Saffo e ci
offrisse tutta la grandiosità dei suoi versi, dei suoi gesti e
perfino dei suoi segreti ed arcani suoni. L’amore è il sentimento e
il tema di questa sua nuova opera letteraria che, attraverso
l’analisi della figura, della vita, della società e dell’opera della
poetessa greca, prova ad offrirci non un’oggettiva e fredda critica
letteraria, ma una semplice ed affettuosa testimonianza d’amore per
la Poesia e per la figura della poetessa greca, di cui traccia un
profilo umano e letterario scritto in modo che ognuno possa
sentirsene partecipe e direttamente coinvolto.
Saffo, la decima musa, giunge dal
lontano mondo greco, un mondo archetipo e sempre vivo nel nostro
animo, a rivelarsi con la sua figura e con la sua opera in modo
spontaneo, quasi come se d’un tratto essa si concretizzasse e ci
offrisse la sua voce, una voce immortale, proprio perché della
Poesia, che è immortale, essa ne è la personificazione. Ed ella
esprime la sua interiore forza creativa e la sua potenza visiva e
poetica nei sentimenti più veri e più intrinseci, quelli d’ogni uomo
e d’ogni umanità, nella forza e nella potenza del suo coraggio,
giungendo così all’eternità e all’universalità, anche a danno della
sua immagine, oltraggiata dalle insinuazioni. La Izzi Rufo ne
contesta, infatti, le fonti, cercando nella Poesia di Saffo gli
elementi più eterni e più veri, tratteggiandone la figura come
quella di una donna «che non si nasconde dietro il muro
dell’ipocrisia, che non si crea tabù, che esprime e dice chiaramente
quello che sente e lo fa in modo tale, così incisivo che chi
l’ascolta, chi l’ammira, il lettore avverte in sé lo scatenarsi
delle emozioni che ella prova, delle sue passioni, le sue gioie e le
sue angosce, la sua sublime Poesia…». È questa la forza della
Poesia, la Poesia di un amore che non si consuma soltanto nei ruoli
o nelle consuetudini, ma che diventa immanenza nel mondo e
nell’umana e razionale regola quotidiana. Diventa un magnifico dono
e la Poesia ne è la forma più pura e immediata, mentre,
contemporaneamente, ne è rivelazione e struttura, l’immagine quasi
divina di chi sa offrire se stesso senza pudore e reticenze, di chi
sa ascoltare il proprio animo in relazione con il mondo e con la
natura.
Quest’opera della Izzi Rufo, dunque,
secondo le sue intenzioni e le sue argomentazioni, non serve
soltanto a ri-scoprire l’opera di Saffo per rivalutarne bellezza e
grandezza, ma soprattutto per riconsegnare all’uomo d’oggi,
sottrat-to da altre irraggiungibili mete, lo scopo per riconquistare
il suo segno distintivo: l’amore privo d’ogni fine, rivelazione di
un rapporto simbolico con l’altro per viverne l’intensità e
l’indispensabilità. È dunque da apprezzare quest’opera della Izzi
Rufo sulla poetessa di Lesbo, un’opera che nella sua semplicità
discorsiva ci permette, sia a livello letterario che umano, di
conoscere ed approfondire aspetti fondamentali della nostra vita e
del nostro essere, attraverso un’analisi interessata ed interessante
di Saffo che diventa o rimane, in tal modo, la figura archetipa di
quanto l’uomo, ed in particolare il poeta, è andato cercando e
testimoniando fin dall’alba dell’esistenza.
Franco Dino Lalli
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