Levità, impeto e grazia in
Traiettoria di uno stelo di Imperia Tognacci con pref. di
Francesco Fiumara (Tip. System Grafic, Roma 2001)
- Con uno stile di
formidabile levità, d’impeto e di grazia, Imperia Tognacci, nel suo
poemetto “Traiettoria di uno stelo”, ci suggestiona con il canto della
memoria scandito dalla sua storia personale che coincide con quella
degli affetti e dell’intimità più intime e preziose insieme agli
aspetti più oggettivi della storia che spesso si veste di momenti
drammatici. Il tema fondamentale di questo poemetto, dunque, è la
memoria che restituisce le sue immagini e i suoi momenti in modo
originale e nella scrittura essi sono plasmati attraverso una
suggestione particolare, suadente, così come suadente può essere la
bellezza di un fiore, racchiusa all’interno del suo labirinto di
petali. Proprio tali, infatti, appaiono le poesie di questo poemetto
che costituiscono tante mete necessarie per riconquistare l’essenza
stessa della vita attraverso il ricordo, onde riappropriarsi di un
vissuto, di un mondo riconosciuto e riconquistato attraverso la forza
della memoria e delle sue suggestioni. Così la memoria diventa il
nesso necessario e fondamentale per la conquista dell’identità umana
personale e sociale. Non v’è rimpianto nella voce della poetessa bensì
una costante accettazione ed esaltazione della vita concepita in
maniera positiva anche di fronte alle avversità che la rendono spesso
opprimente e insidiosa, un’indomita apoteosi del vivere, superando
ogni avversità, con un infinito ricorso al valore della memoria che ci
aiuta a comprendere le radici del nostro itinerario umano. Dice,
infatti, la poetessa «del soffio caldo della propria terra / resta
l’impronta, / come di mano che ha tornito il vaso» per ricordarci
l’importanza dei nostri archetipi, dei nostri simboli che
concretamente hanno suggestionato il proprio io e ne costituiscono
l’ossatura dei comportamenti e dei modelli. Nella potenza della Poesia
la memoria diventa la capacità di conquistare la vita e le sue
espressioni, di superare qualsiasi avversità cambiandone aspetti e
connotati, di raggiungere una pace che consenta di accettare più
pienamente l’esistenza e le sue difficoltà. Ciò è l’assunto che mi
sembra alla base di questo poemetto, soprattutto lì dove
nell’inventario dei ricordi giungono quelli più tragici, come quello
dell’inondazione del Polesine nel 1951. Eppure la forza della poetessa
sta proprio nella speranza che ci comunica, in quel «seguito di mani
che si univano», a ricostruire un’identità vitale per fugare ogni
male. Tale speranza è testimoniata proprio dalla sua Poesia che non
scade mai nel sentimentalismo, ma che si veste sempre dell’impeto
persuasivo delle immagini e della potenza dell’impegno della ricerca
delle proprie origini, attraverso l’icastica rappresentazione dei
ricordi.
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Franco Dino Lalli
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