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Carlo Onorato |
Apre la silloge la poesia “Tormento”. Panteismo, intimismo, desiderio
di sfogo, supplica ai suoi occhi, quelli del Poeta, di piangere, di
spegnere il tormento interiore, preannunciato dalle «nuvole di fuoco /
(che) sorgono tempe-stose all’orizzonte / (e) minacciano il
firmamento». L’angoscia dell’animo è in sintonia con lo scatenarsi
delle forze adirate della natura e si diraderà (si presuppone) col
dileguarsi del tempo cattivo e col ritorno del sole che spazzerà le
nuvole dal cielo e asciugherà quella “lacrima” invocata... L’uomo è un
burattino, il burattino della natura che condiziona il pensiero e ne
colora i sentimenti. E non solo l’uomo, anche la “libera colomba” alla
quale la “tempesta”, che “oscura le stelle”, “vieta l’immenso”. E
quale il desi-derio dell’autore? Di respirare, col pensiero, “venti
d’amore e di pace”, di “vivere (di nuovo) la sua primavera”, di
por-gere alla «soave colomba, perla lucente candida di neve, ami più
la caccia, non più fragore, (solo) le sue braccia amiche e
protettive». Si ha la sensazione che il poeta si stacchi (spesso)
dalla materia, dall’effimero, voli leggero nell’etere, si soffermi in
estatica contemplazione e aspiri quei «fremiti primaverili che il
vento d’Aprile dona alla terra». Egli ammira i monti che si stagliano
nell’azzurro, la luce e tutto ciò che è bello; disdegna le ombre che
«listano a lutto la natura»; rimprovera coloro che non rispettano gli
alberi e li distruggono con gli incendi... Carlo Onorato è un
romantico, un sentimentale, un idealista, un uomo che riflette, che
ama la natura e si rattrista se la vede vilipesa contaminata
inquinata; ama la poesia che «gli rapisce il cuore e la mente» e i
ricordi che lo riportano, a ritroso, nel tempo dell’infanzia e della
giovinezza; ama «quel palpitare / che dolcemente / accarezza i cuori /
(e che Ria) chiama “Liebe” mentre lui chiama “Amore”»; ama spiccare
voli nell’azzurro, un canale d’emergenza per staccarsi dal caduco.
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