Il Convivio

Nicola Rampin

Cosa si cela nell’ultima fatica di Nicola Rampin: Puzzle d’amore (Ibiskos, Empoli 2002)


Il massimo intralcio incontrato da uno scrittore non è quello di scrivere, pratica tutto sommato semplice, per chi è stato dotato dalla natura della capacità di saper imprimere le proprie e le altrui emozioni su fogli di carta, rendendole eterne. Difficoltà è piuttosto trovare il “titolo giusto” che in poche parole racchiuda tutto un mondo di desideri, di sensazioni, di fremiti d’amore e di ragioni d’odio. Questa è la ragione per cui molto spesso nella ricerca di un titolo si sbaglia. Nicola Rampin, no. Mai titolo è stato più appropriato nel descrivere una silloge poetica, come “Puzzle d’amore”, titolo dell’ultima fatica letteraria di Nicola Rampin. Questo florilegio poetico è in realtà un puzzle. Un puzzle è qualcosa di diverso dal mosaico. Le tesserine di un puzzle non godono del privilegio della vita propria. Vivono per stare assieme. Nella scomposizione, ogni tesserina rappresenta un frammento della figura finale, e quindi ognuna è il tutto e il nulla, è il disegno e l’estrema esemplificazione del disegno. Un puzzle è un atto generale costituito di particolari. I particolari sono le tessere, senza le quali non ci potrebbe essere l’atto finale. Il puzzle è una concatenazione di tessere, così come la vita è una concatenazione di momenti. “Cogito, ergo sum”, diceva Cartesio. Non potremmo vivere se non fossimo. Non potremmo essere se non pensassimo. E non potremmo pensare se non avessimo i momenti della nostra vita su cui riflettere. Momenti belli e brutti, allegri e tristi. Momenti di eccitazione e momenti di noia. Momenti di dolore e momenti d’amore. Che cosa siamo noi uomini, in fondo, se non una composizione di mille momenti? Il magico poeta Nicola Rampin ha fatto ciò. Ha raccolto le tessere della propria vita. Le ha raccolte su un quaderno ideale, e vi ha composto un puzzle che è la sua stessa vita. Ed ha pro-dotto una raccolta poetica dove ogni poesia è la conseguenza e l’anticipazione dell’altra. Ogni poesia è un momento di vita che si spiega soltanto spiegando la vita stessa del poeta. C’è “vita” fra i suoi versi, così come c’è vita “nella vita”. Nicola passa dai momenti più banali a quelli più importanti, con naturalezza. La stessa naturalezza che ci impone la vita che va vissuta, e mai giudicata. È una poesia giovane, quella del Rampin. Ed è una poesia moderna, senza punteggiatura e con frasi secche. Eppure, un qualcosa di classicheggiante e di greco si scorge fra rigo e rigo. Forse nell’accettazione, compunta e mai sommessa, dei fatti della vita, nell’accoglienza della misera condizione di comuni mortali, con dignità. La dignità è il valore primario dell’esistenza umana. Certo, ce ne dimentichiamo perché ci fa comodo. Ma gli artisti no. Gli artisti devono sempre ricordare ciò che gli altri “convenientemente” dimenticano. Gli artisti sono come “Cassandra”. Devono sempre “dire” anche se la loro voce non viene ascoltata. Perché l’arte è la libertà di esprimere tutto quel bello soppresso dalla vigliaccheria umana. E così ritroviamo anche il Rampin, quando ci racconta la nostalgia per la sua terra, l’amore per la sua donna, la voglia di scoprire la Sicilia, la noia che, a volte, la vita impone. E da “artista”, approfitta del suo bagaglio culturale ed emozio-nale, per farne dono agli uomini, e a creare un nuovo “puzzle” ideale tra il lettore e lo scrittore.
   Adalgisa Biondi 
 

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