Funzione ontologica del poeta
in
Il giardino dei pensieri
di
Fedel Franco Quasimodo
(ed. Movimento Salvemini)
La silloge “Il giardino
dei pensieri” di Fedel Franco Quasimodo, fonde principi e valori
espressivi con toni aulici e trova respiro nella geografia di una
coscienza nuova, quella di un poeta le cui radici schiudono valori in
una società lontana dalla fede e dal significato lirico. Il poeta, in
fondo, è colui che richiama in una funzione ontologica, con una
teologia che esterna sentimenti e vicissitudini legate ai ricordi, ma
egli visiona il trascendente e si adagia in una natura col desiderio
di chi ama Dio con gli occhi di sempre. «Se provassi un po’ / a
spiarmi con dolcezza / se riponessi la tua leggerezza / in un angusto
ripostiglio / non mi parleresti così» dalla lirica “Se”. E poi:
«Vorrei diventar / stilla di rugiada / per abbevera / chi ha sete
d’acqua e di giustizia» dalla lirica “Lacrima”. Il poeta ripone nel
suo scrigno rispo-ste a dubbi e con sagge parole riesce a illuminare
l’interiorità attraverso una lacrima per una giustizia d’amore. “Il
giar-dino dei Pensieri” non è altro che un percorso di un poeta
benedetto dalla terra, che nel cielo prova a volare con ali divine e,
forse, proprio nel cielo, Fedel Franco Quasimodo disegna il proprio
diario con le chine dell’anima.
Gianni Ianuale
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