Il Convivio

Giovanni Tavcar

Schubert e la sua arte (II parte)


L’unica situazione che egli reputava senza uscita erano le circostanze sociali del suo tempo. Ecco la ragione per cui la musica è rivestita di tanta nostalgia e di tanta malinconia. Una malinconia che vela la sua innata serenità, ma che conferisce, con il suo calore umano e sentimentale, una forza consolatrice e salvifica. Per Schubert la creazione musicale è una necessità alla quale non può sottrarsi. Per essa e in essa egli vive. La sua musica ha sempre un fresco carattere di ingenuità, di apparente inconsapevolezza. Egli ha un senso acutissimo nel saper cogliere le sensazioni coloristiche dell’animo umano. Le sue valutazioni musicali sgorgano sempre spontanee e non si atteggiano mai a fredde formule tecniche.

Uno spirito superiore forgiò il suo corpo, la sua anima e la sua volontà all’unico ed esclusivo fine della sua missione musicale che doveva compiere su questa terra. Egli sapeva abilmente sottrarsi ad ogni diversivo, a ogni perturbazione, a ogni allettamento che venissero a turbare o a incrinare la sua prodigiosa forza creativa. Tutto in lui era irresistibilmente volto alla creazione musicale, all’unico e vero bisogno del suo spirito. Nella musica egli trova l’unico mezzo per accettare la sfida dell’umana esistenza.

La sua straordinaria capacità di sintesi non lasciava spazio per abbozzi o correzioni. La sua scrittura scorre facile, limpida, zampillante. Il suo infallibile istinto musicale gli faceva chiaramente comprendere il valore delle suo opere, anche se la maggior parte di esse non ebbe mai la fortuna, durante la sua esistenza, di una esecuzione pubblica. Egli scriveva innanzitutto per sé, per dare sfogo e luce al suo pressante bisogno di esprimersi, di confessarsi, di liberarsi da tutte le visioni che popolavano la sua fervida immaginazione. Proprio per questo non era vincolato ai gusti e alle mode del pubblico, alle pressioni e alle esigenze degli impresari, ai riscatti degli editori. La sua musica nasce così libera, spontanea, palpitante e viva.

Come altri artisti geniali, particolarmente inclini alla malinconia, egli possedeva, per contrapposizione, la gioiosità dello spirito, che opponeva alle contrarietà della vita. Amava perciò le compagnie allegre, vocianti, piene di gaiezza e, naturalmente, di musica. Tutto ciò no lo frastornava, ma gli sollecitava, anzi, il suo tormento creativo. Di queste compagnie, che da lui presero il nome di “schubertiadi”, egli era il principio attivo, il nucleo vivificante, il perno centrale. Vi partecipava con ciò che aveva di meglio: il profondo senso di amicizia e il fascino irresistibile della sua musica. Molti dei suoi capolavori nacquero proprio in simili circostanze, o da esse presero spunto e ispirazione.

Il suo amico Schwind così scrive al momento della sua morte: «Schubert è morto, e con lui è morto quanto di più caro e di più bello avevamo in noi». Anche con la morte Schubert ebbe un  rapporto intimo e personalissimo. Pur preparato a essa, egli visse in letizia. Egli ha avuto insito nella sua natura il presentimento di un’altra patria. Questa visione mistica gli ha sempre impedito di credere che avrebbe potuto incontrare nella vita terrena la soddisfazione delle sue profonde necessità e aspirazioni. Egli si considerava un viandante che sapeva bene che non ha scopo legarsi seriamente a ciò che si incontra lungo la via. Né vincitore, né vinto, in questo mondo desolato e ingannatore, ma un viandante, un uomo di passaggio, un pellegrino, in un contesto che non gli appartiene, ma del quale riesce a intuire, con sconvolgente acutezza, le voci segrete. La sua musica rivela il prepotente desiderio del ritorno al paese di origine, al luogo dal quale proveniamo e al quale incessantemente tendiamo, desiderio avvolto in un continuo e incessante struggimento che attraversa i paesaggi della nostra anima.

Il segreto dell’irresistibile forza della sua musica sta nell’immagine che essa ci offre di un mondo migliore, di cui egli è il profeta e contemporaneamente il punto di riferimento. E proprio da una così lucida consapevolezza nasce la vera luminosità della sua arte, che si sostituisce al quadro tetro e penoso della morte vista come totale annientamento. Come artista non lasciò successori. «Il tempo - commenta Robert Schumann - per quante innumerevoli cose possa produrre, non ci darà mai più uno Schubert!». E anche Johannes Brahms, nella sincerità del suo sentire, dichiara: «In paragone a Schubert, tutto quello che siamo stai capaci di fare è solo inutile ciarpame!».

 

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