Il Convivio

Carmelita Randazzo Nicotra

Voglia d’infinito di Carmelita Randazzo Nicotra, itinerario di contemplazione (Ed. Greco, Catania 1996)


“Voglia d’infinito” è il più recente volume di versi di Carmelita Randazzo, poetessa catanese. L’autrice ha com-posto queste liriche nell’arco temporale di circa 10 anni e lo si desume dalle date apposte nelle singole poesie, in ordine progressivo, trasferendo poeticamente gli affetti visivi ed interiorizzati, sensibili esplicitazioni, di paesaggi, luoghi e affettuose memorie personali. Una configurazione densamente eterogenea che si affida al canto della lirica pura, col rischio talvolta di un palese monolinguismo, nell’assoluto predominio del significato sul significante. Tendenza, questa, gravata dal ricorso ad apodittici topoi oramai categorizzati nelle esperienze della lirica meridionale, talora linguisticamente frenanti e tematicamente rivolti all’idillio. L’amico e poeta Angelo Scandurra, in una breve nota al libro, afferma che «questi versi sono testi dettati dalla voce del cuore, ricchi di sentimento e di partecipe vibrazione. L’itinerario poetico, infatti, si snoda non come analisi, ma come contemplazione. «Siamo colpiti, condividendola, da quest’ultima affermazione. L’opera di Carmelita Randazzo si inserisce tout court in quella vasta area creativa, storiograficamente posta ed accertata, che nella vibrante ed inesauribile ispirazione trova sfogo e compimento letterario. Personalmente per ragioni di ideologia e tecniche letterarie non condividiamo quel movimento che considera fondante e inscindibile il fervore dell’ispirazione, ritenendo la poesia come sviluppo creazionale della tessitura strutturale della lingua. Eppure non possiamo tacere talune ammirevoli immagini di Carmelita, gli slanci ideali e le fonde manifestazioni di sdegno civile (si veda la poesia “Meninos de favelas” con i versi: «Dormi nel grembo di un cartone, la luna è tua madre e avvolge nella notte i tuoi sogni di vento»), o la dolente malinconia che metaforizza gli accadimenti naturali (penso alla lirica “Il vento sulla collina” con la sua chiusa: «Ma nell’azzurro violato non feconda la luna il mare d’erba, solo il vento piange sulla collina e chiede amore ai sassi») o ancora il suo versificare allusivo e quietamente  impressionista. Poesie come diario lirico, scevre da vanità declamatorie o arroganti, e infine sterili, sperimentalismi, versi che nel loro lieve diffondersi aspirano ad elevati sentimenti morali ed offrono gradevoli sfumature.
  Beniamino Biondi
 

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