Segnaliamo in questa pagina le tesi dei neolaureati che hanno svolto le loro ricerche nella nostra biblioteca e nei nostri archivi



LA CANZONE DI PROTESTA IN LIGURIA TRA ESPERIENZA PARTIGIANA E DOPOGUERRA
di Cecilia Seminara

Facoltà di Lettere e Filosofia. Corso di laurea in Lettere
Anno accademico 1999-2000
Relatori: prof. Antonio Gibelli, prof. Piero Conti
 

E' stata la prima tesi portata a termine dopo il trasferimento del Centro a Palazzo Ducale.

"Il lavoro si è proposto di delineare lo sviluppo della canzone di
protesta in Liguria attraverso quelle che possono essere considerate le
sue tre fasi: la canzone popolare tradizionale, il canto partigiano e la
canzone di protesta propriamente intesa (sviluppatasi in modo preminente
negli anni sessanta e settanta).
Due i punti di partenza: in primo luogo la definizione di
canzone popolare fornita da Gramsci e secondariamente uno spunto di
Getto Viarengo, il quale ha proposto di considerare le tre tappe sopra
citate come parte di un unico patrimonio etnomusicale, quello proprio
del territorio ligure.
Gramsci ha definito tre forme di espressione popolare: "1) i canti
composti dal popolo e per il popolo, 2) quelli composti per il popolo,
ma non dal popolo, 3) quelli scritti né dal popolo né per il popolo, ma
da questo adottati perché conformi alla sua maniera di pensare e di
sentire". Il primo genere descrive la canzone popolare tradizionale, il
secondo punto può essere riferito alla canzone degli anni sessanta e
settanta (che infatti è scritta da persone non del popolo, spesso
intellettuali, ma a favore di esso), e, da ultima, troviamo la canzone
partigiana, che deriva per la maggior parte da canzoni preesistenti,
riadattate al momento contingente.
Perché considerare la canzone popolare come forma di "protesta"? La
risposta risulterà evidente sulla base di un semplice esempio: la ninna nanna. Il primo significato della ninna nanna è senz'altro quello di canto volto a far addormentare il bambino. Da una più accurata analisi emerge invece l'uso di questo canto da parte delle donne come unica occasione di sfogo, attraverso cui manifestare il proprio disagio (spesso legato alla povertà).
Balla ben Zânetta rappresenta un caso del genere:
Balla ben Zânetta / balla ben in sciö prôu. / Tîte sciù a röbetta / no
te sta a sporcâ, / chè tò poae o l'è 'n poverommo / o no te ne peu accattâ!
Nella tradizione popolare ligure molti sono i generi che esprimono lamento e protesta: le ninnananne e le rime infantili, un tipo di canto monovocale tipicamente ligure (il "mugugno"), e anche nel genere ligure per eccellenza, il trallallero, esistono casi di protesta. E' stato possibile considerare la canzone partigiana del territorio intorno a Genova come fase dell'evoluzione del patrimonio popolare. Questo perché le uniche canzoni originali, quindi non semplicemente riadattate nel testo su canzoni operaie, anarchiche o patriottiche, sono state composte facendo riferimento alla cultura propria del territorio ligure. Abbiamo quindi canzoni in dialetto genovese ("Sotta a chi tocca" e "O vintiquattro d'Arvî"), riferimenti al paesaggio ligure e al sommesso umorismo proprio delle canzoni popolari del territorio ("Festa d'Aprile", non genovese d'origine, ma di cui i genovesi si sono appropriati, riscrivendone alcune strofe), e, infine, una canzone modellata sul genere ligure per eccellenza, il trallallero (la stessa "O vintiquattro d'Arvî").
I moduli espressivi delle canzoni partigiane nella loro totalità sono estremamente realistici, retorici e tradizionali: queste caratteristiche di semplicità manifestano la finalità ultima che i canti della Resistenza avevano. Il canto doveva creare senso di coesione e di sentimento comune: doveva quindi essere appreso in breve tempo da tutti, e non avrebbe potuto farlo se non avesse seguito i canoni tradizionali, orecchiabili e riproducibili facilmente. Proprio questi aspetti del canto partigiano sono serviti da modello per la successiva fase della canzone "popolare" (nel senso espresso da Gramsci): la canzone di protesta degli anni sessanta e settanta.
Lo studio si è sviluppato a partire dall'analisi della produzione musicale di un gruppo del levante genovese, gli "Angel Parra", e, in particolare, di uno dei suoi componenti, Bubi Senarega. L'autore ha spiegato come la forte impostazione ideologica di quel periodo imponesse ai gruppi musicali di non comporre per il puro intento narcisistico, perché sarebbe stato indice di carattere borghese, ma di rimanere legati al modo di sentire del popolo, con canzoni semplici, orecchiabili e
tradizionali. Andavano banditi gli accordi e le melodie più complesse, che avrebbero impedito al "popolo" di imparare e riprodurre i canti creati per esso. L'aspetto interessante è che la maggior parte di coloro che componevano canzoni apparteneva alla cultura borghese, per cui questi intellettuali sentivano una contraddizione enorme tra ciò in cui si imponevano di credere, l'ideologia, e ciò che sarebbero stati naturalmente portati a fare.
Nel caso specifico di Bubi Senarega, la tensione naturale, creata dalla sua educazione musicale e culturale, ha spinto in modo graduale, portandolo a poco a poco a distanziarsi dalle sue prime composizioni, molto didascaliche e realistiche, arrivando a canzoni più ricercate, sia nel testo che nella musica. I testi delle ultime canzoni sono infatti molto evocativi (come nel caso di "Mariolina X", che tratta il tema del terrorismo raccontando la storia di una ragazzina, la sua trasformazione graduale fino ad esiti estremisti), e le melodie lasciano trasparire piccoli particolari "colti" (il tempo in ¾ alla Brassens di "Guido Rossa", le armonie complesse di "Varsavia 1981", e così via).
A chiudere l'analisi delle tre fasi della canzone popolare e di protesta ligure, si trova la testimonianza orale di Giorgio "Getto" Viarengo e Bubi Senarega, che hanno in prima persona vissuto e analizzato quel periodo denso di esperienze e riflessioni". (Cecilia Seminara)

 

  LE CASSE EDILI: UN ISTITUTO PECULIARE DELL'EDILIZIA TRA CONTRATTAZIONE E LEGGE
di Federico Valle

Facoltà di Giurisprudenza
Anno accademico 2000-2001
Relatore: prof.ssa Clara Enrico
 

 

La tesi tratta l'origine e l'evoluzione di un istituto peculiare nel panorama del diritto del lavoro e del diritto previdenziale italiano qual è quello delle Casse Edili. Particolare attenzione è dedicata alla ricerca delle origini di tale istituto strettamente connesse all'evoluzione storica delle Società di Mutuo Soccorso, di cui le Casse costituiscono un punto d'arrivo all'interno del settore edile.
Se le società di Mutuo Soccorso rappresentarono quindi una sorta di antecedente storico delle odierne Casse Edili, la prima istituzione di cui si trova traccia che sia espressamente denominata Cassa Edile è quella fondata a Milano nel 1919 sulla base di un contratto fra il Collegio dei Capimastro e l'Associazione Mutuo Miglioramento fra muratori, badilanti, manovali e garzoni. Tale ente erogava sussidi di disoccupazione involontaria per gli operai edili attraverso un fondo alimentato da un contributo calcolato sulla retribuzione a carico dei datori di lavoro e degli operai . Nel medesimo periodo si trova traccia di un'analoga iniziativa a Roma, dove nel marzo del 1919 venne creata una Cassa di disoccupazione involontaria ed una Cassa di previdenza per i casi di malattia a gestione paritetica delle organizzazioni dei lavoratori e dei costruttori. Con l'avvento del fascismo l'esistenza di tali casse, vero e proprio provvedimento di portata storica per gli edili, fu ridotta ad un fatto puramente formale. Solo nel secondo dopoguerra l'istituto di cui trattasi ha riassunto un ruolo centrale nel settore edile al punto da trovare un esplicito riconoscimento all'interno della contrattazione collettiva . Negli ultimi decenni tale istituto ha poi trovato un ulteriore riconoscimento attraverso l'intervento del legislatore, il quale ne ha ampliato notevolmente i compiti, arrivando ad attribuirgli funzioni di natura lato sensu pubblicistiche nel settore degli appalti pubblici (l.55/90 e altre). (Federico Valle)

 

   L'EDIZIONE GENOVESE DE L' "UNITA' " (1945-1957)
di Barbara Bario

Facoltà di Scienze Politiche
Anno accademico 2001-2002
Relatore: prof.ssa Marina Milan
 

 

 Questa tesi, oltre a ripercorrere le tappe più importanti della vicenda de "l'Unità" (organo ufficiale del Pci ), propone una prima ricostruzione della storia dell'edizione ligure, pubblicata per dodici anni, dal 25 aprile 1945 al 31 luglio 1957. Questo foglio locale è figlio di un ambizioso progetto coltivato dal partito fin dall'immediato dopoguerra, quello di creare una moderna impresa editoriale in grado di mettersi in concorrenza con la stampa borghese e quindi con una ramificata articolazione territoriale che porta all'allestimento di alcune edizioni locali, parzialmente autonome, a Milano, Torino, Genova, le città del triangolo industriale dove più forte che altrove è la presenza operaia organizzata e dove più forte è stata la partecipazione alla Resistenza.
La ricerca si snoda lungo un percorso temporale atto a verificare se anche per questa edizione "minore"può essere valida l'ipotesi di un giornale di partito "sui generis", ossia di un giornale con una forte impronta ideologica e contemporaneamente con una spiccata connotazione informativa e popolare, in altre parole di un foglio a metà strada tra organo di partito, quotidiano popolare e quotidiano di opinione. Sulla base di questa premessa l'attenzione si è soffermata in modo particolare sugli aspetti che meglio evidenziano l'atipicità e unicità di un giornale "di partito", che però non disdegna affatto il frivolo e il dilettevole, come dimostra il fatto che fin dalla prima pagina viene "rubato" spazio alla politica per "concederlo" allo sport, alla cronaca nera e rosa, allo spettacolo, al costume, alla mondanità. Si è inoltre cercato di individuare le caratteristiche proprie della redazione locale, che pur obbligata a seguire le indicazioni della direzione romana, ha saputo comunque imprimere al foglio una certa vivacità ed intraprendenza giornalistica, come testimonia la sua "specializzazione" nella tematica dell'operaismo (tanto profondamente sentita da costituire parte integrante dell'identità locale del giornale) e la sua parte culturale, nel cui ambito devono essere segnalate due importanti iniziative: l'organizzazione del Premio letterario l'Unità (ideato nel 1946 dal direttore-poeta Bini) che ottiene subito una vasta eco nazionale e la promozione della nuova cinematografia realistica italiana con la coproduzione del film "Achtung, banditi!", interamente girato in città. Fin dal 1945, inoltre, il tema dall'emancipazione femminile trova spazio in una rubrica settimanale che ospita interventi di firme prestigiose del partito e della cultura italiana. (Barbara Bario)



 
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