Studioso di fisica e
informatico, poeta e saggista, Gaetano G. Perlongo è nato nel
1970 a Solingen (Germania) e vive a Trappeto (Palermo). Ha pubblicato
due volumi di versi, La licantropia del poeta e Il calabrone
ha smesso di volare. Ne ha in preparazione un terzo che si
intitolerà Metessi.
La poetica di
Gaetano Perlongo:
tra la malinconia e l’impegno sociale
di Andityas Soares de Moura (trad.
Angelo Manitta)
Il
silenzio è l’unica attitudine degna del poeta nel mondo lacerato in
cui viviamo. Non gli compete cantare l’innocenza, che ormai sfugge, e
neppure la gloria, che è appena polvere e ombra. Ne scaturisce una
questione alla maniera kantiana: come è possibile la letteratura? Come
è possibile la poesia? La risposta è semplice: tocca al poeta trarre
dall’infinito la parola primordiale, l’istante febbrile, il sacro
delirio, la comprensione totale e istantanea. Ed è ciò che Gaetano
Perlongo fa nella sua opera La licantropia del poeta. Poesia
criticamente travagliata, di colori diversi e vari profumi, il testo
di Perlongo non è mai ovvio. Le parole si accumulano in piccoli spazi,
come cannelle che osservano il passaggio del tempo. Le derivazioni del
poeta appaiono in ogni canto, in ogni pagina, la danza dell’intelletto
preconizzata da Ezra Pound risorge trasfigurata nei versi che ogni
momento obbligano la parola ad andare oltre, a incontrare la verità
dietro l’unisignificanza che dà loro sostanza quotidiana. La poetica
di Perlongo è multipla e mutante… Forse da ciò il titolo del libro e
di quella magnifica poesia, La licantropia del poeta: continua
trasformazione. Desiderio di vivere. Travaglio. Dolore e allegria
nella notte fuligginosa. E il seme divino che brilla nel corpo
dell’uomo-lupo, dimenticato dall’umanità, ma sempre pronto a
reintrodurre l’elemento magico nell’esistenza.
Sono
voci impari, quelle che dialogano nella poesia di Perlongo: il ricordo
dell’infanzia trasfigurata, la sensazione dell’isolamento fantastico,
la solitudine, la stranezza del destino dell’uomo, il mistero senza
risposta della vita, etc. Gaetano Perlongo costruisce un discorso
estremamente efficace, onde ridireziona tutte le forze della sua
scrittura verso la celebrazione del ricordo, che è, secondo me, la
materia primordiale di questa bella silloge… ma il tema non è mai
trattato in maniera banale o prevedibile, vuoi perché il poeta si è
armato dei migliori mezzi: la dizione chiara e limpida; la
concatenazione naturale dei versi; l’assunto etereo; l’evanescenza
dolce e solitaria.
Il
turbamento della contemporaneità – scoperto da Baudelaire,
riorganizzato da Eliot e imposto da Pound – si esprime in alcune
poesie di Perlongo. Quando la malinconia si dissocia dall’irreale, dal
mondo del Dio-Lupo, la massa-pesata della vita quotidiana si impone,
crudele e vuota, ricordandoci l’inno di disperazione composto da Eliot
nella sua The Wast Land. Intanto il poeta non si chiude nella
sua rete, ma conosce e partecipa ai drammi universali. La poesia non è
sterilità. È vita. E vivere significa lottare. La protesta non
contenuta di Perlongo può essere udita in poesie come L’antisociale,
Il chierico errante, Badessa burocrazia e La
globalizzazione, ma è necessario trascrivere di seguito il testo
perché si possa verificare quanto pene-trante sia il percorso del
poeta: «La nave Capitale / carica di globalizzazione / salpa dal porto
dell’apatia / e l’equipaggio morsicato nell’identità / saluta i
sarcofagi di palazzo… / L’oblò / velato da una guaina di nostalgia /
scorge il delirante barlume / del proletariato sottomesso / e dalla
prima classe / le signore incipriate d’ipocrisia / calcano le scene /
delle troie di regime... / ...la globalizzazione va / ammainando la
vela della vita / in un sottofondo crepuscolare».
Bozza di Pace
- Poiché le guerre hanno origine
- nella mente degli uomini,
- nella mente degli uomini si debbono
- costruire le difese della pace.
- (16 Novembre 1945. Dall’atto Costitutivo
dell’UNESCO, Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Educazione, la Scienza e la Cultura)
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