Il Convivio

Maria Teresa Liuzzo

Sensazioni cosmiche e brividi universali in Apeiron di Maria Teresa Liuzzo, (Jason ed., 1995)

APEIRON in greco antico è l’infinito, l’inestricabile, ma assume anche il significato di “inesperto”, “incapace”, e ci piace credere che, per una qualche sorta di lapsus, l’Autrice, nel titolare questa raccolta poetica, abbia voluto esprimere l’inadeguatezza umana nel rapportarsi e nel rappresentare ciò che sfugge ai sensi: l’infinito. “È la profondità dell’anima che si manifesta attraverso la forza delle parole… è quel filo rosso chiamato umiltà… il lievito base che permette alla fantasia di prendere forma traducendo in versi l’emozione del momento” dichiara Maria Teresa Liuzzo nella sua breve nota introduttiva al volume.

Calabrese, nativa di Montebello Jonico, ma da tempo residente a Reggio di Calabria, la Liuzzo è presente fin dal 1970 nel panorama editoriale, pubblicando liriche, sillogi e antologie, come Poesie, Caducità del tempo, Scrittori del messaggio (1975), Radici (1992), Psiche (1993), collaborando a varie riviste letterarie, e riscuotendo prestigiosi riconoscimenti: il “Tetredramma d’oro di Anassila” (1986), il “Premio di Poesia Alba Florio”(1993), il “Premio alla Cultura 1994”. Sue composizioni sono state anche tradotte in lingua rumena. Romeo Magherescu, artefice di tali traduzioni nonché prefatore di Apeiron, dichiara: «Non sai come inquadrare un genere così estraneo al canone tradizionale…ognuno qui, a modo proprio può diventare un “io” randagio…, i suoi versi sono una sfida al tradizionale, troppo frequentato dagli illustri e al nuovo delle coorti di epigoni e imitatori. Sembrano spiccare alcuni valori di riferimento: la madre, l’eternità, le stagioni e il cielo… Colpiscono le immagini di un universo femminile intriso di colori in molti punti del suo profilo poetico…».

Si susseguono, in Apeiron, le liriche in versi liberi, intervallate da immagini, fotografie, e belle riprodu-zioni d’arte, concluse, in appendice, da una carrellata di giudizi e note critiche, atti a dimostrare i numerosi consensi già riscossi da Maria Teresa Liuzzo. Suggestioni ermetiche si dipanano in immagini che dall’universo del vissuto più intimo si espandono ad abbracciare sensazioni cosmiche e brividi universali: «Accettare e accettarsi / è il male che accomuna e che divide; / è l’incertezza perenne / che governa tra finito e infinito / nel diaframma consunto / da sonno e veglia / da illusione e tormento». È poesia di grande sensibilità, attenta ai fenomeni della natura, ai suoi palpiti, poesia che sa cogliere nei segnali apparenti le voci recondite della trascendenza, poesia che non disdegna di anelare al superumano, al divino, ma che sa cogliere anche, negli inquietanti fenomeni del presente, i segni di un malessere e di un gelo più profondi: «Nei giardini deserti, / sui marciapiedi bruti, / nelle spelonche illibate, il diavolo assolda / ogni sventura...». Policromo ed immaginifico il linguaggio, limpido il verso ed intriso di grande musicalità, di colori e suoni della natura, che vanno a intrecciarsi, a confondersi, a immedesimarsi in quelli dell’animo.

  Maristella Dilettoso 
 

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